giovedì 15 maggio 2014

Dio non fa preferenze di persone domenica 18 maggio 2014

Dio non fa preferenze di persone 18 maggio 2014 V domenica T. Pasqua (Anno A) Lettura At 10, 1-5. 24. 34-36. 44-48a In quei giorni. Vi era a Cesarèa un uomo di nome Cornelio, centurione della coorte detta Italica. Era religioso e timorato di Dio con tutta la sua famiglia; faceva molte elemosine al popolo e pregava sempre Dio. Un giorno, verso le tre del pomeriggio, vide chiaramente in visione un angelo di Dio venirgli incontro e chiamarlo: «Cornelio!». Egli lo guardò e preso da timore disse: «Che c’è, Signore?». Gli rispose: «Le tue preghiere e le tue elemosine sono salite dinanzi a Dio ed egli si è ricordato di te. Ora manda degli uomini a Giaffa e fa’ venire un certo Simone, detto Pietro». Il giorno dopo arrivò a Cesarèa. Cornelio stava ad aspettarli con i parenti e gli amici intimi che aveva invitato. Pietro allora prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga. Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore di tutti. Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola. E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio. Allora Pietro disse: «Chi può impedire che siano battezzati nell’acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?». E ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo. Parola di Dio. Salmo (Sal 65 (66)) Grandi sono le opere del Signore. oppure: Alleluia, alleluia, alleluia. Acclamate Dio, voi tutti della terra, cantate la gloria del suo nome, dategli gloria con la lode. Dite a Dio: «Terribili sono le tue opere! R. A te si prostri tutta la terra, a te canti inni, canti al tuo nome». Venite e vedete le opere di Dio, terribile nel suo agire sugli uomini. R. Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio, e narrerò quanto per me ha fatto. Sia benedetto Dio, che non ha respinto la mia preghiera, non mi ha negato la sua misericordia. R. Epistola Fil 2, 12-16 Miei cari, voi che siete stati sempre obbedienti, non solo quando ero presente ma molto più ora che sono lontano, dedicatevi alla vostra salvezza con rispetto e timore. È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore. Fate tutto senza mormorare e senza esitare, per essere irreprensibili e puri, figli di Dio innocenti in mezzo a una generazione malvagia e perversa. In mezzo a loro voi risplendete come astri nel mondo, tenendo salda la parola di vita. Così nel giorno di Cristo io potrò vantarmi di non aver corso invano, né invano aver faticato. Parola di Dio. Acclamazione al Vangelo (Cfr Gv14, 23) Alleluia. Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui. Alleluia. Vangelo: Gv 14, 21-24 In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui». Gli disse Giuda, non l’Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?». Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato». Parola del Signore. Atti degli Apostoli. 10, 1-5. 24. 34-36. 44- La conversione di Cornelio, un centurione che coltiva un profondo rispetto per la religione d'Israele, come l'altro centurione di Cafarnao, ricordato da Luca (Lc7,1-10), è un avvenimento fondamentale dopo la risurrezione per la Comunità cristiana. Essa sta orientandosi sulle scelte di Gesù che vengono via via proposte attraverso segni, visioni, avvenimenti e, addirittura, nelle diverse discese dello Spirito. La Comunità di Gerusalemme è rimasta molto legata all'ebraismo per cui i pagani, comunque, sono considerati lontani dall'accoglienza di Dio poiché non fanno parte del suo popolo. Per farne parte, ricordano che non sia sufficiente essere giusti, dare elemosine e pregare. E' necessaria la circoncisione che li costituisce popolo come un popolo santo. Così pensano tutti e così Pietro si comporta. D'altra parte, anche Gesù non ha mai inserito, tra i suoi discepoli, dei pagani, né ha