venerdì 29 novembre 2013

Sono io che devo cambiare, non Gesù. 1.12.2013



III domenica T. Avvento (Anno A)
Lettura
Is 35,1-10
Così dice il Signore Dio:
«Si rallegrino il deserto e la terra arida,
esulti e fiorisca la steppa.
Come fiore di narciso fiorisca;
sì, canti con gioia e con giubilo.
Le è data la gloria del Libano,
lo splendore del Carmelo e di Saron.
Essi vedranno la gloria del Signore,
la magnificenza del nostro Dio.
Irrobustite le mani fiacche,
rendete salde le ginocchia vacillanti.
Dite agli smarriti di cuore:
«Coraggio, non temete!
Ecco il vostro Dio,
giunge la vendetta,
la ricompensa divina.
Egli viene a salvarvi».
Allora si apriranno gli occhi dei ciechi
e si schiuderanno gli orecchi dei sordi.
Allora lo zoppo salterà come un cervo,
griderà di gioia la lingua del muto,
perché scaturiranno acque nel deserto,
scorreranno torrenti nella steppa.
La terra bruciata diventerà una palude,
il suolo riarso sorgenti d’acqua.
I luoghi dove si sdraiavano gli sciacalli
diventeranno canneti e giuncaie.
Ci sarà un sentiero e una strada
e la chiameranno via santa;
nessun impuro la percorrerà.
Sarà una via che il suo popolo potrà percorrere
e gli ignoranti non si smarriranno.
Non ci sarà più il leone,
nessuna bestia feroce la percorrerà o vi sosterà.
Vi cammineranno i redenti.
Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore
e verranno in Sion con giubilo;
felicità perenne splenderà sul loro capo;
gioia e felicità li seguiranno
e fuggiranno tristezza e pianto».
Parola di Dio.
Salmo (Sal 84(85))
Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza.
Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli,
per chi ritorna a lui con fiducia.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra. R.

Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo. R.

Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino. R.
Epistola
Rm 11,25-36
Non voglio che ignoriate, fratelli, questo mistero, perché non siate presuntuosi: l’ostinazione di una parte d’Israele è in atto fino a quando non saranno entrate tutte quante le genti. Allora tutto Israele sarà salvato, come sta scritto:
Da Sion uscirà il liberatore,
egli toglierà l’empietà da Giacobbe.
Sarà questa la mia alleanza con loro
quando distruggerò i loro peccati.
Quanto al Vangelo, essi sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla scelta di Dio, essi sono amati, a causa dei padri, Infatti i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia a motivo della loro disobbedienza, così anch’essi ora sono diventati disobbedienti a motivo della misericordia da voi ricevuta, perché anch’essi ottengano misericordia. Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti!
O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti,
chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore?
O chi mai è stato suo consigliere?
O chi gli ha dato qualcosa per primo
tanto da riceverne il contraccambio?
Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
(Cfr Mt11,13-14)
Alleluia.
La Legge e i Profeti hanno profetato fino a Giovanni;
è lui quell’Elia che deve venire.
Alleluia.
Vangelo: Mt 11,2-15
In quel tempo Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto:
Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero,
davanti a te egli preparerà la tua via.
In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elia che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti!».
Parola del Signore.
Commenti
Lettura del profeta Isaia 35,1-10
II profeta Isaia esprime un drammatico giudizio contro Edom, raffigurato come simbolo del male a causa dell'atteggiamento ostile manifestato verso Gerusalemme in occasione dell'assedio babilonese. Il castigo è descritto come morte dei nemici, devastazione del paese, invasione di animali selvaggi e di demoni. (cap 34). Il capitolo 35 (la lettura di oggi) offre, in contrapposizione, la visione della felicità e della benedizione di Dio su Sion e i suoi abitanti, prospettando il ritorno degli esuli a Gerusalemme in una natura rigogliosa e splendente.
Il testo è un canto di gioia per il rimpatrio dall'esilio e il deserto, che è un ostacolo per chi vi si avventura, cambia e diventa un giardino. La terra arida e impraticabile acquisterà lo splendore del Libano, del Carmelo e di Saron per alberi e per acqua: sono i luoghi più fertili e rigogliosi del vicino Oriente in cui si manifesta la maestà di Dio.
Il popolo vedrà la magnificenza del Signore e la sua gloria perché Egli compirà il miracolo della gioia in un popolo vacillante e distrutto. E coloro che sono messaggeri di questo futuro nuovo sono invitati a infondere forza (v 3: "mani fiacche e ginocchia vacillanti") Nel cuore di ciascuno finalmente ci saranno la speranza per l'annunzio e il coraggio: "il Signore viene a salvarci".
Il Signore ristabilisce la giustizia per il suo popolo ("vostro Dio") che è il Dio dell'alleanza e che perciò non si è mai dimenticato della sofferenza nel tempo dell'esilio. E parlare qui di vendetta divina (v 4) richiama intanto il castigo degli eserciti vincitori; ma insieme evoca la salvezza che il Signore attua nei riguardi del suo popolo, in particolare negli ultimi (questi testi sono citati in
senso messianico, da Matteo 11,5 e Luca 7,22).
Il linguaggio poetico, infatti, si allarga all'attenzione per i più deboli ed i poveri; non ci sarà solo liberazione, ma ogni cieco vedrà, e ogni muto potrà parlare, e lo zoppo potrà saltare di gioia e il sordo potrà udire (la sanità dei malati è per tutti poiché si ricordano 4 condizioni: e il 4 è il numero della terra). Saranno così cancellati ogni segno di tragedia, ogni disgrazia, sopravvenute per la deportazione, la malattia, la denutrizione e il maltrattamento.
Ci sarà una "via Sacra" che percorrerà il territorio da Babilonia a Gerusalemme e su di essa cammineranno i redenti (a Babilonia esisteva una "via Sacra" che gli schiavi costruivano per la processione delle statue pagane e che collegava i diversi templi).
Gli ultimi tre vv. si ricollegano alla visione di Isaia che sogna il raduno del popolo disperso: di questo sogno si trova traccia in tutto il libro. Non ci saranno più pericoli di animali "leoni e bestie feroci", non ci saranno "impuri e stolti", (idolatri o nemici di Dio), ma sarà un percorso di libertà di vita e di gioia. Anche il richiamo della felicità che splende sul capo fa riferimento, probabilmente, ad abitudini culturali: celebrando, si portavano sul capo corone di fiori.
Tutto questo popolo, allora come oggi, deve riconoscere di essere "cieco, sordo, zoppo e muto", per vedere il Signore nella storia, per ascoltare la sua parola, per osare un cammino di coerenza ed aprire dialoghi con azioni nuove nel mondo, dove si vive e si lavora.

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 11, 25-36
Per Paolo il fatto che il popolo d'Israele, globalmente inteso, non abbia accettato Gesù come Messia resta sempre un grande interrogativo. Se ne fa un cruccio, poiché soffre per i fratelli e le sorelle, che "sono stati visitati dal Signore", ma non l'hanno accolto.
E tuttavia si sforza di approfondire, di capire e di motivare questo distacco. Se il popolo d'Israele, chiudendosi a Gesù, ha disertato le nuove comunità, riflette san Paolo, questa lontananza ha permesso di aprire il nuovo annuncio, senza difficoltà, ai pagani. Se Israele si fosse convertita tutta e subito, probabilmente i nuovi credenti, provenienti dal paganesimo, non avrebbero ricevuto pari riconoscimento e cittadinanza nel popolo di Dio. La conversione, relativamente facile dei pagani (o "gentili" da "genti"), non avviene con tensioni ed esclusioni (un esempio può essere la problematica che è iniziata ad Antiochia ed è stata risolta con saggezza pastorale da Barnaba: Atti 11,19 ss).
In tal modo, però, alla fine, il Signore riproporrà anche al popolo d'Israele la pienezza dell'incontro (Israele è, comunque, fondamentale per parlare di salvezza) e sarà pieno il ricongiungimento nella misericordia per tutti i popoli. E se il compito della prima Alleanza, vissuta da Israele, si è sviluppato nella storia, mantenendo attesa e speranza, con Gesù questo compito si allarga su tutto il mondo poiché il Padre vuole salvare tutti gli uomini, travolti dal male. Alla fine, nella misericordia, con la sua ricchezza di doni e di predilezione, anche Israele entrerà, insieme a tutti i popoli della terra, nell'incontro totale con Dio.
Il testo si sviluppa con ritmi che richiamano il 3, il numero di Dio: "la profondità di Dio nella ricchezza, sapienza e conoscenza è interpellata da tre domande e tutto si riconduce al significato dell'esistente: "da Lui, per mezzo di Lui e per Lui".
Il mistero sulla storia resta, ma una misericordia premurosa e fedele di Dio sa condurre verso la pienezza di vita, nonostante la fatica, la sofferenza e il male del mondo.

