giovedì 24 ottobre 2013

DOMENICA 27.10.13 SONO CON VOI TUTTI I GIORNI



I domenica dopo la Dedicazione
Lettura
At 13,1-5a
In quei giorni. C’erano nella Chiesa di Antiòchia profeti e maestri: Bàrnaba, Simeone detto Niger, Lucio di Cirene, Manaèn, compagno d’infanzia di Erode il tetrarca, e Saulo. Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: «Riservate per me Bàrnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati». Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li congedarono.
Essi dunque, inviati dallo Spirito Santo, scesero a Selèucia e di qui salparono per Cipro. Giunti a Salamina, cominciarono ad annunciare la parola di Dio nelle sinagoghe dei Giudei.
Parola di Dio.
Salmo (Sal 95 (96))
Annunciate a tutti i popoli le opere di Dio.
Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome. R.

Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie. R.

Date al Signore, o famiglie dei popoli,
date al Signore gloria e potenza,
date al Signore la gloria del suo nome. R.
Epistola
Rm 15,15-20
Fratelli, su alcuni punti, vi ho scritto con un po’ di audacia, come per ricordarvi quello che già sapete, a motivo della grazia che mi è stata data da Dio per essere ministro di Cristo Gesù tra le genti, adempiendo il sacro ministero di annunciare il vangelo di Dio perché le genti divengano un’offerta gradita, santificata dallo Spirito Santo. Questo dunque è il mio vanto in Gesù Cristo nelle cose che riguardano Dio. Non oserei infatti dire nulla se non di quello che Cristo ha operato per mezzo mio per condurre le genti all’obbedienza, con parole e opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la forza dello Spirito. Così da Gerusalemme e in tutte le direzioni fino all’Illiria, ho portato a termine la predicazione del vangelo di Cristo. Ma mi sono fatto un punto di onore di non annunciare il Vangelo dove era già conosciuto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
(Cfr Mt 28,19-20)
Alleluia.
Andate e fate discepoli tutti i popoli, dice il Signore.
Ecco, io sono con voi tutti i giorni,
fino alla fine del mondo.
Alleluia.
Vangelo: Mt 28,16-20
In quel tempo. Gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che il Signore Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
Parola del Signore.

COMMENTI
Atti degli Apostoli. 13, 1-5a

Ad Antiochia si è già fatto l'esperimento della convivenza di ebrei e pagani convertiti: essi vivono insieme con attenzione e rispetto reciproco, consapevoli di avere alle spalle una cultura diversa che però va continuamente verificata sulla Parola di Gesù, esaminando il Primo(V T) Testamento e le testimonianze che si stanno organizzando nel Secondo Testamento (N T). Questa operazione è molto più difficile per i pagani, fattosi cristiani, poiché richiede una sensibilità nuova che si adatti alla mentalità ebraica senza tuttavia assorbirne la legislazione del culto e le esclusioni che il popolo d'Israele fa rispetto agli altri popoli.

La Comunità cristiana ha sperimentato la bellezza e la speranza che Gesù ha portato attraverso la Parola e la conoscenza di sé agli apostoli. Così, in questa comunità, si è verificato che la fede si trasmette raccontando le parole e i fatti di Gesù e mostrando la propria testimonianza. Il Signore interviene, ma ha bisogno di una visibilità che accompagni il dono, anzi il dono della fede viene dopo questa manifestazione concreta e visibile di Gesù nei discepoli.

Con questo brano gli "Atti degli Apostoli" iniziano il racconto della prima missione di Paolo e di Barnaba da Antiochia verso l'Asia minore (13,1-14,28). Attraverso la Chiesa, Gesù si svela al mondo.

L'inizio di questa progetto avviene durante il culto e in un contesto di digiuno. Il digiuno è segno di attesa e sostegno alla richiesta che si fa a Dio.

Per la Pace in Siria Papa Francesco ha ripreso questo stile di intercessione per chiedere al Signore lo Spirito che aiutasse a superare i progetti di guerra.

L'imposizione, qui, non è tanto una comunicazione di poteri come nel Sacramento del sacerdozio quanto una benedizione. "Mettetemi da parte" suggerisce lo Spirito. Indica la separazione da ogni attività profana per un servizio sacro.

La prima destinazione è l'isola di Cipro. La raggiungono insieme Paolo e Barnaba, scelti dal Signore, ricchi di reciproco rispetto e di doti che si compensano, adatti per una prima missione.

