venerdì 13 dicembre 2013

Senza Gesù siamo al buio!. Domenica 15 dicembre 2013.



V domenica T. Avvento (Anno A)
Lettura
Mi 5,1; Ml 3,1-5a.6-7b
Così dice il Signore Dio: Mi «E tu, Betlemme di Èfrata,
così piccola per essere fra i villaggi di Giuda,
da te uscirà per me
colui che deve essere il dominatore in Israele;
le sue origini sono dall’antichità,
dai giorni più remoti.
Ml Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti. Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare l’argento; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’offerta secondo giustizia. Allora l’offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei giorni antichi, come negli anni lontani. Io mi accosterò a voi per il giudizio e sarò un testimone pronto.
Io sono il Signore, non cambio;
voi, figli di Giacobbe, non siete ancora al termine.
Fin dai tempi dei vostri padri
vi siete allontanati dai miei precetti,
non li avete osservati.
Tornate a me e io tornerò a voi,
dice il Signore degli eserciti».
Parola di Dio.
Salmo (Sal 145(146))
Vieni, Signore, a salvarci.
Il Signore rimane fedele per sempre,
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri. R.

Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri. R.

Egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione. R.
Epistola
Gal 3,23-28
Fratelli, prima che venisse la fede, noi eravamo custoditi e rinchiusi sotto la Legge, in attesa della fede che doveva essere rivelata. Così la Legge è stata per noi un pedagogo, fino a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede. Sopraggiunta la fede, non siamo più sotto un pedagogo. Tutti voi infatti siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
(Cfr Lc3,4b)
Alleluia.
Ecco la voce di colui che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore.
Alleluia.
Vangelo: Gv 1,6-8.15-18
In quel tempo. Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Giovanni proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.
Parola del Signore.
COMMENTI
Lettura del profeta Michea 5,1. Ml 3,1-5a.6-7b
La prima lettura è costituita da due frammenti uniti insieme: il primo è tolto dal
profeta Michea, costituito da un solo versetto, il secondo dal profeta Malachia.
Michea 5,1
Al tempo di Michea la situazione economica e politica di Israele sta soffrendo
violenza e corruzione. Dai giudici dei tribunali, dai sacerdoti e dai profeti il popolo
si aspetterebbe giustizia, senso religioso e sobrietà e invece il popolo si sente
perseguitato dalla prepotenza di una minoranza e dalle classi dirigenti che sfruttano i poveri. Il re Ezechia è un buon uomo, ma troppo debole. In questo contesto Michea annuncia la profezia di speranza: sta per nascere colui che dominerà Israele, e proprio in un paese insignificante, il villaggio di Betlemme. Gli oppressi dovrebbero ricordarsi che alcuni secoli prima, a Betlemme, era nato il re Davide: da pastorello, Dio lo aveva posto in un nuovo regno e lo aveva trasformato in grande sovrano.
Ml 3,1-5a. 6-7b
Il seguito di questa prima lettura è costituito dalla profezia di Malachia che
preannuncia la venuta di Gesù.
Anche nel contesto di Malachia ci ritroviamo in un tempo di grande decadenza
(siamo attorno all'anno 450 a.C.). Il popolo si lamenta anche perché trova una grave contraddizione tra la propria convinzione religiosa e l'esperienza. La convinzione, che si direbbe avvalorata dalla visione della vita, è garantita nel versetto del Salmo 37,25: "Sono stato fanciullo ed ora sono vecchio, non ho mai visto il giusto abbandonato né i suoi figli mendicare il pane"; ma l'esperienza mette, ogni giorno, sotto gli occhi, l'oppressione dei poveri da parte dei ricchi che prosperano, mentre il Signore non interviene.
Il Signore promette attraverso il profeta: "Manderò il mio messaggero e dopo di lui
un secondo e misterioso personaggio chiamato: "il Signore", "l'angelo dell'Alleanza", "il Signore dell'universo" (v 1).
Egli entrerà nel tempio e, come fuoco e come lisciva, purificherà i figli di Levi (v 3).
È importante questo richiamo alla purificazione del tempio che fa sorgere la
coscienza nuova di un popolo. Gesù si lamenterà dei sacerdoti e della classe
dirigente che avevano ridotto il tempio a "spelonca di ladri" (Mc 11,17).
La comunità cristiana rilegge la venuta di Gesù come una presenza nuova di Dio che porta fuoco e purificazione: la Parola e lo Spirito.
È chiaro che questo testo riconduce ad una riflessione sul nostro rapporto con Dio
nella Chiesa: nella chiesa come celebrazione dell'Eucaristia e nella chiesa come
presenza del popolo credente.
Se è pur vero che l'Eucaristia è carica di segni, questi segni vogliono manifestare una presenza nuova, ricca dei doni di Gesù: la Parola e lo Spirito dovrebbero aiutarci a preparare noi stessi come credenti che vivono nel mondo, rinforzati da forza nuova, dalla chiarezza dell'entusiasmo, dalla libertà interiore.
Fa tenerezza la conclusione di questo brano in cui si esprime la nostalgia di un
incontro e la difficoltà di dialogare nei rapporti con Dio: «"Tornate a me e io tornerò
a voi", dice il Signore degli eserciti».
Anche a noi viene rivolto lo stesso invito.