predicato loro. Perciò questo episodio, di incontro di Pietro con Cornelio, ha una grande rilevanza negli Atti degli Apostoli come racconto di una svolta fondamentale, operata nel nome di Gesù. E viene riportato in due capitoli successivi: nel cap.10 si rammentano, con molti particolari, la vicenda così come è avvenuta, e nel cap. 11 è Pietro stesso che riferisce alla comunità di Gerusalemme i fatti, palesemente, per garantire e motivare questa sua esperienza missionaria. Tutto si svolge in modo imprevedibile. Pietro è invitato, in modo sorprendente, da uno sconosciuto che gli chiede di andare in un paese lontano molti chilometri presso un centurione. Quando arriva, trova molte persone che lo aspettano, tutte estranee al mondo ebraico. Mentre entra in casa, Cornelio, il centurione, gli si getta ai piedi per rendergli omaggio (v 25) e Pietro lo rialza dicendogli: "Alzati poiché anch'io sono un uomo" (v 26). Pietro, dai segni ricevuti e dell'accoglienza, si rende conto che qui vanno riconosciute uguale umanità e parità; e lo esprime subito con le parole: "Mi sto rendendo conto che Dio non fa preferenza di persone". Pietro manifesta la sorpresa e l'inizio di una consapevolezza: nella Chiesa si dovrà continuamente essere richiamati a infinite novità: Dio parlerà non solo attraverso ciò che ha detto Gesù, ma si svelerà anche attraverso segni, situazioni, contesti e culture diverse, cioè attraverso la storia del mondo, filtrati sempre dallo stile e dall'amore di Gesù. Il Concilio ce lo ha ripetuto più volte. Dopo il parlare di Pietro che, ovviamente, svela il volto di Gesù e quindi suggerisce la fede in Lui, avviene un fatto straordinario: l'effusione del dono dello Spirito Santo. Ed è particolare questa presenza dello Spirito in persone che sono ancora pagane e che tuttavia si aprono a Gesù nella fede. Lo stupore degli ebrei, che accompagnano Pietro, si accresce quando debbono constatare che è avvenuto lo stesso dono dello Spirito come nella Pentecoste a Gerusalemme. E questi pagani non sono ancora battezzati. Lo farà allora Pietro dicendo: «Chi può impedire che siano battezzati nell'acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?» (v 47). L'esperienza dello Spirito apre immediatamente al dono delle lingue: il Signore, infatti, spinge coloro che credono in Lui a portare nel mondo la novità di Dio nella fede in Gesù che si è manifestato e in cui credono. Vale per tutti: siano essi pagani che si convertono senza passare attraverso l'iniziazione ebraica della circoncisione e siano cristiani di Gerusalemme. Tutti sentono che, per essere seguaci di Gesù nel mondo, non debbono solo credere in Lui e dare elemosine ma, più profondamente, diffondere in tutti la fede di Gesù che è speranza e dono per ogni persona nel mondo. Filippesi. 2, 12-16 La lettera ai Filippesi è tradizionalmente legata alle lettere della prigionia di Paolo: lo si pensi prigioniero a Roma (e siamo negli anni 61-63 d.C.) oppure a Cesarea in Israele (e siamo negli anni 58-60 d.C.). I Filippesi gli sono molto affezionati e, a più riprese, hanno mandato a Paolo aiuti e soccorsi. Nella lettera si sentono una profonda reciproca fiducia e simpatia per la piccola comunità. Il capitolo 2 è particolarmente importante nella teologia poiché nei versetti 2,6-2,11 si trova, in sintesi, il testo fondamentale sulla Incarnazione e la salvezza di Gesù nel mondo:. "Pur essendo Dio, svuotò se stesso prendendo la natura di schiavo". Eppure questo brano che, per alcuni secoli (dal III al VI secolo d.C, in particolare), è il centro delle discussioni su Gesù e rimane ancora oggi un testo classico di teologia, è tuttavia da Paolo utilizzato solo come uno splendido esempio di sottomissione e di povertà di Gesù che va imitato. L'esempio del Salvatore deve essere parametro e stile di una comunità cristiana: come Gesù non cerca né la gloria, né la potenza, né la grandezza ma: "pur essendo Dio, svuotò se stesso prendendo la natura di schiavo". Infatti i cinque versetti (vv6-11) continuano ed esemplificano il significato dei sentimenti di Gesù che si possono sintetizzare nell'umiltà, nella povertà e nell'ubbidienza: Gesù si è impoverito per amare e salvare il mondo. È un testo splendido, probabilmente un inno della Comunità cristiana, in cui viene riassunta, teologicamente, tutta la vicenda di Gesù "prima, durante la sua vita, dopo la risurrezione". Con il testo di oggi, che è il seguito, Paolo riprende le raccomandazioni ai cristiani di Filippi: il loro compito è quello di dedicarsi alla "Salvezza con rispetto e timore". La salvezza viene da Dio e quindi va cercata con attenzione e responsabilità perché, facilmente, può essere perduta se non ci si accorda continuamente con il Signore. Con questa attenzione va tradotta in un clima di consapevolezza e in criteri di accoglienza, evitando "mormorazioni ed esitazioni" che fanno memoria del popolo d'Israele che, nel deserto, rifiuta di seguire con fiducia il Signore. Paolo esprime anche una preoccupazione coraggiosa: non si tratta tanto o solo di salvarsi l'anima ma di costituire delle comunità coerenti, vive, di persone irreprensibili, anche in un mondo malvagio e perverso. Paolo non incoraggia ad un atteggiamento di fuga, ma a restare. Lo ha mostrato lui stesso con il suo stile di missionario, impegnato a rimanere nel mondo, ad incoraggiare e a svelare il volto di Dio per trovare speranza. Così, nel contesto cittadino di quel tempo come nel nostro contesto, il Signore ci chiede di "splendere come astri nel mondo, tenendo salda la parola di vita". Ritorna sempre la prospettiva di una evangelizzazione che passa attraverso la testimonianza. Essa è molto di più dell'operosità, a cui noi siamo spesso richiamati e portati. L'operosità è attenzione alle persone. Ma deve e può diventare cristiana quando si esprime nella gratuita disponibilità verso l'altro, nell'impegno del operare al meglio, con amore, con responsabilità e competenza. In fondo la testimonianza si gioca, certo, su ciò che si fa', ma cristianamente si gioca sul "come" si opera, attenti all'altro, alla sua dignità, e preoccupati di un nostro rispetto all'altro e di una nostra competenza a suo servizio, senza la pretesa di essere ringraziati. È il problema di una esemplarità di piccole comunità all'interno di realtà urbane. E tale esempio procurerà luminosità, stile e scelte di vita. In questo orizzonte non va dimenticata l'espressione "Vangelo come parola di vita". Il Vangelo viene richiamato non tanto come cultura teologica, ma come Parola di Dio, creatrice sia del nostro piccolo mondo e sia creatrice nel mondo in cui operiamo. Giovanni. 14, 21-24 Continua Gesù a preoccuparsi che i suoi discepoli abbiano capito che cosa vuol dire averLo come Vivente in mezzo a loro e come debbano continuare a renderlo conosciuto e presente a tutti. E' questa la rivoluzione pasquale. E ancora oggi ci sentiamo parlare di ‘novità', di quei ‘comandamenti' di cui ha fatto cenno diverse volte e che anche noi abbiamo ascoltato infinite volte, senza che cambiasse qualcosa di effettivo in noi. "Se mi amate", "chi mi ama", "se uno mi ama"; ma certo, Signore che ti amiamo, almeno vorremmo amarti davvero; ma tu ci dici le solite cose: osservare la tua parola, ricondurla al Padre, faremo dimora in lui....... E' vero, Signore, quante volte abbiamo sentito e sentiamo queste parole, ma le lasciamo scivolare nel nostro cuore come se fossero scontate, come se ormai sapessimo già che cosa vogliono dire. E' invece proprio sull'esperienza dell'amore che noi continuiamo a balbettare, a sorvolare, perché l'amore vero spaventa: è totale. Qui Gesù ci sta chiedendo di rimetterci