giovedì 31 ottobre 2013

Tutto è pronto, venite alle nozze - Domenica 3 novembre



3 novembre 2013 II domenica dopo la Dedicazione (Anno C)
Lettura
Is 25,6-10a
In quei giorni. Isaia disse:
«Preparerà il Signore degli eserciti
per tutti i popoli, su questo monte,
un banchetto di grasse vivande,
un banchetto di vini eccellenti,
di cibi succulenti, di vini raffinati.
Egli strapperà su questo monte
il velo che copriva la faccia di tutti i popoli
e la coltre distesa su tutte le nazioni.
Eliminerà la morte per sempre.
Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto,
l’ignominia del suo popolo
farà scomparire da tutta la terra,
poiché il Signore ha parlato.
E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio;
in lui abbiamo sperato perché ci salvasse.
Questi è il Signore in cui abbiamo sperato;
rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza,
poiché la mano del Signore si poserà su questo monte».
Parola di Dio.
Salmo (Sal 35 (36))
Quanto è prezioso il tuo amore, o Dio!
Signore, il tuo amore è nel cielo,
la tua fedeltà fino alle nubi,
la tua giustizia è come le più alte montagne,
il tuo giudizio come l’abisso profondo:
uomini e bestie tu salvi, Signore. R.

Quanto è prezioso il tuo amore, o Dio!
Si rifugiano gli uomini all’ombra delle tue ali,
si saziano dell’abbondanza della tua casa:
tu li disseti al torrente delle tue delizie. R.

È in te la sorgente della vita,
alla tua luce vediamo la luce.
Riversa il tuo amore su chi ti riconosce,
la tua giustizia sui retti di cuore. R.
Epistola
Rm 4,18-25
Fratelli, Abramo credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: Così sarà la tua discendenza. Egli non vacillò nella fede, pur vedendo già come morto il proprio corpo – aveva circa cento anni – e morto il seno di Sara. Di fronte alla promessa di Dio non esitò per incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento. Ecco perché gli fu accreditato come giustizia.
E non soltanto per lui è stato scritto che gli fu accreditato, ma anche per noi, ai quali deve essere accreditato: a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore, il quale è stato consegnato alla morte a causa delle nostre colpe ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
(Cfr Mt 22,8b.4d)
Alleluia.
La festa di nozze è pronta: venite alle nozze.
Alleluia.
Vangelo: Mt 22,1-14
In quel tempo. Il Signore Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Parola del Signore.
COMMENTI
Lettura del profeta Isaia 25, 6-10a
Nel testo di Isaia, scritto probabilmente dopo l'esilio, si profilano gli avvenimenti gioiosi della conclusione definitiva della storia: il raduno sul monte del Signore, il banchetto, l'instaurazione del Regno eterno.
L'immagine di celebrare, con un pranzo, una vittoria viene, qui, sviluppata in un incontro universale fantastico: ci sarà un banchetto, organizzato da Dio stesso, sul monte santo di Gerusalemme, a cui sono invitati tutti gli uomini e le donne dell'umanità a festeggiare la fine del mondo vecchio e malvagio.
Si favoleggia persino sul menu e i rabbini, ripensando alla potenza di Dio che ha ucciso un mostro marino, chiamato Leviatan, dato quindi come "carne per il popolo che abitava nel deserto" (salmo 74,14), hanno concluso che la vivanda principale dei giusti dovesse essere la carne di questo mitico pesce. Perciò, in Israele, ancora oggi, alla cena del venerdì sera, quando inizia sabato, si è soliti mangiare pesce per richiamare a tutti gli uomini pii il banchetto celeste che li attende.
- La salvezza è universale,
- si esprimerà nella comunione definitiva con Dio,
- nell'immagine del banchetto è richiamata l'esperienza umana che diventa la parabola di Dio con il suo popolo. Gesù userà spesso questo momento di gioia poiché ognuno è nelle condizioni di condividere con gli altri, nell'intimità e nell'amicizia, la propria pienezza di festa e di allegria;
- il profeta, nella sua consapevolezza del tempo, non è ancora in grado di parlare di risurrezione, ma annuncia la scomparsa di una vita sconfitta, senza senso e senza ideali;
- il banchetto, vissuto nella gioia e nell'accoglienza, sarà allietato dalla musica, dai canti, dalle danze;
- finalmente, ma questo il profeta non lo sa ancora, poteva supporre, nella sua rivelazione definitiva, un incontro con quel Dio che già è stato incrociato nella storia, pur nella difficoltà e nell'oscurità della fede e della speranza. Ora Egli, finalmente, è il trionfatore visibile sulla morte e sulla sofferenza. Egli si mostrerà, a faccia a faccia, senza veli. Senza lacrime, finalmente, sarà il volto dei suoi fedeli.
È il messaggio che ci viene da Gesù, annunciato continuamente da Paolo: "La morte è stata inghiottita nella vittoria" (1Cor 15,54) e ripresentato nella "visione dei cieli nuovi e terra nuova" dell'Apocalisse (cap 21).

