mercoledì 30 aprile 2014

L'amicizia con Cristo libera dal male


4 maggio 2014   III domenica T. Pasqua (Anno A)
Lettura
At19,1b-7

In quei giorni. Paolo, attraversate le regioni dell’altopiano, scese a Èfeso. Qui trovò alcuni discepoli e disse loro: «Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete venuti alla fede?». Gli risposero: «Non abbiamo nemmeno sentito dire che esista uno Spirito Santo». Ed egli disse: «Quale battesimo avete ricevuto?». «Il battesimo di Giovanni», risposero. Disse allora Paolo: «Giovanni battezzò con un battesimo di conversione, dicendo al popolo di credere in colui che sarebbe venuto dopo di lui, cioè in Gesù». Udito questo, si fecero battezzare nel nome del Signore Gesù e, non appena Paolo ebbe imposto loro le mani, discese su di loro lo Spirito Santo e si misero a parlare in lingue e a profetare. Erano in tutto circa dodici uomini.
Parola di Dio.

Salmo (Sal 106(107))
Noi siamo suo popolo e gregge del suo pascolo. oppure: Alleluia, alleluia, alleluia.
Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Lo dicano quelli che il Signore ha riscattato,
che ha riscattato dalla mano dell’oppressore
e ha radunato da terre diverse. R.

Ringrazino il Signore per il suo amore,
per le sue meraviglie a favore degli uomini,
perché ha saziato un animo assetato,
un animo affamato ha ricolmato di bene. R.

Vedano i giusti e ne gioiscano,
e ogni malvagio chiuda la bocca.
Chi è saggio osservi queste cose
e comprenderà l’amore del Signore. R.

Epistola
Eb 9,11-15

Fratelli, Cristo è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d’uomo, cioè non appartenente a questa creazione. Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna. Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo – il quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio – purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte, perché serviamo al Dio vivente?
Per questo egli è mediatore di un’alleanza nuova, perché, essendo intervenuta la sua morte in riscatto delle trasgressioni commesse sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati ricevano l’eredità eterna che era stata promessa.
Parola di Dio.

Acclamazione al Vangelo
(Cfr 1Gv 4,10.19)
Alleluia.
Dio ci ha amati per primo,
e ha mandato suo Figlio
come vittima di espiazione per i nostri peccati.
Alleluia.

Vangelo: Gv 1, 29-34
In quel tempo. Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».
Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».
Parola del Signore.




