giovedì 29 maggio 2014

"Avrete forza nello Spirito Santo" domenica 1 giugno 14

Ascensione del Signore - Solennità DOMENICA 1 GIUGNO Avviso importante D’ora innanzi io scriverò un commento molto breve, con le linee essenziali della mia riflessione, che sarà premessa ai testi. Ve lo manderò, ma sarà postato anche su Facebook, sia sul diario sia sulla mia pagina. Poi sulla rete ci sono alcuni siti veramente belli, con commenti di grande qualità. A questi vi rimando, se volete avere commenti più ampi. Vi segnalo per il rito ambrosiano: 1. Chiesa di Milano, prepariamo la domenica 2. Qumran rito ambrosiano commenti di don Raffaello Ciccone. Per il rito romano: Qumran commenti 1. Ermes Ronchi e 2. Ferdinando Armellini. Quindi se qualche volta non ricevete il mio invio o nei periodi di vacanza, andate a cercare questi siti. COMMENTO VALIDO PER IL RITO ROMANO E QUELLO AMBROSIANO «A¬vrete forza dallo Spirito Santo» (prima lettura) Forza per vivere, energia per andare e ancora anda¬re, potenza per nuove na¬scite: la mia vita dipende da una fonte che non viene mai meno; la mia esistenza è attraversata da una forza più grande di me, che non si esaurirà mai e che fa la vi¬ta più forte delle sue ferite . È il flusso di vita di Cristo, che viene come forza a¬scensionale verso più lumi¬nosa vita, che mi fa cresce¬re a più libertà, a più con¬sapevolezza, a più amore, fonte di nuove nascite per altri. L'Ascensione è una festa difficile: come si può far fe¬sta per uno che se ne va? Il Signore non è andato in u¬na zona lontana del cosmo, ma nel profondo, non oltre le nubi ma oltre le forme: se prima era insieme con i di¬scepoli, ora sarà dentro di loro. Sarò con voi tutti i gior¬ni, fino alla fine del tempo. Il mio cristianesimo è la certezza forte e inebriante che in tutti i giorni, in tutte le cose Cristo è presente, forza di ascensione del co¬smo. Ascensione non è un per¬corso cosmico geografico ma è la navigazione spaziale del cuore che ti conduce dalla chiusura in te all'amore che abbraccia l'universo (Bene¬detto XVI). Gesù lascia sulla terra il quasi niente: un gruppetto di uomini impauriti e con¬fusi, che dubitano ancora, sottolineano Matteo e Luca; un pic¬colo nucleo di donne co¬raggiose e fedeli. E a loro che dubitano anco¬ra, a noi, alle nostre paure e infedeltà, affida il mondo. Li spinge a pensare in gran¬de, a guardare lontano: il mondo è vostro. Gesù se ne va con un atto di enorme fiducia nell'uo¬mo. Ha fiducia in me, più di quanta ne abbia io stesso. Sa che riuscirò a essere lie¬vito e forse perfino fuoco; a contagiare di Spirito e di na¬scite chi mi è affidato. Ascensione è la festa del no¬stro destino - solo il Cri¬stianesimo ha osato collo¬care un corpo d'uomo nella profondità di Dio (Romano Guardini) - che si intreccia con la nostra missione: «Battezzate e insegnate a vi¬vere ciò che ho comandato». «Battezzare» non significa versare un po' d'acqua sul capo delle persone, ma im¬mergere! Immergete ogni uomo in Dio, fatelo entrare, che si lasci sommergere dentro la vita di Dio, in quella linfa vitale. Insegnate a osservare. Che cosa ha comandato Cristo, se non l'amore? Il suo co¬mando è: immergete l'uo¬mo in Dio e insegnategli ad amare. A lasciarsi amare, prima, e poi a donare amo¬re. Qui è tutto il Vangelo, tutto l'uomo. Fate questo, donando speranza e amo¬revolezza a tutte le creatu¬re, tutti i giorni, in tutti gli incontri. LETTURA Lettura degli Atti degli Apostoli 1, 6-13a In quei giorni. Quelli che erano con lui domandavano a Gesù: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra». Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo». Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in giorno di sabato. Entrati in città, salirono nella stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi. SALMO Sal 46 (47) ® Ascende il Signore tra canti di gioia. oppure ® Alleluia, alleluia, alleluia. Popoli tutti, battete le mani! Acclamate Dio con grida di gioia, perché terribile è il Signore, l’Altissimo, grande re su tutta la terra. ® Ascende Dio tra le acclamazioni, il Signore al suono di tromba. Cantate inni a Dio, cantate inni, cantate inni al nostro re, cantate inni. ® Dio è re di tutta la terra, cantate inni con arte. Dio regna sulle genti, Dio siede sul suo trono santo. ® EPISTOLA Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 4, 7-13 Fratelli, a ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo è detto: / «Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri, / ha distribuito doni agli uomini». Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose. Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo. VANGELO Lettura del Vangelo secondo Luca 24, 36b-53 In quel tempo. Il Signore Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto». Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio. RITO ROMANO Ascensione del Signore (Anno A) Prima Lettura At 1,1-11 Dagli Atti degli Apostoli Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo. Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo». Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra». Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo». Salmo responsoriale (Sal 46) Ascende il Signore tra canti di gioia. Popoli tutti, battete le mani! Acclamate Dio con grida di gioia, perché terribile è il Signore, l’Altissimo, grande re su tutta la terra. Ascende Dio tra le acclamazioni, il Signore al suono di tromba. Cantate inni a Dio, cantate inni, cantate inni al nostro re, cantate inni. Perché Dio è re di tutta la terra, cantate inni con arte. Dio regna sulle genti, Dio siede sul suo trono santo. Seconda Lettura Ef 1,17-23 Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni Fratelli, il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi, che crediamo, secondo l’efficacia della sua forza e del suo vigore. Egli la manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni Principato e Potenza, al di sopra di ogni Forza e Dominazione e di ogni nome che viene nominato non solo nel tempo presente ma anche in quello futuro. Tutto infatti egli ha messo sotto i suoi piedi e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose: essa è il corpo di lui, la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose. Acclamazione al Vangelo (Mt 28,19.20) Alleluia, alleluia. Andate e fate discepoli tutti i popoli, dice il Signore. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Alleluia. Vangelo: Mt 28,16-20 Dal Vangelo secondo Matteo In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

giovedì 22 maggio 2014

Vi lascio la pace. Vi do la mia pace. Domenica 25 maggio 2014

