mercoledì 23 febbraio 2011

DOMENICA 27 febbraio 2011

carissimi
ecco il testo del vangelo con commento e piccolo approfondimento
Vi informo che il viaggio in terra Santa ha già raggiunto quasi trenta adesioni; se qualcuno volesse aggiungersi può ancora farlo.


DOMENICA PENULTIMA DOPO L'EPIFANIA - detta "della divina clemenza"

LETTURA
Lettura del profeta Baruc 1, 15a; 2, 9-15a

Direte in quei giorni: «Il Signore ha vegliato su questi mali e li ha mandati sopra di noi, poiché egli è giusto in tutte le opere che ci ha comandato, mentre noi non abbiamo dato ascolto alla sua voce, camminando secondo i decreti che aveva posto davanti al nostro volto. Ora, Signore, Dio d’Israele, che hai fatto uscire il tuo popolo dall’Egitto con mano forte, con segni e prodigi, con grande potenza e braccio possente e ti sei fatto un nome, qual è oggi, noi abbiamo peccato, siamo stati empi, siamo stati ingiusti, Signore, nostro Dio, verso tutti i tuoi comandamenti. Allontana da noi la tua collera, perché siamo rimasti pochi in mezzo alle nazioni fra le quali tu ci hai dispersi. Ascolta, Signore, la nostra preghiera, la nostra supplica, liberaci per il tuo amore e facci trovare grazia davanti a coloro che ci hanno deportati, perché tutta la terra sappia che tu sei il Signore, nostro Dio».

SALMO
Sal 105 (106)

® Rendete grazie al Signore, il suo amore è per sempre.
Abbiamo peccato con i nostri padri,
delitti e malvagità abbiamo commesso.
I nostri padri, in Egitto,
non compresero le tue meraviglie. ®

Non si ricordarono della grandezza del tuo amore
e si ribellarono presso il mare, presso il Mar Rosso.
Ma Dio li salvò per il suo nome,
per far conoscere la sua potenza. ®

Molte volte li aveva liberati,
eppure si ostinarono nei loro progetti
e furono abbattuti per le loro colpe;
ma egli vide la loro angustia, quando udì il loro grido. ®

Si ricordò della sua alleanza con loro
e si mosse a compassione, per il suo grande amore.
Salvaci, Signore Dio nostro, radunaci dalle genti,
perché ringraziamo il tuo nome santo. ®

EPISTOLA
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 7, 1-6a

O forse ignorate, fratelli – parlo a gente che conosce la legge – che la legge ha potere sull’uomo solo per il tempo in cui egli vive? La donna sposata, infatti, per legge è legata al marito finché egli vive; ma se il marito muore, è liberata dalla legge che la lega al marito. Ella sarà dunque considerata adultera se passa a un altro uomo mentre il marito vive; ma se il marito muore ella è libera dalla legge, tanto che non è più adultera se passa a un altro uomo. Alla stessa maniera, fratelli miei, anche voi, mediante il corpo di Cristo, siete stati messi a morte quanto alla Legge per appartenere a un altro, cioè a colui che fu risuscitato dai morti, affinché noi portiamo frutti per Dio. Quando infatti eravamo nella debolezza della carne, le passioni peccaminose, stimolate dalla Legge, si scatenavano nelle nostre membra al fine di portare frutti per la morte. Ora invece, morti a ciò che ci teneva prigionieri, siamo stati liberati dalla Legge per servire secondo lo Spirito, che è nuovo.

VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Giovanni 8, 1-11

In quel tempo. Il Signore Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».


