Domenica 2.02.2014
PRESENTAZIONE
DEL SIGNORE - Festa
LETTURA
Lettura del profeta Malachia 3, 1-4a
Lettura del profeta Malachia 3, 1-4a
Così dice il Signore Dio: «Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti. Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare l’argento; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’offerta secondo giustizia. Allora l’offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore».
Commento
Malachia, che in ebraico significa
«messaggero del Signore», è il profeta che annuncia «il giorno del Signore»
(cioè della sua venuta e del suo giudizio di salvezza o di condanna) e che
ravviva la speranza messianica. Il Messia va atteso con le migliori disposizioni.
Il suo avvento e l'incontro con lui vanno preparati. Malachia esprime tutto ciò
attraverso le immagini del «preparare la via», del «fuoco» che purifica e
«dell'oro e dell'argento affinati».
«Preparare la via» è un tema caro ai
profeti. Il secondo Isaia (cc. 40-55) esorta il popolo biblico ad avere fiducia
in JHWH, perché egli aprirà a Israele una strada nel deserto per facilitarne il
ritorno nella terra promessa dopo l'esilio babilonese. E anche un tema caro ai
Vangeli sinottici, che vedono nel Battista colui che «prepara» (con la sua
predicazione e il suo severo stile di vita) la strada al Messia che viene. Il
messaggio di questa immagine è chiaro: per incontrare il Messia occorre
convertirsi, cambiare stile di vita, assumere comportamenti e atteggiamenti
ispirati alla Parola del Signore, che orienta tutta la vita del credente.
L'immagine del «fuoco» esprime un
duplice significato: da una parte esso è il simbolo della presenza di Dio, che
illumina e riscalda l'uomo e il suo mondo; dall'altra esprime, con la forza
intensa del suo calore, l'incapacità dell'uomo di stare davanti a Dio, quasi
venisse respinto dal suo fulgore a motivo della propria indegnità («Chi resisterà
al suo apparire?»).
L'affinamento dell'oro e dell'argento
indica, nel suo simbolismo, il processo di purificazione e di conversione che
la Parola di Dio sa operare nel cuore dell'uomo. I peccati, i vizi, le
incorrispondenze, le chiusure dell'uomo sono tanti, ma la Parola di Dio come ha
la forza di denunciarli, così sa anche eliminarli e annientare come scorie, per
far apparire la luminosità dell'uomo che sa vivere secondo Dio.
Il brano si conclude con il richiamo
all'«oblazione secondo giustizia». Questo è un richiamo frequente nei Profeti.
L'uomo che si converte, che prepara la via al Signore, che accoglie il
programma di vita a lui offerto dalla Parola di Dio, che agisce per amore e respinge
ogni egoismo è veramente in grado di offrire un culto e una preghiera graditi a
Dio.
SALMO
Sal 23 (24)
Sal 23 (24)
® Entri il Signore nel suo tempio santo.
Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito. ®
Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe. ®
Alzate, o porte, la vostra fronte,
alzatevi, soglie antiche, ed entri il re della gloria.
Chi è mai questo re della gloria?
Il Signore degli eserciti è il re della gloria. ®
EPISTOLA
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 15, 8-12
Fratelli, Cristo è diventato servitore dei circoncisi per mostrare la fedeltà di Dio nel compiere le promesse dei padri; le genti invece glorificano Dio per la sua misericordia, come sta scritto: «Per questo ti loderò fra le genti / e canterò inni al tuo nome». / E ancora: / «Esultate, o nazioni, insieme al suo popolo». / E di nuovo: / «Genti tutte, lodate il Signore; / i popoli tutti lo esaltino». / E a sua volta Isaia dice: / «Spunterà il rampollo di Iesse, / colui che sorgerà a governare le nazioni: / in lui le nazioni spereranno».
VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Luca 2, 22-40
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio «una coppia di tortore o due giovani colombi», come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo / vada in pace, secondo la tua parola, / perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, / preparata da te davanti a tutti i popoli: / luce per rivelarti alle genti / e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
Commento
Nel suo contesto storico il brano
evangelico è da collocare nella tradizione religiosa della famiglia ebraica.
Come tutte le madri, anche Maria obbedisce alla prescrizione biblica che
imponeva un rito di purificazione, dopo 40 giorni dal parto. Infatti si legge
in Lv 12,2-5: «Quando una donna sarà rimasta incinta e darà alla luce un
maschio, sarà immonda per sette giorni. L'ottavo giorno si circonciderà il bambino.
Poi essa resterà ancora trentatré giorni a purificarsi del suo sangue; non toccherà
alcuna cosa santa e non entrerà nel santuario, finché non siano compiuti i
giorni della sua purificazione. Ma se partorisce una femmina sarà immonda due
settimane... resterà sessantasei giorni a purificarsi del suo sangue».
Questo rito è da collegare alla
mentalità degli antichi, i quali vedevano nel parto qualcosa che produceva un
impedimento (non morale, ma rituale) al culto.
Al rito della purificazione seguiva il
riscatto del primogenito. Secondo la fede biblica il figlio primogenito era
ritenuto proprietà di Dio; i genitori lo «riscattavano» con un sacrificio di un
agnello o con l'offerta di una coppia di tortore o giovani colombi, se poveri (Lv
12,6.8: «Quando i giorni della sua purificazione per un figlio o una figlia
saranno compiuti, porterà al sacerdote, all'ingresso della tenda del convegno
un agnello di un anno come olocausto e un colombo o una tortora in sacrificio
di espiazione. Se non ha mezzi da offrire un agnello, prenderà due tortore o
due colombi: uno per l'olocausto e l'altro per il sacrificio espiatorio»).
Così potevano considerare il figlio come loro proprietà (Es 13,12- 13: «Tu
riserverai per il Signore ogni primogenito del seno materno; ogni primo parto
del bestiame, se di sesso maschile, appartiene al Signore... Riscatterai ogni
primogenito dell'uomo tra i suoi figli»).
Applicato a Gesù il termine
«primogenito» (protòtokos in greco;
mentre Giovanni usa l'inequivocabile monoghenés,
«unigenito») non deve far pensare che Maria abbia avuto altri figli, ma rimanda
alla grande considerazione che la tradizione ebraica ha per il figlio che avrebbe
continuato il nome dei genitori e garantito l'inserimento della famiglia nella
linea delle promesse e delle benedizioni messianiche.
Nel contesto del Vangelo di Luca, questo
brano è da leggere alla luce di alcuni temi che caratterizzano il terzo
evangelista.
Innanzitutto il tempio . Gesù viene
offerto da piccolo nel tempio, anticipando così la sua continua offerta al
Padre, compiendone sempre la volontà. Poi Gerusalemme, intesa non tanto come
luogo geografico, ma come «luogo» della salvezza definitiva, punto di arrivo
del nuovo esodo compiuto da Gesù. Vi è inoltre il tema dello Spirito Santo che,
nel Vangelo di Luca e negli Atti, è la guida della storia della salvezza e il
vero protagonista dei momenti che più la caratterizzano (come i gesti e le
parole di Simeone e Anna). E infine il tema della croce. Il Bambino che entra
nel tempio è già il Crocifisso e il Risorto, che addita ai discepoli e a Maria
per prima la via della croce, del sacrificio e della rinuncia, per entrare
nella vita che nasce dalla Pasqua.