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 4, 18-25
Nella lettera ai Romani San Paolo, parlando della fede, presenta Abramo come un testimone fedele, coraggioso e fidato. Abramo, contro ogni speranza, ha continuato a sperare di poter avere un figlio da Sara, la moglie amata, poiché il Signore stesso glielo aveva promesso. Eppure aveva sotto gli occhi la crisi possibile di questa speranza, invecchiando lui e Sara, senza ombra o presagio di compimento. Abramo continua a fidarsi e si rinsalda. Convinto di Dio e della sua Parola, attende e questo lo fa crescere agli occhi di Dio come uomo giusto.
Noi stessi che crediamo in Gesù diventiamo, come Abramo, coloro a cui "fu accreditato come giustizia". La fedeltà di Abramo gli procurerà, alla fine, Isacco, il figlio della promessa, ma anche una discendenza che da questo figlio nascerà.
La nostra fede in Gesù non ha solo, come contenuto, la nascita di un figlio, ma la consapevolezza che Gesù è risuscitato, Lui "il quale è stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione". La coscienza del credente deve portare, davanti alle situazioni difficili della violenza e del male, l'impegno di credere in una circolazione di beni e di fedeltà che nasce da Dio e si distribuisce, giorno per giorno, nel cuore di ciascuno. Il credere in questa ricchezza in noi e negli altri ci deve portare ad osare nella speranza, ci deve far maturare per operare e quindi credere a che la speranza di Dio si compia ogni giorno nel cuore di ciascuno. Le tante paure esistenti, le tante diffidenze, le tante ritrosie della solidarietà possono venire abbattute dalla coscienza della presenza di Dio che è amore e quindi è più grande di qualunque paura, di qualunque diffidenza e di qualunque egoismo.

Lettura del Vangelo secondo Matteo 22, 1-14
Nel suo Vangelo, Matteo, nei capitoli 21-22, racconta tre parabole che sembrano riferirsi a tre successivi momenti della storia della salvezza, contrassegnati da un rifiuto:
- la parabola dei due figli (si riferisce all'accoglienza per Giovanni Battista: 21, 28-32),
- la parabola dei vignaiuoli ribelli (si riferisce a coloro che hanno ucciso i profeti e che uccideranno Gesù: 21,33-44),
- la parabola del convito, che leggiamo oggi (si riferisce alla predicazione apostolica che riesce a farsi accettare dai piccoli e dai poveri e non dagli amici del re: 22,1-14).
Questa terza parabola è diretta specificamente, come le prime due, d'altra parte, ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo per il loro insegnamento e la responsabilità che stanno assumendosi rispetto alle scelte del popolo. Matteo tiene a raccontare la durissima polemica finale con le autorità religiose poiché vuole ricordare che la Parola di Dio non può essere ambigua. Nello stesso tempo il significato della parabola ricorda che non basta una parola di fede, ma bisogna sviluppare la fede fino a renderla operosa.
La parabola del banchetto per le nozze del figlio del re risente di racconti favolosi che gli ebrei immaginavano nella loro povertà e che rimandavano "all'aldilà" come il luogo della grande festa in cui Dio è presente, accoglie, invita a sedersi con lui.
Gesù utilizza questo racconto per aprire, "sull'aldiqua", gli orizzonti del mondo ebraico e gli orizzonti della comunità cristiana al suo messaggio. La festa delle nozze è la fine dell'attesa. I tempi messianici sono giunti e Dio è tra noi.
Così, per primi, sono invitati coloro che hanno fatto parte, privilegiati, del popolo di Dio, scelti da Dio stesso. Ma i servi sono rimasti inascoltati e in due gruppi successivi (sono i profeti che hanno annunciato i tempi nuovi) ritornano a mani vuote, delusi che siano caduti ogni attesa e ogni interesse per la festa del re. Ma i primi chiamati non se la sono sentita di abbandonare i loro interessi, il campo e gli affari. Si sentivano sazi, ritenevano di avere già tutto per una vita senza problemi, sufficientemente soddisfatti della propria religiosità e delle sicurezze che questa procura. Chi non ha fame o sete non entra nel nuovo mondo che Gesù porta: il regno di Dio.
Allora il terzo gruppo di servi, gli apostoli e i membri della comunità cristiana, è inviato nei luoghi poveri, sulle strade, dove non si abita, ma ci sono persone anonime che passano. Proprio questi vengono chiamati, (prima "i cattivi poi i buoni", per chiarire la totale gratuità).
Finalmente la stanza, per quanto grande possa essere, è riempita di gente. Tutti sono invitati, ma il rispondere non è un gioco che si affronta nella superficialità o nel solo proprio interesse.
Esiste qui un problema culturale di comprensione che si lega al linguaggio di Matteo che si fa aspro e duro, poiché egli scrive il suo Vangelo agli ebrei convertiti, il cui modo d'esprimersi ha abitualmente i caratteri apocalittici di drammi, di guerre, di morte. Così Matteo utilizza gli schemi ancora validi per la cultura ebraica, anche se convertiti, per aiutarli a comprendere il messaggio.
- Chi non ha accettato, chiamato tra i primi, dovrà sostenere una guerra e sarà travolto. E probabilmente Matteo adombra qui la distruzione di Gerusalemme avvenuta nel 70 d.C. (Il Vangelo di Matteo viene completato dopo questa data).
- Chi dei commensali raccogliticci, presi dalla strada, è però trovato senza la veste nuziale, viene cacciato con parole durissime.
Né l'una né l'altra situazione ci fanno riscoprire la misericordia che Gesù ha portato, quanto piuttosto il volto di un Dio duro, esigente, inflessibile nella giustizia e nella rigidità.
Ma il Signore, che noi conosciamo, porta il volto di Gesù crocifisso che ama ed è amato dal Padre: e in Lui ciascuno di noi è amato. Il testo va allora interpretato nella cultura cristiana successiva che ha approfondito teologicamente il significato dell'Incarnazione di Gesù.
- Chi rifiuta il dono di Dio, alla fine, non troverà assolutamente nulla di ciò che sperava e tutto si dissolverà e diventerà inutile.
- Il malcapitato, che ha accettato di entrare nella sala del banchetto, ma che non si è preoccupato di fare scelte coerenti con il luogo dove si trova (non porta l'abito nuziale, che spesso viene regalato, soprattutto in frangenti del genere), non è degno di restare. Giovanni nell'Apocalisse (19,8) dice che la veste nuziale di lino della sposa di Gesù sposo (la comunità cristiana) "sono le opere giuste dei santi".
Questo testo conclude: "Tutti sono presi sul serio e amati dal Signore, tutti hanno una vocazione di vicinanza con lui che è una vocazione di festa. Ma la festa suppone coscienza e responsabilità, coraggio e fedeltà a Dio e non ci si risolve con dei gesti di culto, semplicemente, o nella pigrizia.
Matteo qui si preoccupa della tentazione della prima Comunità cristiana ma anche di ogni cristiano: noi tendiamo, infatti, a dare per scontato di essere stati scelti, per via del battesimo, per cui ci sembra sufficiente rispettare alcuni gesti di culto. Però si mantiene una mentalità superficiale e lassista che non si preoccupa di compiere la volontà di Dio, ogni giorno, nella vita quotidiana.