VI domenica T. Pasqua (Anno A) 25 maggio 2014 Vi lascio la pace, vi do la mia pace Lettura At 4,8-14 In quei giorni. Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati». Vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e rendendosi conto che erano persone semplici e senza istruzione, rimanevano stupiti e li riconoscevano come quelli che erano stati con Gesù. Vedendo poi in piedi, vicino a loro, l’uomo che era stato guarito, non sapevano che cosa replicare. Parola di Dio. Salmo (Sal 117(118)) La pietra scartata dai costruttori ora è pietra angolare. oppure: Alleluia, alleluia, alleluia. Il Signore mi ha castigato duramente, ma non mi ha consegnato alla morte. Apritemi le porte della giustizia: vi entrerò per ringraziare il Signore. R. Ti rendo grazie, perché mi hai risposto, perché sei stato la mia salvezza. La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo. Questo è stato fatto dal Signore: una meraviglia ai nostri occhi. R. Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie, sei il mio Dio e ti esalto. Rendete grazie al Signore, perché è buono, perché il suo amore è per sempre. R. Epistola 1Cor 2, 12-16 Fratelli, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato. Di queste cose noi parliamo, con parole non suggerite dalla sapienza umana, bensì insegnate dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali. Ma l’uomo lasciato alle sue forze non comprende le cose dello Spirito di Dio: esse sono follia per lui e non è capace di intenderle, perché di esse si può giudicare per mezzo dello Spirito. L’uomo mosso dallo Spirito, invece, giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno. Infatti chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore in modo da poterlo consigliare? Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo. Parola di Dio. Acclamazione al Vangelo (Cfr Lc24,32) Alleluia. Signore Gesù, facci comprendere le Scritture; arde il nostro cuore mentre ci parli. Alleluia. Vangelo: Gv 14,25-29 In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: «Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate». Parola del Signore. Atti degli Apostoli. 4, 8-14 Il testo di oggi, ripreso molte volte nelle liturgie settimanali del tempo pasquale, fa riferimento ad un segno particolare che è avvenuto a Gerusalemme alla porta "bella" del tempio. Un uomo, zoppo fin dalla nascita, trasportato ogni giorno presso il tempio per chiedere l'elemosina, da Pietro che con Giovanni sale al tempio per pregare, si sente rispondere quando chiede l'elemosina: "Oro e argento non ho ma quello che possiedo te lo do: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, cammina" (At 3,1-6). Il fatto ha suscitato meraviglia, stupore, assembramenti di persone, anche perché lo storpio guarito, da tutti conosciuto, continua a gridare la sua meraviglia e a ringraziare. Quando i responsabili del tempio decidono di intervenire per mettere fine al disordine e far tacere Pietro che spiega il fatto come un intervento di Gesù risorto, concludono di incarcerare gli apostoli. Il giorno dopo si riuniscono i capi dei Giudei, gli anziani e gli scribi (4,5-6) e, insieme, Luca fa l'elenco dei personaggi più importanti del tempio di Gerusalemme, tutte persone coinvolte nel processo di Gesù. Viene posta la domanda: "Con quale potere e in nome di chi avete fatto questo?" (v 7). Anche a Gesù, dopo la cacciata dei venditori dal tempio (Luca 20,2. 8), si pone una domanda simile. A Gesù si chiede con quale autorità ha operato. Agli apostoli si chiede invece l'origine di quel potere di guarigione e, quindi, in nome di chi hanno compiuto tutto questo. La risposta è data con piena consapevolezza da Pietro, pieno di Spirito Santo. Luca ricorda spesso questo rapporto tra la Parola e lo Spirito: è il dono di Dio attraverso Gesù. Pietro si sente testimone davanti ad Israele e davanti al mondo. La guarigione è avvenuta attraverso Gesù, "che voi avete ucciso e che Dio ha risuscitato dai morti". - Pietro si rende conto che sta manifestando, agli esperti della legge e dei profeti, il valore della presenza di Gesù: Egli è venuto a liberare e ad inaugurare i tempi messianici, annunciati da Isaia (Luca 4,17 ss ) ed ora questi tempi continuano attraverso i credenti in Gesù, e quindi attraverso la sua comunità che lo celebra vivo e amato da Dio pienamente. - Ma Pietro ricorda anche il salmo 117,22: quello della "pietra angolare" che viene posta a fondamento del tempio nuovo. La citazione del salmo, per sé, intende il tempio di Israele, distrutto dai nemici e ricostruito malgrado le opposizioni degli avversari. E la pietra angolare è parte delle fondamenta di un edificio che, posta all'angolo, deve sostenere il maggior sforzo del peso di tutta la costruzione. E' quindi la pietra più robusta, simbolo della resistenza dell'edificio stesso. Proprio Gesù è la pietra angolare del nuovo tempo, della nuova comunità, della nuova speranza di Israele e del mondo. - Stupisce è la pretesa di una continuità tra l'azione di Gesù e l'azione della Chiesa. - Soprattutto i capi hanno bisogno di salvezza perché essi, più degli altri, rischiano di farsi nemici di Dio e, forti della loro cultura, rischiano di non saper vedere, per la loro prevenzione ideologica, la realtà e i segni che Dio offre al mondo. - Non c'è negli apostoli la volontà di vincere, ma la volontà di testimoniare. Si rendono conto delle rigidità e della durezza di posizione attorno a loro, ma non se ne preoccupano, né vogliono difendersi, né cercano attenuanti. Ritengono di dire proprio ciò che ritengono sia giusto e lo fanno in piena libertà. La parola che viene usata in greco è "parresia". E' la capacità di testimoniare liberamente e coraggiosamente in un mondo ostile. Nel mondo greco significa la libertà di parola che spetta nell'assemblea al cittadino che gode dei pieni diritti civili. - Gli apostoli non ne fanno un problema di pubblicità, né si contrappongono come in concorrenza. Ritengono che il problema fondamentale sia la conversione totale sulla persona di Gesù. - Essi sono consapevoli che la vera novità che portano, sconcertante, è che la salvezza promessa da Jahvé è ora presente nella persona di Gesù. - In fondo anche oggi, nella verifica dei valori e delle scelte che ciascuno di noi fa', ci dovrebbe essere questo confronto con le parole e le scelte di Gesù nella vita quotidiana. Non sempre è facile, non sempre abbiamo lucidità di fronte alle situazioni complesse e diverse che stiamo vivendo. Questo ci dice che, tra credenti, ci dovrebbe essere una maggiore comunicazione della fede, consapevoli che non sono solo i sacerdoti ad aiutare il popolo di Dio, ma ogni credente adulto dovrebbe poter essere sostegno perché ognuno tenti una traduzione quotidiana di vita, filtrata attraverso la propria competenza e la propria esperienza. 1 Corinzi. 