Atti 19, 1b-7
La missione di Paolo si sta allargando oltre i confini della Palestina e l'apostolo sente che il suo compito è quello di moltiplicare gli orizzonti della missione. Paolo è stato a Corinto per molti mesi ed ora, per diverse circostanze, si ritrova a Efeso. La città è bellissima e celebrata in tutto l'impero, vasta e costituita inizialmente da greci; ma poi è diventata meta di molte etnie che vi si installano, anche perché ha un porto sicuro e da Efeso partono molte strade, preziose per i commerci e lo spostamento di popolazione. Prendendo contatti con ebrei osservanti che però già conoscono Giovanni Battista, Paolo si rende conto che le migrazioni ebraiche dei suoi compatrioti dalla Palestina, nei vari periodi, stanno allargando le conoscenze e portano le novità dalla madre terra. Così la predicazione di Giovanni Battista ha scosso la rassegnazione degli ebrei nella dispersione (diaspora), e Paolo constata, per questi 12 uomini che trova a Efeso, che conoscono il messaggio di Giovanni e riconoscono quel Gesù profeta che predicava prima della sua risurrezione. Perciò questi, che pure sono chiamati" discepoli" (19,1), non hanno ricevuto i doni messianici e gloriosi che si sono manifestati dopo la risurrezione. Giovanni infatti ricorda: "Nell'ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva». Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato" (Gv7,37-39).
Il messaggio di Gesù ha veramente fatto strada, preparando l'attesa e aiutando a sperare nel nuovo Messia. Ha preceduto l'arrivo di Paolo un certo Apollo, un giudeo di Alessandria, arrivato a Corinto. Del messaggio di Giovanni Battista ne fa motivo di vita e Luca, alcuni versetti prima, negli Atti racconta il ministero sapiente che Apollo svolge presso i Giudei, insegnando la venuta di Gesù, il Messia atteso da Israele (18,28). Luca precisa che Apollo parla di Gesù sviluppando una riflessione sulle profezie dell'Antico Testamento, ma della vita e della esperienza di Gesù Apollo sa ben poco, fermandosi egli al battesimo di Giovanni, poiché, di fatto, Apollo non ha conosciuto Gesù. Per completare allora una conoscenza successiva di ciò che è stato Gesù, si sono incaricati Priscilla e Aquila, una coppia di coniugi cristiani e amici di Paolo, ad ascoltare Apollo, "poi lo presero con sé e gli esposero con maggiore accuratezza la via di Dio" (18, 26). Così Paolo, dopo una probabile preparazione sul significato di Gesù, sulla sua unicità, sulla salvezza portata, sul suo essere Figlio di Dio che invia lo Spirito dal Padre, ribattezza questo piccolo gruppo di uomini nel nome di Gesù Signore che nel suo Spirito costruisce nella comunità dei credenti un cambiamento nuovo e fondamentale. Si scopre così che la fede di Gesù non è semplicemente un richiamo alla serietà personale, ad un comportamento corretto e coerente come spesso viene tradotta la fede cristiana ancora oggi, ma è molto di più.
C'è una nuova speranza per tutti i popoli, a cui sono inviati i battezzati nel nome di Gesù che ricevono lo Spirito. L'esperienza umana di Gesù non è solo onestà di fondo, non è tanto un dettato morale di comportamento, ma presenza di Dio tra noi, un paradigma per ogni credente nel tempo e nello spazio che, ovviamente, trasforma anche il comportamento. Avviene, su questi uomini, un segno esterno improvviso e impensabile: "Discese su di loro lo Spirito Santo e si misero a parlare in lingue e a profetare" (Atti 19,6). E' questa una delle cinque manifestazioni dello Spirito come nuova Pentecoste, a somiglianza della prima, ricordata dagli Atti (2,1ss). Le altre manifestazioni dello Spirito sono ricordate in Atti 4,31; 10,47; 11,15.
Il Concilio Vaticano II, nella linea di una impostazione più profonda della Chiesa e del suo ruolo di evangelizzazione, ha fortemente sottolineato il richiamo allo Spirito, valorizzando quello che la fede nell'Ortodossia Cristiana orientale, in particolare, ripropone con molta convinzione e chiarezza nella propria fede.
Ebrei. 9, 11-15
La "Lettera Agli Ebrei" è una grandiosa catechesi su Gesù sommo ed eterno sacerdote, destinata ad una comunità giudeo-cristiana che deve compiere il passaggio dalla teologia del Sinai, legata alla mediazione di Mosè alla teologia del Golgota-Sion, legata alla mediazione di Gesù.