Commento

Questo testo ha creato molti interrogativi sia per il linguaggio, che assomiglia di più allo stile di
Luca sia per la sua assenza negli antichissimi manoscritti biblici del NT a noi giunti.
Esso compare e si diffonde solo a partire dal quarto o quinto secolo.
Si ha quasi l'impressione che un racconto di
questo genere avesse creato disagio e fastidio nelle prime Chiese, tanto da supporre che una lettura
normale potesse provocare nei cristiani assuefazione al male e superficialità. E’ come se negli
antichi manoscritti si fosse strappato una pagina per evitare che le persone più fragili potessero
scandalizzarsene. Si parla, infatti, di una straordinaria disponibilità di Gesù alla misericordia.
E tuttavia non è un testo permissivo. Gesù ricupera la persona, le dà l’opportunità di ripensare ciò
che ha fatto, la incoraggia a riesaminare in termini completamente nuovi la propria esistenza. E
questo, senza passare attraverso il castigo, o il giudizio degli uomini, pur avvalorato dalla legge di
Mosé.
Gesù, che frequenta il tempio dalla mattina molto presto e che raccoglie attorno a sé molte persone
che si fermano estasiate ad ascoltarlo, si vede portare davanti, strattonata e spinta in tutti i modi, una
donna accusata di flagrante adulterio da due gruppi di persone: scribi i farisei.
Non sembra che si voglia fare il processo, seduta stante, quanto piuttosto si chiede il parere di Gesù
su una grave infrazione della legge che formalmente prevede la lapidazione. Probabilmente gli
accusatori non sarebbero arrivati subito a tanto, ma, certo, questo “gruppo del buon costume”
organizzato in Gerusalemme, avrebbe creato drammi e timori in questa donna e nei presenti,
ristabilendo ordine nel lassismo imperante, e, nel contempo, avrebbero sfruttato un’occasione unica,
lampante ed esaltante insieme, per mettere in cattiva luce Gesù. Essi vogliono coglierlo in
contraddizione: o con la legge di Mosé (dando la morte) o con la misericordia che spesso Gesù, richiama, facendo riferimento al Padre (violando la Legge).
Di fronte allo schiamazzo, alle urla decise e convinte delle proprie ragioni, ripetute in modo sempre
più violento dagli accusatori, di fronte alla situazione onestamente pruriginosa e paradossale, ma
anche chiarissima, tutti si aspettano una conclusione rigida e definitiva che sfociasse nella morte.
Per procedere nella lapidazione, in caso di sentenza pronunciata dal giudice, è necessario che
qualcuno, per primo, cominciasse a scagliare una prima pietra. E’ il diritto-dovere che spetta al
testimone sulla cui testimonianza si sono basati processo e condanna.
Così Gesù, che fa appello a chi
ritiene di avere diritto di iniziare l’esecuzione della sentenza di morte, richiama un'altra verità,
ancora più importante, che è quella della coscienza di ciascuno e che nessuno conosce, tranne Dio.
Poiché una testimonianza bugiarda, in coscienza, avrebbe reso omicida il testimone, Gesù formula
una diversa verifica sul diritto di procedere all’esecuzione: "Chi è senza peccato scagli la prima
pietra”.
Ma, nel frattempo, Gesù assume un atteggiamento assai diverso, non provocatorio e libero da
giudizio. Scrivere per terra è ricuperare tempo; lasciar sfogare senza fissare la persona che accusa;
accettare che nel cuore di ciascuno maturi il proprio giudizio. Si sente, qui, la fermezza ed anche la
fiducia che il rapporto religioso corretto, ricostruito con Dio, sa fare il miracolo di una
consapevolezza.
Se la donna non è condannata da nessuno, neppure Gesù condanna la donna. Egli, che conosce a
fondo il cuore delle persone, non è venuto per condannare, ma per dare la vita al mondo (Gv 12,27).
E però il richiamo alla legge morale, come rapporto prezioso e insostituibile con Dio, fa aprire a
Gesù gli orizzonti verso il futuro coerente. “Non peccare più”, dice Gesù.
Così viene lasciato alla coscienza un progetto futuro nuovo. Si ricuperino la libertà e l’attenzione a
Dio che per primo ci vuole bene e ci perdona, per aprire noi e gli altri alla speranza.
Gli accusatori si fermano a tempo e se ne vanno via. O si resta fiduciosi e umili con Cristo, o ci si
allontana. Davanti a Cristo non si può essere veri e giustizieri, tranquilli e sicuri della propria
maschera.
La nostra eresia è quella di pensare Cristo giudice, o addirittura di pretenderlo. E invece dobbiamo
essere noi a saperci verificare. Quanto accettiamo la misericordia di Dio?
Quanto restiamo induriti al seguito di Cristo e giudici degli altri, senza avere il coraggio, almeno, di
andarcene consapevoli?
Restare con il Signore nonostante il rifiuto di una nostra verifica non ci fa intravedere la speranza e
la salvezza. E così, ci ricorda il Signore, “I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel Regno di
Dio” (Mt21,31).

