giovedì 13 giugno 2013

Contro ogni forma di violenza e disprezzo dell'uomo sta il Vangelo - 16 giugno 13



IV domenica dopo Pentecoste (Anno C)
Lettura
Gn 4, 1-16
In quei giorni. Adamo conobbe Eva sua moglie, che concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un uomo grazie al Signore». Poi partorì ancora Abele, suo fratello. Ora Abele era pastore di greggi, mentre Caino era lavoratore del suolo.
Trascorso del tempo, Caino presentò frutti del suolo come offerta al Signore, mentre Abele presentò a sua volta primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto. Il Signore disse allora a Caino: «Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovresti forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, e tu lo dominerai».
Caino parlò al fratello Abele. Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise. Allora il Signore disse a Caino: «Dov’è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?». Riprese: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto, lontano dal suolo che ha aperto la bocca per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano. Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra». Disse Caino al Signore: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono. Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e dovrò nascondermi lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi ucciderà». Ma il Signore gli disse: «Ebbene, chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». Il Signore impose a Caino un segno, perché nessuno, incontrandolo, lo colpisse. Caino si allontanò dal Signore e abitò nella regione di Nod, a oriente di Eden.
Parola di Dio.
Salmo (Sal 49(50))
Sacrificio gradito al Signore è l’amore per il fratello.
Parla il Signore, Dio degli dèi,
convoca la terra da oriente a occidente.
«Non ti rimprovero per i tuoi sacrifici,
i tuoi olocausti mi stanno sempre davanti». R.

Al malvagio Dio dice:
«Perché vai ripetendo i miei decreti
e hai sempre in bocca la mia alleanza,
tu che hai in odio la disciplina
e le mie parole ti getti alle spalle? R.

Ti siedi, parli contro il tuo fratello,
getti fango contro il figlio di tua madre.
Hai fatto questo e io dovrei tacere?
Forse credevi che io fossi come te!
Ti rimprovero: pongo davanti a te la mia accusa». R.
Epistola
Eb 11,1-6
Fratelli, la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede.
Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio.
Per fede, noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio, sicché dall’invisibile ha preso origine il mondo visibile.
Per fede, Abele offrì a Dio un sacrificio migliore di quello di Caino e in base ad essa fu dichiarato giusto, avendo Dio attestato di gradire i suoi doni; per essa, benché morto, parla ancora.
Per fede, Enoc fu portato via, in modo da non vedere la morte; e non lo si trovò più, perché Dio lo aveva portato via. Infatti, prima di essere portato altrove, egli fu dichiarato persona gradita a Dio. Senza la fede è impossibile essergli graditi; chi infatti si avvicina a Dio, deve credere che egli esiste e che ricompensa coloro che lo cercano.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
(Mc 11,25)
Alleluia.
Quando vi mettete a pregare,
se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate,
perché anche il Padre vostro che è nei cieli
perdoni a voi le vostre colpe.
Alleluia.
Vangelo: Mt 5,21-24
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono».
Parola del Signore.

Commenti
Genesi. 4, 1-16

I primi tre capitoli del libro della Genesi sono una rilettura teologica della condizione della umanità. Alla conclusione c'è il dramma della lacerazione tra l'umanità e Dio. Il male ha trionfato agli albori del capolavoro di Dio che ha creato il mondo e ha posto l'umanità al vertice, capace di armonia. padrona di tutta la realtà. C'è però un limite invalicabile che è un segno: piccolo in sé ma portatore di ubbidienza e di fiducia. "Non mangiare dell'albero". Ma la suggestione di avere a portata di mano tutta la potenza di Dio, a poco prezzo, fa crollare la fiducia e la confidenza. L'uomo e la donna hanno compromesso totalmente la loro libertà ed hanno spalancato il loro mondo alla tentazione e al male.

Il racconto successivo, (capp.4-11) detto anche "preistoria biblica", da non confondere con la preistoria scientifica del mondo, ricupera alcuni episodi legati a tradizioni antiche, per illustrare il cammino del mondo nei riguardi di Dio e la sua attenzione nel non voler distruggere l'umanità ormai perduta.