giovedì 24 ottobre 2013

DOMENICA 27.10.13 SONO CON VOI TUTTI I GIORNI



I domenica dopo la Dedicazione
Lettura
At 13,1-5a
In quei giorni. C’erano nella Chiesa di Antiòchia profeti e maestri: Bàrnaba, Simeone detto Niger, Lucio di Cirene, Manaèn, compagno d’infanzia di Erode il tetrarca, e Saulo. Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: «Riservate per me Bàrnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati». Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li congedarono.
Essi dunque, inviati dallo Spirito Santo, scesero a Selèucia e di qui salparono per Cipro. Giunti a Salamina, cominciarono ad annunciare la parola di Dio nelle sinagoghe dei Giudei.
Parola di Dio.
Salmo (Sal 95 (96))
Annunciate a tutti i popoli le opere di Dio.
Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome. R.

Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie. R.

Date al Signore, o famiglie dei popoli,
date al Signore gloria e potenza,
date al Signore la gloria del suo nome. R.
Epistola
Rm 15,15-20
Fratelli, su alcuni punti, vi ho scritto con un po’ di audacia, come per ricordarvi quello che già sapete, a motivo della grazia che mi è stata data da Dio per essere ministro di Cristo Gesù tra le genti, adempiendo il sacro ministero di annunciare il vangelo di Dio perché le genti divengano un’offerta gradita, santificata dallo Spirito Santo. Questo dunque è il mio vanto in Gesù Cristo nelle cose che riguardano Dio. Non oserei infatti dire nulla se non di quello che Cristo ha operato per mezzo mio per condurre le genti all’obbedienza, con parole e opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la forza dello Spirito. Così da Gerusalemme e in tutte le direzioni fino all’Illiria, ho portato a termine la predicazione del vangelo di Cristo. Ma mi sono fatto un punto di onore di non annunciare il Vangelo dove era già conosciuto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
(Cfr Mt 28,19-20)
Alleluia.
Andate e fate discepoli tutti i popoli, dice il Signore.
Ecco, io sono con voi tutti i giorni,
fino alla fine del mondo.
Alleluia.
Vangelo: Mt 28,16-20
In quel tempo. Gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che il Signore Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
Parola del Signore.

COMMENTI
Atti degli Apostoli. 13, 1-5a

Ad Antiochia si è già fatto l'esperimento della convivenza di ebrei e pagani convertiti: essi vivono insieme con attenzione e rispetto reciproco, consapevoli di avere alle spalle una cultura diversa che però va continuamente verificata sulla Parola di Gesù, esaminando il Primo(V T) Testamento e le testimonianze che si stanno organizzando nel Secondo Testamento (N T). Questa operazione è molto più difficile per i pagani, fattosi cristiani, poiché richiede una sensibilità nuova che si adatti alla mentalità ebraica senza tuttavia assorbirne la legislazione del culto e le esclusioni che il popolo d'Israele fa rispetto agli altri popoli.

La Comunità cristiana ha sperimentato la bellezza e la speranza che Gesù ha portato attraverso la Parola e la conoscenza di sé agli apostoli. Così, in questa comunità, si è verificato che la fede si trasmette raccontando le parole e i fatti di Gesù e mostrando la propria testimonianza. Il Signore interviene, ma ha bisogno di una visibilità che accompagni il dono, anzi il dono della fede viene dopo questa manifestazione concreta e visibile di Gesù nei discepoli.

Con questo brano gli "Atti degli Apostoli" iniziano il racconto della prima missione di Paolo e di Barnaba da Antiochia verso l'Asia minore (13,1-14,28). Attraverso la Chiesa, Gesù si svela al mondo.

L'inizio di questa progetto avviene durante il culto e in un contesto di digiuno. Il digiuno è segno di attesa e sostegno alla richiesta che si fa a Dio.

Per la Pace in Siria Papa Francesco ha ripreso questo stile di intercessione per chiedere al Signore lo Spirito che aiutasse a superare i progetti di guerra.

L'imposizione, qui, non è tanto una comunicazione di poteri come nel Sacramento del sacerdozio quanto una benedizione. "Mettetemi da parte" suggerisce lo Spirito. Indica la separazione da ogni attività profana per un servizio sacro.

La prima destinazione è l'isola di Cipro. La raggiungono insieme Paolo e Barnaba, scelti dal Signore, ricchi di reciproco rispetto e di doti che si compensano, adatti per una prima missione.

Ma poiché è la Comunità cristiana che ha inviato, essa stessa si sente matrice, solidale e responsabile.

Perciò, conclusa la prima esperienza, ritornano. "Fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l'opera che avevano compiuto. Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede. E si fermarono, per non poco tempo, insieme ai discepoli" (14,26-28). La Comunità cristiana ha inviato, ha seguito con trepidazione e quindi aspetta una verifica poiché questo fatto diventa anche una prova per le scelte che via via si compiranno. Diventa anche stimolo di analisi per sé.