Meditazione
La prima lettura dà uno spunto molto
importante per leggere in profondità il mistero della Presentazione al tempio
di Gerusalemme del Bambino Gesù, da parte di Maria e Giuseppe, in ossequio ai
canoni della Legge di Mosè. Il testo, preso dal libro di Malachia, dice: «Ecco,
io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà
nel suo tempio il Signore che voi cercate». Dall’insieme dei Vangeli, noi
sappiamo bene chi è il Precursore che Dio ha inviato davanti a Sé per preparare
la via: è san Giovanni Battista, del quale sappiamo anche che nacque sei mesi prima
di Gesù. Mettendo insieme questi dati evangelici, noi comprendiamo le parole di
Malachia in questo modo: il Signore Dio preannuncia che verrà tra noi e che,
prima di ciò, manderà un Precursore che gli prepari la via. Siccome tra la
nascita di Giovanni e di Gesù trascorrono solo sei mesi, è chiaro che
nell’oracolo profetico si dica che subito dopo il Precursore, verrà il Signore
stesso. Così, subito dopo la venuta del Battista, Dio è entrato nel suo tempio.
Ecco quanto è avvenuto nel giorno della Presentazione al tempio di Gesù. Il Dio
fatto uomo entra nel tempio, si rende disponibile a coloro che proprio in quel
tempio lo cercavano.
Il Vangelo del giorno ci mette davanti
diversi personaggi ed avvenimenti e, con ciò stesso, fornisce numerosi
insegnamenti e propone temi per l’ulteriore riflessione. Innanzitutto appaiono
Maria e Giuseppe, che rispettano i doveri legali prescritti da Mosè. Il loro
sacrificio è quello previsto per i poveri: due tortore o due colombi.
Appaiono anche Simeone ed Anna, due
venerandi anziani, dediti alla preghiera ed al digiuno, i quali proprio per
questo loro spirito fortemente religioso sono capaci di riconoscere il Messia.
In questo senso, possiamo vedere nella Presentazione di Gesù al tempio quasi un
prolungamento della Giornata pro orantibus, che si celebra nel giorno
della Presentazione di Maria (21 novembre), Giornata in cui la Chiesa manifesta
la propria gratitudine a tutti coloro che nella Comunità si dedicano in maniera
privilegiata al ministero della preghiera, con particolare distinzione per le
vocazioni religiose e di vita contemplativa. Anche la Presentazione di Gesù al
tempio ci ricorda, nelle figure dei due pii vegliardi, che la preghiera e la
contemplazione non sono affatto una perdita di tempo, un ostacolo alla carità.
Al contrario, non c’è tempo speso meglio di quello trascorso in preghiera, come
non c’è una vera carità cristiana che non sia conseguenza di una solida vita
interiore. Solo chi prega e fa penitenza, come Simeone ed Anna, è aperto al
soffio dello Spirito: sa riconoscere perciò il Signore in qualunque circostanza
Egli si manifesti, perché possiede un più ampio sguardo interiore e impara ad
amare con il cuore di Colui il cui nome è Carità!
Infine, il Vangelo valorizza la profezia
di Simeone sulla sofferenza di Maria. Giovanni Paolo II insegna a questo
proposito che «quello di Simeone appare come un secondo annuncio a Maria,
poiché le indica la concreta dimensione storica nella quale il Figlio compirà
la sua missione, cioè nell’incomprensione e nel dolore» (Redemptoris Mater,
n. 16). L’annuncio dell’arcangelo era stato fonte di indicibile gioia, perché
riguardava la regalità messianica di Gesù e il carattere sovrannaturale del suo
concepimento verginale. L’annuncio dell’anziano nel tempio, invece, parla dell’opera
della redenzione, che il Signore compirà associando a Sé, nel suo dolore come
già nella sua nascita umana, la Madre sua. La dimensione mariana di questa
festa è dunque molto forte, motivo per cui nel calendario liturgico della
«forma straordinaria» del Rito Romano essa viene indicata come Purificazione
della Beata Vergine Maria, dicitura che mette in evidenza l’altro aspetto
della Presentazione, consistente nella purificazione rituale delle donne ebree
dopo il parto. Nel caso di Maria, tale purificazione, per Lei non necessaria,
indica il rinnovamento della sua offerta totale al piano di Dio.
