venerdì 27 settembre 2013

Domenica 29 settembre: un amore che sorprende e guarisce.





V domenica dopo il martirio di San Giovanni il Precursore (Anno C)
Lettura
Is 56,1-7
Così dice il Signore:
«Osservate il diritto e praticate la giustizia,
perché la mia salvezza sta per venire,
la mia giustizia sta per rivelarsi».
Beato l’uomo che così agisce
e il figlio dell’uomo che a questo si attiene,
che osserva il sabato senza profanarlo,
che preserva la sua mano da ogni male.
Non dica lo straniero che ha aderito al Signore:
«Certo, mi escluderà il Signore dal suo popolo!».
Non dica l’eunuco:
«Ecco, io sono un albero secco!».
Poiché così dice il Signore:
«Agli eunuchi che osservano i miei sabati,
preferiscono quello che a me piace
e restano fermi nella mia alleanza,
io concederò nella mia casa
e dentro le mie mura un monumento e un nome
più prezioso che figli e figlie;
darò loro un nome eterno
che non sarà mai cancellato.
Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo
e per amare il nome del Signore,
e per essere suoi servi,
quanti si guardano dal profanare il sabato
e restano fermi nella mia alleanza,
li condurrò sul mio monte santo
e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera.
I loro olocausti e i loro sacrifici
saranno graditi sul mio altare,
perché la mia casa si chiamerà
casa di preghiera per tutti i popoli».
Parola di Dio.
Salmo (Sal 118(119))
Signore, conservo nel cuore le tue parole.
Come potrà un giovane tenere pura la sua via?
Osservando la tua parola.
Con tutto il mio cuore ti cerco:
non lasciarmi deviare dai tuoi comandi. R.

Ripongo nel cuore la tua promessa
per non peccare contro di te.
Benedetto sei ti, Signore:
insegnami i tuoi decreti.
Con le mie labbra ho raccontato
tutti i giudizi della tua bocca. R.

Nella via dei tuoi insegnamenti è la mia gioia,
più che in tutte le ricchezze.
Voglio meditare i tuoi precetti,
considerare le tue vie.
Nei tuoi decreti è la mia delizia,
non dimenticherò la tua parola. R
Epistola
Rm 15,2-7
Fratelli, ciascuno di noi cerchi di piacere al prossimo nel bene, per edificarlo. Anche Cristo infatti non cercò di piacere a se stesso, ma, come sta scritto: Gli insulti di chi ti insulta ricadano su di me. Tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione, perché, in virtù della perseveranza e della consolazione che provengono dalle Scritture, teniamo viva la speranza. E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù, perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo.
Accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
(1Gv 2,10)
Alleluia.
Chi ama suo fratello, rimane nella luce
e non vi è in lui occasione di inciampo.
Alleluia.
Vangelo: Lc 6,27-38
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.
E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.
Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».
Parola del Signore.
Commenti
Lettura del profeta Isaia: 56, 1-7
Stiamo leggendo il primo brano della terza parte del libro di Isaia (56,1-66,24). Il libro di Isaia contiene le parole di diversi profeti. Solo alcuni brani nella prima parte del libro (cc. 1-39) possono essere fatti risalire direttamente a Isaia (primo Isaia), il profeta vissuto in Giudea nell'VIII sec. a.C.
A partire dal c. 40 si incontrano oracoli che furono pronunciati (o scritti) all'epoca dell'esilio in Babilonia (587-538 Secondo Isaia).
Gli ultimi capitoli (cc. 56-66) sono invece da collocare dopo il ritorno dall'esilio e dopo la ricostruzione del tempio di Gerusalemme (terzo Isaia).
Si deve quindi pensare che alcuni profeti, di cui non conosciamo il nome, richiamandosi all'opera di Isaia, al suo pensiero, al suo linguaggio e al suo stile, abbiano prolungato la raccolta dei suoi scritti, aggiungendo oracoli che rispecchiavano le nuove situazioni storiche del popolo d'Israele.
Così questo testo, attribuito al terzo Isaia e ritenuto discepolo spirituale del secondo Isaia riferisce la consolazione che Dio offre al suo popolo ed il messaggio delle meraviglie che il Signore opera per la nuova Gerusalemme, ricostruita e ripopolata. Alla salvezza di Dio deve corrispondere la cooperazione dei rimpatriati affinché regni la giustizia nella città santa.
La liberazione da Babilonia ha aperto molte speranze, ma l'esperienza faticosa della convivenza con un popolo pagano e vincitore ha obbligato a grandi riflessioni e maturazioni. E comunque è stata una convivenza con un popolo straniero di alta cultura.
Israele si è sempre mantenuto lontano dagli altri popoli, alimentando diffidenze e sospetti poiché, per pregiudizi pericolosi, immaginava che tutti i pagani fossero corrotti ed immorali.
Il testo del Deuteronomio (7,2-4) impegna a non fare alleanze con gli stranieri né ad imparentarsi con loro. L'esperienza dell'esilio ha fatto loro ripensare ad atteggiamenti diversi. Ha fatto superare paure e pregiudizi. Anche a Babilonia, hanno incontrato uomini e donne di fiducia, giusti, portatori e portatrici di valori condivisi.
Il profeta, mentre offre suggerimenti di fedeltà, incoraggia a prepararsi al tempo nuovo: "Osservate il diritto e praticate la giustizia". Perciò ai rimpatriati è rivolto l'invito, superando la tentazione dell'esclusivismo, cioè di formare una comunità etnicamente pura. Il profeta annuncia che adesso, per volontà del Signore, potranno aderire anche coloro che prima erano esclusi come lo straniero e l'eunuco, purché vivano le esigenze dell'alleanza.
Insieme, con molta saggezza, anche gli stranieri giusti sono condotti al monte santo (Gerusalemme-Sion) di Dio come gli israeliti e con gioia pregheranno insieme nella casa di preghiera che è "Casa di preghiera per tutti i popoli". Così la condizione proposta per tutti è la pratica del riposo del sabato come segno dell'alleanza (Es 31,12-17) e la pratica della giustizia e della fedeltà all'alleanza e non il legame di sangue o la purità legale.
Il progetto di speranza e di liberazione, delimitato ad Israele come custode dell'Alleanza e dell'amore di Dio, in realtà è liberazione per tutti gli uomini. Questo incomincia a realizzarsi nel tempio. Per noi deve incominciare nella Comunità cristiana, come il momento di maturazione e formazione. Ma poi il nostro posto è nel mondo, come un popolo che porta speranza nella quotidianità con tutti gli altri che incontreremo. Il Signore vuole che ciascuno si offra come accompagnatore di tutti coloro che accettano di cercarlo verso il monte di Dio.

