giovedì 31 ottobre 2013

Tutto è pronto, venite alle nozze - Domenica 3 novembre



3 novembre 2013 II domenica dopo la Dedicazione (Anno C)
Lettura
Is 25,6-10a
In quei giorni. Isaia disse:
«Preparerà il Signore degli eserciti
per tutti i popoli, su questo monte,
un banchetto di grasse vivande,
un banchetto di vini eccellenti,
di cibi succulenti, di vini raffinati.
Egli strapperà su questo monte
il velo che copriva la faccia di tutti i popoli
e la coltre distesa su tutte le nazioni.
Eliminerà la morte per sempre.
Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto,
l’ignominia del suo popolo
farà scomparire da tutta la terra,
poiché il Signore ha parlato.
E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio;
in lui abbiamo sperato perché ci salvasse.
Questi è il Signore in cui abbiamo sperato;
rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza,
poiché la mano del Signore si poserà su questo monte».
Parola di Dio.
Salmo (Sal 35 (36))
Quanto è prezioso il tuo amore, o Dio!
Signore, il tuo amore è nel cielo,
la tua fedeltà fino alle nubi,
la tua giustizia è come le più alte montagne,
il tuo giudizio come l’abisso profondo:
uomini e bestie tu salvi, Signore. R.

Quanto è prezioso il tuo amore, o Dio!
Si rifugiano gli uomini all’ombra delle tue ali,
si saziano dell’abbondanza della tua casa:
tu li disseti al torrente delle tue delizie. R.

È in te la sorgente della vita,
alla tua luce vediamo la luce.
Riversa il tuo amore su chi ti riconosce,
la tua giustizia sui retti di cuore. R.
Epistola
Rm 4,18-25
Fratelli, Abramo credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: Così sarà la tua discendenza. Egli non vacillò nella fede, pur vedendo già come morto il proprio corpo – aveva circa cento anni – e morto il seno di Sara. Di fronte alla promessa di Dio non esitò per incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento. Ecco perché gli fu accreditato come giustizia.
E non soltanto per lui è stato scritto che gli fu accreditato, ma anche per noi, ai quali deve essere accreditato: a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore, il quale è stato consegnato alla morte a causa delle nostre colpe ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
(Cfr Mt 22,8b.4d)
Alleluia.
La festa di nozze è pronta: venite alle nozze.
Alleluia.
Vangelo: Mt 22,1-14
In quel tempo. Il Signore Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Parola del Signore.
COMMENTI
Lettura del profeta Isaia 25, 6-10a
Nel testo di Isaia, scritto probabilmente dopo l'esilio, si profilano gli avvenimenti gioiosi della conclusione definitiva della storia: il raduno sul monte del Signore, il banchetto, l'instaurazione del Regno eterno.
L'immagine di celebrare, con un pranzo, una vittoria viene, qui, sviluppata in un incontro universale fantastico: ci sarà un banchetto, organizzato da Dio stesso, sul monte santo di Gerusalemme, a cui sono invitati tutti gli uomini e le donne dell'umanità a festeggiare la fine del mondo vecchio e malvagio.
Si favoleggia persino sul menu e i rabbini, ripensando alla potenza di Dio che ha ucciso un mostro marino, chiamato Leviatan, dato quindi come "carne per il popolo che abitava nel deserto" (salmo 74,14), hanno concluso che la vivanda principale dei giusti dovesse essere la carne di questo mitico pesce. Perciò, in Israele, ancora oggi, alla cena del venerdì sera, quando inizia sabato, si è soliti mangiare pesce per richiamare a tutti gli uomini pii il banchetto celeste che li attende.
- La salvezza è universale,
- si esprimerà nella comunione definitiva con Dio,
- nell'immagine del banchetto è richiamata l'esperienza umana che diventa la parabola di Dio con il suo popolo. Gesù userà spesso questo momento di gioia poiché ognuno è nelle condizioni di condividere con gli altri, nell'intimità e nell'amicizia, la propria pienezza di festa e di allegria;
- il profeta, nella sua consapevolezza del tempo, non è ancora in grado di parlare di risurrezione, ma annuncia la scomparsa di una vita sconfitta, senza senso e senza ideali;
- il banchetto, vissuto nella gioia e nell'accoglienza, sarà allietato dalla musica, dai canti, dalle danze;
- finalmente, ma questo il profeta non lo sa ancora, poteva supporre, nella sua rivelazione definitiva, un incontro con quel Dio che già è stato incrociato nella storia, pur nella difficoltà e nell'oscurità della fede e della speranza. Ora Egli, finalmente, è il trionfatore visibile sulla morte e sulla sofferenza. Egli si mostrerà, a faccia a faccia, senza veli. Senza lacrime, finalmente, sarà il volto dei suoi fedeli.
È il messaggio che ci viene da Gesù, annunciato continuamente da Paolo: "La morte è stata inghiottita nella vittoria" (1Cor 15,54) e ripresentato nella "visione dei cieli nuovi e terra nuova" dell'Apocalisse (cap 21).