Lettera di san Paolo apostolo ai Galati 3, 23-28
Paolo, molto critico rispetto alla legge ebraica, ricorda, tuttavia, il senso profondo di un dono che, scritto da Dio, ha il compito di essere come un pedagogo. Il pedagogo era lo schiavo che si occupava dei figli di minore età del padrone, li conduceva a scuola per affidarli al maestro e aveva il compito di sorvegliare, preservare, mettere in guardia. La legge perciò ha svolto un compito prezioso, non si è contrapposta alla promessa che Dio ha fatto ad Abramo, unilaterale, dipendente da Dio e quindi stabile. Ma la legge ha mostrato i suoi limiti con la fede.
Giunti alla maggiore età, siamo diventati figli autonomi e liberi nella casa del Padre.
Con il battesimo siamo stati "rivestiti di Cristo". E a Cristo appartengono tutti i
credenti senza discriminazione. Qualsiasi differenza sussista nei diversi ambiti
(sessuale, sociale, civile, religioso) diventa irrilevante nell'ottica della identità nuova che viene conferita a chi diventa "uno in Cristo Gesù". Perciò le divisioni sociali e religiose non ci sono più in Cristo: giudei e pagani sul piano religioso; schiavo e libero, dal punto di vista dei diritti civili e sociali; maschio e femmina sul piano dell'identità di genere.
Noi, attraverso Gesù, raggiungiamo la maggiore età e una preziosa grandezza e uguaglianza agli occhi di Dio e quindi agli occhi di ogni umanità.
Essere figlio di Dio, appartenere a Cristo, vuol dire ricevere la promessa fatta ad
Abramo, promessa di vita e di benedizione per tutti coloro che riconoscono in lui il
benedetto da Dio, cioè colui che è capace di promuovere la vita non solo della sua famiglia, ma delle nazioni del mondo.

Lettura del Vangelo secondo Giovanni 1,6-8. 15-18


Il testo del Vangelo di Giovanni riprende la figura del Battezzatore sulle rive" del
Giordano. La prima "parte" (1,6-8). presenta il ministero di Giovanni Battista in
termini di testimone del Verbo (la Luce), così come è presentato nel prologo.
La seconda parte (1,15-18) ricorda il primo dei tre giorni in cui è collocata (nel IV
Vangelo) la testimonianza storica del Battista rispetto a Gesù.
- Giovanni (significa: "Dio è clemente") è un uomo mandato da Dio. Viene espressa la missione che ha origine divina e che è stata già significata dall'imposizione del nome fin dalla nascita.
- Testimone/testimonianza: Giovanni è testimone. (Nei vv.7-8 viene ricordato 3 volte il termine testimone/testimonianza per richiamare il valore teologico (e non solo il valore giuridico come se si dovesse parlare davanti ad un tribunale). Infatti, è "una voce" che parla a nome di Dio: testimone di Dio.
- "Cristo, Elia, il profeta" sono le tre espressioni dell'attesa messianica che verranno subito dopo ricordate (1,19 ss). Il Cristo è "il Consacrato" che porta la potenza di Dio. Elia è atteso come il profeta che ritorna vivo alla venuta del Messia (Mc.3, 22- 23-Mt.l7,10-13).
- Il Battista ripeterà per tre volte: "Non sono io né il Cristo, né Elia, né il profeta"
(1,20) per negare ogni presunzione ed ogni grandezza. Qui anticipa: «Era di lui che io dissi: «Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me» (v 15).
E così, solo dopo queste negazioni, arriverà ad un'affermazione umile, ma
coraggiosa e positiva: "lo sono voce di uno che grida nel deserto".
- v 15: vengono richiamate le precedenze rispetto all'alleanza con Dio. Giovanni
nega di essere lo sposo del popolo dell'alleanza poiché prima di lui qualcun altro, che venga dopo di lui, gli passa davanti. Nel contesto della presentazione, Giovanni ricorda: "Non sono io il Cristo, ma sono stato mandato davanti a lui. Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa, ma l'amico dello sposo, che è presente, ascolta ed esulta di gioia alla voce dello sposo. "Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere, io invece diminuire" (Gv 3,28-30).
- v 16: nel richiamo della luce, essa viene contemplata nel Verbo di Dio (v 14:
contemplare la gloria) e viene ricevuta. La comunità cristiana è testimone di questa esperienza di Gesù che porta la grazia attraverso l'amore di pienezza che Egli ha donato. Essa esprime una professione di fede in ciò che Gesù ha portato. Si potrebbe dire che "grazia su grazia" è la pienezza, il rapporto che Dio ha iniziato con la creazione, con Abramo, con Mosé sul Sinai ed ora completa con Gesù: è la pienezza di vita.
- v 17: viene qui contrapposta la Legge che fu un patto bilaterale tra Dio e il suo
popolo con la grazia e la verità totalmente gratuiti. La legge è stata offerta da Dio
attraverso Mosé, e attraverso Gesù diventano realtà la grazia e la verità, cioè la
rivelazione perfetta e la salvezza, aperte completamente come dono a tutti gli
uomini, solo con Gesù.
- v 18: nell'Antico Testamento è continuamente richiamata l'impossibilità di vedere il volto di Dio. Lo stesso Mosé si sentì dire: "non potrai vedere il mio volto perché
nessun uomo può vedermi e restare vivo" (Es 33,20). Ma nella coscienza della
comunità cristiana, Gesù, colui che hanno conosciuto, visto, ascoltato e che ha
profondamente conosciuto il Padre, può permettersi di farlo conoscere e di rivelare
la ricchezza di Dio, del suo pensiero, la sua novità: "Tutto ciò che ho udito del Padre, l'ho fatto conoscere a voi" (15,15). In tal modo Gesù ci ha introdotti nel mondo di Dio, nella pienezza, fino al punto da farci diventare figli di Dio.