Ma poiché è la Comunità cristiana che ha inviato, essa stessa si sente matrice, solidale e responsabile.

Perciò, conclusa la prima esperienza, ritornano. "Fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l'opera che avevano compiuto. Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede. E si fermarono, per non poco tempo, insieme ai discepoli" (14,26-28). La Comunità cristiana ha inviato, ha seguito con trepidazione e quindi aspetta una verifica poiché questo fatto diventa anche una prova per le scelte che via via si compiranno. Diventa anche stimolo di analisi per sé.

Lettera ai Romani. 15, 15-20

Paolo si rende conto di essere uno sconosciuto per la comunità di Roma poiché non è stata fondata da lui, e sanno di lui poco, e lo sanno da altri. Ha voluto, comunque scrivere una lunga lettera e qui, alla fine, si rende conto di aver scritto cose che già conoscono. Ma Paolo sente il compito di essere apostolo tra le genti perché si costituisca una unità tra i popoli e vuole coinvolgere anche questa grande comunità perché tutti i credenti in Gesù divengano, per il Vangelo annunciato anche da Paolo, un unico sacrificio, una grande offerta gradita a Dio

Vengono usati termini sacri, sacerdotali, cultuali. Il vangelo è un impegno sacro, è un culto, è un sacerdozio. Paolo vuole ricordare e far conoscere ("ricordarvi")"di essere un ministro di Gesù Cristo tra i pagani" e quindi la loro fede li riunisce in una comunità "santificata dallo Spirito Santo".

Paolo dichiara di aver concluso il suo lavoro in Medio Oriente e pensa di trasferirsi in Spagna. Nel tragitto spera di fermarsi a Roma e, quindi, di potersi conoscere reciprocamente, più profondamente e desidera farlo per un po' di tempo

Paolo è consapevole di aver svolto il sacerdozio ministeriale ("l'ufficio sacro del vangelo di Dio perché i pagani divengano una oblazione gradita") per costituire una comunità più grande, a servizio dei battezzati tutti. Ed essi, a loro volta, esercitano un sacerdozio battesimale ogni giorno (Romani 12,1 "offrire i vostri corpi come sacrificio vivente").

Paolo si rende conto che il suo lavoro ha dato frutto e perciò avrebbe motivo di vanto, ma si corregge subito, dicendo che è tutta opera del Signore Gesù se, per mezzo suo, i pagani si sono sottomessi all'obbedienza, in parole e opere, e continuano a volerlo. Ma per questo il Signore si è servito anche di prodigi e segni miracolosi.

Negli "Atti degli Apostoli" si ricordano almeno due esempi di prodigi.

- Atti 14,8-10: «C'era a Listra un uomo paralizzato alle gambe, storpio sin dalla nascita, che non aveva mai camminato. Egli ascoltava il discorso di Paolo e questi, fissandolo con lo sguardo e notando che aveva fede di esser risanato, disse a gran voce: "Alzati diritto in piedi! ". Egli fece un balzo e si mise a camminare».

- Atti 20,7-12: «Mentre erano riuniti; un ragazzo chiamato Eutico, sopraffatto dal sonno, cadde dal terzo piano e venne raccolto morto. Paolo allora scese giù, si gettò su di lui, lo abbracciò e disse: "Non vi turbate; è ancora in vita! ". Poi risalì, spezzò il pane e ne mangiò e dopo aver parlato ancora molto fino all'alba, partì. Intanto avevano ricondotto il ragazzo vivo, e si sentirono molto consolati».

Paolo ci tiene a ricordare che da Gerusalemme è giunto fino alla Macedonia. E se non ha mai predicato né a Gerusalemme né in Illiria (Illyria Superior è la Dalmazia; Illyria Inferior è la Pannonia), lo ha fatto nei paesi che stanno in mezzo a queste due regioni. E vi ha praticamente predicato in quasi tutte le città più importanti. Se elenchiamo quelle citate negli "Atti degli Apostoli" (si intende quelle visitate prima di scrivere la lettera ai Romani), in ordine cronologico, sono: Cipro, Attalia e Perge in Panfilia, Antiochia di Pisidia, Iconio, Listra e Derbe in Licaonia, la Galazia, Troade in Misia, Filippi e Tessalonica in Macedonia, Atene e Corinto in Acaia, Colossi, Gerapoli, Laodicea ed Efeso in Asia.