Approfondimento: per una riscoperta della coscienza morale

L’uomo contemporaneo non desidera fare l’esame di coscienza e tanto meno vuole che qualcuno lo inviti a farlo.

Al più accetta che si guardi nel flusso della sua coscienza per riparare con gli strumenti della psicologia i guasti che qualcuno ha prodotto durante l’educazione a partire dalla prima infanzia.

Ma a furia di scordare l’esame di coscienza ha perso la bussola della sua esistenza. Il privato di ognuno è diventato una specie di santuario intoccabile dove ad essere esclusa è proprio ogni forma di santità, e ad essere ammessa è ogni sorta di capriccio, anche il più immorale.

La opinioni espresse su fatti recenti della cronaca politica mostrano la divisione netta tra quanti difendono ogni genere di comportamenti nel privato e quanti (sinceri?) si tracciano le vesti in nome di una moralità infranta.
Purtroppo i primi sono irresponsabili e i secondi, che hanno predicato un libertarismo per molti anni, pretendono di far rientrare i buoi, dopo che sono scappati.

Bisogna tornare alla coscienza morale, che non è espressione di condizionamenti genitoriali, come pensava Freud, ma espressione della verità, del bene, dell’umanità e dell’origine divina dell’uomo.
La cura della coscienza non potrà avere altra sorgente che la Parola di Dio. È dal confronto e dall’obbedienza a questa parola che l’uomo trova la verità di se stesso e delle proprie azioni.
Se non curiamo la coscienza, gli sforzi di curare il PIL saranno inefficaci ai fini di una società giusta e solidale.

Per fortuna, i potenziali lapidatori dell’adultera avevano ancora un po’ di coscienza morale e hanno accettato di riconoscere il loro essere peccatori. Così hanno lasciato il giudizio al Signore, l’unico che in effetti può giudicare in verità.

E il giudizio è stato di misericordia, perché Dio vuole che l’uomo viva. Ed è stato anche di verità: non peccare più; sempre per lo stesso motivo: che l’uomo viva. Infatti non si può vivere senza amore, ma neppure senza verità.

La bussola è stata ritrovata come dono dell’umanità amorevole di Gesù, che salva e responsabilizza sia l’adultera sia coloro l’hanno condotta a lui.

Anch’essi sono stati salvati dall’ipocrisia e dalla terribile ingiustizia che si commette quando si condannano gli altri senza voler mettere in discussione se stessi.


Rito romano

Vangelo: Mt 6,24-34


In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.
Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?
Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?
E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede?
Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno.
Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.
Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».


Commento

La liturgia ci invita a continuare a leggere il discorso della montagna (capp. 5-7).
Gesù affronta ora la questione dell’uso delle cose, in particolare del denaro quale
simbolo globale di ciò che si possiede.
Dio e la ricchezza sono incompatibili in ordine alla salvezza. Solo Dio salva, non di
certo il denaro o i beni che esso rappresenta. Certo possedere dei beni e del denaro è
necessario per vivere, ma essi sono doni che Dio affida all’uomo per il suo bene e per
il bene dei fratelli. Infatti i beni mediano la relazione con il fratello e l’uso che se ne
fa determina la qualità della relazione che si intrattiene con l’altro.
Gesù rimette ordine nella gerarchia dei valori: prima viene la vita, poi i beni che
servono per viverla. Infatti l’una e gli altri vengono da Dio, come possiamo ben
comprendere guardando gli uccelli del cielo. Il lavoro non rende proprietari dei beni,
ma solo li trasforma per renderli fruibili.
Se l’erba del campo è così bella, dice Gesù sapendo quanta cura ne ha il Padre, tanto
più il Signore si prenderà cura degli uomini e delle loro necessità. Infatti l’uomo non
può fare nulla per allungare la propria vita, che è nella mani di Dio e se ne prende
cura.
Sono i pagani, coloro che non si affidano al vero Dio, creatore del mondo, che si
preoccupano delle cose materiali. Essi non hanno fede nei loro dei, non li conoscono
come capaci di dare la vita e di prendersene cura. Non così è il Padre vostro, dice
Gesù a partire dalla sua intima e singolare esperienza che ha fatto del Padre.
Egli sa che cosa è veramente importante: cercare il regno di Dio e la sua giustizia. E’
quello che ha plasmato la sua vita e che ora sta adempiendo annunciando appunto la
vicinanza del regno di Dio e la sua benevolenza nei confronti di tutti gli uomini.
Egli sa bene quanto il Padre sia vicino a chiunque si trovi in difficoltà nella vita, di
come si preoccupi per il bene di ciascuno. All’uomo dunque non rimane che
accogliere questa presenza di Dio che si manifesta nella giustizia che si realizza. La
fatica del vivere trova dunque la sua consolazione nella presenza misericordiosa di
Dio.