Simeone, nel suo oracolo profetico,
annuncia anche che Cristo sarà segno di contraddizione. In una sua omelia (cf.
PG 77, 1044-1049), san Cirillo di Alessandria interpreta le parole del santo
anziano in questo modo: «Per “segno di contraddizione” intende la nobile croce,
come scrive il sapientissimo Paolo: “Scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani”
(1Cor 1,23) […] Ed è segno di contraddizione nel senso che in quelli che si
perdono appare come follia, mentre in quelli che riconoscono la sua potenza si
rivela salvezza e vita».
La
festa della Presentazione nella liturgia attuale
Secondo le indicazioni del Vangelo, allo
scadere del quarantesimo giorno dopo Natale, la Chiesa celebra oggi la Festa
della Presentazione di Gesù al Tempio. Per molti secoli essa era dedicata alla
Purificazione di Maria . Ma la riforma liturgica l'ha ricondotta al suo
significato originario, sottolineando l'aspetto cristologico.
Luca racconta: «Quando furono compiuti i
giorni della loro purificazione, portarono il Bambino a Gerusalemme per
presentarlo al Signore» (Lc 2,22). La legge prescriveva, insieme, la
purificazione della donna, che aveva dato alla luce un bambino, e l'offerta del
bambino, introducendolo nel Tempio del Signore. Quando si trattava del
primogenito, era prescritto anche un riscatto , con il versamento di cinque
sicli d'argento. In tale circostanza era d'obbligo anche un sacrificio a Dio
con l'offerta di un agnello di un anno e di una colomba o una tortora, ovvero,
per i più poveri, di due colombe, come fece Maria.
La legge non prescriveva la presenza del
Bambino. Nel racconto di Luca, invece, Gesù e sua Madre appaiono strettamente
congiunti. Egli unisce ambedue nel rito . Tuttavia, invece di descrivere il
rito della purificazione, Luca parla della Presentazione del Bambino Gesù e
del gesto compiuto per il suo riscatto.
Questa Presentazione ha un significato
liturgico e comporta una offerta sacrificale, che aveva il significato di una
consacrazione attraverso uno spogliamento. Dunque con il rito del riscatto e
dell'offerta per il sacrificio, Maria presenta Gesù al Tempio in quanto lo
offre e lo consacra a Dio, spogliandosi dei suoi diritti di proprietà materna
sul Figlio (Thurian).
Perciò la purificazione, di cui parla
Luca e che interessava non solo Maria, ma anche il Figlio, voleva esprimere non
tanto la purificazione da una impurità — di cui Maria non aveva bisogno — ma la
donazione a Dio, che assumeva l'aspetto di una offerta sacrificale di Gesù
tramite la Madre, e coinvolgeva anche Lei.
Il
significato profetico svelato nell'incontro con Simeone
Gli incontri, che Luca descrive in
questa circostanza all'interno del Tempio, vogliono proiettare una luce su
tutto l'evento. I personaggi introdotti nella scena sono Simeone , giusto e
timorato ad Dio, a Anna fedele nella sua lunga vedovanza alla memoria del marito
e dedita alla preghiera e al digiuno.
Questi due spiriti eletti sono in attesa
della «consolazione di Israele e della «redenzione di Gerusalemme», cioè del
Messia Salvatore. L'attesa o appuntamento era nel Tempio del Signore. Di lui,
infatti, Malachia aveva presagito l'ingresso nel Tempio per purificare i sacrifici
dei sacerdoti e rendere gradite le loro offerte «secondo giustizia» (cf. Mal
3,1-4; I Lett.). Simeone ed Anna , benché carichi d'anni, sono anime intatte
nella fede e colme di speranza.
Simeone aveva avuto assicurazione «che
non avrebbe varcato la morte senza prima avere visto li Messia del Signore».
Essi erano dotati del carisma profetico, cioè possedevano lo Spirito in
sovrabbondanza, quasi a coronamento di una esistenza intensa e sovrabbondante
di pietà.