"Il male del popolo provoca l'ira di Dio per cui bisogna placarlo": questo è il pensiero delle religioni pagane e, spesso, è la deformazione anche della nostra religiosità.
Dio vuole per noi la vita, il nostro bene, la vera felicità per cui il male è la lacerazione della comunione con Lui che pure ci fa grandi ed è la scoperta della propria povertà e nudità come dopo la colpa dei primogenitori. Il Signore vuole che si ristabiliscano i rapporti di comunione, che si ritorni ad un cambiamento di pensieri e di azioni.
Per esprimere questa consapevolezza, in Israele, si svolge ogni anno il "giorno del grande digiuno", Yom Kippur, che viene dedicato alla preghiera, al digiuno, alla lettura della Parola di Dio e a riti di espiazione. Il tutto culmina con l'aspersione del sangue di animali uccisi sul coperchio dell'Arca dell'alleanza nel Santo dei Santi del tempio dove solo il Sommo sacerdote entra, compie il gesto per sé e per tutto il popolo.
Il sangue è stato sempre pensato come il luogo della vita nel mondo ebraico. In tal modo, ristabilisce la corrente di vita tra noi e Dio. L'Alleanza è stata proposta e sancita da Dio. Il popolo d'Israele, come ogni popolo, nella propria fragilità, l'ha lacerata.
Con questi riti Israele riconosce la propria colpa e ripropone la propria richiesta di perdono a Dio che continua ad accoglierci. E poiché questa lacerazione si compie ogni giorno con le nostre infedeltà, ogni anno viene riproposto il rito della espiazione.
Il Signore Gesù, "Sacerdote dei beni futuri" (v 11), ci apre orizzonti nuovi poiché ci porta fino "all'eredità eterna" (v 15). Egli entra in santuari celesti e non in santuari di pietra e percorre i cieli, offrendo il suo sangue, versato con amore immenso per tutti, anche per coloro che lo stanno uccidendo. Perciò nessuno è escluso e i rapporti con Dio sono definitivi. Egli si è preso su di sé tutto il peccato del mondo ( Is 53,6) e con il suo amore lo ha cancellato. Per questo, nel Vangelo, si parla del velo del tempio che si squarcia in due " (Mc15,38). E' la barriera tra l'uomo e Dio che viene abbattuta e Gesù ne è il garante. Nella l'Eucarestia noi celebriamo la grande offerta di Gesù, riproposta tra noi. Ogni volta ristabilisce questo contatto profondo tra la comunità credente e il Padre, nel Figlio attraverso lo Spirito. E' l'Uomo nuovo che si frappone con amore infinito e noi ci possiamo sentire fiduciosi, veramente, della misericordia di Dio perché c'è Gesù.
Giovanni. 1, 29-34
Sembra strano questo passo del Vangelo nella sequenza dei vangeli pasquali, ma forse è importante proprio per non indulgere sullo straordinario degli eventi e per non dare adito al proliferare di fantasie e di cose prodigiose
Questo brano non ha lo scopo di raccontare il battesimo di Gesù (siamo in questo contesto), ma di indicare quando e come Giovanni Battista ha riconosciuto in Lui il Figlio di Dio. Anzitutto è un Vivente dai precisi connotati umani che gli si fa incontro e che viene riconosciuto attraverso l'affermazione dalle molteplici risonanze ed interpretazioni bibliche: "Ecco l'Agnello di Dio che porta su di sé il peccato del mondo!"
A noi forse questa espressione non dice molto se non ne penetriamo lo spirito biblico.
Forse ci aiuta di più intravvedere attraverso l'esclamazione di Giovanni il riconoscimento di Qualcuno, certo un inviato di Dio, che si prende a cuore la situazione dell'umanità sconvolta dal male e la solleva. Anche qui c'è qualcuno che ‘vede', vede oltre; uno che "non lo conosceva" e d'un tratto si rende conto.
Ma c'è bisogno di un incontro: di Gesù che si fa avanti e che fa capire come i segni straordinari di Dio passino attraverso gesti semplici, comuni, che gli uomini di fede solida riconoscono e additano. Come se dicessero: "guardate, lì c'è la presenza di Dio, perché è solo Lui che può ridare freschezza e limpidità al mondo deteriorato."
Bisogna andar oltre la nostra consapevolezza di "non conoscerlo" ed essere attenti a tutto ciò che rende viventi, perché il VIVENTE è sempre fra noi e viene incontro a tutti per essere riconosciuto e condiviso. E testimoniare è rendere noto, indicare che c'è un Figlio di Dio in mezzo a noi, sempre pronto a farsi incontro e a riannodare i fili delle nostre esistenze riaccendendole di vita e di entusiasmo.