Lettera ai Romani. 15, 15-20

Paolo si rende conto di essere uno sconosciuto per la comunità di Roma poiché non è stata fondata da lui, e sanno di lui poco, e lo sanno da altri. Ha voluto, comunque scrivere una lunga lettera e qui, alla fine, si rende conto di aver scritto cose che già conoscono. Ma Paolo sente il compito di essere apostolo tra le genti perché si costituisca una unità tra i popoli e vuole coinvolgere anche questa grande comunità perché tutti i credenti in Gesù divengano, per il Vangelo annunciato anche da Paolo, un unico sacrificio, una grande offerta gradita a Dio

Vengono usati termini sacri, sacerdotali, cultuali. Il vangelo è un impegno sacro, è un culto, è un sacerdozio. Paolo vuole ricordare e far conoscere ("ricordarvi")"di essere un ministro di Gesù Cristo tra i pagani" e quindi la loro fede li riunisce in una comunità "santificata dallo Spirito Santo".

Paolo dichiara di aver concluso il suo lavoro in Medio Oriente e pensa di trasferirsi in Spagna. Nel tragitto spera di fermarsi a Roma e, quindi, di potersi conoscere reciprocamente, più profondamente e desidera farlo per un po' di tempo

Paolo è consapevole di aver svolto il sacerdozio ministeriale ("l'ufficio sacro del vangelo di Dio perché i pagani divengano una oblazione gradita") per costituire una comunità più grande, a servizio dei battezzati tutti. Ed essi, a loro volta, esercitano un sacerdozio battesimale ogni giorno (Romani 12,1 "offrire i vostri corpi come sacrificio vivente").

Paolo si rende conto che il suo lavoro ha dato frutto e perciò avrebbe motivo di vanto, ma si corregge subito, dicendo che è tutta opera del Signore Gesù se, per mezzo suo, i pagani si sono sottomessi all'obbedienza, in parole e opere, e continuano a volerlo. Ma per questo il Signore si è servito anche di prodigi e segni miracolosi.

Negli "Atti degli Apostoli" si ricordano almeno due esempi di prodigi.

- Atti 14,8-10: «C'era a Listra un uomo paralizzato alle gambe, storpio sin dalla nascita, che non aveva mai camminato. Egli ascoltava il discorso di Paolo e questi, fissandolo con lo sguardo e notando che aveva fede di esser risanato, disse a gran voce: "Alzati diritto in piedi! ". Egli fece un balzo e si mise a camminare».

- Atti 20,7-12: «Mentre erano riuniti; un ragazzo chiamato Eutico, sopraffatto dal sonno, cadde dal terzo piano e venne raccolto morto. Paolo allora scese giù, si gettò su di lui, lo abbracciò e disse: "Non vi turbate; è ancora in vita! ". Poi risalì, spezzò il pane e ne mangiò e dopo aver parlato ancora molto fino all'alba, partì. Intanto avevano ricondotto il ragazzo vivo, e si sentirono molto consolati».

Paolo ci tiene a ricordare che da Gerusalemme è giunto fino alla Macedonia. E se non ha mai predicato né a Gerusalemme né in Illiria (Illyria Superior è la Dalmazia; Illyria Inferior è la Pannonia), lo ha fatto nei paesi che stanno in mezzo a queste due regioni. E vi ha praticamente predicato in quasi tutte le città più importanti. Se elenchiamo quelle citate negli "Atti degli Apostoli" (si intende quelle visitate prima di scrivere la lettera ai Romani), in ordine cronologico, sono: Cipro, Attalia e Perge in Panfilia, Antiochia di Pisidia, Iconio, Listra e Derbe in Licaonia, la Galazia, Troade in Misia, Filippi e Tessalonica in Macedonia, Atene e Corinto in Acaia, Colossi, Gerapoli, Laodicea ed Efeso in Asia.

Paolo sente che il lavoro nel mondo per condurlo a Cristo è compito di tutte le chiese: esse si rispettano a vicenda, ma debbono sentirsi chiamate dallo stesso Spirito e sorrette dalla forza del Signore Gesù. Ed è bene che tutti gioiscano che la Parola di Gesù si sviluppi poiché questa è gloria di Dio che allontana il male e costruisce la pace, anticipando i doni della presenza di Gesù.

Lettura del Vangelo secondo Matteo 28, 16-20

Si ritorna in Galilea, per il saluto a Gesù che ascende al cielo e il mandato che lascia alla sua Chiesa.

La Galilea è terra disprezzata dove non c'è vera fedeltà a Dio perché la abitano popolazioni ebraiche mescolate a popolazioni pagane, violente, lontane da Gerusalemme e dalla sua legge. Gesù ha cominciato qui la sua missione, a Cafarnao, dice Matteo, e qui Gesù vuole iniziare il tempo della Chiesa che non conclude il tempo di Gesù, ma lo continua.

E' una Chiesa che accetta di stare nel mondo della miscredenza, della debolezza e della infedeltà poiché l'ha sperimentata anch'essa. Sono undici e non dodici (e portano così il segno del tradimento nel gruppo che Gesù ha richiamato e si è ricomposto dopo la risurrezione). E' anche un gruppo che alla presenza di Gesù dubita, perché è fragile, ha sempre bisogno di fiducia e di memoria per riprendere ciò che essi hanno sentito e vissuto.

Sono sul monte, e Matteo colloca sempre Gesù sul monte quando deve fare comunicazioni importanti o insegnare. Sul monte sono proclamate le beatitudini, sul monte avviene la trasfigurazione, sul monte viene affidato il compito di portare l'annuncio e la rivelazione di Dio nel mondo.

Per poterlo fare bisogna andare da Gesù sul monte, verificare, pur con tutti i dubbi, la risurrezione e quindi la presenza di una persona viva e l'invito ad andare a fare discepoli.