Proprio nel momento in cui Maria e
Giuseppe presentano il Bambino Gesù nel Tempio, lo Spirito Santo muoveva loro
incontro nella persona del santo Simeone . Egli prende in braccio il Bambino e,
grato al Signore, esprime i suoi sentimenti in un breve Cantico per dare un
sereno addio alla vita, nella esultanza della meta raggiunta.
Saluta il Sole che sorge all'orizzonte
del mondo, pago di vederlo spuntare. Questo Sole era Gesù. Il Bambino, che
stringe tra le braccia, è la luce di tutti i popoli e la gloria di Israele che
gli ha dato i natali. Egli delinea l'identità di quel Bambino e fa intravvedere
la sua missione . Le sue parole sono rivelative di un mistero nascosto. Perciò
Maria e Giuseppe restano impressionati e stupiti.
La meraviglia cresce quando Simeone si
rivolge in particolare alla Madre per predirgli la sorte del Figlio. Dice:
«Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di
contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori» (Lc 2,34-35).
Gesù è pietra di contraddizione, al cui
urto «i pensieri di molti cuori saranno rivelati». Dinanzi a Cristo, cioè, gli
uomini dovranno prendere posizione, con Lui o contro di Lui: per chi lo
respinge, diventa pietra di inciampo e di rovinosa caduta; per chi lo accoglie
, diventa sostegno e principio di salvezza e di vita.
Le parole del profeta, a questo punto,
diventano significative e ammonitrici anche per noi. La presenza di Cristo
impegna l'uomo in maniera decisiva. Non si può rimanere indifferenti o
neutrali. Il dono viene offerto, ma non imposto. Ognuno deve decidersi, andando
incontro alle inevitabili conseguenze di tale accoglienza o rifiuto. Gesù è
segno di contraddizione in quanto oggetto di contraddizione, cioè infinitamente
amato, ovvero infinitamente odiato. Simeone annuncia profeticamente un futuro
di opposizione e quindi di sofferenza e di morte. In ciò è coinvolta anche la
Madre «Anche a te una spada trafiggerà l'anima» (Lc 2,35).
Così, fin dagli inizi della sua
esistenza, è delineato il dramma salvifico del futuro doloroso e glorioso di
Cristo. Maria è presente e ne partecipa.
Il
nostro coinvolgimento al dramma salvifico di Cristo
La festa odierna si pone tra il Natale e
la Pasqua, e vuole farci comprendere il senso della sua venuta tra noi. Egli
viene ed è riconosciuto e accolto. A riconoscerlo sono Simeone e Anna , e i
loro cuori esultano di gioia. In questi due personaggi ci siamo tutti noi e la
gioia di tutta la Chiesa. Ma l'incontro con Cristo non è ancora definitivo. La
vita del cristiano è un itinerario salvifico in cui si operano continuamente
altri incontri. Essi avvengono nella nostra storia e vicenda umana, nella quale
la presenza del peccato non è mai completamente superata. Perciò la venuta del
Signore fa esplodere le contraddizioni della nostra esistenza cristiana.
Il Signore è luce e rivela in profondità
le nostre situazioni, facendo emergere le nostre concessioni al male e svelando
i nostri continui compromessi e ambiguità. Perciò le contraddizioni si
nascondono nella nostra vita e noi rimaniamo delusi e spesso irritati. Le cose
non vanno come noi ci attendiamo e gli uomini ci deludono. Siamo, quindi,
portati a formulare giudizi di condanna contro la vita; diciamo che essa non è
giusta e ci rammarichiamo di tutto. Questo giudizio coinvolge Dio, la religione,
la fede, Cristo. Vi proiettiamo le contraddizioni e le incoerenze nella vita cristiana
di cui facciamo esperienza.