2, 12-16 Paolo sente la fatica della predicazione poiché scopre che nel mondo greco, dove si è avventurato, la sapienza, nata nella cultura ebraica e maturata nei fatti e nella parola di Gesù, sapienza di Dio tra noi, è stata profondamente rifiutata. Infatti, all'inizio di questo capitolo, Paolo fa riferimento alla delusione sofferta nella sua prima esperienza di predicazione ad Atene. Il fallimento in Atene, la città dei filosofi, ha fatto comprendere l'insignificanza della cultura umana su cui egli aveva puntato molto per farsi accettare. La delusione è diventata consapevolezza e così si esprime alla sua comunità di Corinto a cui scrive dopo essersi fermato molti mesi. "Anch'io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l'eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso. Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio" (1 Cor 2, 1-5). Al principio egli impiega i suoi giorni feriali nel lavoro manuale, fabbricando tende nella casa di Aquila e Priscilla, una coppia di cristiani scacciati dall'imperatore Claudio da Roma per tensioni e scontri tra ebrei (probabilmente sono tensioni tra nuclei di cristiani e residenti di cultura ebraica tradizionale) Questa coppia accoglie in casa l'apostolo, inizialmente come lavoratore; dopo qualche tempo, Paolo si dedicherà, a tempo pieno, alla predicazione (At 18,1-11). Paolo ha sempre apprezzato la cultura ebraica, e pensando al mondo occidentale, ha apprezzato la cultura greca e la sua filosofia. Ma l'esperienza gli ha fatto capire che sono due realtà che non possono mescolarsi. Ciò che egli porta è la sapienza di Dio attraverso Gesù e questa sapienza non può essere offerta se non dallo Spirito che è il principio rivelatore. E' lo Spirito di Dio che ci permette di conoscere i doni che ci sono stati elargiti. E si chiamano spirituali perché vengono dallo Spirito. Certamente questo comporta una grande responsabilità perché il dono di Dio non è solo un richiamo morale del proprio comportamento ma è l'offerta di una comprensione più alta che nasce da parte di Dio per poter interpretare e far maturare il mondo. D'altra parte Gesù non ci ha assicurato che ci aiuterà a capire nel tempo e a sviluppare in noi e nel mondo i semi che egli ha gettato? "Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto" (Gv14,25). "L'uomo lasciato alle sue forze non comprende le cose dello Spirito di Dio: esse sono follia per lui" (v 14) ma il dono di Dio, se viene offerto a colui che accetta il Signore, non va lasciato come un tesoro da mettere in cassaforte, raggiungibile solo da alcuni eletti, ma va sviluppato perché la Chiesa possa aiutare il mondo a scoprire valori e significati che il Signore ha voluto imprimervi. Credo che debba essere ripensato, senza la pretesa di una pubblicità, il cammino che ha fatto il mondo da 2000 anni. A questo cammino ha preso particolarmente parte il pensiero di Gesù e, lo si sappia o non lo si sappia, ha coinvolto tutti: siamo stati liberati dalle superstizioni o delle paure, sono state introdotte libertà ed uguaglianza; è maturato il criterio di valutazione sulle malattie, sulle disabilità, sulla liceità della schiavitù e della pena di morte, sul valore delle donne e dei bambini; si sono sviluppati ospedali e maturata la scienza; è stato proposto l'umanesimo, sono maturati patti di solidarietà e l'umanità è stata via via maggiormente coinvolta in un progetto di pace. Anche il mondo cristiano, purtroppo, molte volte, si è lasciato travolgere dalla mentalità del mondo e tuttavia prezioso è stato il significato del perdono e della misericordia. Il perdono non è acquisire a poco prezzo una mentalità egoista o abitudinaria, ma aprire la strada alla speranza di reggere; il perdono chiude le porte della disperazione. Misericordia non significa abitudine a farla franca. E se il perdono e la misericordia suppongono certamente il coraggio di un cammino faticoso e difficile, dispongono e sostengono la possibilità e la capacità del superare i propri limiti e i limiti del mondo. Gv14,25-29 Come sono consolanti le parole di Gesù: Vi lascio la pace. Vi do la mia pace. Ci sembra quasi, in mezzo ai tumulti quotidiani, di respirare una tregua, di assaporare qualcosa che veramente ci aiuterebbe a recuperare la calma del cuore e l'agitarsi dei turbamenti dell'animo. Eppure, c'è una chiave, una paroletta quasi insignificante, che definisce e in un certo senso delimita le parole di Gesù: è quell'aggettivo "mia". Ma come? Ci possono essere modi diversi di interpretare la pace? Si, è vero, oggi -ma è così da sempre- si è portati ad usare le parole con disinvoltura, addirittura con significati opposti e divergenti, quindi anche qui si potrebbe non andare troppo per il sottile. Infatti, quando si dice ‘pace', si pensa a qualcosa di tranquillo, ad un rispetto di parole e di gesti, al macero di tutte le armi, ad un afflosciarsi delle violenze, ad una comprensione e ad una possibilità di soluzione dei problemi, per gravi che siano. Si pensa e si desidera qualcosa di bello, di sicuro, di dolce, di contentezza per un desiderio ottenuto, per un progetto raggiunto, per un piacere di vivere, per un affetto appagante. Ma Gesù sembra voler scindere: la pace è qualcosa di più delle nostre normali attese. E'la MIA pace. E la pace di Gesù non è mai un riposo, perché implica il desiderio di Dio di un'umanità che si vuole bene, che apre le porte, che condivide, che si china ad accarezzare, a togliere un ostacolo. A me sembra di capire che la pace di Gesù sia soprattutto il coraggio di vivere secondo un senso, secondo appunto quel Suo Spirito Vivente che ci ha trasfuso perché possiamo fare memoria di che cosa sia l'amore vero, la volontà di trasformare ogni affetto ed ogni rapporto in una relazione vera. E mi sembra allora che possiamo pregare il Signore di continuare a richiamarci alla Sua pace - e lo si fa ogni giorno nella Messa- e non limitarci alle nostre piccole egoistiche ‘paci' e tranquillità, bensì alla possibilità, che è poi un suo dono, di coinvolgerci in questo coraggio incredibile di non lasciare il mondo così com'è, anche se le nostre forze sono limitate e piccoli sono gli ambiti del nostro vivere quotidiano. Perché è Lui che respira in noi con la sua forza e pace viventi. Rito romano Prima Lettura At 8,5-8.14-17 Dagli Atti degli Apostoli In quei giorni, Filippo, sceso in una città della Samarìa, predicava loro il Cristo. E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva. Infatti da molti indemoniati uscivano spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti. E vi fu grande gioia in quella città. Frattanto gli apostoli, a Gerusalemme, seppero che la Samarìa aveva accolto la parola di Dio e inviarono a loro Pietro e Giovanni. Essi scesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito Santo; non era infatti ancora disceso sopra nessuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora imponevano loro le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo. Salmo responsoriale (Sal 65) Acclamate Dio, voi tutti della terra. Acclamate Dio, voi tutti della terra, cantate la gloria del suo nome, dategli gloria con la lode. Dite a Dio: «Terribili sono le tue opere! A te si prostri tutta la terra, a te canti inni, canti al tuo nome». Venite e vedete le opere di Dio, terribile nel suo agire sugli uomini. Egli cambiò il mare in terraferma; passarono a piedi il fiume: per questo in lui esultiamo di gioia. Con la sua forza domina in eterno. Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio, e narrerò quanto per me ha fatto. Sia benedetto Dio, che non ha respinto la mia preghiera, non mi ha negato la sua misericordia. Seconda Lettura 1Pt 3,15-18 Dalla prima lettera di san Pietro apostolo Carissimi, adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché, nel momento stesso in cui si parla male di voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo. Se questa infatti è la volontà di Dio, è meglio soffrire operando il bene che facendo il male, perché anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito. Acclamazione al Vangelo (Gv 14,23) Alleluia, alleluia. Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui. Alleluia. Vangelo: Gv 14,15-21 Dal Vangelo secondo Giovanni In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui». Commento al vangelo Se mi amate osserverete i miei co¬mandamenti. Tutto comincia con una parola carica di delicatezza e di rispetto: se mi amate... "Se": un punto di partenza così umile, così libero, così fidu¬cioso. Non si tratta di una ingiunzione ( do¬vete osservare) ma di una constatazione: se amate, entrerete in un mondo nuovo. Lo sappiamo per esperienza: se ami si ac¬cende un sole, le azioni si caricano di for¬za e di calore, di intensità e di gioia. Fiori¬sce la vita come un fiore spontaneo. Osserverete i comandamenti "miei", dice. E miei non tanto perché prescritti da me, ma perché riassumono me e tutta la mia vita. Se mi amate, vivrete come me! Se ami Cristo, lui ti abita i pensieri, le azioni, le pa¬role e li cambia. E tu cominci a prendere quel suo sapore di libertà, di pace, di perdono, di tavole im¬bandite e di piccoli abbracciati, di relazio¬ni buone, la bellezza del suo vivere. Co¬minci a vivere la sua vita buona, bella e beata. Ama e fa quello che vuoi (sant'Ago¬stino). Se ami, non potrai ferire, tradire, derubare, violare, deridere. Se ami, non potrai che soccorrere, accogliere, benedi¬re. E questo per una legge interiore ben più esigente di qualsiasi legge esterna. A¬ma e poi va' dove ti porta il cuore. In una specie di commovente, suadente monotonia Gesù per sette volte nel bra¬no ripete: voi in me, io in voi, sarò con voi, verrò da voi. Attraverso una parola di due sole lettere "in" racconta il suo sogno di comunione. Io nel Padre, voi in me, io in voi: dentro, immersi, uniti, intimi. Gesù che cerca spa¬zi, spazi nel cuore. Io sono tralcio unito al¬la madre vite, goccia nella sorgente, raggio nel sole, scintilla nel grande braciere del¬la vita, respiro nel suo vento. Non vi lascerò orfani. Non lo siete ora e non lo sarete mai: mai orfani, mai ab¬bandonati, mai separati. La presenza di Cristo non è da conquistare, non è da rag¬giungere, non è lontana. È già data, è den-tro, è indissolubile, fontana che non verrà mai meno. Molti intendono la fede come tensione verso un oggetto di desiderio mai rag¬giunto o come ricordo di un tempo dell'o¬ro perduto. Ma Gesù ribalta questo atteg¬giamento: fonda la nostra fede su un pie-no non su un vuoto; sul presente, non sul passato; sull'amore per un vivo e non sul¬la nostalgia. Noi siamo già in Dio, come un bimbo nel grembo di sua madre. E se non può ve¬derla, ha però mille segni della sua pre¬senza, che lo avvolge, la scalda, lo nutre, lo culla. E infine l'obiettivo di Gesù: Io vivo e voi vi¬vrete: far vivere è la vocazione di Dio, la mania di Gesù, il suo lavoro è quello di es¬sere nella vita datore di vita. È molto bel¬lo sapere che la prova ultima della bontà della fede sta nella sua capacità di tra¬smettere e custodire umanità, vita, pie¬nezza di vita. E poi, di farci sconfinare in Dio.

giovedì 15 maggio 2014

Dio non fa preferenze di persone domenica 18 maggio 2014

Dio non fa preferenze di persone 18 maggio 2014 V domenica T. Pasqua (Anno A) Lettura At 10, 1-5. 24. 34-36. 44-48a In quei giorni. Vi era a Cesarèa un uomo di nome Cornelio, centurione della coorte detta Italica. Era religioso e timorato di Dio con tutta la sua famiglia; faceva molte elemosine al popolo e pregava sempre Dio. Un giorno, verso le tre del pomeriggio, vide chiaramente in visione un angelo di Dio venirgli incontro e chiamarlo: «Cornelio!». Egli lo guardò e preso da timore disse: «Che c’è, Signore?». Gli rispose: «Le tue preghiere e le tue elemosine sono salite dinanzi a Dio ed egli si è ricordato di te. Ora manda degli uomini a Giaffa e fa’ venire un certo Simone, detto Pietro». Il giorno dopo arrivò a Cesarèa. Cornelio stava ad aspettarli con i parenti e gli amici intimi che aveva invitato. Pietro allora prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga. Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore di tutti. Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola. E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio. Allora Pietro disse: «Chi può impedire che siano battezzati nell’acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?». E ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo. Parola di Dio. Salmo (Sal 65 (66)) Grandi sono le opere del Signore. oppure: Alleluia, alleluia, alleluia. Acclamate Dio, voi tutti della terra, cantate la gloria del suo nome, dategli gloria con la lode. Dite a Dio: «Terribili sono le tue opere! R. A te si prostri tutta la terra, a te canti inni, canti al tuo nome». Venite e vedete le opere di Dio, terribile nel suo agire sugli uomini. R. Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio, e narrerò quanto per me ha fatto. Sia benedetto Dio, che non ha respinto la mia preghiera, non mi ha negato la sua misericordia. R. Epistola Fil 2, 12-16 Miei cari, voi che siete stati sempre obbedienti, non solo quando ero presente ma molto più ora che sono lontano, dedicatevi alla vostra salvezza con rispetto e timore. È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore. Fate tutto senza mormorare e senza esitare, per essere irreprensibili e puri, figli di Dio innocenti in mezzo a una generazione malvagia e perversa. In mezzo a loro voi risplendete come astri nel mondo, tenendo salda la parola di vita. Così nel giorno di Cristo io potrò vantarmi di non aver corso invano, né invano aver faticato. Parola di Dio. Acclamazione al Vangelo (Cfr Gv14, 23) Alleluia. Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui. Alleluia. Vangelo: Gv 14, 21-24 In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui». Gli disse Giuda, non l’Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?». Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato». Parola del Signore. Atti degli Apostoli. 10, 1-5. 24. 34-36. 44- La conversione di Cornelio, un centurione che coltiva un profondo rispetto per la religione d'Israele, come l'altro centurione di Cafarnao, ricordato da Luca (Lc7,1-10), è un avvenimento fondamentale dopo la risurrezione per la Comunità cristiana. Essa sta orientandosi sulle scelte di Gesù che vengono via via proposte attraverso segni, visioni, avvenimenti e, addirittura, nelle diverse discese dello Spirito. La Comunità di Gerusalemme è rimasta molto legata all'ebraismo per cui i pagani, comunque, sono considerati lontani dall'accoglienza di Dio poiché non fanno parte del suo popolo. Per farne parte, ricordano che non sia sufficiente essere giusti, dare elemosine e pregare. E' necessaria la circoncisione che li costituisce popolo come un popolo santo. Così pensano tutti e così Pietro si comporta. D'altra parte, anche Gesù non ha mai inserito, tra i suoi discepoli, dei pagani, né ha predicato loro. Perciò questo episodio, di incontro di Pietro con Cornelio, ha una grande rilevanza negli Atti degli Apostoli come racconto di una svolta fondamentale, operata nel nome di Gesù. E viene riportato in due capitoli successivi: nel cap.10 si rammentano, con molti particolari, la vicenda così come è avvenuta, e nel cap. 11 è Pietro stesso che riferisce alla comunità di Gerusalemme i fatti, palesemente, per garantire e motivare questa sua esperienza missionaria. Tutto si svolge in modo imprevedibile. Pietro è invitato, in modo sorprendente, da uno sconosciuto che gli chiede di andare in un paese lontano molti chilometri presso un centurione. Quando arriva, trova molte persone che lo aspettano, tutte estranee al mondo ebraico. Mentre entra in casa, Cornelio, il centurione, gli si getta ai piedi per rendergli omaggio (v 25) e Pietro lo rialza dicendogli: "Alzati poiché anch'io sono un uomo" (v 26). Pietro, dai segni ricevuti e dell'accoglienza, si rende conto che qui vanno riconosciute uguale umanità e parità; e lo esprime subito con le parole: "Mi sto rendendo conto che Dio non fa preferenza di persone". Pietro manifesta la sorpresa e l'inizio di una consapevolezza: nella Chiesa si dovrà continuamente essere richiamati a infinite novità: Dio parlerà non solo attraverso ciò che ha detto Gesù, ma si svelerà anche attraverso segni, situazioni, contesti e culture diverse, cioè attraverso la storia del mondo, filtrati sempre dallo stile e dall'amore di Gesù. Il Concilio ce lo ha ripetuto più volte. Dopo il parlare di Pietro che, ovviamente, svela il volto di Gesù e quindi suggerisce la fede in Lui, avviene un fatto straordinario: l'effusione del dono dello Spirito Santo. Ed è particolare questa presenza dello Spirito in persone che sono ancora pagane e che tuttavia si aprono a Gesù nella fede. Lo stupore degli ebrei, che accompagnano Pietro, si accresce quando debbono constatare che è avvenuto lo stesso dono dello Spirito come nella Pentecoste a Gerusalemme. E questi pagani non sono ancora battezzati. Lo farà allora Pietro dicendo: «Chi può impedire che siano battezzati nell'acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?» (v 47). L'esperienza dello Spirito apre immediatamente al dono delle lingue: il Signore, infatti, spinge coloro che credono in Lui a portare nel mondo la novità di Dio nella fede in Gesù che si è manifestato e in cui credono. Vale per tutti: siano essi pagani che si convertono senza passare attraverso l'iniziazione ebraica della circoncisione e siano cristiani di Gerusalemme. Tutti sentono che, per essere seguaci di Gesù nel mondo, non debbono solo credere in Lui e dare elemosine ma, più profondamente, diffondere in tutti la fede di Gesù che è speranza e dono per ogni persona nel mondo. Filippesi. 2, 12-16 La lettera ai Filippesi è tradizionalmente legata alle lettere della prigionia di Paolo: lo si pensi prigioniero a Roma (e siamo negli anni 61-63 d.C.) oppure a Cesarea in Israele (e siamo negli anni 58-60 d.C.). I Filippesi gli sono molto affezionati e, a più riprese, hanno mandato a Paolo aiuti e soccorsi. Nella lettera si sentono una profonda reciproca fiducia e simpatia per la piccola comunità. Il capitolo 2 è particolarmente importante nella teologia poiché nei versetti 2,6-2,11 si trova, in sintesi, il testo fondamentale sulla Incarnazione e la salvezza di Gesù nel mondo:. "Pur essendo Dio, svuotò se stesso prendendo la natura di schiavo". Eppure questo brano che, per alcuni secoli (dal III al VI secolo d.C, in particolare), è il centro delle discussioni su Gesù e rimane ancora oggi un testo classico di teologia, è tuttavia da Paolo utilizzato solo come uno splendido esempio di sottomissione e di povertà di Gesù che va imitato. L'esempio del Salvatore deve essere parametro e stile di una comunità cristiana: come Gesù non cerca né la gloria, né la potenza, né la grandezza ma: "pur essendo Dio, svuotò se stesso prendendo la natura di schiavo". Infatti i cinque versetti (vv6-11) continuano ed esemplificano il significato dei sentimenti di Gesù che si possono sintetizzare nell'umiltà, nella povertà e nell'ubbidienza: Gesù si è impoverito per amare e salvare il mondo. È un testo splendido, probabilmente un inno della Comunità cristiana, in cui viene riassunta, teologicamente, tutta la vicenda di Gesù "prima, durante la sua vita, dopo la risurrezione". Con il testo di oggi, che è il seguito, Paolo riprende le raccomandazioni ai cristiani di Filippi: il loro compito è quello di dedicarsi alla "Salvezza con rispetto e timore". La salvezza viene da Dio e quindi va cercata con attenzione e responsabilità perché, facilmente, può essere perduta se non ci si accorda continuamente con il Signore. Con questa attenzione va tradotta in un clima di consapevolezza e in criteri di accoglienza, evitando "mormorazioni ed esitazioni" che fanno memoria del popolo d'Israele che, nel deserto, rifiuta di seguire con fiducia il Signore. Paolo esprime anche una preoccupazione coraggiosa: non si tratta tanto o solo di salvarsi l'anima ma di costituire delle comunità coerenti, vive, di persone irreprensibili, anche in un mondo malvagio e perverso. Paolo non incoraggia ad un atteggiamento di fuga, ma a restare. Lo ha mostrato lui stesso con il suo stile di missionario, impegnato a rimanere nel mondo, ad incoraggiare e a svelare il volto di Dio per trovare speranza. Così, nel contesto cittadino di quel tempo come nel nostro contesto, il Signore ci chiede di "splendere come astri nel mondo, tenendo salda la parola di vita". Ritorna sempre la prospettiva di una evangelizzazione che passa attraverso la testimonianza. Essa è molto di più dell'operosità, a cui noi siamo spesso richiamati e portati. L'operosità è attenzione alle persone. Ma deve e può diventare cristiana quando si esprime nella gratuita disponibilità verso l'altro, nell'impegno del operare al meglio, con amore, con responsabilità e competenza. In fondo la testimonianza si gioca, certo, su ciò che si fa', ma cristianamente si gioca sul "come" si opera, attenti all'altro, alla sua dignità, e preoccupati di un nostro rispetto all'altro e di una nostra competenza a suo servizio, senza la pretesa di essere ringraziati. È il problema di una esemplarità di piccole comunità all'interno di realtà urbane. E tale esempio procurerà luminosità, stile e scelte di vita. In questo orizzonte non va dimenticata l'espressione "Vangelo come parola di vita". Il Vangelo viene richiamato non tanto come cultura teologica, ma come Parola di Dio, creatrice sia del nostro piccolo mondo e sia creatrice nel mondo in cui operiamo. Giovanni. 