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani: 15, 2-7


Nella lettera ai Romani S. Paolo si preoccupa di mettere armonia e concordia nella comunità poiché esistono tensioni tra i cristiani provenienti dal paganesimo e quelli provenienti dall'ebraismo. La comunità romana è sorta dal gruppo ebraico; allargata ai pagani. Questi sono diventati presto maggioranza quando gli ebrei, per ordine di Claudio imperatore, nel 49, sono stati allontanati da Roma. Da qui, probabilmente, una maggiore difficoltà di convivenza.
Paolo inizia da un riferimento fondamentale a Cristo: Gesù non ha scelto ciò che gli piaceva, ma ha accettato umiliazioni e insulti per amore dell'uomo. E' la norma vivente per il cristiano.
Come riferimento per la conoscenza di Gesù pone la Scrittura. Essa non solo prepara alla venuta del Messia. E' soprattutto indispensabile per cogliere il senso del mistero della vita e della morte di Gesù oltre che ad essere fonte di perseveranza e di consolazione. E guida alla rilettura del Salmo 69.
* C'è un primo problema che S. Paolo deve risolvere: aiutare a scoprire e a valorizzare l'importanza della Scrittura; infatti, probabilmente, i cristiani che vengono dal paganesimo non la conoscono. Così fanno fatica a capirla e a leggerla come una parola che porti "perseveranza e consolazione per la speranza".
* La Scrittura porta invece alla conoscenza dì Dio e quindi alla comunione tra i fratelli e le sorelle. Senza tale reciproca accoglienza non è possibile una lode unanime a Dio.
* La motivazione dì questa disponibilità reciproca viene da Gesù: la legge del cristiano è Cristo. Quel "come Cristo vi accolse" significa che bisogna accogliere come (similitudine): "allo stesso modo di Cristo" e perché (causalità) "Cristo vi accolse. Cristo ha accolto te, quindi anche tu accogli gli altri".
* Gesù ha dato la sua vita per tutti: sia per gli ebrei dando compimento alle promesse fatte ai padri, sia per i pagani estendendo la sua misericordia a tutti popoli.
* Questo testo fa pensare ad una assemblea raccolta nella celebrazione: la Scrittura, la comunione, la lode unanime.