Paolo sente che il lavoro nel mondo per condurlo a Cristo è compito di tutte le chiese: esse si rispettano a vicenda, ma debbono sentirsi chiamate dallo stesso Spirito e sorrette dalla forza del Signore Gesù. Ed è bene che tutti gioiscano che la Parola di Gesù si sviluppi poiché questa è gloria di Dio che allontana il male e costruisce la pace, anticipando i doni della presenza di Gesù.

Lettura del Vangelo secondo Matteo 28, 16-20

Si ritorna in Galilea, per il saluto a Gesù che ascende al cielo e il mandato che lascia alla sua Chiesa.

La Galilea è terra disprezzata dove non c'è vera fedeltà a Dio perché la abitano popolazioni ebraiche mescolate a popolazioni pagane, violente, lontane da Gerusalemme e dalla sua legge. Gesù ha cominciato qui la sua missione, a Cafarnao, dice Matteo, e qui Gesù vuole iniziare il tempo della Chiesa che non conclude il tempo di Gesù, ma lo continua.

E' una Chiesa che accetta di stare nel mondo della miscredenza, della debolezza e della infedeltà poiché l'ha sperimentata anch'essa. Sono undici e non dodici (e portano così il segno del tradimento nel gruppo che Gesù ha richiamato e si è ricomposto dopo la risurrezione). E' anche un gruppo che alla presenza di Gesù dubita, perché è fragile, ha sempre bisogno di fiducia e di memoria per riprendere ciò che essi hanno sentito e vissuto.

Sono sul monte, e Matteo colloca sempre Gesù sul monte quando deve fare comunicazioni importanti o insegnare. Sul monte sono proclamate le beatitudini, sul monte avviene la trasfigurazione, sul monte viene affidato il compito di portare l'annuncio e la rivelazione di Dio nel mondo.

Per poterlo fare bisogna andare da Gesù sul monte, verificare, pur con tutti i dubbi, la risurrezione e quindi la presenza di una persona viva e l'invito ad andare a fare discepoli.

Ma fare discepoli non significa raggiungere delle persone per aggregarle al proprio seguito, ma raggiungere tutti aiutandoli a diventare discepoli di Gesù, che è mite ed umile di cuore.

Alla Chiesa, chiamata ad essere rivelatrice, è offerto il potere di Gesù. "A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli" (vv18-19). E il potere di Gesù è servire, mettersi a disposizione, sostenere, fare il bene dell'altro, valorizzare, non tenere per sé, lasciare liberi e in cammino. Ricevere il potere in cielo e in terra significa che il progetto del Regno si realizza e una umanità nuova si affaccia all'orizzonte. Tutto il mondo è chiamato a far parte della nuova famiglia di Dio. Lo sarà nel battesimo che rende nuovi, figli del Padre a somiglianza di Gesù, ciascuno tempio di Dio. Questa nuova e assolutamente inimmaginabile pienezza va alimentata nel tempo con il far conoscere, rivelare, sempre, alle generazioni che verranno, la ricchezza di verità: "insegnare ad osservare" che non è solo praticare ma soprattutto custodire come cosa preziosa, apprezzando e valorizzando come vero tesoro ricevuto "ciò che Gesù ci ha comandato".

Da qui nascono la vera letizia e un'adesione libera. Ma nasce anche una ricerca intelligente sul significato di ciò che Gesù ci ha comandato. La storia si sviluppa ed esige sempre più intelligenza, attenzione, consapevolezza, spirito critico e analisi per interpretare e giudicare situazioni e tempi e quindi reinterpretare la Parola di Gesù.

"Sono con voi tutti i giorni" conclude Gesù. Completa e garantisce il richiamo del nome di Emanuele "il Dio con noi" ricordato da Isaia (7,14) e citato da Matteo (1,23), all'inizio della storia cristiana, nel suo Vangelo.

La profezia si è avverata nell'anonimato di un bambino. Diventato adulto, la profezia si è compiuta apertamente nella Presenza e nella Parola del Signore. Alla fine, quando Gesù ritorna al Padre, la profezia diventa garanzia offerta dalle parole di Gesù alla Chiesa. Così questa parola percorre e oltrepassa il tempo fino alla fine del mondo, assicura che ogni fedele, anzi ogni persona saranno accompagnati da Gesù, portatori di speranza e di benedizione.


