giovedì 5 dicembre 2013

"Il Signore parla a l tuo cuore" 8 dicembre 2013



IV domenica T. Avvento (Anno A)
Lettura
Is 40,1-11
«Consolate, consolate il mio popolo
– dice il vostro Dio.
Parlate al cuore di Gerusalemme
e gridatele che la sua tribolazione è compiuta,
la sua colpa è scontata,
perché ha ricevuto dalla mano del Signore
il doppio per tutti i suoi peccati».
Una voce grida:
«Nel deserto preparate la via al Signore,
spianate nella steppa la strada per il nostro Dio.
Ogni valle sia innalzata,
ogni monte e ogni colle siano abbassati;
il terreno accidentato si trasformi in piano
e quello scosceso in vallata.
Allora si rivelerà la gloria del Signore
e tutti gli uomini insieme la vedranno,
perché la bocca del Signore ha parlato».
Una voce dice: «Grida»,
e io rispondo: «Che cosa dovrò gridare?».
Ogni uomo è come l’erba
e tutta la sua grazia è come un fiore del campo.
Secca l’erba, il fiore appassisce
quando soffia su di essi il vento del Signore.
Veramente il popolo è come l’erba.
Secca l’erba, appassisce il fiore,
ma la parola del nostro Dio dura per sempre.
Sali su un alto monte,
tu che annunci liete notizie a Sion!
Alza la tua voce con forza,
tu che annunci liete notizie a Gerusalemme.
Alza la voce, non temere;
annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio!
Ecco, il Signore Dio viene con potenza,
il suo braccio esercita il dominio.
Ecco, egli ha con sé il premio
e la sua ricompensa lo precede.
Come un pastore egli fa pascolare il gregge
e con il suo braccio lo raduna;
porta gli agnellini sul petto
e conduce dolcemente le pecore madri».
Parola di Dio.
Salmo (Sal 71(72))
Vieni, Signore, re di giustizia e di pace.
Dio, affida al re il tuo diritto,
al figlio di re la tua giustizia;
egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia
e i tuoi poveri secondo il diritto. R.

Nei suoi giorni fiorisca il giusto
e abbondi la pace,
finché non si spenga la luna.
E dòmini da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra. R.

Il suo nome duri in eterno,
davanti al sole germogli il suo nome.
In lui siano benedette tutte le stirpi della terra
e tutte le genti lo dicano beato. R.
Epistola
Eb 10,5-9a
Fratelli, entrando nel mondo, Cristo dice:
Tu non hai voluto né sacrificio né offerta,
un corpo invece mi hai preparato.
Non hai gradito
né olocausti né sacrifici per il peccato.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo
– poiché di me sta scritto nel rotolo del libro –
per fare, o Dio, la tua volontà».
Dopo aver detto: Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose che vengono offerte secondo la Legge, 9soggiunge: Ecco, io vengo a fare la tua volontà.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
(Cfr Mt 21,9)
Alleluia.
Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Osanna al figlio di Davide!
Alleluia.
Vangelo: Mt 21,1-9
In quel tempo. Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito”». Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:
Dite alla figlia di Sion:
Ecco, a te viene il tuo re,
mite, seduto su un’asina
e su un puledro, figlio di una bestia da soma.
I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava:
«Osanna al figlio di Davide!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Osanna nel più alto dei cieli!».
Parola del Signore.

COMMENTI

Isaia 40,1-11

Con questo testo il profeta anonimo del VI secolo, che vive con il popolo, deportato a Babilonia, e che continua il libro delle profezie del grande e primo Isaia, vuole garantire il suo popolo di una speranza grande e nuova: c'è, in prospettiva, il ritorno a Gerusalemme, Ma Dio sta prospettando, attraverso gli avvenimenti della storia, la conclusione della "tribolazione". In pratica viene annunciata la sconfitta di Babilonia da parte della potenza crescente di Ciro, re dei Medi e dei Persiani. Ma la profezia non è molto esplicita per timore di una reazione violenta da parte dell'autorità babilonese. Così il futuro viene raccontato riferendosi all'uscita dall'Egitto e alla liberazione ottenuta al tempo dell'esodo con Mosè.

"Consolate" significa aiutate a cogliere la novità ed i segni, ed è necessario parlare al cuore perché sorgano pensieri e attese di speranza. Consolare rivela il rigenerare le prospettive di vita che è fragile, "come l'erba; secca l'erba, appassisce il fiore"(v 7).