Lettura del Vangelo secondo Luca: 6, 27-38


Luca continua il "discorso della pianura", riprendendo in parte il "discorso della montagna" di Matteo e ripropone il tema centrale del discorso delle Beatitudini in 4 parti:
- le beatitudini e le maledizioni (6,20-26)
- l'esortazione sull'amore per i nemici (6,27-36) diviso in tre strofe
- la parabola con 4 immagini: il cieco, la trave, l'albero, il tesoro, (6,39-45)
- la casa fondata sulla roccia (6,46-49).
Il seguito del discorso delle "Beatitudini" di Matteo (capp 5-7) viene ripreso nella "sezione lucana" detta "grande inserto" e che va dal cap. 9 al cap. 19. Se Matteo sceglie, come cornice della predicazione di Gesù, "il discorso" (ce ne sono infatti cinque, come i 5 libri di Mosè), Luca preferisce svolgere la predicazione di Gesù lungo la strada che lo porta dalla Galilea a Gerusalemme. In questo viaggio vengono anche raccontate parabole proprie del Vangelo di Luca: il buon Samaritano, il figliol prodigo, il ricco epulone.
Una piccola osservazione interessante: da notare l'insistenza del numero 4 che indica la terra, l'orizzonte umano, l'universale mentre il 3 richiama il cielo e il 7 ricorda la creazione del cielo e della terra.


Le dimensioni dell'amore cristiano
- Le dimensioni dell'amore cristiano sono smisurate: non c'è limite poiché l'amore non è posto come dovere ma come stile di fedeltà alla Parola di Dio e alla testimonianza di Gesù. La legge del perdono va fino al rinnegamento di sé e al dono totale di sé agli altri.
- A Gesù non interessa solo estendere al massimo l'arco dei destinatari, ma anche la pienezza degli atti: "dire-fare, pregare e donare, vedere e provvedere". Da notare il crescendo: "amate, fate del bene, benedite, pregate" e le azioni concrete: "porgi la guancia, non rifiutare, dà, non richiedere".
- Viene rilevato un crescendo: "vostri nemici, coloro che vi odiano, coloro che vi maledicono, coloro che vi maltrattano" e quindi: "chi ti percuote, chi ti leva il mantello, chiunque ti chiede, chi prende del tuo". Sono situazioni che si ripercuotono nella vita quotidiana e che rimandano a scelte "evangeliche".
- E' un ideale realizzabile a cui si sono ispirate le comunità cristiane del I secolo, ideale di nonviolenza, ideale di discepoli poveri, affamati, dolenti, perseguitati.
- Il modello dell'amore cristiano è divino: "Siate misericordiosi come Dio, vostro Padre" (v 36).
E' un amore attento e tenero, un amore paterno e fraterno, altruistico, disinteressato e gratuito, infaticabile, che si libera da egoismi e da confronti (non accetta il "Ti do se mi dai"), un amore "a perdere". E' un modello divino che si incarna in gesti umani e concreti e perfino provocatori.


Le motivazioni dell'amore cristiano
- Le motivazioni dell'amore cristiano sono sconfinate. L'ideale proposto non ha una giustificazione umana, ma è sostenuta dalla speranza conclusiva del dono che Dio farà a noi di se stesso alla fine dei tempi.
- Per ricevere il suo dono, bisogna prepararsi e poiché Dio è misericordioso, bisogna essere misericordiosi. Matteo usa il termine: "Siate perfetti" (5,48), Luca usa il temine: "Siate misericordiosi". Egli è "l'evangelista della misericordia di Gesù".
- Il regalo che viene dato non consiste nell'avere da Dio qualche cosa, ma "nell'essere figli dell'Altissimo". Domani sarete in pienezza ciò che cercate di realizzare: figli di Dio. Tuttavia questa figliolanza è dono di Dio e realtà che si esprime mediante il pentimento, la fede in Gesù e le buone opere.