Di fronte alla confusione, alle
difficoltà e alle ambiguità del nostro esistere, si svelano allora i nostri
segreti pensieri. In effetti, se noi ci lasciassimo portare da Cristo, la fede
rimarrebbe una forza che ci consentirebbe di accettare e di sperare oltre le
nostre vedute umane. Ci accorgeremmo, allora, che il torto risiede in noi; e
questo perché siamo miopi, interessati, egoisti ... Ci manca lo Spirito del
Signore e la decisione necessaria per dire un sì totale a Cristo e consegnarci
a Lui nell'atteggiamento di fiducia incondizionata che salva e rinnova.
La
giornata delle anime consacrate
La festa della Presentazione è la
giornata delle anime consacrate, cioè di coloro che hanno avuta una vocazione
particolare nella sequela del Signore. Affascinate dalla sua luce, sono andate
incontro a Lui tenendo in mano la fiaccola vibrante della fede, e hanno varcato
la soglia del Tempio, accompagnando Gesù a distanza ravvicinata per vivere
identificati a Lui, in un totale e irrevocabile consacrazione. Esse si sono
impegnate, in maniera originale, a donarsi al suo amore e all'amore dei fratelli.
Preghiere e racconti
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace»
Spiegando il senso della presentazione
del Signore al tempio, S. Ambrogio (t 397) intende mettere in risalto il
coinvolgimento universale dell'umanità agli eventi dell'infanzia, per
affermare che nessuno è escluso dai disegni salvifici di Dio. La figura
dell'anziano Simeone e le parole che egli dice esprimono, per Ambrogio, il carattere
decisivo che assume, per ogni uomo, il suo incontro col Cristo.
«La nascita del Signore non è attestata
soltanto dagli angeli e dai profeti, dai pastori e dai familiari, ma anche
dagli anziani e dai giusti. Tutte le età, tutt'e due i sessi, e i prodigi
avvenuti ne fanno fede: una vergine diventa feconda, una sterile partorisce, un
muto si mette a parlare, Elisabetta profetizza, i magi si prostrano in adorazione,
un bimbo esulta benché chiuso nel grembo, una vedova loda Dio, un giusto
attende. A ragione è chiamato giusto, perché desiderava non la propria, bensì
la salvezza del popolo, e, pur anelando di esser liberato dai vincoli del suo
fragile corpo, aspettava di vedere il Promesso; sapeva infatti che beati
sarebbero stati gli occhi, che l'avrebbero visto.
Ed esclama: «Ora lascia pure andare il
tuo servo» (Lc 2,29).
Guarda questo giusto, che vedendosi
rinchiuso nel carcere della terrena gravezza, desidera di partire per
cominciare a essere con Cristo; «è assai meglio», infatti, «partire e essere
con Cristo» (Fil 1,23). Ma chi desidera di essere lasciato andare, venga al
tempio, venga in Gerusalemme, attenda l'Unto del Signore, prenda tra le sue
mani il Verbo di Dio, lo stringa con le braccia della sua fede. Allora sarà
lasciato andare, affinché, avendo veduto la vita, non veda mai più la morte.
Osserva che alla nascita del Signore si
diffonde una grazia copiosa su ogni persona, mentre il dono della profezia è
negato non ai giusti, ma solo a chi non ha fede. E anche Simeone profetizza che
il Signore Gesù Cristo è venuto a caduta e a risurrezione di molti (cf. Lc
2,34), per vagliare i meriti dei giusti e degli iniqui, e, in qualità di giudice
giusto verace, decretate la punizione o il premio, a seconda delle nostre
azioni».
(Expositio
in Lucam, L. II, 58-60; trad. it. di G. COPPA, Opere di Sant'Ambrogio, «Classici delle Religioni», Torino, Utet,
1969, 469-70).
La presentazione al Tempio
Certo le porte al vostro incedere
si sono aperte vibrando da sole
e strana luce si accese sugli archi:
il tempio stesso pareva più grande!
Quando si mise a cantare il vegliardo,
a salutare felice la vita,
la lunga vita che ardeva in attesa;
e anche la donna più annosa cantava!