Le immagini e i significati si ripetono per rinvigorire la speranza. E soprattutto viene presentata la presenza del Dio consolatore. E se la divisione del testo si sviluppa in diversi segni e parti, il volto di Dio si manifesta nel suo splendore. Troviamo così 4 parti: " la consolazione e la sua causa (1-2), il nuovo esodo (3-5), la parola di Dio è efficace (6-8), il Signore è re e pastore (9-11)"; esse manifestano la premura che ci sia una Parola nuova e incoraggiante: "Consolate. Parlate al cuore". E il Signore desidera che ci siano fiducia, speranza, novità ed entusiasmo verso questa nuova prospettiva. E' il nuovo che si affaccia e bisogna dare sicurezza: "Gridate". "La Gloria di Dio è garantita ma viene sulle strade che avrete preparato voi". (v 3). Il cammino da Babilonia a Gerusalemme non è stato mai diritto, dovendo superare il deserto. Sarebbe la strada più corta ma impossibile; quella possibile è di aggirare il deserto da Nord e quindi ridiscendere: circa 1000 Km, lo stesso tragitto che aveva percorso Abramo più di un millennio prima. Ma il Signore garantisce: "Una strada diritta vi sarà possibile: agevole, veloce". Ci si renderà conto di essere fragili e inconsistenti, poveri di risorse e di progetti? "Non spaventatevi". E se il Signore è "vento di dissecca", è anche gloria che accompagna verso la liberazione, "è braccio che esercita il dominio" (10), "è pastore" (11). Per il popolo d'Israele il Dio Pastore fa balzare immediatamente il richiamo all'autorità politica, ai cattivi pastori di cui si lamentano lo stesso Isaia (56,11), Geremia (2,8;10,12;12,10; 23,1; 50,6), Ezechiele ( 34 2-10). Il Signore si offre come Pastore, garantisce l'unità del suo popolo ("con il suo braccio lo raduna") e si prende cura amorevole del suo gregge. In particolare, è attento alla vita fragile degli agnellini incapaci ancora di camminare e alle pecore che faticano a stare al passo delle altre pecore perché hanno da poco partorito.

Quando viene Gesù, questo testo rimanda a Giovanni Battista, nuovo profeta, che apre una strada accessibile, nel deserto. E però il braccio del Signore e la sua liberazione sono affidati al nuovo pastore che è Gesù. Le splendide pagine del Vangelo di Giovanni ci ricordano che Gesù è il buon pastore che dà la vita per le pecore (10,11); con Lui sorgono reciproca attenzione, amore e conoscenza (Gv 10,14: "Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me").

Ebrei 10,5-9a

Questo testo vuole valorizzare il sacrificio di Gesù rispetto alle offerte del Primo Testamento. E lo fa con la preghiera del salmista (Sal 40,7) che ha maturato nel suo cuore la consapevolezza che il vero modo di onorare Dio è accogliere la sua volontà. "Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto, non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato" .Tutto il mondo antico ritiene che l'offerta al tempio di animali: di tori e capri, con il loro sangue elimini il peccato ( Eb 10,4). Ma questo è impossibile. La legge infatti rappresenta solo l'ombra, una prefigurazione della salvezza ma non ha una propria efficacia di liberazione di fronte a Dio. Questi sacrifici non tolgono il peccato e non permettono l'accesso a Dio.

Né perfezionano colui che li offre. Così l'autore della lettera richiama il valore unico del sacrificio di Gesù: il fatto che sia unico ha un grande valore poiché elimina il significato del sacrificio di espiazione (Lev 16) che, in Israele, almeno annualmente, si offre per tutti i peccati d'Israele. Questo fa solo ricordare di avere peccato, ma non è rimesso il peccato né può purificare la coscienza.

L'autore biblico applica a Gesù, nella sua realtà preesistente presso Dio, il suo "Eccomi", prendendo dal salmo 40: " Allora ho detto: «Ecco, io vengo. Nel rotolo del libro su di me è scritto di fare la tua volontà: mio Dio, questo io desidero; la tua legge è nel mio intimo». Si fa riferimento ad un rotolo che, secondo il credo ebraico, esiste presso Dio e su cui sono scritte tutte le azioni prima che siano compiute. Ma, mentre nel salmo si parla di "le orecchie mi hai aperto" (40,7), la stessa citazione, ripresa dal greco, nella lettera agli Ebrei sostituisce con "un corpo mi hai preparato" (10,5). In tal modo si chiarisce la prospettiva teologica della Incarnazione di Gesù.