La misura dell'amore cristiano
- La pratica della misericordia, a imitazione di Dio, avviene mediante il perdono (v.37) e l'offerta generosa dei beni propri (v.38).
- Anche qui ci sono 4 imperativi, due negativi e due positivi: "Non giudicate, non condannate, perdonate, date". A questi corrispondono dei verbi passivi che esprimono la risposta di Dio.
- L'immagine finale della "misura" è l'invito ad investire le proprie ricchezze sullo stile di Dio che non si lascia vincere in generosità.
- Tutto questo in vista del perdono-dono che riceveremo. Anche qui il comportamento di Dio diventa modello.
- Ma è conciliabile l'amore con la giustizia? L'amore, mentre porta a compimento la giustizia integrandone le manchevolezze, corregge asprezza e inflessibilità. E richiede il perdono delle offese. Allora rappresenta un colpo di spugna sul passato? Il perdono non richiede l'oblio ma una memoria sana e
non inquinata dall'odio. Mentre accetta la dimenticanza, non smette di cercare le cause dell'offesa che ha reso l'altro incapace di amore.


venerdì 20 settembre 2013

commento al Vangelo del 22 e gita del 29 settembre



Vi ricordo la gita a S. Caterina del Sasso (Lago Maggiore) di Domenica 29 settembre.
Iscrivetevi con mail presso donmichele@liuc.it


IV domenica dopo il martirio di San Giovanni il Precursore (Anno C)
Lettura
Pr 9,1-6
La sapienza si è costruita la sua casa,
ha intagliato le sue sette colonne.
Ha ucciso il suo bestiame, ha preparato il suo vino
e ha imbandito la sua tavola.
Ha mandato le sue ancelle a proclamare
sui punti più alti della città:
«Chi è inesperto venga qui!».
A chi è privo di senno ella dice:
«Venite, mangiate il mio pane,
bevete il vino che io ho preparato.
Abbandonate l’inesperienza e vivrete,
andate diritti per la via dell’intelligenza».
Parola di Dio.
Salmo (Sal 33(34))
Gustate e vedete com’è buono il Signore.
Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino. R.

Guardate a lui e sarete raggianti,
i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce. R.

L’angelo del Signore si accampa
attorno a quelli che lo temono, e li libera.
Gustate e vedete com’è buono il Signore;
beato l’uomo che in lui si rifugia. R.
Epistola
1Cor 10,14-21
Miei cari, state lontani dall’idolatria. Parlo come a persone intelligenti. Giudicate voi stessi quello che dico: il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane. Guardate l’Israele secondo la carne: quelli che mangiano le vittime sacrificali non sono forse in comunione con l’altare? Che cosa dunque intendo dire? Che la carne sacrificata agli idoli vale qualcosa? O che un idolo vale qualcosa? No, ma dico che quei sacrifici sono offerti ai demòni e non a Dio. Ora, io non voglio che voi entriate in comunione con i demòni; non potete bere il calice del Signore e il calice dei demòni; non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demòni.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
(Cfr Gv 6,56)
Alleluia.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue,
dice il Signore, rimane in me e io in lui.
Alleluia.
Vangelo: Gv 6,51-59
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao.
Parola del Signore.
Commenti
Proverbi. 9, 1-6

Dopo aver sviluppato una lunga introduzione alla raccolta dei detti sapienziali, attribuiti a Salomone, re sapiente di Israele (sec X), incontriamo, a modo di parabola, due donne che rappresentano la Sapienza e la Follia.

Già in precedenza, l'autore ne ha parlato, ma qui colloca le due donne nella loro casa, aperta ad ogni persona, invitata ad incontrare colei che può dare felicità e gusto della vita.

Nel testo di oggi viene ricordata la casa ed il profilo della Sapienza. Un casa splendida con sette colonne che ricordano la stabilità e la perfezione: le colonne erano solo nelle case nobili per poter avere sale spaziose e protette, il numero sette richiama lo splendore e la completezza.

La tavola è imbandita e, dai punti più alti della città, viene proclamato il messaggio ad ogni persona. Le ancelle, poi, vanno per le strade ad incoraggiare gli inesperti e chi si rende contro di mancare di intelligenza e di preparazione nella vita. Perciò il messaggio e l'invito valgono per tutti, ma, prima di tutti, sono invitati quelli che hanno bisogno e sono poveri di comprensione.

Anche Donna Follia ha imbandito un banchetto (9,13-18). Essa però non va in cerca, ma "sta seduta alla porta di casa, su un trono in luogo alto della città" e invita gli stessi passanti, rintracciati dalle ancelle della Sapienza: "gli inesperti e i privi di senno". La Sapienza offre da mangiare il pane e da bere il vino.

La Follia non ha vino (il vino è la gioia messianica) ma acqua: "le acque furtive sono dolci" e il pane gustoso perché "preso di nascosto" ( si gioca sul gusto del proibito). La Sapienza incoraggia a istruire ed educare, tenendo presente che "principio della Sapienza è il Timore del Signore".