Il primo racconto della famiglia umana, dopo il peccato dei progenitori, è collocato in un mondo duro e difficile. Il lavoro è indispensabile nelle due qualità di operosità del tempo dell'autore biblico: la pastorizia e l'agricoltura. Da sempre c'è stato conflitto tra le due culture ed i due clan poiché l'agricoltura sottrae terreno da coltivare e i pastori sono allontanati dalle terre coltivate poiché distruggono ciò che cresce.

L'autore biblico, comunque, segue la sua meditazione del dramma della lontananza da Dio. Alla frattura dei rapporti profondi di comunione nella prima coppia segue la frattura dei rapporti tra fratelli. Anzi, il primo richiamo alla morte, nel mondo, non avviene per malattia o per debolezza della carne, ma per l'esplosione della violenza che fa dimenticare ogni valore, ogni solidarietà ed ogni legame profondo.

La fecondità del lavoro di Abele appare benedetto mentre quello di Caino, spesso soggetto all'aridità o allo stravolgimento delle stagioni, appare maledetto e rifiutato.

La prima reazione al successo dell'altro è fatta di gelosia, e quindi di rabbia, di odio, di conflitto arrivando alla prospettiva di eliminare l'altro dalla propria strada. Solo l'esperienza ha aiutato noi a capire, se lo vogliamo capire, che l'elemento fondamentale di un cammino comune è la solidarietà perché ciascuno riceva ciò che serve per una vita dignitosa. Si è giunti faticosamente nel mondo del lavoro, arrivando alle associazioni, ai sindacati, alle contrattazioni, alla fatica dello sciopero per giungere a capire che ci si deve mettere d'accordo.

E dopo due guerre mondiali lo ha imparato l'Europa che, pure, ha ancora molto cammino da fare. Lo impariamo tutti a livello sociale nell'accoglienza, nella scuola, nella sanità, nel fare le leggi giuste e non per lobby e privilegi. Il testo garantisce che Dio è attento a ciascuno e perciò anche a Caino ed offre suggerimenti per affrontare la situazione di delusione e di rabbia. "Il peccato è accovacciato alla tua porta, ma tu puoi dominarlo". Ci viene garantita la lotta ma anche la possibilità di vittoria. E ci viene riconosciuto il valore della fondamentale libertà personale che, per quanto difficile, libera dalla rassegnazione.

Ad Adamo Dio pone la domanda: "Dove sei?" (Gen 3,9). Qui continua la ricerca di senso dell'umanità.

"Dov'è Abele, tuo fratello?". In queste due domande si raccolgono tutti gli interrogativi morali: saranno sviluppati dai profeti e da Gesù. Ci ritroviamo di fronte alle scelte nei confronti di Dio e dei nostri fratelli e sorelle e quindi alla società in cui viviamo.

Vengono formulati tre castighi. Caino che ha ucciso è maledetto (non l'umanità); quella terra che coltivava e che ha bevuto il sangue di Abele gli si rivolterà contro, diventando sterile; infine Caino sarà "ramingo e fuggiasco" cioè lontano da Dio e dagli uomini.

E tuttavia il castigo è mitigato. Se Caino è maledetto, nessun uomo ha il diritto di prendere il posto di Dio nell'esecuzione della sentenza perché "la vendetta appartiene a Dio "(Rom 12,19).

Lettera agli Ebrei. 11, 1-6

I versetti precedenti, nel cap.10 parlano di fatiche e di persecuzioni a causa della propria accoglienza di Cristo. "Infatti avete preso parte alle sofferenze dei carcerati e avete accettato con gioia di essere derubati delle vostre sostanze, sapendo di possedere beni migliori e duraturi. Non abbandonate dunque la vostra franchezza, alla quale è riservata una grande ricompensa. Avete solo bisogno di perseveranza, perché, fatta la volontà di Dio, otteniate ciò che vi è stato promesso".(10,34-36). Il testo continua con coraggio: "Noi però non siamo di quelli che cedono, per la propria rovina, ma uomini di fede per la salvezza della nostra anima" (10,39). Così l'autore della lettera annuncia la necessità della fede e della pazienza, virtù rispettivamente sviluppate nei capp.11 e 12.

Tutto il cap. 11 si apre alla riflessione ed alla testimonianza della fede degli antenati del popolo d'Israele nei tempi primitivi (vv 4-7), all'epoca dei Patriarchi (vv 8-22), di Mosè (vv 22-31), dei Giudici e dei Profeti fino al III secolo a.C. il tempo dei Maccabei (vv 32-38).