giovedì 10 aprile 2014

auguri pasquali da don Michele


Ci vuole del talento

Per invecchiare

Senza crescere

 e maturare

 

Eppure

come ogni uomo

Cerco

 il mio compimento

 

Inutile illudersi

Non basta il buon volere

Il desiderio  deve mutarsi

In umile invocazione

 

Compiuti  in fine saremo

Ma solo per dono

Come fu l’Inizio

Dono sarà la Risurrezione

giovedì 3 aprile 2014

la speranza sta nella risurrezione --- domenica 6 aprile 14


Domenica 6 aprile 2014  La Risurrezione di Lazzaro

V domenica di Quaresima (Anno A)

 

E siamo al punto decisivo. La risurrezione di Lazzaro, costa la vita a Gesù. Tale dono sarà la goccia che farà traboccare il vaso: i farisei stavolta non si lasceranno scappare Gesù. Il rischio è troppo grande: molti giudei uscivano dalla Sinagoga per credere in Gesù.

Qui si rivela che l’identità di Gesù non è solo quella del Maestro, dell’Amico, del Misericordioso che guarisce. Gesù è Dio e solo come tale dà la vita.

Adesso sperimentiamo la vita che nasce dall’amore, ma dopo la morte saremo sorpresi dalla gioia di un amore che ci riempie della gioia di Dio. Per meno di questo non vale la pena di essere cristiani.

Lettura
Es 14,15-31

In quei giorni. Il Signore disse a Mosè: «Perché gridi verso di me? Ordina agli Israeliti di riprendere il cammino. Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all’asciutto. Ecco, io rendo ostinato il cuore degli Egiziani, così che entrino dietro di loro e io dimostri la mia gloria sul faraone e tutto il suo esercito, sui suoi carri e sui suoi cavalieri. Gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando dimostrerò la mia gloria contro il faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri».
L’angelo di Dio, che precedeva l’accampamento d’Israele, cambiò posto e passò indietro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò dietro. Andò a porsi tra l’accampamento degli Egiziani e quello d’Israele. La nube era tenebrosa per gli uni, mentre per gli altri illuminava la notte; così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri durante tutta la notte.
Allora Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante tutta la notte risospinse il mare con un forte vento d’oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero. Gli Israeliti entrarono nel mare sull’asciutto, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra. Gli Egiziani li inseguirono, e tutti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri entrarono dietro di loro in mezzo al mare.
Ma alla veglia del mattino il Signore, dalla colonna di fuoco e di nube, gettò uno sguardo sul campo degli Egiziani e lo mise in rotta. Frenò le ruote dei loro carri, così che a stento riuscivano a spingerle. Allora gli Egiziani dissero: «Fuggiamo di fronte a Israele, perché il Signore combatte per loro contro gli Egiziani!».
Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro cavalieri». Mosè stese la mano sul mare e il mare, sul far del mattino, tornò al suo livello consueto, mentre gli Egiziani, fuggendo, gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse così in mezzo al mare. Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tutto l’esercito del faraone, che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure uno. Invece gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra.
In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egiziani, e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare; Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l’Egitto, e il popolo temette il Signore e credette in lui e in Mosè suo servo.
Parola di Dio.

Salmo (Sal 105(106))

Mia forza e mio canto è il Signore.

Rendete grazie al Signore, perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Chi può narrare le prodezze del Signore,
far risuonare tutta la sua lode?
Ricòrdati di me, Signore, per amore del tuo popolo,
visitami con la tua salvezza. R.

Minacciò il mar Rosso e fu prosciugato,
li fede camminare negli abissi come nel deserto.
Li salvò dalla mano di chi li odiava,
li riscattò dalla mano del nemico.
Allora credettero alle sue parole
e cantarono la sua lode. R.

Salvaci, Signore Dio nostro,
radunaci dalle genti,
perché ringraziamo il tuo nome santo:
lodarti sarà la nostra gloria.
Benedetto il Signore, Dio d’Israele,
da sempre e per sempre. R.

Epistola
Ef 2, 4-10

Fratelli, Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.
Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo.
Parola di Dio.

Acclamazione al Vangelo
(Cfr Gv8,12)

Onore e gloria a te, Signore Gesù!
Io sono la risurrezione e la vita,
dice il Signore;
chi crede in me non morirà in eterno.
Onore e gloria a te, Signore Gesù!