Timore del Signore non è la paura ma la consapevolezza che bisogna evitare il male, la stessa impressione che ci viene se sporchiamo il mondo, inquiniamo il terreno, mentre abbiamo maturato il rispetto del creato. Il timore di Dio è il timore di offendere, disgustare, rovinare, disprezzare ciò che vale.

In questi giorni l'inizio della scuola è un tempo importante per tutta la nostra comunità: qualcuno esperto in diverse materie si prende carico delle nuove generazioni e aiuta a superare l'inesperienza e la mancanza di sapienza. Ma se la conoscenza può essere data a scuola, la Sapienza è anche frutto di interventi diversi: la conoscenza, il saper valutare il valore di una cosa o di un'azione, il desiderio di costruire insieme, il coraggio di aiutare chi è in difficoltà, la forza di affrontare senza paura la fatica in vista di un progetto grande. Solo la scuola non riesce a dare la Sapienza ai giovani, se non ci sono gli altri contributi di soggetti vicini: in particolare, la famiglia, gli amici, la Comunità cristiana, gli stessi adulti vicini o gli adulti "modello". La conoscenza che si riceve a scuola ha bisogno di tanti altri collaboratori che, mentre la valorizzano, la stimano, la cercano, la promuovono in tutto il contesto in cui si vive.

La Sapienza è personificata, è donna che invita e richiama, è maestra che vuole istruire tutti, uomini e donne, chiamati ad essere suoi discepoli. Essa si preoccupa per loro, per il loro cammino e per il loro destino. Donna Sapienza ha di che preoccuparsi, perché in città si trova anche un'altra maestra, Donna Follia, che pure invita gli alunni alla sua anti-scuola, dove insegna il gusto del proibito e il fascino dell'insensato e, così facendo, conduce alla morte (9,13-18).

1 Corinzi. 10, 14-21

Nella sua prima lettera ai Corinzi, Paolo unisce insieme verità di fede e suggerimenti pastorali. E' un attento osservatore dei fatti della vita quotidiana e suggerisce che i credenti si convertano alla vita e alla Parola di Gesù. La fede, infatti, comporta uno stile di vita coerente con le sue scelte ed obbliga ad una revisione non solo i pagani, che si sono convertiti, ma lo stesso popolo d'Israele, legato alla legge di Mosè. Un problema pastorale, per noi curioso, è già stato iniziato al cap.8: ci si interroga sul proprio comportamento in rapporto con la carne comprata al mercato o la carne utilizzata da parenti che non sono cristiani e che hanno invitato a mangiare a casa loro amici e parenti cristiani. Il problema si pone perché tutta la carne, anche quella in vendita sul mercato, proviene da sacrifici offerti agli idoli. Paolo sviluppa alcune riflessioni teologiche. In fondo gli dei pagani non esistono e quindi il mangiare carne offerta agli idoli è inoffensivo. Ma d'altro lato l'adesione a pratiche idolatre suppongono la fede non tanto in Dio ma ad un antagonista di Dio che perciò è un demonio. In conclusione, se i cristiani non debbono partecipare al culto degli idoli, tuttavia non sono obbligati ad indagare su eventuali operazioni cultuali precedenti, qualora siano stati invitati ad un banchetto. Se non sanno la provenienza della carne, non si preoccupino. Se invece ne sono consapevoli, allora se ne astengano, soprattutto se la segnalazione viene da un fratello o una sorella nella fede, per non offendere la debolezza della fede di qualcuno che potrebbe scandalizzarsi (10,23-32).

Ma, riprendendo la problematica del capitolo 8, Paolo si preoccupa che non si ritorni alla idolatria. Partecipare ai banchetti idolatrici fa conseguire una vicinanza con la divinità che l'idolo rappresenta: attraverso il cibo noi costituiamo un incontro, una presenza del divino nel fedele.

Viene ricordata l'Eucarestia con una formulazione già arcaica, che fa riferimento alle iniziali descrizioni sintesi, esistenti nella prima Comunità cristiana: sottolineano i tratti comunitari e la partecipazione: "Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all'unico pane" (10,16-17). E' la sintesi dell'ultima Cena, maturata come adesione piena e totale con Gesù per cui diventiamo, con Lui, un solo corpo. E noi, insieme, siamo la Chiesa, presenza di Gesù nel mondo. In tal modo noi ritroviamo, a livello altissimo, un legame tra credenti e l'unità al Padre attraverso Gesù. Dall'idolatria come culto bisogna stare attenti poiché la si può vivere anche oggi come stile di vita e come metodo di scelte, quando la Parola di Gesù viene dimenticata nelle nostre scelte economiche, di convivenza, di rapporti sociali fino alle lacerazioni ideologiche che portano alla dissoluzione di condivisioni, alla violenza, alla distruzione della persona e dei popoli. E si vive come se Dio non esista.