14, 21-24 Continua Gesù a preoccuparsi che i suoi discepoli abbiano capito che cosa vuol dire averLo come Vivente in mezzo a loro e come debbano continuare a renderlo conosciuto e presente a tutti. E' questa la rivoluzione pasquale. E ancora oggi ci sentiamo parlare di ‘novità', di quei ‘comandamenti' di cui ha fatto cenno diverse volte e che anche noi abbiamo ascoltato infinite volte, senza che cambiasse qualcosa di effettivo in noi. "Se mi amate", "chi mi ama", "se uno mi ama"; ma certo, Signore che ti amiamo, almeno vorremmo amarti davvero; ma tu ci dici le solite cose: osservare la tua parola, ricondurla al Padre, faremo dimora in lui....... E' vero, Signore, quante volte abbiamo sentito e sentiamo queste parole, ma le lasciamo scivolare nel nostro cuore come se fossero scontate, come se ormai sapessimo già che cosa vogliono dire. E' invece proprio sull'esperienza dell'amore che noi continuiamo a balbettare, a sorvolare, perché l'amore vero spaventa: è totale. Qui Gesù ci sta chiedendo di rimetterci completamente a Lui, di uscire da noi stessi, o meglio di rientrarvi, ma così a fondo, da renderci conto di essere "una cosa sola" con Lui. Ma davvero siamo convinti di essere "una cosa sola" con il Signore? Che non c'è paradossalmente più bisogno di ascoltare la sua parola, perché siamo un tutt'uno? Gesù continua a chiederci di amarlo e che questo vuol dire rintracciare la sua presenza e la sua parola in tutti coloro che incontriamo e incrociamo. Senza tante domande e tergiversazioni, ma come ha fatto Lui: prendendosi effettivamente a cuore le persone. Proviamo a domandarci nel sottovoce della nostra coscienza: chi si prende a cuore dei Siriani, dei profughi, delle donne violentate, dei crocifissi delle guerre di religione, delle stragi? Oppure: li sentiamo presenti nelle nostre asettiche, ma ambrosianissime, celebrazioni? Prendersi a cuore vuol dire che, anche se non posso intervenire che con qualche breve offerta, queste persone fanno parte della mia vita, e, in qualche modo, dovrò risponderne anch'io. Rito romano Prima lettura (At 6,1-7) Dagli Atti degli Apostoli In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove. Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola». Piacque questa proposta a tutto il gruppo e scelsero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola, un prosèlito di Antiòchia. Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani. E la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede. Salmo responsoriale (Sal 32) Il tuo amore, Signore, sia su di noi: in te speriamo. Esultate, o giusti, nel Signore; per gli uomini retti è bella la lode. Lodate il Signore con la cetra, con l’arpa a dieci corde a lui cantate. Perché retta è la parola del Signore e fedele ogni sua opera. Egli ama la giustizia e il diritto; dell’amore del Signore è piena la terra. Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme, su chi spera nel suo amore, per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame. Seconda lettura (1Pt 2,4-9) Dalla prima lettera di san Pietro apostolo Carissimi, avvicinandovi al Signore, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo. Si legge infatti nella Scrittura: «Ecco, io pongo in Sion una pietra d’angolo, scelta, preziosa, e chi crede in essa non resterà deluso». Onore dunque a voi che credete; ma per quelli che non credono la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata pietra d’angolo e sasso d’inciampo, pietra di scandalo. Essi v’inciampano perché non obbediscono alla Parola. A questo erano destinati. Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa. Vangelo (Gv 14,1-12) Dal Vangelo secondo Giovanni In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre». Commento Non dobbiamo avere paura, dice Gesù. E usa il verbo che indica il timore suscitato dalla tempesta in mare. È vero: nelle vicende della vita molto spesso ci sentiamo come in mezzo ad una tempesta, sballottati dalle onde senza riuscire a governare la barca. Il clima di tensione che viviamo, la precarietà economica, lo sbriciolamento dei valori, l'insignificanza reale della Chiesa non fanno che appesantire il clima, la sensazione di essere alla fine di un'epoca. Non abbiamo paura, ci rassicura il Signore, confidiamo in lui: nella casa del Padre, che ha posto nel suo cuore, che ci prepara un posto. Il che non significa, come alcuni hanno immaginato, che in Paradiso ci aspetta una poltrona numerata perché raccomandati dal rabbì. Gesù indica a Tommaso e a noi la via del dono di sé, che lui per primo ha percorso fino in fondo. E la casa del padre, che è la Chiesa, accoglie volentieri chi vuole fare lo stesso cammino. Domenica scorsa abbiamo pregato per chi, nel gregge, ha il compito di aiutare il pastore bello. Oggi parliamo di tutti noi che viviamo con serietà la presenza del Signore, che lo seguiamo con forza. Gesù dice a Filippo che non abbiamo più bisogno di cercare Dio fra le nuvole: noi ora lo vediamo in Gesù, è lui il rivelatore del Padre, il vero e definitivo volto del Padre. Possiamo accedere a Dio perché in Gesù si è reso visibile. Come? Agli inizi della Chiesa i cristiani erano definiti "quelli della via", coloro che seguono un cammino. Invece, oggi, molti concepiscono la fede come una casa, un rifugio, un bunker, un pacco di verità inamovibili cui credere. Che buffo. È dinamico, il cristianesimo, è sempre per strada, colui che segue chi non ha dove posare il capo non può illudersi di essere cristiano una volta per sempre! E Gesù risponde allo spaesato Tommaso, che ha appena saputo, ma non capito fino in fondo, che il Signore ci precede, va altrove, non ci lascia soli, ma ci invita a rimboccarci le maniche. Per restare fiduciosi, dice Gesù, dobbiamo fidarci di lui che è via, verità e vita. Via Essere