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 4, 18-25
Nella lettera ai Romani San Paolo, parlando della fede, presenta Abramo come un testimone fedele, coraggioso e fidato. Abramo, contro ogni speranza, ha continuato a sperare di poter avere un figlio da Sara, la moglie amata, poiché il Signore stesso glielo aveva promesso. Eppure aveva sotto gli occhi la crisi possibile di questa speranza, invecchiando lui e Sara, senza ombra o presagio di compimento. Abramo continua a fidarsi e si rinsalda. Convinto di Dio e della sua Parola, attende e questo lo fa crescere agli occhi di Dio come uomo giusto.
Noi stessi che crediamo in Gesù diventiamo, come Abramo, coloro a cui "fu accreditato come giustizia". La fedeltà di Abramo gli procurerà, alla fine, Isacco, il figlio della promessa, ma anche una discendenza che da questo figlio nascerà.
La nostra fede in Gesù non ha solo, come contenuto, la nascita di un figlio, ma la consapevolezza che Gesù è risuscitato, Lui "il quale è stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione". La coscienza del credente deve portare, davanti alle situazioni difficili della violenza e del male, l'impegno di credere in una circolazione di beni e di fedeltà che nasce da Dio e si distribuisce, giorno per giorno, nel cuore di ciascuno. Il credere in questa ricchezza in noi e negli altri ci deve portare ad osare nella speranza, ci deve far maturare per operare e quindi credere a che la speranza di Dio si compia ogni giorno nel cuore di ciascuno. Le tante paure esistenti, le tante diffidenze, le tante ritrosie della solidarietà possono venire abbattute dalla coscienza della presenza di Dio che è amore e quindi è più grande di qualunque paura, di qualunque diffidenza e di qualunque egoismo.