Giovanni 6, 51-59

Leggiamo, oggi, un brano del lungo discorso che Gesù pronuncia nella sinagoga di Cafarnao, il giorno dopo che è stato spezzato il pane per 5000 persone al di là del lago. La gente ha tentato di sequestrarlo per farlo re, poiché hanno ritenuto che, miracolosamente, questo anonimo profeta Galileo possa risolvere con la sua potenza tutti i loro problemi. E' sfuggito loro di mano, l'hanno cercato tutta la notte, sono tornati alla riva opposta, a Cafarnao e lo trovano nella sinagoga il giorno dopo. La prima domanda che viene spontanea: "Rabbi, quando sei venuto qui?" E Gesù risponde chiarendo loro il senso della loro ricerca che è una ricerca ambigua e che debbono verificare la fede: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo» (6,26-27). Così tutto il capitolo è il tentativo di Gesù di aiutare a scoprire il segno che essi hanno visto nella potenza di sfamare ma che hanno equivocato. Essi, infatti, hanno bisogno di sfamarsi del pane vero.

E Gesù vuol fare loro capire la sua identità, presentandosi come "pane della vita, disceso dal cielo (6,33-35). A questo punto ci si ritrova con una reazione abbastanza scontata, frutto della loro delusione e della loro sorpresa: "Chi credi di essere?" (6,42) Gesù non aggiusta la sua risposta sulle attese o sulla comprensione dei suoi interlocutori ma carica la dose: "Il pane da mangiare non è solo la sua dottrina ma la sua carne". Nella Bibbia "il Dio che si fa carne" (Gv1,14) significa che si deve riconoscere la sua povertà e limitatezza e che si rivela attraverso un galileo, vissuto in una famiglia semplice e conosciuta, figlio di Giuseppe il carpentiere. Ma la domanda continua sconcertata: "Come possiamo mangiare una persona?" Gesù parla anche di "bere il suo sangue" (6,52). In Israele è severamente proibito bere il sangue di una animale perché la vita degli animali e ancor più la vita delle persone è nel sangue e la vita dell'uomo e degli animali appartiene a Dio (Lev17,10-11). L'incontro con Gesù si completa in un gesto misterioso: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui" (Gv. 6,54). Nessuno lo può capire a Cafarnao né lo capiscono gli apostoli che tuttavia, a parte qualche reazione spesso bloccata da Gesù, sanno fidarsi di Lui e della sua verità. Sarà dopo l'ultima Cena e quindi dopo la Pentecoste (l'immersione nello Spirito santo) che riusciranno a cogliere il significato di quelle parole di Cafarnao nel "segno": ritrovarsi insieme e ripetere le parola di Gesù sul pane e sul vino. Essi, allora, colgono la possibilità del segno (sacramento) che è mistero e rivelazione della presenza particolare di Gesù tra i suoi. Così ce lo hanno trasmesso, allo stesso modo, e con la stessa fede che hanno di domenica in domenica celebrato.

L'Eucarestia richiama la fede di Gesù ed una particolare presenza nella sua Chiesa. Quando ci si raduna e si celebra il segno della sua cena, noi celebriamo la presenza di Gesù che muore, per noi e per tutti. "Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo" (6,51), poiché Gesù dà la vita per il mondo.

L'Eucarestia è assoluta e indispensabile? E chi non può accostarvisi? "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna" (6,54) e corrisponde al versetto detto poco prima sulla fede: "Chi crede ha la vita eterna" (6,47). Questo significa che pur quelle tante comunità, che non hanno la messa la domenica, per scarsità di preti, e che tuttavia si radunano a leggere e a meditare la Parola del Signore, raggiungono lo stesso risultato per la presenza dello Spirito di Gesù. E così quelli che non escono di casa, i malati, i separati, i divorziati che non possono ricevere l'Eucarestia. Allora la Messa che significato ha? E' l'incontro della pienezza per la Chiesa: essa accoglie questo dono. Ci fosse solo una la messa del mondo, ci sarebbe tra noi il miracolo della presenza di Gesù. Così nella messa sempre si legge prima la Parola di Dio e poi si celebra il gesto di Gesù che segna la garanzia che ci ha voluto dare per crescere, per maturare. Ed è una identificazione straordinaria, meravigliosa, questa presenza del Signore Gesù in noi, nel nostro corpo perché noi ci assimiliamo in Lui mentre Egli si assimila in noi.