In conclusione è necessario ricordare alcune cose importanti nel nostro rapporto con il Signore:
Conosciamo Dio, non perché siamo intelligenti, ma solo perché Egli ci viene incontro con amore.
Dobbiamo permettergli di farsi conoscere così come Egli è, e non come lo vorremmo noi. In questo modo conosceremo la bellezza del suo cuore e come possiamo diventare noi se lo accogliamo con fiducia.
Gesù è colui che ci introduce nel mistero di Dio, bisogna sempre ritornare alla sua parola. Solo la parola di Gesù è luce che illumina i nostri pensieri, i progetti, le relazioni e ci muove a viverli in modo che siano luce, pienezza di dono. Senza Gesù siamo al buio.

RITO ROMANO

III Domenica di Avvento (Anno A) - Gaudete
Prima Lettura
Is 35,1-6.8.10
Dal libro del profeta Isaìa

Si rallegrino il deserto e la terra arida,
esulti e fiorisca la steppa.
Come fiore di narciso fiorisca;
sì, canti con gioia e con giubilo.
Le è data la gloria del Libano,
lo splendore del Carmelo e di Saron.
Essi vedranno la gloria del Signore,
la magnificenza del nostro Dio.
Irrobustite le mani fiacche,
rendete salde le ginocchia vacillanti.
Dite agli smarriti di cuore:
«Coraggio, non temete!
Ecco il vostro Dio,
giunge la vendetta,
la ricompensa divina.
Egli viene a salvarvi».
Allora si apriranno gli occhi dei ciechi
e si schiuderanno gli orecchi dei sordi.
Allora lo zoppo salterà come un cervo,
griderà di gioia la lingua del muto.
Ci sarà un sentiero e una strada
e la chiameranno via santa.
Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore
e verranno in Sion con giubilo;
felicità perenne splenderà sul loro capo;
gioia e felicità li seguiranno
e fuggiranno tristezza e pianto.
Salmo responsoriale (Sal 145)
Vieni, Signore, a salvarci.
Il Signore rimane fedele per sempre
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri.

Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri.

Egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.
Seconda Lettura
Gc 5,7-10
Dalla lettera di san Giacomo apostolo

Siate costanti, fratelli miei, fino alla venuta del Signore. Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge. Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina.
Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte. Fratelli, prendete a modello di sopportazione e di costanza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore.
Acclamazione al Vangelo
(Is 61,1)
Alleluia, alleluia.
Lo Spirito del Signore è sopra di me,
mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio.
Alleluia.
Vangelo: Mt 11,2-11
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”.
In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».
Le opere di Gesù sono la risposta alle domande di Giovanni che aveva annunciato un Messia "più potente", che "battezza col fuoco", brucia lo scarto della trebbiatura e agita quell'arnese a forma di pala per ventilare il grano. Solo che la forza di Gesù è quella dell'amore che ridona la vista, raddrizza gli storpi, risana le piaghe, ridona l'udito, risuscita dai morti, annuncia la misericordia e il perdono. Gesù è diverso da come lo attendevano allora e da come ce lo aspettiamo oggi. Così com'è, il Vangelo della croce mette a dura prova la fede di tutti. Gesù è una bellissima sorpresa. Anche per Giovanni il Battista.

Anche Giovanni è sorprendente: un uomo fermo nella verità anche davanti ai potenti, un uomo povero come tutti gli inviati di Dio. Per questo Gesù lo chiama "più che un profeta", "il più grande tra i nati di donna".

Il discorso, però, continua. Se Giovanni è "il più grande tra i nati di donna", tuttavia "il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui". Si passa dai figli dell'uomo ai figli di Dio che sono i "più piccoli". La vera grandezza è la piccolezza. La grandezza è del Padre.

L'eco delle opere di Gesù arriva in fondo al carcere dove sta Giovanni che, attraverso i suoi, pone la domanda che contiene tutta l'attesa del popolo di Dio: sei tu quello che viene? La risposta di Gesù al grande profeta è essa stessa profetica perché indica il luogo dove riconoscere l'avveramento delle promesse messianiche. Purché non ci si scandalizza di lui, della sua croce, della debolezza dei suoi ministri, della piccolezza dei figli del Padre.