giovedì 17 febbraio 2011

domenica 20 febbraio 2011 VII dopo l'Epifania: la cornucopia infinita

LETTURA Isaia 64, 3b-8
In quei giorni. Isaia pregò il Signore, dicendo: «Orecchio non ha sentito, / occhio non ha visto / che un Dio, fuori di te, / abbia fatto tanto per chi confida in lui. / Tu vai incontro a quelli che praticano con gioia la giustizia / e si ricordano delle tue vie. Ecco, tu sei adirato perché abbiamo peccato / contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli. / Siamo divenuti tutti come una cosa impura, / e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia; / tutti siamo avvizziti come foglie, / le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento. / Nessuno invocava il tuo nome, / nessuno si risvegliava per stringersi a te; / perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto, / ci avevi messo in balìa della nostra iniquità. Ma, Signore, tu sei nostro padre; / noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, / tutti noi siamo opera delle tue mani. / Signore, non adirarti fino all’estremo, / non ricordarti per sempre dell’iniquità. / Ecco, guarda: tutti siamo tuo popolo».

SALMO Sal 102 (103)
® Il Signore è buono e grande nell’amore.

Benedici il Signore, anima mia,non dimenticare tanti suoi benefici.Egli perdona tutte le tue colpe,guarisce tutte le tue infermità,salva dalla fossa la tua vita,ti circonda di bontà e misericordia.

®Quanto il cielo è alto sulla terra,così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono;quanto dista l’oriente dall’occidente,così egli allontana da noi le nostre colpe.Come è tenero un padre verso i figli,così il Signore è tenero verso quelli che lo temono.

®Perché egli sa bene di che siamo plasmati,ricorda che noi siamo polvere.Ma l’amore del Signore è da sempre,per sempre su quelli che lo temono,e la sua giustizia per i figli dei figli. ®

EPISTOLA Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 2, 1-5

Fratelli, se c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto, frutto della carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi. Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri. / Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù.

VANGELO Matteo 9, 27-35 In quel tempo.

Mentre il Signore Gesù si allontanava di là, due ciechi lo seguirono gridando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!». Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: «Credete che io possa fare questo?». Gli risposero: «Sì, o Signore!». Allora toccò loro gli occhi e disse: «Avvenga per voi secondo la vostra fede». E si aprirono loro gli occhi. Quindi Gesù li ammonì dicendo: «Badate che nessuno lo sappia!». Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione. Usciti costoro, gli presentarono un muto indemoniato. E dopo che il demonio fu scacciato, quel muto cominciò a parlare. E le folle, prese da stupore, dicevano: «Non si è mai vista una cosa simile in Israele!». Ma i farisei dicevano: «Egli scaccia i demòni per opera del principe dei demòni». Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità.

Commento

Dopo il “discorso della montagna”: (le parole”:capp5-7), Matteo fa seguire il racconto delle “opere
liberanti” di Gesù. E se nelle beatitudini Gesù è il maestro, qui Gesù è il guaritore, anzi colui che
manifesta, attraverso le opere straordinarie di Dio, la liberazione definitiva, la salvezza, la presenza nuova dell'Alleanza eterna. Così Matteo, nei capitoli successivi (capp 8-9) propone 10 miracoli nello stesso numero delle 10 piaghe d'Egitto attraverso cui il popolo d'Israele passò indenne e in forza delle quali venne liberato. E se nell'insegnamento delle beatitudini Gesù era accostato a Mosé, qui la figura di Gesù acquista un rilievo particolare per l’effettiva presenza di gesti che liberano il nuovo popolo che egli raduna.
Gli ultimi due miracoli della serie dei 10 sono la guarigione di due ciechi (9,27-31) e la
guarigione di un muto indemoniato (9,32-34).