Certamente la comunione non va presa come una pillola che guarisce né il fare molte comunioni ci rende più santi. Non è scritto nei Vangeli di fare tante comunioni. C'è scritto di mangiare la carne di Gesù e di bere il suo sangue. Con tutti i significati che propone nei suoi segni ogni volta accettiamo di accoglierlo, di far propri i sentimenti e le scelte di Gesù, di imparare a spezzare il pane come viene significato prima della comunione, di assumerci il bisogno di perdono avendo ascoltato la Parola di Gesù che non ci permette più di dire: "non ho peccati sulla coscienza", di offrire pane e vino, e cioè il lavoro quotidiano e la vita di tutti i giorni perché diventino segni di amore per tutti, pur nella nostra povertà e insignificanza.

Allora Gesù è la nuova e vera Sapienza che offre una banchetto e invita tutti, si preoccupa che ognuno abbia la possibilità di scoprirlo e invita ognuno di noi ad essere una persona che invita al banchetto come le ancelle al convito della signora Sapienza.


venerdì 13 settembre 2013

Domenica 15: "I morti vivranno".



III domenica dopo il martirio di San Giovanni il Precursore (Anno C)
Lettura
Is 43, 24c – 44,3
Così dice il Signore Dio:
«Non hai acquistato con denaro la cannella per me
né mi hai saziato con il grasso dei tuoi sacrifici.
Ma tu mi hai dato molestia con i peccati,
mi hai stancato con le tue iniquità.
Io, io cancello i tuoi misfatti per amore di me stesso,
e non ricordo più i tuoi peccati.
Fammi ricordare, discutiamo insieme;
parla tu per giustificarti.
Il tuo primo padre peccò,
i tuoi intermediari mi furono ribelli.
Perciò profanai i capi del santuario
e ho votato Giacobbe all’anatema,
Israele alle ingiurie».
Ora ascolta, Giacobbe mio servo,
Israele che ho eletto.
Così dice il Signore che ti ha fatto,
che ti ha formato dal seno materno e ti soccorre:
«Non temere, Giacobbe mio servo,
Iesurùn che ho eletto,
poiché io verserò acqua sul suolo assetato,
torrenti sul terreno arido.
Verserò il mio spirito sulla tua discendenza,
la mia benedizione sui tuoi posteri».
Parola di Dio.
Salmo (Sal 32(33))
Cantate al Signore, acclamate il suo santo nome.
Cantate al Signore un canto nuovo,
con arte suonate la cetra e acclamate,
perché retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera. R.

Beata la nazione che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto come sua eredità.
Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore. R.

L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
È in lui che gioisce il nostro cuore,
nel suo santo nome noi confidiamo. R.
Epistola
Eb 11,3912,4
Fratelli, i nostri padri, pur essendo stati approvati a causa della loro fede, non ottennero ciò che era stato loro promesso: Dio infatti per noi aveva predisposto qualcosa di meglio, affinché essi non ottenessero la perfezione senza di noi.
Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio. Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
(Cfr Gv 14,11)
Alleluia.
Io sono nel Padre e il Padre è in me, dice il Signore;
credetelo per le opere stesse.
Alleluia.
Vangelo: Gv 5,25-36

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: viene l’ora – ed è questa – in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno. Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso, e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Non meravigliatevi di questo: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna. Da me, io non posso fare nulla. Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera. Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce.
Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato».
Parola del Signore.
Commento al Vangelo