Gesù dice ai discepoli di Giovanni: "Andate e riferite ciò che voi udite e vedete". Si crede per aver sentito, ma anche per aver visto. Questa è la testimonianza sostanziale per comunicare il Vangelo.

La predicazione di Giovanni prepara la via a Gesù. Il Signore, a sua volta, esalta l'opera di Giovanni. In realtà, per entrambi, è la croce il grande mezzo dell'esaltazione e di tutta la profezia contenuta nelle Scritture. Ecco perché non è facile riconoscere il messia di Dio.
Giovanni, la roccia che sfidava il ven­to del deserto, che era «anche più di un profeta», «il più grande» di tutti entra in crisi: sei tu o no quello che il mon­do attende? Il profeta dubita e Gesù conti­nua a stimarlo. E questo mi conforta: an­che se io dubito la fiducia di Dio in me re­sta intatta. Perché è umano, di fronte a tan­to male, dubitare; di fronte al fatto che con Gesù cambia tutto: non è più l'uomo che vive per Dio, è Dio che vive per l'uomo, che viene a prendersi cura dei piccoli, a guari­re la vita malata, fragile, stanca: i ciechi riac­quistano la vista, gli zoppi camminano, i sordi odono, ai poveri è annunciato il Van­gelo, tutti hanno una seconda opportunità. Gesù elenca sei opere non per annunciare un fiorire di miracoli all'angolo di ogni stra­da, ma che Dio entra nelle ferite del mon­do, per trasformarlo. Gesù non ha mai promesso di risolvere i problemi della sto­ria con i miracoli. Ha promesso qualco­sa di più forte ancora: il miracolo del se­me, il lavoro oscuro ma inarrestabile del seme che fiorirà.
Beato chi non si scandalizza di me. È lo scandalo della misericordia, Gesù è un Dio che non misura i meriti, ma guarisce il cuo­re; che invece di bruciare i peccatori, come annunciava il Battista, siede a tavola con loro. È lo scandalo della piccolezza. Le sei opere d'amore che Gesù elenca non han­no cambiato il mondo, per un lebbroso guarito milioni d'altri si sono ammalati; nessun deserto si è coperto di gigli; anzi, il deserto con i suoi veleni si espande e cor­rode le terre più belle del nostro paese.
Ma quelle sei opere sono l'utopia di un tutt'altro modo di essere uomini, ed è sem­pre l'utopia che fa la storia. Sono le mani di Dio impigliate nel folto della vita. Sono il centro della morale cristiana, che consiste proprio nel fare anche noi ciò che Dio fa', nell'agire io come agisce Dio.
Gesù è una goccia di fuoco caduta dentro di noi e non si spegne. E noi viviamo di lui e lui dilata da dentro le nostre capacità di amore perché diventiamo santuari che ir­radiano amore: chi crede in me compirà o­pere ancora più grandi ( Gv 14,12) «Perciò, se riesco ad aiutare una sola per­sona a vivere meglio, questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita. È bello essere popolo fedele di Dio. E acquistiamo pienezza quando rompiamo le pareti e il nostro cuore si riempie di volti e di nomi!» (Evangelii gaudium, n. 274).
Gli uomini vogliono seguire il Dio della vi­ta. E se noi siamo capaci di rendere, con Lui, la vita più umana, più bella, più felice, più grande a qualcuno che non ce la fa da solo, allora capiranno chi è il Signore che noi cerchiamo di amare e di incarnare: è dav­vero il Dio amante della vita.

giovedì 5 dicembre 2013

"Il Signore parla a l tuo cuore" 8 dicembre 2013



IV domenica T. Avvento (Anno A)
Lettura
Is 40,1-11
«Consolate, consolate il mio popolo
– dice il vostro Dio.
Parlate al cuore di Gerusalemme
e gridatele che la sua tribolazione è compiuta,
la sua colpa è scontata,
perché ha ricevuto dalla mano del Signore
il doppio per tutti i suoi peccati».
Una voce grida:
«Nel deserto preparate la via al Signore,
spianate nella steppa la strada per il nostro Dio.
Ogni valle sia innalzata,
ogni monte e ogni colle siano abbassati;
il terreno accidentato si trasformi in piano
e quello scosceso in vallata.
Allora si rivelerà la gloria del Signore
e tutti gli uomini insieme la vedranno,
perché la bocca del Signore ha parlato».
Una voce dice: «Grida»,
e io rispondo: «Che cosa dovrò gridare?».
Ogni uomo è come l’erba
e tutta la sua grazia è come un fiore del campo.
Secca l’erba, il fiore appassisce
quando soffia su di essi il vento del Signore.
Veramente il popolo è come l’erba.
Secca l’erba, appassisce il fiore,
ma la parola del nostro Dio dura per sempre.
Sali su un alto monte,
tu che annunci liete notizie a Sion!
Alza la tua voce con forza,
tu che annunci liete notizie a Gerusalemme.
Alza la voce, non temere;
annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio!
Ecco, il Signore Dio viene con potenza,
il suo braccio esercita il dominio.
Ecco, egli ha con sé il premio
e la sua ricompensa lo precede.
Come un pastore egli fa pascolare il gregge
e con il suo braccio lo raduna;
porta gli agnellini sul petto
e conduce dolcemente le pecore madri».
Parola di Dio.
Salmo (Sal 71(72))
Vieni, Signore, re di giustizia e di pace.
Dio, affida al re il tuo diritto,
al figlio di re la tua giustizia;
egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia
e i tuoi poveri secondo il diritto. R.