I ciechi e il muto, bloccato dal demonio che non comunica, identificano dei malati ma diventano
immagine degli stessi interlocutori di Gesù che avrebbero bisogno di essere, essi stessi, liberati se
accettassero di credere in lui.

Essi, invece, rischiano di essere completamente incapaci di vedere, di
capire e di esprimersi non avendo accettato di avere fiducia. Eppure conoscevano la Scrittura e
poteva essere facile l’accostamento dei tempi di Gesù alle parole di Isaia (35,5): "Allora si apriranno
gli occhi dei ciechi, e si schiuderanno gli orecchi dei sordi". Questo testo Matteo lo riferirà come
contenuto del messaggio inviato da Gesù al Battista quando, attraverso i discepoli, Giovanni
presenterà le sue perplessità e i suoi timori.
Il centro di questa liberazione è la “casa” (la Comunità cristiana) dove si radunano gli amici di Gesù
e l'elemento fondamentale di scambio è la fede. Nella casa sono formulati interrogativi sulla fede:
"Credete che io possa fare questo?” (28). E il miracolo avviene perché Gesù si sente rispondere.”Si”.
“Allora avvenga per voi secondo la vostra fede".
Il silenzio successivo che Gesù impone si gioca sulla più profonda gratuità, unica capace di
smantellare l’esibizione di potenza. La popolarità dei miracoli avrebbe facilmente caricato il titolo:
“figlio di Davide" di quella ambiguità di messianismo regale che non faceva maturare il nuovo
orizzonte dell'amore di Dio per il suo popolo, ma ripeteva all'infinito lo scontro tra potenza e poteri,
tra sottomissione ed esclusione. Questa ambiguità, continuamente pretesa, arriverà persino sotto la
croce, quando Gesù si sentì sfidato: "Dimostra il tuo messianismo”. “Scendi dalla croce e ti
crederemo".
La guarigione del muto indemoniato ci riconduce alla sterilità dell’insegnamento dei dottori e dei
saggi d'Israele, ma anche all’insignificanza e incapacità di formulare messaggi credenti anche da
parte nostra. La scoperta che un muto possa parlare perché Gesù riconsegna a lui la capacità di
esprimersi, fa passare i farisei dalla contestazione (9,11 “Come mai il vostro maestro mangia con i
pubblicani ed i peccatori”), quindi alla calunnia (v 34 “Egli scaccia i demoni per opera del principe
dei demoni") e, infine, si giungerà alla decisione di metterlo a morte (12, 14 "Allora i farisei
uscirono e tennero consiglio contro di lui per farlo morire").

Il testo di Matteo è drammatico perché neppure i fatti evidenti di libertà, di cambiamento, di
guarigione, di restituita nuova dignità sanno mettere in dubbio le proprie convinzioni radicate. Si
diventa incapaci di qualsiasi revisione.

Gesù diventa allora la discriminante tra il valore di una persona che cresce, fidandosi di lui, e una
persona sapiente e religiosamente convinta che rinnega ogni possibilità di intervento della pienezza
di Dio tra noi. In fondo ci troviamo all'interno di un itinerario di idolatria dove Dio non può farci più
niente e dove la domanda fondamentale che Gesù ci pone non è retorica ma la domanda di altissimo
livello di responsabilità e di libertà: "Credete che io possa fare questo?" (v 28).
Il versetto 9,35 riprende, quasi alla lettera, l’avvio delle “Parole e Gesti di liberazione” anticipate in
4,23:
o "Gesù insegna nelle sinagoghe". Nelle sinagoghe Gesù riprende il messaggio dell'Antico
Testamento, rileggendolo con autorità;
o "annuncia il Regno”: l'orizzonte si allarga nella prospettiva del dono nuovo che il Padre fa
per tutta l'umanità che viene chiamata; ed è l’annuncio che si sviluppa “nella casa”;
o "cura malattie e infermità" e svolge l'azione terapeutica che esprime l'impegno della nuova
dignità e della nuova pienezza che Dio riconosce ad ogni uomo e ad ogni donna. Dio libera dal male
morale e fisico restituendo ciascuno alla salute piena. E’ il richiamo del segno di una nuova umanità
che viene riscattata.