Nel Vangelo di Giovanni, con il cap. 5, si inizia una nuova sezione (capp 5-12) in cui si sviluppa insieme ricerca e polemica su chi è Gesù. Praticamente si sviluppa un processo in cui Gesù, sempre nel linguaggio di Giovanni, manifesta il suo essere e irrigidisce gli interlocutori.
Gesù è a Gerusalemme per la “festa”. Non si dice quale. E le feste fondamentali d’Israele sono tre: la Pasqua (ma sarebbe stata nominata), la festa di Pentecoste (o della mietitura) e la festa  delle Capanne che Giovanni avrebbe citato più avanti (7,2). Siamo perciò, probabilmente, a Pentecoste, quando gli ebrei celebrano il dono della legge a Mosè e al popolo.
Il cap 5 inizia con la guarigione di uno sconosciuto, paralitico, che Gesù ha voluto incontrare e guarire "alla piscina, chiamata in ebraico Betzada, presso le porte delle pecore" (5,2). Aveva una paralisi che lo teneva nel letto, incapace di camminare da 38 anni (nel Deuteronomio 38 anni sono praticamente la conclusione della vita (2,14) e quindi a un uomo in procinto di morire senza speranza 5,5). Questo tale viene visto in giro, in giorno di sabato, con un lettino/ branda/ giaciglio sulle spalle. E suscita scandalo, ribellione e addirittura raccapriccio portare un peso: è la violazione pubblica del riposo. I Giudei fanno una piccola inchiesta e chiedono chi sia veramente il responsabile di questa guarigione e quindi di questa grave disobbedienza sul sabato.
Scoprono che è Gesù l’autore sia del miracolo che del comando di prendere il proprio giaciglio e di tornare a casa. Così “i giudei cominciarono a perseguitare Gesù perché faceva tali cose di sabato” (5,16).
I testi che leggiamo oggi riportano solo un brano di tutta la discussione che Giovanni registra: è una polemica durissima contro i dirigenti che perseguitano Gesù ed il suo operato.
Gesù però si spiega. Egli svolge la stessa attività di Dio e ne incarna la sua volontà ed il suo disegno. Non esistono altri criteri di moralità. E il suo proposito è invitare alla pienezza della vita coloro che sono assoggettati alla morte. E’ fondamentale capire che il successo o la sconfitta dell’uomo dipendono dalla sua condotta verso gli altri. E’ il disegno di Dio che Gesù sta vivendo in pienezza (5,25-30). Gesù opera come il Padre.
C’è, in sottofondo, il rapporto di Mosè con Dio che gli interlocutori avvertono essere l’unico valido e garantito. Gesù osa porsi in una relazione con Dio più profonda e non certo come rivale.
Gesù riceve tutto da Dio come un figlio riceve tutto dal padre e impara ad operare come suo padre (qui c’è l’esperienza con Giuseppe, visto che Gesù è chiamato il “figlio del carpentiere”).
Ciò che irrigidisce il dialogo è questo legame stretto ed unico con Dio che gli è Padre in modo singolare. Non è difficile immaginare che cosa queste discussioni possano suscitare tra i Giudei diffidenti, agguerriti e cultori della teologia ebraica. Si sente anche che il resoconto di Giovanni è lo sviluppo di una riflessione per le sue prime comunità cristiane e per una loro fede matura,
L’opera del Padre è quella di dare la vita: i farisei credono nella risurrezione alla fine dei tempi?
Bene, e qui Gesù garantisce la propria adesione alla loro fede e aggiunge che il Figlio compie le stesse opere di vita. Dio farà risorgere e Gesù ha salvato dalla morte un paralitico (da ricordare i 38 anni della sua malattia). Va poi riletto il tutto alla luce della Risurrezione di Gesù stesso.
Resta il problema delle garanzie: “Tu dici di essere e di fare ma chi testimonia per te?”
Il testo di Deut 19,15 stabilisce che nessuno può essere giudicato colpevole sulla parola di un solo testimone. Perciò Gesù parla della testimonianza: accetta il loro bisogno di garanzie e si rende conto che qui si gioca il destino di ogni persona e il significato profondo che solo Lui può svelare da parte del Padre. Siamo davanti ad una rivelazione più grande di quella del Sinai.
Perciò Gesù garantisce con quattro testimonianze:
- la testimonianza di Giovanni (vv 33-35),
- “le opere che il Padre mi ha dato da compiere” (5,36),
- il richiamo delle coscienze (vv 37-38)
- le Sacre Scritture (vv 39-40).

Oggi abbiamo letto il significato delle due prime testimonianze: sono le sue opere, segno di liberazione ed è la testimonianza di Giovanni il Battista. Gesù sottolinea che anche la testimonianza di Giovanni, che essi “solo per un momento” hanno accettato, ha valore, pur essendo solo un uomo. La sua è luce di una lampada "che arde e risplende; e voi solo per un  momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce" (v 35).
Il messaggio che ci giunge, però, è la novità delle opere: “le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato”.
Sono garanzia per portare la vita, aperte ad ogni uomo o donna, dono di fedeltà come Gesù è fedele testimone di Dio.
Coloro che seguono Gesù debbono accogliere lo stesso progetto e costruire un cammino sulla stessa fiducia, nel mondo quotidiano in cui vivono.