completamente a Lui, di uscire da noi stessi, o meglio di rientrarvi, ma così a fondo, da renderci conto di essere "una cosa sola" con Lui. Ma davvero siamo convinti di essere "una cosa sola" con il Signore? Che non c'è paradossalmente più bisogno di ascoltare la sua parola, perché siamo un tutt'uno? Gesù continua a chiederci di amarlo e che questo vuol dire rintracciare la sua presenza e la sua parola in tutti coloro che incontriamo e incrociamo. Senza tante domande e tergiversazioni, ma come ha fatto Lui: prendendosi effettivamente a cuore le persone. Proviamo a domandarci nel sottovoce della nostra coscienza: chi si prende a cuore dei Siriani, dei profughi, delle donne violentate, dei crocifissi delle guerre di religione, delle stragi? Oppure: li sentiamo presenti nelle nostre asettiche, ma ambrosianissime, celebrazioni? Prendersi a cuore vuol dire che, anche se non posso intervenire che con qualche breve offerta, queste persone fanno parte della mia vita, e, in qualche modo, dovrò risponderne anch'io. Rito romano Prima lettura (At 6,1-7) Dagli Atti degli Apostoli In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove. Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola». Piacque questa proposta a tutto il gruppo e scelsero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola, un prosèlito di Antiòchia. Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani. E la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede. Salmo responsoriale (Sal 32) Il tuo amore, Signore, sia su di noi: in te speriamo. Esultate, o giusti, nel Signore; per gli uomini retti è bella la lode. Lodate il Signore con la cetra, con l’arpa a dieci corde a lui cantate. Perché retta è la parola del Signore e fedele ogni sua opera. Egli ama la giustizia e il diritto; dell’amore del Signore è piena la terra. Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme, su chi spera nel suo amore, per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame. Seconda lettura (1Pt 2,4-9) Dalla prima lettera di san Pietro apostolo Carissimi, avvicinandovi al Signore, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo. Si legge infatti nella Scrittura: «Ecco, io pongo in Sion una pietra d’angolo, scelta, preziosa, e chi crede in essa non resterà deluso». Onore dunque a voi che credete; ma per quelli che non credono la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata pietra d’angolo e sasso d’inciampo, pietra di scandalo. Essi v’inciampano perché non obbediscono alla Parola. A questo erano destinati. Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa. Vangelo (Gv 14,1-12) Dal Vangelo secondo Giovanni In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre». Commento Non dobbiamo avere paura, dice Gesù. E usa il verbo che indica il timore suscitato dalla tempesta in mare. È vero: nelle vicende della vita molto spesso ci sentiamo come in mezzo ad una tempesta, sballottati dalle onde senza riuscire a governare la barca. Il clima di tensione che viviamo, la precarietà economica, lo sbriciolamento dei valori, l'insignificanza reale della Chiesa non fanno che appesantire il clima, la sensazione di essere alla fine di un'epoca. Non abbiamo paura, ci rassicura il Signore, confidiamo in lui: nella casa del Padre, che ha posto nel suo cuore, che ci prepara un posto. Il che non significa, come alcuni hanno immaginato, che in Paradiso ci aspetta una poltrona numerata perché raccomandati dal rabbì. Gesù indica a Tommaso e a noi la via del dono di sé, che lui per primo ha percorso fino in fondo. E la casa del padre, che è la Chiesa, accoglie volentieri chi vuole fare lo stesso cammino. Domenica scorsa abbiamo pregato per chi, nel gregge, ha il compito di aiutare il pastore bello. Oggi parliamo di tutti noi che viviamo con serietà la presenza del Signore, che lo seguiamo