Vangelo: Gv 11,1-53
In quel tempo. Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».
All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».
Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».
Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.
Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».
Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».
Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto.
Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.
Parola del Signore

 

 

 

Esodo. 14, 15-31
Questo racconto è fondamentale nell'esperienza di Israele. E' il punto di riferimento più alto nella memoria, per sentirsi garantiti da Dio che ama il suo popolo, lo vuole libero, fiducioso nel suo rapporto dell'Alleanza, coerente, nonostante le paure e le difficoltà che crede di trovare. Dio celebra la vittoria sul male e dà la vita al popolo. Mosè è l'interprete della volontà di Dio ed è il mediatore ubbidiente, che opera con responsabilità, poiché Dio è fedele e di Lui ci si deve fidare.
La notte incomincia, per gli ebrei in fuga, con il terrore della sconfitta: "Gl'israeliti alzarono gli occhi: ecco gli egiziani muovono nel campo dietro di loro. Allora gli israeliti ebbero grande paura e gridavano al Signore" (14,10). Dalla paura sorge il grido di dolore e quindi la diffidenza verso Dio: "Perché ci hai portati a morire nel deserto?" (v 11).
Il racconto vuole garantire il popolo anche sul futuro. Vi potrà ritornarvi nella memoria per trovare fiducia. Ci sono due tipi di racconti. Uno ricorda l'intervento di Mosè che, con il bastone sul mare, lo apre, formando due muraglie di acqua. Gli Egiziani, che si avventano contro, sul sentiero aperto nel mare, vengono travolti dalle onde che si richiudono su di loro. L'altro racconto parla di YHWH che fa soffiare un vento che prosciuga il «mare». Gli Egiziani vi penetrano e sono inghiottiti dal suo riflusso. Sono due tradizioni diverse e, nella seconda, si insiste sulla distruzione del pericolo di essere raggiunti e travolti dalla violenza dell'esercito.
Non è possibile determinare il luogo e il modo di questo avvenimento; ma è l'intervento meraviglioso di «YHWH guerriero» (15,3), fondamento della fede ebraica (Dt 11,4;Gs 24,7; cf.Dt 1,30; 6,21-22; 26,7-8). Il miracolo del mare è stato messo in parallelo con un altro miracolo dell'acqua: il passaggio del Giordano (Giosuè 3-4); si uniscono insieme l'uscita dall'Egitto e l'uscita dal deserto per la conquista della terra promessa. Per noi cristiani è figura della salvezza e, più specialmente, del battesimo (1Cor 10,1).
Efesini 2, 4-10
Paolo vuole sostenere i fratelli e le sorelle mentre lui stesso è in carcere. Egli paragona il tempo in cui non si conosceva il Signore e il tempo in cui il Signore li ha visitati. "Anche voi eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati... alla maniera di questo mondo, seguendo il principe di delle Potenze dell'aria, quello spirito che ora opera negli uomini ribelli. Anche tutti noi come loro, un tempo siamo vissuti nelle nostre passioni carnali seguendo le voglie della carne e dei pensieri cattivi: eravamo per natura meritevoli d'ira come gli altri" (vv 2,1-3).
Paolo parla alla comunità di Efeso e ricorda la loro condizione di ribellione e di morte, quando seguivano il principe delle potenze dell'aria": l'aria, per gli antichi, è l'abitazione degli spiriti demoniaci. Il principe di questo impero è Satana. Ma poi, Paolo stesso, insieme con i giudei, si riconosce nella stessa situazione dei pagani. Nel ricordo della comune infedeltà denuncia l'impossibilità ad essere fedeli, pagani e giudei, nell'esistenza perché totalmente vinti dal male.
Ma qui, nella lettera, Paolo apre come un inno di gioia quando dice: "Dio, ricco di misericordia, ci ha amati e ci ha fatti rivivere in Cristo". In questo testo come nella lettera ai Colossesi (Col 2,12;3,1-4), Paolo sta vivendo un particolare momento di approfondimento e di consapevolezza della propria fede: parla della risurrezione e della glorificazione dei cristiani al tempo passato, come se stesse già vivendoli. Mentre in Rom 6,3-11 e Rom 8,11.17s prefigura queste realtà ultime solo nell'avvenire. Questa riflessione sugli ultimi tempi, come una conquista già presente per la misericordia forte di Gesù, nella propria vita, si sviluppa solo nelle