RITO ROMANO
XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)
Prima Lettura
Sir 35,15-17.20-22
Dal libro del Siràcide

Il Signore è giudice
e per lui non c’è preferenza di persone.
Non è parziale a danno del povero
e ascolta la preghiera dell’oppresso.
Non trascura la supplica dell’orfano,
né la vedova, quando si sfoga nel lamento.
Chi la soccorre è accolto con benevolenza,
la sua preghiera arriva fino alle nubi.
La preghiera del povero attraversa le nubi
né si quieta finché non sia arrivata;
non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto
e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità.
Salmo responsoriale (Sal 33)
Il povero grida e il Signore lo ascolta.
Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.

Il volto del Signore contro i malfattori,
per eliminarne dalla terra il ricordo.
Gridano e il Signore li ascolta,
li libera da tutte le loro angosce.

Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,
egli salva gli spiriti affranti.
Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;
non sarà condannato chi in lui si rifugia.
Seconda Lettura
2Tm 4,6-8.16-18
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo

Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione.
Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone.
Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Acclamazione al Vangelo
(2Cor 5,19)
Alleluia, alleluia.
Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo,
affidando a noi la parola della riconciliazione.
Alleluia.
Vangelo: Lc 18,9-14
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

 COMMENTO

Gesù, rivolgendosi a chi si sente a posto e di­sprezza gli altri, mo­stra che non si può pregare e disprezzare, adorare Dio e u­miliare i suoi figli, come fa il fariseo. Pregare può diventa­re in questo caso perfino pe­ricoloso: puoi tornare a casa tua con un peccato in più.
Eppure il fariseo inizia la pre­ghiera con le parole giuste: O Dio, ti ringrazio. Ma tutto ciò che segue è sbagliato: ti ringrazio di non essere come gli altri, ladri, ingiusti, adul­teri.
La sua preghiera non è un cuore a cuore con Dio, è un confronto e un giudizio sugli altri, tutti disonesti e immorali. L'unico che si sal­va è lui stesso. Come deve stare male il fariseo in un mondo così malato, dove è il male che trionfa dappertut­to! Il fariseo: un buon esecu­tore di precetti, onesto ma infelice.
Io digiuno, io pago le decime, io non sono... Il fariseo è irre­tito da una parola che non cessa di ripetere: io, io, io. È un Narciso allo specchio, per il quale Dio non serve a nien­te se non a registrare le sue performances, è solo una muta superficie su cui far rimbalzare la sua soddisfa­zione.
Il fariseo non ha più nulla da ricevere, nulla da imparare: conosce il bene e il male e il male sono gli altri. Ha di­menticato la parola più im­portante del mondo: tu.
Il pubblicano invece dal fon­do del tempio non osava nep­pure alzare gli occhi, si batte­va il petto e diceva: Abbi pietà di me peccatore. Due parole cambiano tutto nella sua preghiera, rendendola autentica.
La prima parola è tu: Tu ab­bi pietà. Mentre il fariseo co­struisce la sua religione at­torno a quello che lui fa', il pubblicano la fonda su quel­lo che Dio fa. L'insegnamen­to della parabola è chiaro: la relazione con Dio non segue logiche diverse dalle relazio­ni umane. Le regole sono semplici e valgono per tutti.
Se metti al centro l'io, nessu­na relazione funziona. Non nella coppia, non con gli a­mici, non con Dio. Vita e pre­ghiera percorrono la stessa strada: la ricerca mai arresa di un tu, uomo o Dio, in cui riconoscersi, amati e amabi­li, capaci di incontro vero, quello che fa fiorire il nostro essere.
La seconda parola è: pecca­tore.
In essa è riassunto un intero discorso: "sono un po­co di buono, è vero, ma così non sto bene, non sono con­tento; vorrei tanto essere di­verso, ci provo, ma ancora non ce la faccio; e allora tu perdona e aiuta".
Il pubblicano tornò a casa sua giustificato, non perché più umile del fariseo (Dio non si merita, neppure con l'umiltà), ma perché si apre - come una porta che si soc­chiude al sole, come una ve­la che si inarca al vento - a un Altro più grande del suo peccato, che viene e trasfor­ma. Si apre alla misericordia, a questa straordinaria debo­lezza di Dio che è la sua sola onnipotenza.


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