Lettura del Vangelo secondo Matteo 22, 1-14
Nel suo Vangelo, Matteo, nei capitoli 21-22, racconta tre parabole che sembrano riferirsi a tre successivi momenti della storia della salvezza, contrassegnati da un rifiuto:
- la parabola dei due figli (si riferisce all'accoglienza per Giovanni Battista: 21, 28-32),
- la parabola dei vignaiuoli ribelli (si riferisce a coloro che hanno ucciso i profeti e che uccideranno Gesù: 21,33-44),
- la parabola del convito, che leggiamo oggi (si riferisce alla predicazione apostolica che riesce a farsi accettare dai piccoli e dai poveri e non dagli amici del re: 22,1-14).
Questa terza parabola è diretta specificamente, come le prime due, d'altra parte, ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo per il loro insegnamento e la responsabilità che stanno assumendosi rispetto alle scelte del popolo. Matteo tiene a raccontare la durissima polemica finale con le autorità religiose poiché vuole ricordare che la Parola di Dio non può essere ambigua. Nello stesso tempo il significato della parabola ricorda che non basta una parola di fede, ma bisogna sviluppare la fede fino a renderla operosa.
La parabola del banchetto per le nozze del figlio del re risente di racconti favolosi che gli ebrei immaginavano nella loro povertà e che rimandavano "all'aldilà" come il luogo della grande festa in cui Dio è presente, accoglie, invita a sedersi con lui.
Gesù utilizza questo racconto per aprire, "sull'aldiqua", gli orizzonti del mondo ebraico e gli orizzonti della comunità cristiana al suo messaggio. La festa delle nozze è la fine dell'attesa. I tempi messianici sono giunti e Dio è tra noi.
Così, per primi, sono invitati coloro che hanno fatto parte, privilegiati, del popolo di Dio, scelti da Dio stesso. Ma i servi sono rimasti inascoltati e in due gruppi successivi (sono i profeti che hanno annunciato i tempi nuovi) ritornano a mani vuote, delusi che siano caduti ogni attesa e ogni interesse per la festa del re. Ma i primi chiamati non se la sono sentita di abbandonare i loro interessi, il campo e gli affari. Si sentivano sazi, ritenevano di avere già tutto per una vita senza problemi, sufficientemente soddisfatti della propria religiosità e delle sicurezze che questa procura. Chi non ha fame o sete non entra nel nuovo mondo che Gesù porta: il regno di Dio.
Allora il terzo gruppo di servi, gli apostoli e i membri della comunità cristiana, è inviato nei luoghi poveri, sulle strade, dove non si abita, ma ci sono persone anonime che passano. Proprio questi vengono chiamati, (prima "i cattivi poi i buoni", per chiarire la totale gratuità).
Finalmente la stanza, per quanto grande possa essere, è riempita di gente. Tutti sono invitati, ma il rispondere non è un gioco che si affronta nella superficialità o nel solo proprio interesse.
Esiste qui un problema culturale di comprensione che si lega al linguaggio di Matteo che si fa aspro e duro, poiché egli scrive il suo Vangelo agli ebrei convertiti, il cui modo d'esprimersi ha abitualmente i caratteri apocalittici di drammi, di guerre, di morte. Così Matteo utilizza gli schemi ancora validi per la cultura ebraica, anche se convertiti, per aiutarli a comprendere il messaggio.
- Chi non ha accettato, chiamato tra i primi, dovrà sostenere una guerra e sarà travolto. E probabilmente Matteo adombra qui la distruzione di Gerusalemme avvenuta nel 70 d.C. (Il Vangelo di Matteo viene completato dopo questa data).
- Chi dei commensali raccogliticci, presi dalla strada, è però trovato senza la veste nuziale, viene cacciato con parole durissime.
Né l'una né l'altra situazione ci fanno riscoprire la misericordia che Gesù ha portato, quanto piuttosto il volto di un Dio duro, esigente, inflessibile nella giustizia e nella rigidità.
Ma il Signore, che noi conosciamo, porta il volto di Gesù crocifisso che ama ed è amato dal Padre: e in Lui ciascuno di noi è amato. Il testo va allora interpretato nella cultura cristiana successiva che ha approfondito teologicamente il significato dell'Incarnazione di Gesù.
- Chi rifiuta il dono di Dio, alla fine, non troverà assolutamente nulla di ciò che sperava e tutto si dissolverà e diventerà inutile.
- Il malcapitato, che ha accettato di entrare nella sala del banchetto, ma che non si è preoccupato di fare scelte coerenti con il luogo dove si trova (non porta l'abito nuziale, che spesso viene regalato, soprattutto in frangenti del genere), non è degno di restare. Giovanni nell'Apocalisse (19,8) dice che la veste nuziale di lino della sposa di Gesù sposo (la comunità cristiana) "sono le opere giuste dei santi".
Questo testo conclude: "Tutti sono presi sul serio e amati dal Signore, tutti hanno una vocazione di vicinanza con lui che è una vocazione di festa. Ma la festa suppone coscienza e responsabilità, coraggio e fedeltà a Dio e non ci si risolve con dei gesti di culto, semplicemente, o nella pigrizia.
Matteo qui si preoccupa della tentazione della prima Comunità cristiana ma anche di ogni cristiano: noi tendiamo, infatti, a dare per scontato di essere stati scelti, per via del battesimo, per cui ci sembra sufficiente rispettare alcuni gesti di culto. Però si mantiene una mentalità superficiale e lassista che non si preoccupa di compiere la volontà di Dio, ogni giorno, nella vita quotidiana.

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