La fede è definita come garanzia dei beni promessi che si sperano, garantiti da Dio che si è impegnato per la nostra salvezza. Dante Alighieri nel Paradiso (24,64) riprende lo stesso testo: "Fede è sustanza di cose sperate, ed argomento delle non parventi; e questa pare a me sua quiditate" Questa fede nasce dalla Parola di Dio che, prima di tutto, ha creato il mondo: dall'invisibile è scaturito il visibile. Così dalla garanzia della Parola di Dio nasce la liberazione e la certezza di una fedeltà che strappa dalla sofferenza.

Il retroterra di questa riflessione ricerca il senso della nostra fedeltà. Come faccio a credere se non vedo?

Come faccio a fidarmi se il Signore è nascosto e non mi parla? Come faccio a mantenere la mia fedeltà anche nella fatica e nella prova se non vedo il suo aiuto proprio nella mia fatica di onorarlo?

La fede degli antenati vuole mostrarci che essi hanno creduto e noi siamo chiamati ad allungare questa processione di fedeli a cui il Signore non fa mancare la sua fiducia ed il suo premio. E certamente il primo testimone è un martire giusto, ucciso dal fratello eppure "parla ancora" (v4). Poi viene ricordato Enoch. La Bibbia dice che "camminò con Dio" (Gen 5,24). Si tratta di un misterioso personaggio, elencato nella genealogia di Adamo, e non a caso al settimo posto (il numero della pienezza), di cui per ben due volte si ricorda la sua comunione con Dio. Di lui non si dice che morì, quanto che "non fu più perché Dio l'aveva preso". Enoch aveva manifestato una grande fedeltà al Signore, diventando un profondo esempio di fiducia.

Così la fede è necessaria e senza di essa non è possibile piacere a Dio. Essa ci apre gli orizzonti di Dio e sa che è garanzia di giustizia. Allora il mondo acquista una sua fondamentale giustizia poiché, nonostante il male, il Signore è capace di giudicare e di premiare chi è giusto e si comporta come tale (v 6). Con questo versetto sembra che si semplifichi il contenuto della fede. In pratica se crediamo nella presenza amorosa di Dio e nell'essere giustificati secondo le opere buone, si entra, anche se implicitamente, in tutto quel mondo di salvezza che Gesù porta come mediatore.

Matteo 5, 21-24.

Gesù annuncia con la sua parola il completamento della legge. Con il " discorso delle Beatitudini," il primo dei cinque lunghi discorsi che l'evangelista Matteo scrive nel suo Vangelo, Gesù, nuovo Mosè, non rinnega la legge (la Torah dei primi 5 libri della Bibbia) ma la riprende e approfondisce.

Nella tradizione ebraica un antico insegnamento invita i dottori della legge a costruire "una siepe attorno alla Torà". Questo significa che bisogna ricircondare un precetto di Dio di successive norme destinate a proteggerlo, ad accoglierlo, a custodirlo e quindi a metterlo in pratica nella sua pienezza e nelle sue sfumature. Per esemplificare, la legge del sabato, importante nei secoli, difesa con coraggio sotto tutte le latitudini, comporta un elenco («una siepe»), un insieme di azioni che non si possono fare di sabato e sono 39: seminare, mietere, raccogliere, portare pesi, accendere il fuoco ecc. Anche Gesù conosce e pratica la costruzione della "siepe", ma con il coraggio della misericordia. Gesù, come in questo caso, vuole promuovere una "giustizia sovrabbondante". Non si tratta, infatti, di rispettare alla lettera i comandamenti di Dio, ma di arrivare ad un atteggiamento interiore profondo del cuore e alla purezza di intenzione.

Matteo riporta sei esempi o "antitesi" (contrapposizioni), introducendo con: "In antico fu detto" e concludendo con: "Ma io vi dico". Sono 6 poiché Gesù sa di aver solo iniziato un elenco che la sua comunità continuerà per vivere con profondità la volontà di Dio dopo la sua morte e risurrezione.