Nei suoi giorni fiorisca il giusto
e abbondi la pace,
finché non si spenga la luna.
E dòmini da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra. R.

Il suo nome duri in eterno,
davanti al sole germogli il suo nome.
In lui siano benedette tutte le stirpi della terra
e tutte le genti lo dicano beato. R.
Epistola
Eb 10,5-9a
Fratelli, entrando nel mondo, Cristo dice:
Tu non hai voluto né sacrificio né offerta,
un corpo invece mi hai preparato.
Non hai gradito
né olocausti né sacrifici per il peccato.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo
– poiché di me sta scritto nel rotolo del libro –
per fare, o Dio, la tua volontà».
Dopo aver detto: Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose che vengono offerte secondo la Legge, 9soggiunge: Ecco, io vengo a fare la tua volontà.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
(Cfr Mt 21,9)
Alleluia.
Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Osanna al figlio di Davide!
Alleluia.
Vangelo: Mt 21,1-9
In quel tempo. Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito”». Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:
Dite alla figlia di Sion:
Ecco, a te viene il tuo re,
mite, seduto su un’asina
e su un puledro, figlio di una bestia da soma.
I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava:
«Osanna al figlio di Davide!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Osanna nel più alto dei cieli!».
Parola del Signore.

COMMENTI

Isaia 40,1-11

Con questo testo il profeta anonimo del VI secolo, che vive con il popolo, deportato a Babilonia, e che continua il libro delle profezie del grande e primo Isaia, vuole garantire il suo popolo di una speranza grande e nuova: c'è, in prospettiva, il ritorno a Gerusalemme, Ma Dio sta prospettando, attraverso gli avvenimenti della storia, la conclusione della "tribolazione". In pratica viene annunciata la sconfitta di Babilonia da parte della potenza crescente di Ciro, re dei Medi e dei Persiani. Ma la profezia non è molto esplicita per timore di una reazione violenta da parte dell'autorità babilonese. Così il futuro viene raccontato riferendosi all'uscita dall'Egitto e alla liberazione ottenuta al tempo dell'esodo con Mosè.

"Consolate" significa aiutate a cogliere la novità ed i segni, ed è necessario parlare al cuore perché sorgano pensieri e attese di speranza. Consolare rivela il rigenerare le prospettive di vita che è fragile, "come l'erba; secca l'erba, appassisce il fiore"(v 7).

Le immagini e i significati si ripetono per rinvigorire la speranza. E soprattutto viene presentata la presenza del Dio consolatore. E se la divisione del testo si sviluppa in diversi segni e parti, il volto di Dio si manifesta nel suo splendore. Troviamo così 4 parti: " la consolazione e la sua causa (1-2), il nuovo esodo (3-5), la parola di Dio è efficace (6-8), il Signore è re e pastore (9-11)"; esse manifestano la premura che ci sia una Parola nuova e incoraggiante: "Consolate. Parlate al cuore". E il Signore desidera che ci siano fiducia, speranza, novità ed entusiasmo verso questa nuova prospettiva. E' il nuovo che si affaccia e bisogna dare sicurezza: "Gridate". "La Gloria di Dio è garantita ma viene sulle strade che avrete preparato voi". (v 3). Il cammino da Babilonia a Gerusalemme non è stato mai diritto, dovendo superare il deserto. Sarebbe la strada più corta ma impossibile; quella possibile è di aggirare il deserto da Nord e quindi ridiscendere: circa 1000 Km, lo stesso tragitto che aveva percorso Abramo più di un millennio prima. Ma il Signore garantisce: "Una strada diritta vi sarà possibile: agevole, veloce". Ci si renderà conto di essere fragili e inconsistenti, poveri di risorse e di progetti? "Non spaventatevi". E se il Signore è "vento di dissecca", è anche gloria che accompagna verso la liberazione, "è braccio che esercita il dominio" (10), "è pastore" (11). Per il popolo d'Israele il Dio Pastore fa balzare immediatamente il richiamo all'autorità politica, ai cattivi pastori di cui si lamentano lo stesso Isaia (56,11), Geremia (2,8;10,12;12,10; 23,1; 50,6), Ezechiele ( 34 2-10). Il Signore si offre come Pastore, garantisce l'unità del suo popolo ("con il suo braccio lo raduna") e si prende cura amorevole del suo gregge. In particolare, è attento alla vita fragile degli agnellini incapaci ancora di camminare e alle pecore che faticano a stare al passo delle altre pecore perché hanno da poco partorito.