cristiani, a volte lo dimentichiamo, significa seguire Gesù, imitare Gesù, fidarsi di lui. Conoscerlo, anzitutto, e lasciarci amare. Frequentare la sua parola nella meditazione, cercarlo nella preghiera personale e comunitaria, riconoscerlo nel volto del fratello povero. Il cristianesimo è una proposta di cambiamento radicale del nostro modo di vedere il mondo e Dio. E lo facciamo ascoltando e seguendo il Maestro. In un mondo stracolmo di opinionisti e piccoli leader che urlano gli uni contro gli altri, Gesù indica se stesso come percorso, la porta attraverso cui le pecore possono uscire dai tanti recinti (anche religiosi!) in cui ci hanno rinchiusi. Diventare cristiani significa amare come Gesù ha amato, seguire la via, che non è un insieme di belle nozioni, ma una persona. Verità Gesù è la verità. Verità che esiste e che chiede di essere accolta in un mondo che nega la possibilità stessa che esista una verità (eccetto una: quella che non esiste nessuna verità!), o che riduce la verità a livello di opinione, in un malinteso senso di tolleranza, mettendo tutto e tutti sullo stesso piano, come se la libertà significasse che nulla più è autentico. In un mondo che tutto relativizza, Gesù, con determinazione ma senza arroganza, con autorevolezza ma senza supponenza, pretende di conoscere la verità su Dio e sugli uomini. All'uomo contemporaneo che, come Pilato, gioca a fare il cinico e chiede cos'è la verità, la Chiesa proclama non una dottrina ma, nuovamente, una persona: Gesù è la verità, dice la verità, ci conduce alla verità. E la verità è evidente, si impone, non ha da convincere. Ma solo un cuore onesto, disincantato, ragionevole è in grado di coglierla. Ciò che il cercatore di Dio è invitato a fare è mettersi in gioco, fino in fondo, non barare, non impigrirsi ma cercare, restare aperto e disponibile alla crescita intellettuale ed interiore. E, se possibile, dedicare qualche energia alla conoscenza: non se ne può più di un cristianesimo approssimativo e solo emotivo! Vita Chi ha scoperto Gesù nel proprio percorso può affermare con assoluta verità che il Signore gli ha donato la vita. Esiste una vita biologica che può anche essere intesa e coinvolgente. Ma una vita interiore, spirituale, allarga l'orizzonte, ci situa in un progetto di cui siamo chiamati a far parte, ci cambia radicalmente la vita biologica, riempiendola di una gioia intima, profonda, eterna. Gesù è la vita e dona la vita e il cristiano ama la vita e la dona. Anche se la propria vita è acciaccata o dolorante, il discepolo sa che è un gigantesco progetto d'amore quello che si sta manifestando nel nostro mondo. Tommaso si fida. Fra qualche ora farà i conti con l'affondamento della propria barca, delle proprie fragili certezze. Ma, dopo una dolorosa conversione, il risorto lo incontrerà, otto giorni dopo Pasqua.

giovedì 8 maggio 2014

Riconoscersi dalla voce 11 maggio 2014

IV domenica T. Pasqua (Anno A) il vangelo è il medesimo sia in ambrosiano sia in romano. Lettura At 6, 1-7 In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove. Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola». Piacque questa proposta a tutto il gruppo e scelsero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola, un prosèlito di Antiòchia. Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani. E la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede. Parola di Dio. Salmo (Sal 134(135)) Benedite il Signore, voi tutti suoi servi. oppure: Alleluia, alleluia, alleluia. Lodate il nome del Signore, lodatelo, servi del Signore, voi che state nella casa del Signore, negli atri della casa del nostro Dio. Il Signore si è scelto Giacobbe, Israele come sua proprietà. R. Lodate il Signore, perché il Signore è buono; canate inni al suo nome, perché è amabile. Signore, il tuo nome è per sempre; Signore, il tuo ricordo di generazione in generazione. Sì, il Signore fa giustizia al suo popolo e dei suoi servi ha compassione. R. Benedici il Signore, casa d’Israele; benedici il Signore, casa di Aronne; benedici il Signore, casa di Levi; voi che temete il Signore, benedite il Signore. Da Sion, benedetto il Signore, che abita in Gerusalemme! R. Epistola Rm 10, 11-15 Fratelli, dice la Scrittura: Chiunque crede in lui non sarà deluso. Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati? Come sta scritto: Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene! Parola di Dio. Acclamazione al Vangelo (Cfr Gv10,14) Alleluia. Io sono il buon pastore, dice il Signore; conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me. Alleluia. Vangelo: Gv 10,11-18 In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai farisei: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio». Parola del Signore. At 6,1-7 Nei primi cinque capitoli degli Atti degli Apostoli, l'evangelista Luca sviluppa in modo intelligente e coerente il cammino di questa nuova comunità cristiana alla luce di Gesù risorto e, ricca dello Spirito del Signore, vuole vivere a Gerusalemme le scelte di Gesù, sperimentando e mettendo n pratica proposte e valori che i primi discepoli raccontano e testimoniano, parlando di Gesù. Con il cap. 6 si segnala l'inizio della rapida espansione del Vangelo in Israele fino ad Antiochia e, insieme, il racconto dei fatti quotidiani della Comunità di Gerusalemme che rivelano le iniziali difficoltà interne che mettono in crisi la fiducia reciproca e la comunione. A Gerusalemme la comunità ebraica è costituta da ebrei e da ellenisti. Gli ebrei erano nati e cresciuti in Palestina, parlano in aramaico e, nelle sinagoghe, leggono la Bibbia in ebraico, sono molto attaccati alle tradizioni dei padri ed alla legge di Mosè, considerano indiscutibili le interpretazioni dei rabbini. Gli ellenisti sono nati e cresciuti all'estero. Vivono una cultura molto più aperta per la conoscenza e la convivenza con altri popoli. Ora, a Gerusalemme, hanno sinagoghe proprie (pare che a Gerusalemme si possono contare sul palmo di una mano) mentre le sinagoghe degli ebrei sono alcune centinaia. La Comunità cristiana è costituita, in maggioranza, da ebrei nati in Israele ma anche da ellenisti. Nell'assistenza quotidiana sorge una lamentela della minoranza, costituita da ellenisti, poiché rimproverano una certa trascuratezza nel confronto delle vedove di questo gruppo. E' interessante verificare allora il metodo seguito per risolvere la tensione. Gli Apostoli riconoscono la situazione di difficoltà e decidono di sviluppare, diversificando, ruoli e compiti. Non accusano, non rivendicano un loro potere insindacabile, ma si preoccupano della elezione dei "sette", tutti di origine greca (lo si vede dal nome), che si occupino dell'assistenza quotidiana e, in particolare, delle mense. Ai poveri non si danno soldi, che, in questo mondo contadino, sono