Erano l'anima stessa di Sion
del giusto Israele mai stanco di
attendere.
E lui beato che ha visto la luce
se pure in lotta già contro le tenebre.
Oh, le parole che disse, o Madre,
solo a te il profeta le disse!
Così ti chiese il cielo impaziente
pure la gioia di essergli madre.
Nemmeno tu puoi svelare, Maria,
cosa portavi nel puro tuo grembo:
or la Scrittura comincia a svelarsi
e a prender forma la storia del mondo.
(David Maria Turoldo)
La presentazione di Gesù al tempio di Giovanni Bellini
La presentazione di Gesù al tempio dove il
volto della Vergine, ritratto nella pena del primo distacco dal figlio, è
semplicemente sublime.
Il veneziano Giambellino, come lo chiamavano,
nato intorno al 1438 e morto nel 1516, era notissimo già al tempo suo come il
"pittore delle Madonne". Tante ne dipinse, su ispirazione o su
committenza, e in tutte colpisce l'intreccio delle mani di Maria con le manine
del bambino, l'eterno gioco tra madre e figlio.
Ma nella Presentazione il gioco
non c'è più, il bambino sta stretto dentro le fasce come una piccola mummia,
spunta solo una parte della manina che non riesce più a muoversi in cerca della
madre. Maria lo stringe a sé come se non volesse lasciarlo, mentre altre mani
lo stanno prendendo e sono quelle del barbuto Simeone, tra gli sguardi muti
delle figure sullo sfondo.
La scena sconvolge per la sacralità e il
presagio della passione. La si osserva commossi, ci si allontana a guardare
altri quadri, poi si torna indietro cercando di capirla meglio e ammirarla una
volta di più. Di ritorno a casa, si va a rileggere il passo del Vangelo (Lc
2,22-35) che l'ha ispirata.
L'evangelista Luca racconta che Maria e
Giuseppe si recarono al tempio di Gerusalemme per l'offerta del neonato e la
purificazione della madre, secondo la legge di Mosè: «Ora, c'era in Gerusalemme
un uomo chiamato Simeone: era un uomo giusto e pio... Anzi, dallo Spirito Santo
gli era stato rivelato che non sarebbe morto prima d'aver visto il Cristo del
Signore. Andò dunque al tempio, mosso dallo Spirito; e mentre i genitori
portavano il bambino Gesù, egli lo prese tra le braccia e benedì Dio dicendo:
"Ora, o Signore, lascia che il tuo
servo se ne vada in pace secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto
la tua salvezza"...».
Il vecchio Simeone riconosce in Gesù il
Salvatore. Poi unisce nella stessa profezia il figlio e la madre, dicendo a
Maria: «Ecco, egli è posto come segno di contraddizione, sicché una spada
trapasserà la tua anima».
Molti grandi pittori hanno raffigurato
l'episodio della presentazione al tempio. Nell'affresco di Giotto, Simeone ha
già in braccio il bambino, mentre la madre tende le mani come per
riprenderselo, timorosa di affidare ad altri la sua creatura. Andrea Mantegna,
che era il cognato di Giovanni Bellini, aveva dipinto le stesse figure centrali,
ma diversi i personaggi che osservano. Nell'arte di Bellini, una luce gentile accarezza
i volti, la timidezza pensosa dei gesti esprime il dialogo tra la terra e il
cielo. Ma la scena è illuminata soprattutto dalla bellezza di Maria, capolavoro
assoluto del "pittore delle Madonne". Ha scritto Paolo VI: «Con
Maria, ci viene aperta una duplice via: la via della verità che riguarda la sua
collocazione nei misteri di Cristo e della Chiesa. E una via più accessibile,
anche agli umili. La definiamo la via della bellezza».
Franca Zambonini, Il pittore delle
madonne e la bellezza di Maria, in «Famiglia cristiana» (2008) 52, 130.