lettere della prigionia. Paolo insiste perché la sua comunità, mentre gioisce della ricchezza che il Signore ha offerto, sappia che sia chiaro, nel loro cuore, che ciò è avvenuto per grazia ed è dono di Dio e non è avvenuto per frutto delle loro opere. E tuttavia chiede che ci si ricordi che è il Signore che ci ha costituiti modello ed esempio della sua bontà, segno della gratuità di cui Dio è generoso donatore. Se non possiamo pretendere di dire che noi siamo venuti nella pienezza della forza di Dio per i nostri meriti, tuttavia abbiamo ricevuto, nel creato, una vocazione particolare: siamo stati "creati per le opere buone" (v 10) che Dio ha preparato e preordinato perché noi le praticassimo. Proprio Paolo, che vive nella fatica della prigione, sente di poter proporre alla sua comunità di essere modello di speranza attraverso il comportamento che viene dalla forza del Signore. Ognuno deve poter sentire la responsabilità perché non possiamo vivere da soli nella libertà di questa grandezza che il Signore ci offre: tutto il mondo ha bisogno del Signore e Paolo è particolarmente consapevole che tutto il mondo ha bisogno di credenti, salvati e fiduciosi in Dio.
Giovanni 11,1-53
La risurrezione di Lazzaro è l'ultimo dei sette "segni" che Giovanni racconta nel suo Vangelo e rappresenta il vertice dei doni che Gesù porta all'umanità. Egli è la vita e offre la vita di Dio, lottando e sconfiggendo la morte.
Il testo è fondamentalmente teologico e propone riferimenti e indizi per lo meno curiosi. Siamo in una famiglia strana, dove non si nominano né padre né madre, né mariti o mogli o figli: solo fratelli e sorelle, come in una comunità cristiana. Gesù viene avvisato che l'amico Lazzaro è ammalato e non si muove. Si ferma due giorni, poi dice: "Lazzaro è morto e sono contento di non essere stato là". Strano amico.
Poi Gesù, finalmente, si incontra con le sorelle ma non entra in casa. Gli incontri con le due sorelle sono sulla strada: protagonista è prima Marta e poi Maria, che però ripete le parole di Marta. La strada è la vita che scorre, l'occasionale, il non previsto, il gratuito. Gesù è sulla strada.
Marta ha fede in Gesù; ma si arresta, come sulla soglia di una preghiera impossibile e si trova di fronte alla promessa della risurrezione. Ella, secondo la teologia giudaica, pensa al defunto come ombra che scende nel regno dei morti e che risusciterà nell'ultimo giorno: «So che risorgerà nella risurrezione dell'ultimo giorno» (v 24).
Gesù invece annuncia che la risurrezione (v 25) si realizza in Lui stesso, ora.
Chi crede in lui non morirà in eterno ma è già passato dalla morte alla vita (5,24;1Gv 3,14). C'è una visione nuova: "Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?» (vv 25- 26; cf.8,51). Marta non può capire, ma fa riferimento alla sua fiducia. "Gli risponde: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo»" (v 27).
E qui Giovanni riprende ancora una volta l' «Io sono» (il nome di Dio) per parlare di Gesù. "«Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». (vv26-27). Gesù si appropria del nome altissimo di Dio mentre Marta, per quanto parli del "Figlio di Dio", dice solo di Gesù uno o due dei tanti titoli messianici. Ci riporta "all'inviato, al giusto del Signore".
Quando anche Maria lo raggiunge, tra i pianti e le grida urlate dei funerali del mondo medio orientale, anche Gesù versa lacrime ( si usano due verbi diversi del piangere). Le sue sono lacrime silenziose per un amico che è passato attraverso la morte. E ci sono tre imperativi che circondano il grido esplosivo di Gesù che chiama il morto che, perciò, non è più morto poiché all'urlo e alla preghiera di Gesù si alza: "Togliete la pietra", "liberatelo" (Lazzaro è liberato dai legami della morte. Sal 116,3; cf.Sal 18,6; At 2,24), "lasciatelo andare".
Questo ordine contro la morte può avere almeno due livelli di lettura. Il primo impegna a liberare Lazzaro dalle bende mortuarie perché possa riprendere la vita di prima. Il secondo livello chiede di passare nella dimensione della fede. Perciò lasciate che viva felice nella sua nuova condizione, per cui la vita eterna è già cominciata e non ha più senso piangere senza speranza, perché, in realtà, la morte non è più la fine e nemmeno un limite invalicabile.

 

Nel rito romano di questa domenica c’è lo stesso Vangelo.