Ma fare discepoli non significa raggiungere delle persone per aggregarle al proprio seguito, ma raggiungere tutti aiutandoli a diventare discepoli di Gesù, che è mite ed umile di cuore.

Alla Chiesa, chiamata ad essere rivelatrice, è offerto il potere di Gesù. "A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli" (vv18-19). E il potere di Gesù è servire, mettersi a disposizione, sostenere, fare il bene dell'altro, valorizzare, non tenere per sé, lasciare liberi e in cammino. Ricevere il potere in cielo e in terra significa che il progetto del Regno si realizza e una umanità nuova si affaccia all'orizzonte. Tutto il mondo è chiamato a far parte della nuova famiglia di Dio. Lo sarà nel battesimo che rende nuovi, figli del Padre a somiglianza di Gesù, ciascuno tempio di Dio. Questa nuova e assolutamente inimmaginabile pienezza va alimentata nel tempo con il far conoscere, rivelare, sempre, alle generazioni che verranno, la ricchezza di verità: "insegnare ad osservare" che non è solo praticare ma soprattutto custodire come cosa preziosa, apprezzando e valorizzando come vero tesoro ricevuto "ciò che Gesù ci ha comandato".

Da qui nascono la vera letizia e un'adesione libera. Ma nasce anche una ricerca intelligente sul significato di ciò che Gesù ci ha comandato. La storia si sviluppa ed esige sempre più intelligenza, attenzione, consapevolezza, spirito critico e analisi per interpretare e giudicare situazioni e tempi e quindi reinterpretare la Parola di Gesù.

"Sono con voi tutti i giorni" conclude Gesù. Completa e garantisce il richiamo del nome di Emanuele "il Dio con noi" ricordato da Isaia (7,14) e citato da Matteo (1,23), all'inizio della storia cristiana, nel suo Vangelo.

La profezia si è avverata nell'anonimato di un bambino. Diventato adulto, la profezia si è compiuta apertamente nella Presenza e nella Parola del Signore. Alla fine, quando Gesù ritorna al Padre, la profezia diventa garanzia offerta dalle parole di Gesù alla Chiesa. Così questa parola percorre e oltrepassa il tempo fino alla fine del mondo, assicura che ogni fedele, anzi ogni persona saranno accompagnati da Gesù, portatori di speranza e di benedizione.


RITO ROMANO
XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)
Prima Lettura
Sir 35,15-17.20-22
Dal libro del Siràcide

Il Signore è giudice
e per lui non c’è preferenza di persone.
Non è parziale a danno del povero
e ascolta la preghiera dell’oppresso.
Non trascura la supplica dell’orfano,
né la vedova, quando si sfoga nel lamento.
Chi la soccorre è accolto con benevolenza,
la sua preghiera arriva fino alle nubi.
La preghiera del povero attraversa le nubi
né si quieta finché non sia arrivata;
non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto
e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità.
Salmo responsoriale (Sal 33)
Il povero grida e il Signore lo ascolta.
Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.

Il volto del Signore contro i malfattori,
per eliminarne dalla terra il ricordo.
Gridano e il Signore li ascolta,
li libera da tutte le loro angosce.

Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,
egli salva gli spiriti affranti.
Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;
non sarà condannato chi in lui si rifugia.
Seconda Lettura
2Tm 4,6-8.16-18
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo

Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione.
Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone.
Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Acclamazione al Vangelo
(2Cor 5,19)
Alleluia, alleluia.
Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo,
affidando a noi la parola della riconciliazione.
Alleluia.
Vangelo: Lc 18,9-14
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

 COMMENTO

Gesù, rivolgendosi a chi si sente a posto e di­sprezza gli altri, mo­stra che non si può pregare e disprezzare, adorare Dio e u­miliare i suoi figli, come fa il fariseo. Pregare può diventa­re in questo caso perfino pe­ricoloso: puoi tornare a casa tua con un peccato in più.
Eppure il fariseo inizia la pre­ghiera con le parole giuste: O Dio, ti ringrazio. Ma tutto ciò che segue è sbagliato: ti ringrazio di non essere come gli altri, ladri, ingiusti, adul­teri.
La sua preghiera non è un cuore a cuore con Dio, è un confronto e un giudizio sugli altri, tutti disonesti e immorali. L'unico che si sal­va è lui stesso. Come deve stare male il fariseo in un mondo così malato, dove è il male che trionfa dappertut­to! Il fariseo: un buon esecu­tore di precetti, onesto ma infelice.
Io digiuno, io pago le decime, io non sono... Il fariseo è irre­tito da una parola che non cessa di ripetere: io, io, io. È un Narciso allo specchio, per il quale Dio non serve a nien­te se non a registrare le sue performances, è solo una muta superficie su cui far rimbalzare la sua soddisfa­zione.
Il fariseo non ha più nulla da ricevere, nulla da imparare: conosce il bene e il male e il male sono gli altri. Ha di­menticato la parola più im­portante del mondo: tu.
Il pubblicano invece dal fon­do del tempio non osava nep­pure alzare gli occhi, si batte­va il petto e diceva: Abbi pietà di me peccatore. Due parole cambiano tutto nella sua preghiera, rendendola autentica.
La prima parola è tu: Tu ab­bi pietà. Mentre il fariseo co­struisce la sua religione at­torno a quello che lui fa', il pubblicano la fonda su quel­lo che Dio fa. L'insegnamen­to della parabola è chiaro: la relazione con Dio non segue logiche diverse dalle relazio­ni umane. Le regole sono semplici e valgono per tutti.
Se metti al centro l'io, nessu­na relazione funziona. Non nella coppia, non con gli a­mici, non con Dio. Vita e pre­ghiera percorrono la stessa strada: la ricerca mai arresa di un tu, uomo o Dio, in cui riconoscersi, amati e amabi­li, capaci di incontro vero, quello che fa fiorire il nostro essere.
La seconda parola è: pecca­tore.
In essa è riassunto un intero discorso: "sono un po­co di buono, è vero, ma così non sto bene, non sono con­tento; vorrei tanto essere di­verso, ci provo, ma ancora non ce la faccio; e allora tu perdona e aiuta".
Il pubblicano tornò a casa sua giustificato, non perché più umile del fariseo (Dio non si merita, neppure con l'umiltà), ma perché si apre - come una porta che si soc­chiude al sole, come una ve­la che si inarca al vento - a un Altro più grande del suo peccato, che viene e trasfor­ma. Si apre alla misericordia, a questa straordinaria debo­lezza di Dio che è la sua sola onnipotenza.