molto rari, ma ci si preoccupa di interventi per esigenze quotidiane. E' sempre molto interessante scoprire la scelta coraggiosa di riconoscere alla minoranza dei cristiani ellenisti la responsabilizzare della gestione delle mense, oltre al lavoro pastorale nella comunità degli ellenisti stessi. In altri termini chi si lamenta diventa il responsabile nuovo della gestione. Da notare che la gestione prevede anche un certo significativo potere economico: raccolta di fondi, gestione delle risorse, commercio per far funzionare ogni giorno le mense. In pratica tutti i problemi economici passano ai laici di minoranza. Tra i "sette" almeno due, Stefano e Filippo, svolgono anche un prezioso lavoro di predicazione, aperto ai pagani e una riflessione biblica nuova: interpretare il Vecchio Testamento alla luce dei fatti e delle parole di Gesù. Il numero 7 può derivare dal poter dedicare un giorno la settimana per un volontariato che non può eliminare il proprio lavoro nel resto della settimana. Nel brano sorgono anche le linee fondamentali di questa piccola comunità in crescita e si profilano le scelte essenziali (o ministeri) della Chiesa: il servizio della Parola, il servizio liturgico della preghiera e il servizio dell'assistenza ai poveri. Viene usata la parola "diaconia"(servizio) e si parla della "imposizione delle mani". Da questa parola verrà più tardi la parola "diacono" che identificherà questo compito di servizio nella Comunità cristiana. Il Concilio Vaticano II ha lungamente discusso la riproposta del "diaconato permanente", scelto nel popolo di Dio. Da secoli il diaconato è rimasto ormai solo come un momento di passaggio al sacerdozio. Ora, il "diacono permanente" fa parte del clero, non è un anticipo del sacerdozio. Dopo molte discussioni, è stato accettato che fosse sposato. La prospettiva del diaconato permanente è possibile, però, solo se la moglie accetta per il marito questa responsabilità e servizio. E i compiti sono legati ai tre funzioni della Chiesa a cui il diacono partecipa: il servizio della Parola, il servizio liturgico della preghiera e il servizio dell'assistenza ai poveri. Ma l'ufficio corrispondente al diaconato si definirà più tardi. E' interessante notare che la Chiesa articola le sue funzioni, non solo ancorandosi al suo inizio ma anche cercando di dare risposte varie a secondo dei problemi che man mano si affacciano nel proprio cammino storico. Essa si struttura, infatti, anche per le necessità concrete che emergono, al fine di vivere in comunione. E' anche una comunità senza pregiudizi, coraggiosa e fiduciosa, che affronta i disagi, rileggendoli in positivo come richiamo ad una responsabilità comune e ad una efficiente collaborazione. Rom 10,11-15 Paolo si preoccupa di aiutare a scoprire che il centro della fede: è Gesù. Tale centralità deve essere nel cuore e sulla labbra di ciascuno: "Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza". Accogliere Gesù richiede un profondo e coraggioso atto di fede per cui con la bocca e con il cuore crediamo e accettiamo che Gesù è il Signore, vissuto tra noi, crocifisso e risorto. La bocca e il cuore sono due vie importanti per esprimere la fede (10,8). Il cuore è il luogo delle scelte, delle decisioni, delle appartenenze. Nel cuore matura e si sviluppa la fede nel Signore Gesù morto e risorto e quindi una coerente coscienza morale. In questo caso il cuore proclama la signoria di Gesù sulla nostra vita e quindi la sua unicità e il suo valore per poterci unire in pienezza. La bocca proclama ed offre la novità gioiosa che il Signore ci ha offerto gratuitamente e per questo ci elegge messaggeri per tutto il mondo. Attraverso noi, che crediamo, scopriamo le scelte di Gesù che sono scelte per tutti gli uomini, senza distinzione. "Poiché non c'è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano" (v 12). Paolo ci ricorda allora la fondamentale parità di dignità agli occhi di Dio per ogni uomo e donna e, insieme, ci ricorda quel desiderio che il Signore ha di aiutare e salvare ogni persona. Così ci ha "inviati". Come battezzati stiamo scoprendo la vocazione di essere fondamentalmente missionari, vivendo in noi l'urgenza ed esprimendo attorno a noi questa notizia portentosa della scelta che Dio fa di ciascuno. E' una scelta di dignità e di valore, scelta di accoglienza e privilegiata, scelta che si sviluppa ogni giorno nella concretezza di quotidiana operosità, nel lavoro e nelle amicizie, nella politica e negli affetti familiari. Nulla è escluso dalla testimonianza che non suppone cose eccezionali, ma responsabilità, attenzione, competenza, accoglienza. In tal modo si manifesta che Gesù è risorto per tutti. Gv 10,11-18 Ci si è mai domandati come mai nella liturgia delle domeniche pasquali, i passi del vangelo presentati si preoccupino di mettere in evidenza la sollecitudine di Gesù a rendersi presente e Vivo, nelle consuetudini abituali dei discepoli? Giovanni scrive per la sua comunità di Efeso, che evidentemente si sente minacciata: siamo alla fine del I secolo, in una grande città cosmopolita dell'Asia Minore, dove i discepoli per lo più sono ormai di origine ellenica. E Giovanni utilizza un'immagine del mondo semitico, quella del pastore. Un'immagine ambigua, perché, se da una parte richiama la figura biblica di Dio come pastore del suo popolo che guida in mezzo alle difficoltà e ai travagli del deserto, dall'altra sa che i ‘ pastori' nell'immaginario cittadino non godono di buona fama, ma sono considerate figure un po' losche. Gesù afferma di essere il"pastore" vero (questo è il più esatto significato della parola greca kalòs), colui che non abbandona mai le pecore che gli sono affidate, che le conosce ad una ad una, anzi è pronto a dare la vita per esse. E' una persona vera, del popolo, che vuole dimostrare di esserci (la Pasqua è un non venir meno della presenza del Dio Vivo). Anzi di continuare a stabilire e a mantenere un rapporto: pastore e pecore si riconoscono alla voce, in modo così profondo e vero dall'essere paragonati al "come" del Padre e del Figlio. Ecco: vivere la Pasqua, credere nel Vivente qui ed ora, richiede di riconoscere la voce del pastore e di tutte le pecore, perché ci possa essere un ovile simile all'Eden, dove appunto tutti si conoscono, si comprendono e si amano. Ma per noi che cosa vuol dire riconoscere la voce del pastore, in mezzo ai rumori dilatati delle piazze e delle chiese? Credo che si debba ripartire dalla Galilea degli alfabeti, là dove si cominciano a recuperare i suoni fondanti le parole, l'uso sapiente di esse, il valore che esse assumono nello spessore del silenzio, il senso che porta a conoscere e riconoscere. Davvero crediamo di riconoscere la voce di Gesù e di sapere che tipo di rapporto vuole stabilire con ciascuno di noi?