APPROFONDIMENTO:

LA LEGGE DELLA CORNUCOPIA INFINITA


Molti sono i musei che mostrano statue accompagnate da una sorta di corno rovesciato a forma di vaso, dal quale fuoriescono abbondanti frutti. Ad esempio, viene raffigurato così il Nilo o la dea Roma per simboleggiare il ruolo dell’acqua limacciosa sulla produzione agricola o la potenza riversata sulla Roma repubblicana e imperiale.
Questo vaso è chiamato cornucopia. L’immagine è però presente nella cultura di tutti i tempi, anche se non i forma di statua. Si tratta di un meccanismo argomentativo per cui si trovano sempre ragioni per contrastare le ragioni altrui, anche quando queste mostrano di essere veritiere e meritevoli di essere accolte. Il vangelo di oggi ce ne dà un esempio: di fronte alla evidenza benefica dell’agire di Gesù, i farisei dicono che egli scaccia i demoni per opera del principe dei demoni.
Ovviamente non hanno alcuna prova di quanto dicono, ma questo è irrilevante; il punto che conta e che essi non vogliono dare ragione a Gesù anche se la situazione è così evidente che dovrebbero almeno riconoscere di essere in presenza di un dono di misericordia e di vita.
Tutto ciò accade ancora oggi: si usa l’intelligenza, la ragione e la capacità di parlare non per cercare la verità, ma solo per prevalere sugli altri.
I salotti televisivi, specie se politici, sono un esempio lampante di questo procedimento, ma lo sono anche le discussioni personali e le discussioni relative ai valori etici da realizzare nella società.
Non si tratta solo di un metodo cattivo di parlare, ma di un modo cattivo di essere uomini, perché la difesa dei propri interessi viene fatta con ogni mezzo e ci si chiude alla ricerca della verità e del bene.
Chi usa questo metodo, alla fine, è un violento che calpesta i diritti della verità. Si sa che la verità è debole, essa per essere riconosciuta e vissuta richiede uomini onesti che una volta che l’hanno incontrata, le ubbidiscono liberamente. Senza queste qualità interiori anche il più stupido degli uomini può calpestare la verità, ed è proprio ciò che fa la cornucopia infinita.

mercoledì 9 febbraio 2011

DOMENICA VI DOPO L'EPIFANIA - 13 Febbraio 2011



LETTURA
Lettura del primo libro di Samuele 21, 2-6a.7ab

In quei giorni. Davide si recò a Nob dal sacerdote Achimèlec. Achimèlec, trepidante, andò incontro a Davide e gli disse: «Perché sei solo e non c’è nessuno con te?». Rispose Davide al sacerdote Achimèlec: «Il re mi ha ordinato e mi ha detto: “Nessuno sappia niente di questa cosa per la quale ti mando e di cui ti ho dato incarico”. Ai miei giovani ho dato appuntamento al tal posto. Ora però se hai sottomano cinque pani, dammeli, o altra cosa che si possa trovare». Il sacerdote rispose a Davide: «Non ho sottomano pani comuni, ho solo pani sacri per i tuoi giovani, se si sono almeno astenuti dalle donne». Rispose Davide al sacerdote: «Ma certo! Dalle donne ci siamo astenuti dall’altro ieri». Il sacerdote gli diede il pane sacro, perché non c’era là altro pane che quello dell’offerta, ritirato dalla presenza del Signore.

SALMO
Sal 42 (43)

® La tua verità, Signore, sia luce al mio cammino.
Fammi giustizia, o Dio,
difendi la mia causa contro gente spietata;
liberami dall’uomo perfido e perverso. ®

Manda la tua luce e la tua verità:
siano esse a guidarmi,
mi conducano alla tua santa montagna, alla tua dimora. ®

Verrò all’altare di Dio,
a Dio, mia gioiosa esultanza.
A te canterò sulla cetra, Dio, Dio mio. ®

Perché ti rattristi, anima mia, perché ti agiti in me?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio. ®

EPISTOLA
Lettera agli Ebrei 4, 14-16

Fratelli, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.

VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Matteo 12, 9b-21

In quel tempo. Il Signore Gesù andò nella sinagoga; ed ecco un uomo che aveva una mano paralizzata. Per accusarlo, i farisei domandarono a Gesù: «È lecito guarire in giorno di sabato?». Ed egli rispose loro: «Chi di voi, se possiede una pecora e questa, in giorno di sabato, cade in un fosso, non l’afferra e la tira fuori? Ora, un uomo vale ben più di una pecora! Perciò è lecito in giorno di sabato fare del bene». E disse all’uomo: «Tendi la tua mano». Egli la tese e quella ritornò sana come l’altra. Allora i farisei uscirono e tennero consiglio contro di lui per farlo morire. Gesù però, avendolo saputo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli li guarì tutti e impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: «Ecco il mio servo, che io ho scelto; / il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento. / Porrò il mio spirito sopra di lui / e annuncerà alle nazioni la giustizia. / Non contesterà né griderà / né si udrà nelle piazze la sua voce. / Non spezzerà una canna già incrinata, / non spegnerà una fiamma smorta, / finché non abbia fatto trionfare la giustizia; / nel suo nome spereranno le nazioni».

Quando il bene viene sottomesso alle proprie convinzioni – convenienze

Il vangelo per quanto breve è composto da due scene: la prima presenta la guarigione di un uomo in contesto altamente conflittuale. La seconda presenta lo stile della missione di Gesù, connotata da mitezza e umiltà.


1) Un uomo vale ben più di una pecora!


I primi versetti del vangelo mettono l’accento sulla reazione di Gesù di fronte alla meschinità di un atteggiamento religioso che pone la legge sopra la persona solo per mantenere le proprie convinzioni – convenienze : "Ora un uomo vale più di una pecora! Perciò è lecito in giorno di sabato fare del bene", cioè vivere la carità anche a scapito di qualche legge esteriore! "Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato" (Mc 2,27). In un episodio analogo Gesù ebbe a dire: "Misericordia io voglio e non sacrifici" (Mt 12,7).
E' dai tempi dei profeti che il cuore del vero culto gradito a Dio è la carità: "E' forse come questo il digiuno che bramo, .. piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere.. Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique.., nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto.." (Is 58,5-7). Significativo è l'indicazione dell'evangelista Giovanni che nel posto dell'istituzione dell'Eucaristia nell'ultima cena, pone la lavanda dei piedi, invitando quindi a fare memoria di Lui nel gesto sacramentale e in quello della carità. Quanta vita cristiana anche oggi distacca culto e vita, preghiera e carità. Formalismi e pratiche vuote che non fanno piacere a Dio. Senza parlare di chi - come questo farisei - fanno battaglie di retroguardia per formalismi liturgici!

Ma anche fuori dal contesto strettamente religioso, sembra che pure oggi un cane valga più di un uomo. Tutti ricordiamo la barbara uccisione del tassista milanese. Aldilà di questo grave fatto di cronaca si sta diffondendo una mentalità utilitaristica e schizofrenica che dice che l’uomo può essere utilizzato a fini di sperimentazione, può essere chiuso nei congelatori e abbandonato a un destino di morte, mentre guai a fare tutto questo a un animale.

Per salvare i diritti degli animali si chiede un mutamento della metodologia e degli obiettivi scientifici, mentre se si chiede questo per la vita umana nella sua fase iniziale si passa per retrogradi. Così và il mondo. Ma va male!



2) Non spegnerà una fiamma smorta

A commento della guarigione fatta con puntiglio da Gesù di fronte ai farisei intolleranti, l'evangelista apre al discorso della misericordia e della pazienza di Dio che Gesù è venuto a tradurre con i suoi gesti pieni di compassione. Discrezione anzitutto, rispetto dei ritmi di ognuno nel cammino di fede, pazienza che sa attendere la conversione, valorizzando anche quei piccoli passi di bene che albergano in ogni uomo, senza scoraggiare o spegnere livelli forse ancora molto iniziali e non standard entro la diversificata appartenenza alla comunità.
Quella della comunità dei perfetti è tentazione che trova eco già nel vangelo, quando Gesù richiama alla compresenza del buon grano e della zizzania. "Vuoi che andiamo a raccoglierla? No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano" (Mt 13,28-29). Lasciamo a Dio il giudizio, e noi cerchiamo di avere quella tolleranza che ha il cuore stesso di Dio: "Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso" (Lc 6,36). Fino alla larghezza di cuore di Dio Padre che dona sempre con gratuità a tutti: "Egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e gli ingiusti" (Mt 5,45).