venerdì 18 ottobre 2013

DOMENICA 20 OTT 13 CON DIO LA CASA E' BEN COSTRUITA



Dedicazione del Duomo di Milano (Anno C)
Lettura
Is 60,11-21
Così dice il Signore Dio:
«Le tue porte saranno sempre aperte,
non si chiuderanno né di giorno né di notte,
per lasciare entrare in te la ricchezza delle genti
e i loro re che faranno da guida.
Perché la nazione e il regno
che non vorranno servirti periranno,
e le nazioni saranno tutte sterminate.
La gloria del Libano verrà a te,
con cipressi, olmi e abeti,
per abbellire il luogo del mio santuario,
per glorificare il luogo dove poggio i miei piedi.
Verranno a te in atteggiamento umile
i figli dei tuoi oppressori;
ti si getteranno proni alle piante dei piedi
quanti ti disprezzavano.
Ti chiameranno «Città del Signore»,
«Sion del Santo d’Israele».
Dopo essere stata derelitta,
odiata, senza che alcuno passasse da te,
io farò di te l’orgoglio dei secoli,
la gioia di tutte le generazioni.
Tu succhierai il latte delle genti,
succhierai le ricchezze dei re.
Saprai che io sono il Signore, il tuo salvatore
e il tuo redentore, il Potente di Giacobbe.
Farò venire oro anziché bronzo,
farò venire argento anziché ferro,
bronzo anziché legno,
ferro anziché pietre.
Costituirò tuo sovrano la pace,
tuo governatore la giustizia.
Non si sentirà più parlare di prepotenza nella tua terra,
di devastazione e di distruzione entro i tuoi confini.
Tu chiamerai salvezza le tue mura
e gloria le tue porte.
Il sole non sarà più la tua luce di giorno,
né ti illuminerà più
lo splendore della luna.
Ma il Signore sarà per te luce eterna,
il tuo Dio sarà il tuo splendore.
Il tuo sole non tramonterà più
né la tua luna si dileguerà,
perché il Signore sarà per te luce eterna;
saranno finiti i giorni del tuo lutto.
Il tuo popolo sarà tutto di giusti,
per sempre avranno in eredità la terra,
germogli delle piantagioni del Signore,
lavoro delle sue mani per mostrare la sua gloria».
Parola di Dio.

oppure

Cristo è la pietra viva. Quali pietre vive siete costruiti anche voi come un edificio spirituale.

Lettura della prima lettra san Pietro apostolo.

Carissimi, avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo. Si legge infatti nella Scrittura:
Ecco, io pongo in Sion
una pietra d’angolo, scelta, preziosa,
e chi crede in essa non resterà deluso.
Onore dunque a voi che credete; ma per quelli che non credono
la pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata pietra d’angolo
e sasso d’inciampo, pietra di scandalo.
Essi v’inciampano perché non obbediscono alla Parola. A questo erano destinati. Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa. Un tempo voi eravate non-popolo, ora invece siete popolo di Dio; un tempo eravate esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia.
Parola di Dio.
Salmo (Sal 117(118))
Rendete grazie al Signore, il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».
Dica la casa di Aronne:
«Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
"Il suo amore è sempre». R.

Apritemi le porte della giustizia:
vi entrerò per ringraziare il Signore.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi. R.

Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore.
Il Signore è Dio, egli ci illumina. R.

Epistola
Eb 13, 15-17.20-21
Fratelli, per mezzo di Gesù offriamo a Dio continuamente un sacrificio di lode, cioè il frutto di labbra che confessano il suo nome.
Non dimenticatevi della beneficenza e della comunione dei beni, perché di tali sacrifici il Signore si compiace.
Obbedite ai vostri capi e state loro sottomessi, perché essi vegliano su di voi e devono renderne conto, affinché lo facciano con gioia e non lamentandosi. Ciò non sarebbe di vantaggio per voi.
Il Dio della pace, che ha ricondotto dai morti il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue di un’alleanza eterna, il Signore nostro Gesù, vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Parola di Dio.

Acclamazione al Vangelo
(Cfr 1Cor 3,17.9)
Alleluia.
Santo è il tempio di Dio, campo che egli coltiva,
e costruzione da lui edificata.
Alleluia.

Vangelo: Lc 6,43-48
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.
Perché mi invocate: “Signore, Signore!” e non fate quello che dico? Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene».
Parola del Signore.
COMMENTI
Introduzione

Nel mondo ebraico la presenza divina aveva un particolare riferimento al tempio, chiamato perciò spesso "casa di Dio". Dopo Gesù però la presenza di Dio non è più, fondamentalmente, in un edificio.

E' la comunità cristiana il nuovo tempio (2 Cor 5,16-17: "Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto"). La comunità, ovunque si trovi, in un edificio o all'aperto, nel Duomo o in un capannone, celebra nel mistero la presenza di Dio in Gesù attraverso i segni consegnatici da Lui nella Chiesa (i Sacramenti). Certo, nelle Chiese cattoliche noi conserviamo l'Eucarestia che è il mistero di Gesù celebrato in assemblea e che ci rimane per il dono dell'adorazione a per chi ha bisogno della comunione.