Il "non uccidere" è una disposizione chiara (Gen 9,5-6) che vale anche di fronte ad un criminale (Gen 4,15: Caino). La vita umana è sacra e intangibile. Ma il cuore delle persone, pur senza arrivare ad uccidere una persona, accumula atteggiamenti di rifiuto: "non gli rivolgo la parola, ne parlo male, lo odio, gli rinfaccio un errore, gli tolgo la stima". Gesù dice che bisogna circondare di attenzione l'altro, altrimenti il nostro cuore può diventare, esso stesso, un cimitero di uccisi. Usare parole offensive, adirarsi, alimentare l'odio significa uccidere il fratello (v 22). E fa parte di questa operazione di esclusione e di violenza il denigrare l'altro con una delle parole: "stupido, pazzo, senza Dio...". Pazzo: traduce in greco «insensato», ma l'uso ebraico aggiunge una sfumatura molto più grave di empietà religiosa. Nel testo, per quattro volte, viene ripetuta la parola "fratello" (versetti 22-24): e così si pone il significato di questa volontà di riconciliazione. Altrimenti noi maceriamo l'odio e la recriminazione di Caino.

Un elemento, che può sembrare curioso e che è stato ripreso pari pari dalla liturgia Ambrosiana, è lo scambio della pace prima dell'offerta del pane e del vino: perciò purificazione prima di iniziare a pregare o, ancor più, prima di offrire un sacrificio a Dio come si usava nel tempio. Ogni ebreo, prima di pregare, deve sottoporsi a meticolose purificazioni, quindi, una volta iniziata la preghiera giudaica più importante: "Ascolta Israele", non può interrompersi, neppure se un serpente si è attorcigliato intorno alla gamba di chi prega. Gesù, invece, afferma che, per riconciliarsi con il fratello, si può interrompere qualsiasi cosa, anche l'offerta del sacrificio.

Il Vangelo va preso per quello che dice, per quello che vuole: non c'è da scegliere. Dobbiamo preferire la pace. Poi vengono la preghiera e l'offerta. Ma anche la preghiera deve avere, in caso di fatica e di difficoltà, l'intenzione di chiedere la forza di perdonare.

E' vero che noi accampiamo tutte le scuse e ci sentiamo spesso vittime. "Non è colpa mia, è colpa dell'altro, non doveva comportarsi così". E' difficile che noi accettiamo di avere sbagliato. Eppure Gesù vuole la pace a tutti i costi e per sradicare dal nostro cuore la radice dell'inimicizia, ci sentiamo dire: "Guarda e controlla quanti hanno qualcosa contro di te. Se ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia il tuo sacrificio davanti all'altare. Rappacificati prima, poi vieni".

E se San Paolo traduce questa attenzione di Gesù scrivendo: "Non tramonti il sole sulla vostra ira" (Efesini 4,26), a me viene il sospetto, e non solo, che, prima dell'offerta del pane e del vino nella messa, se nessuno si alza per telefonare, o per appartarsi con il telefonino, ci siamo proprio dimenticati di questa raccomandazione. Ma poi, per non pensare male, si deve anche pensare di trovarci in un popolo di grande riconciliazione o di grandi progetti di pace nella settimana. Così le aziende diventeranno luoghi di grandi attenzioni tra colleghi, le scuole ambiti di reciproco aiuto nel capire, gli uffici pubblici i luoghi della cortesia soprattutto verso le persone non esperte e non competenti. Certo non tutti seguono Gesù e sono credenti ma almeno un 20% della popolazione della Diocesi frequenta la liturgia. Una tale percentuale porterebbe ad un interessante livello la "non violenza" a Milano.


venerdì 7 giugno 2013

volontariato per l'estate e vangelo di domenica 9


chi volesse fare esperienze di volontariato estivo, con bambini o in missione, ecc si rivolga a don Michele

III domenica dopo Pentecoste (Anno C)
Lettura
Gn 3,1-20
In quei giorni. Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino”?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male». Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.
Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e l’uomo, con sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».
Allora il Signore Dio disse al serpente:
«Poiché hai fatto questo,
maledetto tu fra tutto il bestiame
e fra tutti gli animali selvatici!
Sul tuo ventre camminerai
e polvere mangerai
per tutti i giorni della tua vita.
Io porrò inimicizia fra te e la donna,
fra la tua stirpe e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa
e tu le insidierai il calcagno».
Alla donna disse:
«Moltiplicherò i tuoi dolori
e le tue gravidanze,
con dolore partorirai figli.
Verso tuo marito sarà il tuo istinto,
ed egli ti dominerà».
All’uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato: “Non devi mangiarne”,
maledetto il suolo per causa tua!
Con dolore ne trarrai il cibo
per tutti i giorni della tua vita.
Spine e cardi produrrà per te
e mangerai l’erba dei campi.
Con il sudore del tuo volto mangerai il pane,
finché non ritornerai alla terra,
perché da essa sei stato tratto:
polvere tu sei e in polvere ritornerai!».
L’uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi.
Parola di Dio 