Questo brano della lettera agli Ebrei ci ripropone una profonda rivoluzione religiosa che tocca tutte le fedi del mondo, compresa la fede cattolica. Siamo richiamati ad aprire gli occhi sulla strada che il Signore ci indica, siamo incoraggiati alla ricerca della presenza del Signore nella storia di ciascuno di noi, ogni giorno; siamo aiutati a intravedere il tempo che il Signore sa darci, aprendo con lucidità, sulla nostra vita, gli occhi della fede. E, insieme con la rilettura della Parola di Gesù, la storia che viviamo ci apre quotidianamente ad intuizioni e suggerimenti. Sarebbe un grande segno di testimonianza se ci aiutassimo a riflettere, a scoprire e a raccontare i segni che intravediamo della presenza del Signore nella storia. Magari riprendendo i "segni dei tempi", riproposti da Giovanni XXIII nella Pacem in terris (PT: 1963) e nella Gaudium et spes del Concilio Vaticano II (GS: 1965).

Mt 21,1-9

Gesù prende possesso della città santa e, immediatamente, si scontra con la classe dirigente del popolo d'Israele. Essa è costituita dai dotti teologi, dalla classe sacerdotale che, insieme, sviluppa la politica e custodisce il tempio, e dai più appassionati devoti della legge. Stiamo parlando degli scribi, dei sacerdoti, e dei farisei. Tutti attendono il Messia e tutti questi sono ferocemente oppositori di Gesù.

Infatti Gesù il Messia non viene come l'hanno aspettato o immaginato. Non porta potere e grandezza, non dà spazio ai progetti di rivincita, ignora ogni prospettiva di vittoria, giunge disarmato con una proposta di pace e di novità a cui solo le persone semplici, i credenti in Lui, rispondono fiduciosi.

Egli non garantisce niente di ciò che si sarebbero aspettato. Un trionfo a Gerusalemme c'è, ma chiede in prestito le piccole cose di tutti i giorni: l'asino, la festa, i mantelli, i rami degli alberi, le grida di acclamazione, la fiducia. Egli non manifesta esigenze di potere, né forze combattenti, né desideri di trionfo.

Egli non vuole vincere nessuno, e questo dovrebbe essere ben chiaro anche nella sensibilità del nostro mondo credente.

In favore c'è una profezia, quella di Zaccaria, ma nel vangelo di Matteo è addolcita, ripulita, corretta. Secondo la lettura di Matteo si svolge una acclamazione modesta. La citazione di Zaccaria ricorda, in particolare, la mitezza e l'umiltà. Infatti, dal testo citato di Zaccaria, vengono tolti due aggettivi: "Egli è giusto e vittorioso " (Zac 9,9) così come vengono sostituite le parole, " Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme " con " Dite alla figlia di Sìon " di Isaia (62,11). Matteo concentra l'attenzione su Gesù "mite" (umile). Questi, infatti, non entra vittorioso su un focoso destriero, ma su un umile asinello, come annunciatore di pace (Zac 9,10). Nel trionfo improvvisato, che Gesù stesso ha provocato, prenderà poi possesso della città santa e ne scaccerà i profanatori (21,12-17).

Di quella festa, però, che cosa resta? I vestiti distesi e i mantelli che sono serviti come tappeto, i rami di alberi e le acclamazioni. A dire il vero, "Osanna" significa: "O Dio, vieni in aiuto" e "Signore donaci vittoria". Diventeranno acclamazioni di gioia degne per la gioia di una vittoria. Ma Gesù porta altri segni. Accetta l'entusiasmo e la festa, ma poi, alla resa dei conti, alla gente offre la sua parola, la sua persona, il suo esempio, la sua pace, la sua adesione al Padre. E insieme offre la sua condivisione con la sofferenza e le attese della gente. Nel poco tempo che resta, in una settimana, tutto l'entusiasmo si trasforma in delusione poiché il popolo continua a restare sottomesso al mondo romano. Non essere diventati trionfatori, restando soggetti ad un popolo pagano, farà capovolgere ogni attesa in fallimento. La festa si smorzerà nel silenzio, nel cammino pubblico con una croce fuori della città, con l'ovvia sconfitta di ogni regalità e di ogni pace.