E quindi Dio è nel cuore di ciascuno che opera nella vita quotidiana, attraverso la consapevolezza di essere figli di Dio e l'operosità suggerita dalla volontà di Dio nel proprio cuore.

Isaia 60, 11-21

Il popolo di Gerusalemme è orgoglioso di avere un tempio che Dio stesso ha eletto come sua dimora sulla terra. I testi che stiamo leggendo si riferiscono al terzo Isaia, un profeta anonimo i cui scritti (cc 56-66) sono stati inseriti nel grande libro di Isaia, vissuto circa tre secoli prima. Siamo al ritorno da Babilonia dopo l'esilio (587-538 a.C.), nel tempo in cui si sta ricostruendo la Gerusalemme distrutta e si sta soprattutto ricostruendo il Tempio di Gerusalemme (dal 520 a.C. in poi). Tutto costa fatica poiché è un popolo senza risorse, povero, sradicato un tempo ed ora profugo. Il ritorno ha riempito di speranza e di sogni molti che hanno accettato la fatica del cammino (non tutti), ma ora si ritrovano con i grandi problemi della ricostruzione.

Perciò, da una parte si fidano di Dio che non abbandona, se ha permesso, per circostanze strane e drammatiche, di essere liberati da Ciro, re del popolo vincitore dei Medi su Babilonia, e perciò sentono di essere grati a Dio ed alla sua provvidenza. Questo testo corrisponde al sogno che il profeta apre davanti, come garanzia di Dio. Ogni elemento è di speranza e di benessere, di fiducia e di pace.

Lasciare aperte le porte suppone che non si temono né ladri né scorrerie di predoni. E il tempio accoglierà le genti (sono popoli pagani e potenze straniere) che vengono a rendere omaggio all'unico Dio, e quindi arrivano a Gerusalemme che è il popolo alleato di Dio. Le immagini, che scorrono davanti agli occhi, ricordano i bassorilievi assiro-babilonesi con i re vinti in ginocchio "proni alle piante dei piedi" del re vincitore.

Conseguenza di questi riconoscimenti e vittorie è la ricchezza che affluisce. Il primo segno di benessere è lo splendore del giardino in una città. L'abbondanza del legname (v 13) ci riporta alla bellezza e all'abbondanza del tempo di Salomone che, allora, aveva utilizzato il legno delle foreste del Libano per il tempio ed ora lo stesso legname può essere utilizzato per la città.

Poi le importazioni abbondano in metalli preziosi, utili per le costruzioni e per lo sfarzo: oro, argento, bronzo e ferro sostituiscono il materiale povero di cui si debbono servire. L'altro segno di fiducia è la pace, garantita sulla terra di Gerusalemme. Quindi il sorgere della luna e il sorgere del sole non sono più considerati portatori di luce perché c'è uno splendore più grande che è Dio. La stessa immagine sarà ricordata in Apocalisse 21,23, quando, alla conclusione del mondo, si apriranno "cieli nuovi e terre nuove" (Ap 21,1). In una visione apocalittica l'unica luce abbagliante e gioiosa nel mondo sarà quella di Dio che non tramonta mai e sostituirà ogni altra sorgente luminosa. Probabilmente, ci si riferisce alle credenze di Canaan per cui il sole e la luna si considerano divinità. Gerusalemme è un popolo di giusti e non sarà tentato da alcuna idolatria. Solo Dio sarà salvezza. Egli solo brillerà come luce eterna, perenne, per Sion.

Oppure

1 Pt. 2, 4-10

Il tempio di Gerusalemme era costruito sulla roccia e questo diventa un richiamo fondamentale per il nuovo tempio: è l'assemblea cristiana, costruita sulla "pietra scartata dagli uomini e diventata testata d'angolo" (Sal 118,22). La nuova roccia, pietra scartata, è Cristo, il Figlio di Dio che è venuto tra noi, uomo come noi. E su questa roccia si sono aggiunte altre pietre, altri credenti, tutti quelli che hanno fede in lui. Insieme si costruisce un "edificio spirituale", un tempio nuovo dove non si offrono animali o agnelli, ma vita e operosità gradite a Dio, scelte sulla scelta e sull'amore di Gesù al Padre. Su Gesù si costruisce il popolo nuovo che si allarga a tutto il mondo, il popolo che ha ricevuto l'eredità da Israele. Insieme camminiamo nella promessa di Dio.

"Sarete per me una proprietà particolare fra tutti i popoli,... sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa". La nuova Gerusalemme, l'Israele nuova, si carica di tutte le promesse di Dio al mondo e le accoglie, le custodisce, le matura perché sulla terra, via via, possano attecchire nel terreno come seme vivo, come vita grande. Così il mondo si rigenera, accettando di camminare nella speranza, di intravedere le scelte nuove che Gesù porta e che la sua comunità sperimenta. Siamo chiamati a verificare, ad intuire, a scoprire i segni di Dio nel mondo, il bello che sparge a profusione e che può essere percepito da chi ha il cuore puro, la speranza viva nonostante la fatica e gli interrogativi, intuendo per sé e per altri la straordinaria ricchezza.

Pietro, in questa sua lettera, apre il cuore a coloro che credono: "Onore dunque a voi che credete" (v 7) e non si fa fatica a pensare ad una esclamazione di gioia e di sorpresa per i nuovi cristiani nella notte di Pasqua, che accettano di unirsi al popolo cantando e glorificando il Signore.