Salmo (Sal 129(130))
Il Signore è bontà e misericordia.
Dal profondo a te grido, o Signore;
Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti
alla voce della mia supplica. R.

Se consideri le colpe, Signore,
Signore, chi ti può resistere?
Ma con te è il perdono:
così avremo il tuo timore. R.

Io spero, Signore.
Spera l’anima mia,
attendo la sua parola.
L’anima mia è rivolta al Signore
più che le sentinelle all’aurora. R. 


Epistola
Rm 5,18-21

Fratelli, come per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti.
La Legge poi sopravvenne perché abbondasse la caduta; ma dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia. Di modo che, come regnò il peccato nella morte, così regni anche la grazia mediante la giustizia per la vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore.
Parola di Dio. 


Acclamazione al Vangelo
(Lc 1,45)
Alleluia.
Beata colei che ha creduto
nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto.
Alleluia.

Vangelo: Mt 1,20b-24b
In quel tempo. apparve in sogno a Giuseppe un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio:
a lui sarà dato il nome di Emmanuele,
che significa Dio con noi. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore
Parola del Signore.



COMMENTI

Genesi. 3, 1-20

Il primo testo, che leggiamo oggi, è tratto dai primi 11 capitoli del libro della Genesi. Sono capitoli preziosissimi poiché indicano l'inizio ed il sorgere della vita (capp 1-2), e quindi la storia di 5 generazioni da Adamo ad Abramo (inizio del mondo ed inizio del popolo d'Israele) in cui si consuma una terribile degradazione dell'umanità, dovuta all'arroganza dell'uomo che si ribella al progetto di sviluppo e di crescita del Creatore (capp 3-11). Con il cap. 12 compare nella narrazione Abramo che inizia di nuovo la speranza sulla Parola del Signore che lo chiama.

L'umanità desidera, innanzi tutto, giungere ad una autonomia morale: "Desidera di diventare come Dio" e decidere da sola ciò che è bene e ciò che è male" (3,1-4,27). Passa quindi all'abuso della vita ( 5,1-9,19) e infine all'abuso del potere (9,20-11,26).

Oggi abbiamo letto l'origine della ribellione. L'uomo e la donna sono il simbolo dell'umanità. Debbono affrontare la tentazione della ribellione (vv 1-5), ma sono sconfitti e accettano, disobbedendo a Dio, di mangiare il frutto proibito (v 6). Il risultato, avendo rifiutato il comando del Signore, è quello di scoprire la paura, la vergogna, il desiderio ossessivo di nascondersi perché scoprono di essere totalmente poveri di tutto.

Avviene quindi l'esame dei colpevoli (vv 8-13), la pena (vv 14-19), la scacciata dal Paradiso in una terra maledetta (20-24).

Tutto inizia dall'illusione di poter diventare grandi e potenti. E questo è possibile solo disobbedendo. Le motivazioni sono suggestive e sembrano buone: infatti vengono contrapposte scelte e grandezze personali, in piena autonomia in contrapposizione alla dipendenza dalle scelte della volontà di Dio. Dio vuole sottomissione, fiducia in lui, crescita e maturazione possibili. Il serpente promette "che si apriranno gli occhi" e che si potrà raggiungere la stessa sovraconoscenza di Dio, il segreto della vita e dell'essere e quindi l'autonomia totale.

Per gli ebrei che leggono, il serpente è il Dio-serpente delle religioni dei popoli che circondano il territorio di Gerusalemme. E' un Dio potente, il Dio della fecondità e quindi della ricchezza.