Quando viene Gesù, questo testo rimanda a Giovanni Battista, nuovo profeta, che apre una strada accessibile, nel deserto. E però il braccio del Signore e la sua liberazione sono affidati al nuovo pastore che è Gesù. Le splendide pagine del Vangelo di Giovanni ci ricordano che Gesù è il buon pastore che dà la vita per le pecore (10,11); con Lui sorgono reciproca attenzione, amore e conoscenza (Gv 10,14: "Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me").

Ebrei 10,5-9a

Questo testo vuole valorizzare il sacrificio di Gesù rispetto alle offerte del Primo Testamento. E lo fa con la preghiera del salmista (Sal 40,7) che ha maturato nel suo cuore la consapevolezza che il vero modo di onorare Dio è accogliere la sua volontà. "Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto, non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato" .Tutto il mondo antico ritiene che l'offerta al tempio di animali: di tori e capri, con il loro sangue elimini il peccato ( Eb 10,4). Ma questo è impossibile. La legge infatti rappresenta solo l'ombra, una prefigurazione della salvezza ma non ha una propria efficacia di liberazione di fronte a Dio. Questi sacrifici non tolgono il peccato e non permettono l'accesso a Dio.

Né perfezionano colui che li offre. Così l'autore della lettera richiama il valore unico del sacrificio di Gesù: il fatto che sia unico ha un grande valore poiché elimina il significato del sacrificio di espiazione (Lev 16) che, in Israele, almeno annualmente, si offre per tutti i peccati d'Israele. Questo fa solo ricordare di avere peccato, ma non è rimesso il peccato né può purificare la coscienza.

L'autore biblico applica a Gesù, nella sua realtà preesistente presso Dio, il suo "Eccomi", prendendo dal salmo 40: " Allora ho detto: «Ecco, io vengo. Nel rotolo del libro su di me è scritto di fare la tua volontà: mio Dio, questo io desidero; la tua legge è nel mio intimo». Si fa riferimento ad un rotolo che, secondo il credo ebraico, esiste presso Dio e su cui sono scritte tutte le azioni prima che siano compiute. Ma, mentre nel salmo si parla di "le orecchie mi hai aperto" (40,7), la stessa citazione, ripresa dal greco, nella lettera agli Ebrei sostituisce con "un corpo mi hai preparato" (10,5). In tal modo si chiarisce la prospettiva teologica della Incarnazione di Gesù.

Questo brano della lettera agli Ebrei ci ripropone una profonda rivoluzione religiosa che tocca tutte le fedi del mondo, compresa la fede cattolica. Siamo richiamati ad aprire gli occhi sulla strada che il Signore ci indica, siamo incoraggiati alla ricerca della presenza del Signore nella storia di ciascuno di noi, ogni giorno; siamo aiutati a intravedere il tempo che il Signore sa darci, aprendo con lucidità, sulla nostra vita, gli occhi della fede. E, insieme con la rilettura della Parola di Gesù, la storia che viviamo ci apre quotidianamente ad intuizioni e suggerimenti. Sarebbe un grande segno di testimonianza se ci aiutassimo a riflettere, a scoprire e a raccontare i segni che intravediamo della presenza del Signore nella storia. Magari riprendendo i "segni dei tempi", riproposti da Giovanni XXIII nella Pacem in terris (PT: 1963) e nella Gaudium et spes del Concilio Vaticano II (GS: 1965).

Mt 21,1-9

Gesù prende possesso della città santa e, immediatamente, si scontra con la classe dirigente del popolo d'Israele. Essa è costituita dai dotti teologi, dalla classe sacerdotale che, insieme, sviluppa la politica e custodisce il tempio, e dai più appassionati devoti della legge. Stiamo parlando degli scribi, dei sacerdoti, e dei farisei. Tutti attendono il Messia e tutti questi sono ferocemente oppositori di Gesù.

Infatti Gesù il Messia non viene come l'hanno aspettato o immaginato. Non porta potere e grandezza, non dà spazio ai progetti di rivincita, ignora ogni prospettiva di vittoria, giunge disarmato con una proposta di pace e di novità a cui solo le persone semplici, i credenti in Lui, rispondono fiduciosi.

Egli non garantisce niente di ciò che si sarebbero aspettato. Un trionfo a Gerusalemme c'è, ma chiede in prestito le piccole cose di tutti i giorni: l'asino, la festa, i mantelli, i rami degli alberi, le grida di acclamazione, la fiducia. Egli non manifesta esigenze di potere, né forze combattenti, né desideri di trionfo.

Egli non vuole vincere nessuno, e questo dovrebbe essere ben chiaro anche nella sensibilità del nostro mondo credente.