Nessuno alzerà la voce a difendere Gesù, salvo un condannato crocifisso che oserà farfugliare parole di fiducia e di speranza mentre muore: "Ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno" (Luca 23,42-43). E Gesù, proprio sulla croce, garantisce che entra finalmente nel Regno ed ha potere di aprirne le porte: "Oggi stesso sarai con me".

L'ultima immagine pubblica, sancita dal procuratore Pilato e sintesi della condanna a morte, è l'iscrizione sulla croce: "Gesù il Nazareno, il re dei giudei", scritta in ebraico, latino e greco.

Essa dà fastidio ai capi religiosi di Gerusalemme e vogliono che sia corretta. "Essi dissero a Pilato: "Non scrivere il re dei Giudei" ma "Costui ha detto: Io sono il re dei giudei". Pilato rifiuta, probabilmente con una smorfia di scherno verso di loro: "Quello che ho scritto, ho scritto" (Gv19,17-22).

Gesù ha fondato la Chiesa e il Card Scola ("il campo è il mondo", p.46) ci ricorda che "i cristiani non cercano la vittoria della propria parte....Possono essere maggioranza costruttiva o minoranza perseguitata, ciò cui sono chiamati è solo l'essere presi a servizio del disegno buono con cui Dio accompagna la libertà degli uomini"

La conversione è a Cristo e non alla Chiesa e la Chiesa è la madre che conduce a Cristo. Nella Chiesa ci debbono essere fraternità e comunione.

Se ognuno di noi ha desiderio e pretese di vittoria per poter dimostrare di essere superiore, lo stile di Gesù porta invece verso la verità più profonda che va sempre cercata. Noi non la possediamo, ma, se cerchiamo con umiltà, ne siamo posseduti. Modello è Gesù che si fa piccolo, nascosto, fratello con gli ultimi.


SOLENNITA’ DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE DI MARIA

Prima Lettura
Gen 3,9-15.20

Dal libro della Gènesi

[Dopo che l’uomo ebbe mangiato del frutto dell’albero,] il Signore Dio lo chiamò e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».
Allora il Signore Dio disse al serpente:
«Poiché hai fatto questo,
maledetto tu fra tutto il bestiame
e fra tutti gli animali selvatici!
Sul tuo ventre camminerai
e polvere mangerai
per tutti i giorni della tua vita.
Io porrò inimicizia fra te e la donna,
fra la tua stirpe e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa
e tu le insidierai il calcagno».
L’uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi.

Salmo responsoriale (Sal 97)
Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie.
Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.

Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele.

Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni!

Seconda Lettura
Ef 1,3-6.11-12

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,
che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo.
In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo
per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,
predestinandoci a essere per lui figli adottivi
mediante Gesù Cristo,
secondo il disegno d’amore della sua volontà,
a lode dello splendore della sua grazia,
di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.
In lui siamo stati fatti anche eredi,
predestinati – secondo il progetto di colui
che tutto opera secondo la sua volontà –
a essere lode della sua gloria,
noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo.

Acclamazione al Vangelo
(Lc 1,28)
Alleluia, alleluia.
Rallègrati, piena di grazia,
il Signore è con te,
benedetta tu fra le donne.
Alleluia.

Vangelo: Lc 1,26-38
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.


COMMENTI
1. Ho avuto paura perché sono nudo e mi sono nascosto.
Gn 3, 10


Come vivere questa Parola?

Prendere coscienza dell'essere "nudi" è in fondo prendere coscienza delle nostra fragilità verso il peccato.

Esso ci impedisce di stare davanti a Dio nella nostra nudità, senza maschere, senza difese, ammettendo quello che siamo senza paura. Il peccato ci fa nascondere, ci porta a deresponsabilizzarci, ad accusare altri, così come Adamo ha accusato Eva ed Eva il serpente.

Ci disorienta e ci fa perdere di vista la nostra identità di figli di Dio.

Maria al contrario ci dice, con le sue "opere" forse più che con le sue parole, cosa significa non essere schiavi del peccato.

Lei non si è nascosta davanti al Signore, si è fatta invece tutta orecchi. Si è lasciata trovare ed interpellare. Soprattutto non ha progettato il suo futuro da sola ma ha accettato in libertà di accoglierlo da Dio e di condividerlo con Lui. Ecco perché di lei poi si dirà che "custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore" (Lc 2, 19).