con forza. Gesù dice a Filippo che non abbiamo più bisogno di cercare Dio fra le nuvole: noi ora lo vediamo in Gesù, è lui il rivelatore del Padre, il vero e definitivo volto del Padre. Possiamo accedere a Dio perché in Gesù si è reso visibile. Come? Agli inizi della Chiesa i cristiani erano definiti "quelli della via", coloro che seguono un cammino. Invece, oggi, molti concepiscono la fede come una casa, un rifugio, un bunker, un pacco di verità inamovibili cui credere. Che buffo. È dinamico, il cristianesimo, è sempre per strada, colui che segue chi non ha dove posare il capo non può illudersi di essere cristiano una volta per sempre! E Gesù risponde allo spaesato Tommaso, che ha appena saputo, ma non capito fino in fondo, che il Signore ci precede, va altrove, non ci lascia soli, ma ci invita a rimboccarci le maniche. Per restare fiduciosi, dice Gesù, dobbiamo fidarci di lui che è via, verità e vita. Via Essere cristiani, a volte lo dimentichiamo, significa seguire Gesù, imitare Gesù, fidarsi di lui. Conoscerlo, anzitutto, e lasciarci amare. Frequentare la sua parola nella meditazione, cercarlo nella preghiera personale e comunitaria, riconoscerlo nel volto del fratello povero. Il cristianesimo è una proposta di cambiamento radicale del nostro modo di vedere il mondo e Dio. E lo facciamo ascoltando e seguendo il Maestro. In un mondo stracolmo di opinionisti e piccoli leader che urlano gli uni contro gli altri, Gesù indica se stesso come percorso, la porta attraverso cui le pecore possono uscire dai tanti recinti (anche religiosi!) in cui ci hanno rinchiusi. Diventare cristiani significa amare come Gesù ha amato, seguire la via, che non è un insieme di belle nozioni, ma una persona. Verità Gesù è la verità. Verità che esiste e che chiede di essere accolta in un mondo che nega la possibilità stessa che esista una verità (eccetto una: quella che non esiste nessuna verità!), o che riduce la verità a livello di opinione, in un malinteso senso di tolleranza, mettendo tutto e tutti sullo stesso piano, come se la libertà significasse che nulla più è autentico. In un mondo che tutto relativizza, Gesù, con determinazione ma senza arroganza, con autorevolezza ma senza supponenza, pretende di conoscere la verità su Dio e sugli uomini. All'uomo contemporaneo che, come Pilato, gioca a fare il cinico e chiede cos'è la verità, la Chiesa proclama non una dottrina ma, nuovamente, una persona: Gesù è la verità, dice la verità, ci conduce alla verità. E la verità è evidente, si impone, non ha da convincere. Ma solo un cuore onesto, disincantato, ragionevole è in grado di coglierla. Ciò che il cercatore di Dio è invitato a fare è mettersi in gioco, fino in fondo, non barare, non impigrirsi ma cercare, restare aperto e disponibile alla crescita intellettuale ed interiore. E, se possibile, dedicare qualche energia alla conoscenza: non se ne può più di un cristianesimo approssimativo e solo emotivo! Vita Chi ha scoperto Gesù nel proprio percorso può affermare con assoluta verità che il Signore gli ha donato la vita. Esiste una vita biologica che può anche essere intesa e coinvolgente. Ma una vita interiore, spirituale, allarga l'orizzonte, ci situa in un progetto di cui siamo chiamati a far parte, ci cambia radicalmente la vita biologica, riempiendola di una gioia intima, profonda, eterna. Gesù è la vita e dona la vita e il cristiano ama la vita e la dona. Anche se la propria vita è acciaccata o dolorante, il discepolo sa che è un gigantesco progetto d'amore quello che si sta manifestando nel nostro mondo. Tommaso si fida. Fra qualche ora farà i conti con l'affondamento della propria barca, delle proprie fragili certezze. Ma, dopo una dolorosa conversione, il risorto lo incontrerà, otto giorni dopo Pasqua.

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