All'umanità il Signore ha già offerto tutto, ma gli ha posto la condizione etica del dover distinguere il bene ed il male: e questo è possibile accettando la volontà e le scelte di Dio. L'umanità, invece, non vuole sopra di sé un limite, non accetta di ricevere da Dio il senso delle sue scelte. L'umanità vuole poter fare tutto ciò che vuole, senza dover dar conto a nessuno.

La suggestione passa attraverso la donna, il dono dato ad Adamo. Nel suo cuore inizia a consumarsi il male per il desiderio e la curiosità di osare. Così il mondo si presenta diverso: ".buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza " e cioè capace di sostentare la vita, seducente per gli occhi, attraente per avere successo. Sono sintetizzate le dinamiche che si scatenano e che fanno perdere il senso della misura e il senso della dipendenza (l'accumulare, la seduzione, il potere).

Il seguito del processo (poiché il tutto è impostato come un processo) ha una condanna secondo le responsabilità. La vita si deforma nella prospettiva della morte futura. E se non viene impedita la possibilità di generare la vita e di sviluppare il mondo (tutto questo fa parte dell'immagine di Dio che resta nell'umanità), il cammino si svolge nella fatica del nascere, nelle lacerazioni delle relazioni nella famiglia e nella società, nella durezza di poter strappare risultati nel lavoro. Il Signore ha offerto loro tutto il mondo, secondo il racconto della Genesi, con il solo limite di mantenere una dipendenza e quindi una dirittura morale: è la strada della sapienza, il rifiuto della onnipotenza, la ricerca di riferimenti che indirizzino e suggeriscano, al momento buono, a ciascuno: "fermati, basta, ti serve altro".

Viene così riletta la nostra realtà quotidiana. Dove manca il rapporto responsabile e coerente con la Parola di Dio, il male continua a lacerare faticosamente la vita e crea drammi.

C'è il pericolo della maledizione e della disperazione.

Eppure Dio lascia una promessa di vittoria alla umanità per la stirpe della donna.

«Dove sei?» domanda Dio all'uomo peccatore. La risposta, che Adamo non sa dare, la darà Dio stesso nell'incarnazione del Figlio: siamo in lui, in Cristo. Essere in Cristo è uno dei temi più cari e ricorrenti in Paolo ed emerge anche, oltre che nel brano della lettera ai Romani, nel brano della lettera agli Efesini: "In Dio ci ha benedetti, ci ha scelti, ci ha fatto anche eredi...". In Lui si fonda la nostra speranza e per questo salgono al Padre la nostra benedizione e la nostra lode alla sua gloria.

Romani 5, 18-21

Secondo le usanze interpretative dei rabbini, Paolo contrappone alla disobbedienza del primo uomo l'obbedienza del Figlio di Dio. Nella sua obbedienza alla volontà del Padre, Gesù ha giustificato l'umanità che Dio ha sempre amato, mentre essa ha continuato a sentirsi lontana, imprigionata nella sua condizione di peccato e di morte. L'opera di Gesù è giustizia e conduce l'umanità nella pienezza della vita.

Gesù ci ha liberato dalla condanna, dal destino di una consunzione e di una perdizione. Gesù ci ha liberato anche dalla Legge che ha moltiplicato la coscienza del peccato. E tuttavia tale consapevolezza non ha aiutato a liberarci. Piuttosto ci ha reso sempre più certi di una nostra incapacità ad uscire dal tunnel del rifiuto e dalla disperazione che ci rende improponibile il cammino verso la giustizia.

Paolo ne fa esperienza con la sua puntigliosa aderenza alla legge nei tempi precedenti la sua conversione. Egli ha vissuto in quella atmosfera di tensione verso la totale ubbidienza alla legge e il disprezzo del popolo che, rassegnato ed ignorante, non sa essere coerente alle infinite sfumature della legge di Mosè. "Questa gente che non conosce la legge è maledetta" (Gv7,49) dicono i farisei. Così, nella tensione alla perfezione, anche Paolo ha disprezzato quel "popolo maledetto", incapace di piena ubbidienza.

La ricerca di Gesù lo ha liberato e lo ha fatto discepolo di un Salvatore che ama il popolo povero e peccatore e che libera dalla maledizione della legge e dalla disobbedienza di Adamo perché finalmente in cammino verso il Padre. Gesù lo ha manifestato, essendosi fatto garante presso Dio e presso di noi con il suo amore e la sua morte.