In favore c'è una profezia, quella di Zaccaria, ma nel vangelo di Matteo è addolcita, ripulita, corretta. Secondo la lettura di Matteo si svolge una acclamazione modesta. La citazione di Zaccaria ricorda, in particolare, la mitezza e l'umiltà. Infatti, dal testo citato di Zaccaria, vengono tolti due aggettivi: "Egli è giusto e vittorioso " (Zac 9,9) così come vengono sostituite le parole, " Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme " con " Dite alla figlia di Sìon " di Isaia (62,11). Matteo concentra l'attenzione su Gesù "mite" (umile). Questi, infatti, non entra vittorioso su un focoso destriero, ma su un umile asinello, come annunciatore di pace (Zac 9,10). Nel trionfo improvvisato, che Gesù stesso ha provocato, prenderà poi possesso della città santa e ne scaccerà i profanatori (21,12-17).

Di quella festa, però, che cosa resta? I vestiti distesi e i mantelli che sono serviti come tappeto, i rami di alberi e le acclamazioni. A dire il vero, "Osanna" significa: "O Dio, vieni in aiuto" e "Signore donaci vittoria". Diventeranno acclamazioni di gioia degne per la gioia di una vittoria. Ma Gesù porta altri segni. Accetta l'entusiasmo e la festa, ma poi, alla resa dei conti, alla gente offre la sua parola, la sua persona, il suo esempio, la sua pace, la sua adesione al Padre. E insieme offre la sua condivisione con la sofferenza e le attese della gente. Nel poco tempo che resta, in una settimana, tutto l'entusiasmo si trasforma in delusione poiché il popolo continua a restare sottomesso al mondo romano. Non essere diventati trionfatori, restando soggetti ad un popolo pagano, farà capovolgere ogni attesa in fallimento. La festa si smorzerà nel silenzio, nel cammino pubblico con una croce fuori della città, con l'ovvia sconfitta di ogni regalità e di ogni pace.

Nessuno alzerà la voce a difendere Gesù, salvo un condannato crocifisso che oserà farfugliare parole di fiducia e di speranza mentre muore: "Ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno" (Luca 23,42-43). E Gesù, proprio sulla croce, garantisce che entra finalmente nel Regno ed ha potere di aprirne le porte: "Oggi stesso sarai con me".

L'ultima immagine pubblica, sancita dal procuratore Pilato e sintesi della condanna a morte, è l'iscrizione sulla croce: "Gesù il Nazareno, il re dei giudei", scritta in ebraico, latino e greco.

Essa dà fastidio ai capi religiosi di Gerusalemme e vogliono che sia corretta. "Essi dissero a Pilato: "Non scrivere il re dei Giudei" ma "Costui ha detto: Io sono il re dei giudei". Pilato rifiuta, probabilmente con una smorfia di scherno verso di loro: "Quello che ho scritto, ho scritto" (Gv19,17-22).

Gesù ha fondato la Chiesa e il Card Scola ("il campo è il mondo", p.46) ci ricorda che "i cristiani non cercano la vittoria della propria parte....Possono essere maggioranza costruttiva o minoranza perseguitata, ciò cui sono chiamati è solo l'essere presi a servizio del disegno buono con cui Dio accompagna la libertà degli uomini"

La conversione è a Cristo e non alla Chiesa e la Chiesa è la madre che conduce a Cristo. Nella Chiesa ci debbono essere fraternità e comunione.

Se ognuno di noi ha desiderio e pretese di vittoria per poter dimostrare di essere superiore, lo stile di Gesù porta invece verso la verità più profonda che va sempre cercata. Noi non la possediamo, ma, se cerchiamo con umiltà, ne siamo posseduti. Modello è Gesù che si fa piccolo, nascosto, fratello con gli ultimi.


SOLENNITA’ DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE DI MARIA

Prima Lettura
Gen 3,9-15.20

Dal libro della Gènesi

[Dopo che l’uomo ebbe mangiato del frutto dell’albero,] il Signore Dio lo chiamò e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».
Allora il Signore Dio disse al serpente:
«Poiché hai fatto questo,
maledetto tu fra tutto il bestiame
e fra tutti gli animali selvatici!
Sul tuo ventre camminerai
e polvere mangerai
per tutti i giorni della tua vita.
Io porrò inimicizia fra te e la donna,
fra la tua stirpe e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa
e tu le insidierai il calcagno».
L’uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi.

Salmo responsoriale (Sal 97)
Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie.
Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.

Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele.

Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni!

Seconda Lettura
Ef 1,3-6.11-12

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,
che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo.
In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo
per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,
predestinandoci a essere per lui figli adottivi
mediante Gesù Cristo,
secondo il disegno d’amore della sua volontà,
a lode dello splendore della sua grazia,
di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.
In lui siamo stati fatti anche eredi,
predestinati – secondo il progetto di colui
che tutto opera secondo la sua volontà –
a essere lode della sua gloria,
noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo.

Acclamazione al Vangelo
(Lc 1,28)
Alleluia, alleluia.
Rallègrati, piena di grazia,
il Signore è con te,
benedetta tu fra le donne.
Alleluia.

Vangelo: Lc 1,26-38
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.


COMMENTI
1. Ho avuto paura perché sono nudo e mi sono nascosto.
Gn 3, 10


Come vivere questa Parola?

Prendere coscienza dell'essere "nudi" è in fondo prendere coscienza delle nostra fragilità verso il peccato.