Doveva farlo proprio perché, accogliendo la presenza di Dio nella sua vita, ogni giorno doveva leggere questa presenza, comprenderla, sostenerla, lasciarsene plasmare. E senza custodirla nel silenzio della riflessione e della preghiera non ci sarebbe riuscita.

Solo chi si progetta la vita da solo, come se tutto dipendesse da lui, non ha bisogno di riflettere e di interrogarsi.

Maria allora ci racconta con la sua vita l'idea originaria di Dio per noi e sveglia il nostro desiderio di ritrovare questa idea e di incarnarla.

Noi non siamo innocenti Signore, a differenza di Maria conosciamo il peccato e i suoi "frutti". Continua a ricordarci allora, tramite il suo esempio e la sua intercessione, che non siamo condannati alla schiavitù del peccato ma che possiamo tornare a stare davanti a Te nudi, senza timori e maschere, senza nasconderci più.

La voce di un Vescovo santo

Santa Maria, donna gestante, grazie perché, se Gesù l'hai portato nel grembo nove mesi, noi ci stai portando tutta la vita. Donaci le tue fattezze. Modellaci sul tuo volto. Trasfondici i lineamenti del tuo spirito.
(Don Tonino Bello)



2. Il Vangelo di Luca sviluppa il racconto dell'annuncio a Maria come la zoomata di una cinepresa: parte dall'immensità dei cieli, restringe progressivamente lo sguardo fino ad un piccolo villaggio, poi ad una casa, al primo piano di una ragazza tra le tante, occupata nelle sue faccende e nei suoi pensieri.
L'angelo Gabriele entrò da lei. È bello pensare che Dio ti sfiora, ti tocca nella tua vita quotidiana, nella tua casa. Lo fa in un giorno di festa, nel tempo delle lacrime oppure quando dici a chi ami le parole più belle che sai.


La prima parola dell'angelo non è un semplice saluto, dentro vibra quella cosa buona e rara che tutti, tutti i giorni, cerchiamo: la gioia. «chaire, rallegrati, gioisci, sii felice». Non chiede: prega, inginocchiati, fai questo o quello. Ma semplicemente: apriti alla gioia, come una porta si apre al sole. Dio si avvicina e ti stringe in un abbraccio, viene e porta una promessa di felicità.


La seconda parola dell'angelo svela il perché della gioia: sei piena di grazia. Un termine nuovo, mai risuonato prima nella bibbia o nelle sinagoghe, letteralmente inaudito, tale da turbare Maria: sei colmata, riempita di Dio, che si è chinato su di te, si è innamorato di te, si è dato a te e tu ne trabocchi. Il suo nome è: amata per sempre. Teneramente, liberamente, senza rimpianti amata.


Piena di grazia la chiama l'angelo, Immacolata la dice il popolo cristiano. Ed è la stessa cosa. Non è piena di grazia perché ha detto "sì" a Dio, ma perché Dio ha detto "sì" a lei prima ancora della sua risposta. E lo dice a ciascuno di noi: ognuno pieno di grazia, tutti amati come siamo, per quello che siamo; buoni e meno buoni, ognuno amato per sempre, piccoli o grandi ognuno riempito di cielo.


La prima parola di Maria non è un sì, ma una domanda: come è possibile? Sta davanti a Dio con tutta la sua dignità umana, con la sua maturità di donna, con il suo bisogno di capire. Usa l'intelligenza e poi pronuncia il suo sì, che allora ha la potenza di un sì libero e creativo.


Eccomi, come hanno detto profeti e patriarchi, sono la serva del Signore. Serva è parola che non ha niente di passivo: serva del re è la prima dopo il re, colei che collabora, che crea insieme con il creatore. «La risposta di Maria è una realtà liberante, non una sottomissione remissiva. È lei personalmente a scegliere, in autonomia, a pronunciare quel "sì" così coraggioso che la contrappone a tutto il suo mondo, che la proietta nei disegni grandiosi di Dio» (M. Marcolini).


La storia di Maria è anche la mia e la tua storia. Ancora l'angelo è inviato nella tua casa e ti dice: rallegrati, sei pieno di grazia! Dio è dentro di te e ti colma la vita di vita.

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