Eb. 13, 15-17. 20-21

Alla conclusione della "Lettera agli ebrei" l'autore è consapevole di aver operato, scritto e insegnato con coerenza e amore ai suoi destinatari. Vuole lasciare alcuni ultimi sintetici messaggi che riescano a richiamare ciò che ha sviluppato lungamente. Perciò ci distacchiamo dal culto, che risale a Mosè, ed agli animali sacrificati. Ora il culto più profondo nasce dal cuore ed è un sacrificio di lode, carico del riconoscimento di Dio e della fede maturata attraverso Gesù. Da questa fede nascono alcune convinzioni che hanno lo spessore del dono a Dio: "la beneficenza e il mettere in comune ciò che si ha" (v 16). Lo sforzo e l'impegno per la coesione interna della comunità suppongono obbedienza, partecipazione e solidarietà con i responsabili (capi e guide) poiché compiono un compito difficile, gravoso e spesso faticoso, soprattutto quando non trovano collaborazione ma diffidenza. Ma ci si rende conto che una comunità deve saper sostenere la fatica e lo sforzo dell'unità.

Il testo di oggi conclude con un augurio di pace che si appoggia a colui che è fonte di grazia e fonte di consolazione: il Dio della pace, che ci è stato comunicato da Gesù, e che ha rinnovato una Alleanza eterna.

Egli saprà dare sufficiente forza a ciascuno di noi perché, nel mondo, compiamo ciò che è gradito a Lui. C'è sempre un collegamento stretto tra l'assemblea in cui Dio si riconosce Alleato, la presenza dell'amore di Gesù che rende eterno e incommensurabile questo incontro, l'operosità di amore nel mondo, la testimonianza e la gioia profonda di un cammino fiducioso.

Luca 6, 43-48

Siamo, con il vangelo di Luca, nella lettura parallela del discorso "sulle beatitudini" riportato da Matteo (capp 5-7). Si riscontrano tuttavia alcune differenze, date dal contesto per cui l'evangelista scrive. Matteo ha davanti un popolo di poveri che è assetato della Parola nuova di Dio e il continuo sguardo critico dei farisei, dotti e diffidenti, anzi avversari accaniti di Gesù per i loro presupposti che li rende assolutamente incapaci di accettare Gesù. Luca invece si preoccupa della sua comunità che vive in una cultura greca e che è, certamente, costituita da discepoli e che, tuttavia, almeno alcuni, mantengono difetti e rigidità proprie di persone superficiali.

Se riprendessimo la lettura del Vangelo di oggi al versetto 39: "Può forse un cieco guidare un altro cieco?", scopriremmo che Luca fa una profonda ricerca, analizzando i limiti della sua comunità, ma con la speranza di aiutare a crescere. I difetti, che emergono tra i credenti, dice Luca, ci fanno scoprire ciechi alla misericordia (v 39), presuntuosi (v 40), duri nel valutare gli altri e indulgenti verso se stessi (v 41), sicuri di non aver bisogno del perdono (v 42). Così ci viene posto il problema di un esame di coscienza da fare su noi stessi e, nonostante Luca utilizzi la stessa similitudine di Gesù sul costruire la casa, pone accenti diversi. Matteo ci dice che la bontà o meno di una persona si valuta dai frutti. Luca pone il problema di ciò che si insegna sul fare. In fondo, Luca vuol fare una verifica per i maestri che insegnano ed hanno responsabilità nella Comunità cristiana.

Non basta avere fede, non basta pregare dicendo "Signore, Signore". E' necessario fare quello che Gesù vuole.

E' il messaggio che offre. Ma come so che quello che offro è buono o cattivo? Debbo verificare le fondamenta del mio vivere e rendermi conto se le appoggio alla roccia, avendo prima faticosamente scavato fino ad arrivarvi.

In altri termini, ciò che insegno deve nascere dal cuore. Ma quello che mi nasce dal cuore, si misura veramente sulla Parola del Signore e sulla sua volontà?

In questi mesi stiamo, con sorpresa, seguendo i messaggi e le parole di Papa Francesco. Scopriamo che in lui ci sono una grande libertà e una grande consapevolezza. Ma ci ricorda continuamente, e nessuno lo può negare, che le sue parole si ricollegano con semplicità e profondità alle scelte di Gesù, scombinandoci le immagini di grandezza, di pienezza e di potere, di ostentazione, di sfoggio, di sontuosità e di sfarzo che molte volte lo ritenevamo dovuto per un Papa.

Egli ci chiede di riprendere le raccomandazioni di Gesù. Non solo bisogna fare opere buone e frutti, ma ciò che si fa e ciò che si insegna va scavato fino ad arrivare alle fondamenta della Parola di Gesù, ripensata nell'oggi.

Abbiamo continuato a utilizzare immagini edilizie, eppure abbiamo abbandonato gli edifici e ci siamo incamminati sulle strade dell'accoglienza, sulle esigenze di disegni e di progetti di vita, sulle coesioni di una comunità che costruisce la pace. Siamo chiamati alla responsabilità di verificarci sulla Parola di Gesù, sempre da ricercare, sempre da interpretare, sempre da affrontare con trepidazione. Ci sono garanzie? Il Papa sa di avere, come compito, di aiutarci a cercare Gesù. Egli ci incoraggia a desiderare di trovarlo, a vivere nella libertà più profonda che viene da Cristo; ci anima a pregare per la Chiesa, per il mondo ed anche per il suo ministero, e resta fedele al suo compito di pastore che ci vuole liberi e misericordiosi. E ci sa dire parole vere di santità e di fedeltà.

Noi cerchiamo da lui le garanzie? Dobbiamo cercare da lui la fiducia, la traccia di un cammino fedele, la testimonianza che ci rincuora mentre sappiamo di doverci sostenere insieme. L'unica garanzia che abbiamo è Gesù.