Esso ci impedisce di stare davanti a Dio nella nostra nudità, senza maschere, senza difese, ammettendo quello che siamo senza paura. Il peccato ci fa nascondere, ci porta a deresponsabilizzarci, ad accusare altri, così come Adamo ha accusato Eva ed Eva il serpente.

Ci disorienta e ci fa perdere di vista la nostra identità di figli di Dio.

Maria al contrario ci dice, con le sue "opere" forse più che con le sue parole, cosa significa non essere schiavi del peccato.

Lei non si è nascosta davanti al Signore, si è fatta invece tutta orecchi. Si è lasciata trovare ed interpellare. Soprattutto non ha progettato il suo futuro da sola ma ha accettato in libertà di accoglierlo da Dio e di condividerlo con Lui. Ecco perché di lei poi si dirà che "custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore" (Lc 2, 19).

Doveva farlo proprio perché, accogliendo la presenza di Dio nella sua vita, ogni giorno doveva leggere questa presenza, comprenderla, sostenerla, lasciarsene plasmare. E senza custodirla nel silenzio della riflessione e della preghiera non ci sarebbe riuscita.

Solo chi si progetta la vita da solo, come se tutto dipendesse da lui, non ha bisogno di riflettere e di interrogarsi.

Maria allora ci racconta con la sua vita l'idea originaria di Dio per noi e sveglia il nostro desiderio di ritrovare questa idea e di incarnarla.

Noi non siamo innocenti Signore, a differenza di Maria conosciamo il peccato e i suoi "frutti". Continua a ricordarci allora, tramite il suo esempio e la sua intercessione, che non siamo condannati alla schiavitù del peccato ma che possiamo tornare a stare davanti a Te nudi, senza timori e maschere, senza nasconderci più.

La voce di un Vescovo santo

Santa Maria, donna gestante, grazie perché, se Gesù l'hai portato nel grembo nove mesi, noi ci stai portando tutta la vita. Donaci le tue fattezze. Modellaci sul tuo volto. Trasfondici i lineamenti del tuo spirito.
(Don Tonino Bello)



2. Il Vangelo di Luca sviluppa il racconto dell'annuncio a Maria come la zoomata di una cinepresa: parte dall'immensità dei cieli, restringe progressivamente lo sguardo fino ad un piccolo villaggio, poi ad una casa, al primo piano di una ragazza tra le tante, occupata nelle sue faccende e nei suoi pensieri.
L'angelo Gabriele entrò da lei. È bello pensare che Dio ti sfiora, ti tocca nella tua vita quotidiana, nella tua casa. Lo fa in un giorno di festa, nel tempo delle lacrime oppure quando dici a chi ami le parole più belle che sai.


La prima parola dell'angelo non è un semplice saluto, dentro vibra quella cosa buona e rara che tutti, tutti i giorni, cerchiamo: la gioia. «chaire, rallegrati, gioisci, sii felice». Non chiede: prega, inginocchiati, fai questo o quello. Ma semplicemente: apriti alla gioia, come una porta si apre al sole. Dio si avvicina e ti stringe in un abbraccio, viene e porta una promessa di felicità.


La seconda parola dell'angelo svela il perché della gioia: sei piena di grazia. Un termine nuovo, mai risuonato prima nella bibbia o nelle sinagoghe, letteralmente inaudito, tale da turbare Maria: sei colmata, riempita di Dio, che si è chinato su di te, si è innamorato di te, si è dato a te e tu ne trabocchi. Il suo nome è: amata per sempre. Teneramente, liberamente, senza rimpianti amata.


Piena di grazia la chiama l'angelo, Immacolata la dice il popolo cristiano. Ed è la stessa cosa. Non è piena di grazia perché ha detto "sì" a Dio, ma perché Dio ha detto "sì" a lei prima ancora della sua risposta. E lo dice a ciascuno di noi: ognuno pieno di grazia, tutti amati come siamo, per quello che siamo; buoni e meno buoni, ognuno amato per sempre, piccoli o grandi ognuno riempito di cielo.


La prima parola di Maria non è un sì, ma una domanda: come è possibile? Sta davanti a Dio con tutta la sua dignità umana, con la sua maturità di donna, con il suo bisogno di capire. Usa l'intelligenza e poi pronuncia il suo sì, che allora ha la potenza di un sì libero e creativo.


Eccomi, come hanno detto profeti e patriarchi, sono la serva del Signore. Serva è parola che non ha niente di passivo: serva del re è la prima dopo il re, colei che collabora, che crea insieme con il creatore. «La risposta di Maria è una realtà liberante, non una sottomissione remissiva. È lei personalmente a scegliere, in autonomia, a pronunciare quel "sì" così coraggioso che la contrappone a tutto il suo mondo, che la proietta nei disegni grandiosi di Dio» (M. Marcolini).


La storia di Maria è anche la mia e la tua storia. Ancora l'angelo è inviato nella tua casa e ti dice: rallegrati, sei pieno di grazia! Dio è dentro di te e ti colma la vita di vita.