Siamo nel Regno che non ha confini, aperto ad ogni uomo, a partire dal popolo eletto, discendente da Abramo che ha una grande gloria, custode della promessa di un Salvatore per tutti. Per questo ogni persona, uomo o donna, è amata e scelta, santificata se accoglie, garantita da una gratuità che, attraverso Gesù, si manifesta a ciascuno che la voglia accogliere.

Matteo 1,20b-24

Con questo testo di Vangelo ci troviamo alla conclusione della riflessione iniziata con il peccato di Adamo ed Eva. L'umanità ha peccato e non ha risorse né capacità né prospettive di risollevarsi. Ma Dio è il Dio di amore e, se accetta di vedere un suo capolavoro lacerato e disperso per la libertà che l'umanità si vuole gestire su interessi, voglie, presunzioni, potenze, violenze e poteri, Egli continua ad inseguire e a proporre progetti di vita e di speranza. Alla fine la salvezza verrà dal grembo della sua pienezza, dal Figlio che manderà nel mondo. Il Figlio accetta questo ruolo di uomo fedele, disarmato e amorevole. Il Figlio entra nella cultura di un popolo, in una famiglia, in un corpo generato da donna, nelle strutture del popolo che ha mantenuto il richiamo e ha custodito le promesse.

Il Vangelo di Matteo racconta sull'inizio di questa presenza alcuni fatti che vanno letti come messaggi teologici più che come cronaca e ci mettono sulle tracce di questa promessa che si sviluppa tra noi. Una coppia di giovani sposi sta vivendo, secondo le usanze d'Israele, quell'anno di attesa tra promessa e convivenza. Non possono frequentarsi e tuttavia, già sposati, attendono con trepidazione l'incontro definitivo e ufficiale della nuova famiglia. Per dare una ragione plausibile bisogna ricordare che le ragazze sono promesse a 12-13 anni, e i ragazzi a 14-15 anni.

In questo periodo la coppia è coinvolta nelle scelte di Dio. Luca racconta il messaggio dell'angelo a Maria e gli interrogativi sul suo futuro, Matteo racconta il messaggio di Dio nel sogno a Giuseppe sulle scelte che egli non sa prendere, probabilmente riflettendo sul proprio ruolo in questo frangente misterioso in cui si sente totalmente estraneo. Probabilmente è questo il motivo delle perplessità più che i sospetti e le diffidenze su Maria.

Si parla di un messaggio di Isaia per l'annuncio della nascita del figlio del re Acaz in un momento drammatico della storia di Gerusalemme ( siamo nel sec VIII a.C.). E' stato veramente un segno di Dio in quel momento, un "Emanuele" (un Dio con noi) che visita il popolo. Ma non tutte le vicende di questo re, diventato adulto, hanno risposto alle attese riposte in lui. Matteo sta dicendo che Dio avrebbe mandato un nuovo "vero Emanuele". Anzi racchiude tutto il suo Vangelo tra due citazioni dell'Emanuele: questa, all'inizio (1,23), l'abbiamo letta oggi; l'altra si trova alla fine del Vangelo dopo l'invio per la missione degli apostoli nel mondo.(28,20) «Ed ecco, io sono con voi ( l'Emanuele) tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Un'ultima citazione va fatta sulla parola "Vergine" che, nel nostro linguaggio, ha un significato di "donna ammirevole, degna di stima"; ma, nel linguaggio ebraico, colei che rimane vergine per tutta la vita mostra solo l'incapacità di attirare su di sé lo sguardo di un uomo. Degna di lode, in Israele, è la donna sposata che ha figli.

La vergine è considerata un albero senza frutti, meritevole di commiserazione (Is 56,3-6).

Quando ci parla della "Vergine Sion", Geremia non vuol dire "Gerusalemme pura, immacolata e senza macchia" ma "Povera, disprezzata, priva di vita" (Ger 31,4; 14,13).

Maria parla di sé come se fosse la "Vergine Sion": "Ha guardato la bassezza, la povertà della sua serva" (Lc 48-49).

Ma "vergine" ha anche un significato particolare: l'amore totale per il Signore". Ne parla s. Paolo: "Vi ho promesso ad un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo" (2 Cor 11,2). Ma qui siamo già nei parametri del Nuovo Testamento e nelle prospettive nuove che Gesù ha portato.