Lettura del Vangelo secondo Matteo 11, 2-15
Nel Vangelo di Matteo la domanda più grande che turba la ricerca di tante persone viene espressa a Gesù da Giovanni il Battista che è in carcere e scopre che le sue attese sono completamente diverse. Eppure ha parlato come profeta e su questa attesa sta giocandosi, fino in fondo, la sua vita: Allora "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?". I discepoli, che continuano a tenere i contatti con Giovanni Battista in carcere, debbono svolgere una precisa missione presso Gesù per essere illuminati circa l'identità del Messia. Sanno che "Colui che doveva venire", deve essere il re e il giudice della fine dei tempi, destinato a ristabilire l'ordine e la giustizia turbati dai nemici e dai peccatori in Israele. Eppure sembra che Gesù segua un altro programma.
Proprio questo stile, assolutamente impensabile, porta disorientamento e perplessità. Giovanni si chiede il senso della propria vita e vuole verificare la credibilità del suo messaggio. Da giudice, da re vincitore, come lo aveva immaginato e proposto, si ritrova un Messia che opera senza clamori e risonanza, "senza gridare nella piazza, né spezzare la canna incrinata, né spegnere il
lucignolo fumigante"
(Mt 12,19-20).
Gesù risponde suggerendo ai messaggeri di udire e vedere e quindi riferire: "I ciechi, gli storpi, i lebbrosi, i sordi sono guariti, i morti risuscitati, ai poveri è predicata la buona novella".
Vengono ripresi Isaia (c.35) e Isaia (c.61) con, in più, il richiamo ai lebbrosi e ai morti. La novità della risposta non sta tanto nei miracoli: in questo tempo molti parlano di ciarlatani con fatti straordinari. Straordinario è l'allineamento di un mondo nuovo secondo la parola dei profeti che restituiscono dignità e gioia ai diseredati (l'elenco è costituito di 6 elementi a cui si aggiunge la beatitudine di chi non si scandalizza: è il vero mondo liberato).
A questo punto "beato chi non si scandalizza di me". Letteralmente significa, beato chi non mi mi dice come devo essere, chi non pensa che io debba essere secondo i suoi pensieri e i suoi gusti. Poiché la strada di Gesù è così nuova e imprevedibile che diventerà sempre più sconcertante fino ad essere realmente "scandalo" (1 Cor. 1,23); infatti, si arriverà fino al Calvario con la crocifissione del Re dei Giudei. E tutti grideranno: "Se tu sei figlio di Dio, scendi dalla croce". Il dubbio che Giovanni ha superato, avendo maturato una sua riflessione sui profeti, non sarà superato, invece, dalle persone attorno a Gesù. Anzi tale dubbio prenderà sempre più corpo e diventerà garanzia di imbroglio: "Se non è capace di salvare se stesso, è un ciarlatano".
Giovanni sarà grande, il più grande tra i figli di donna, poiché precederà Colui che viene da parte di Dio e sarà fedele fino alla morte. Ma si fermerà al limitare del Regno. Il Regno è la presenza nuova di Dio in Gesù. I tempi e lo stile del Regno sono enormemente nuovi e diversi; aprono ad un mondo assolutamente inaspettato e disorienteranno tutti, anche noi, come allora.
Davanti a Gesù, si tratta di fare un passo nuovo che introduca nel Regno, nella comunità della fede, nel mondo della Parola viva: "Il più piccolo nel regno è più grande di Giovanni." Perciò Gesù sa che è "beato colui che non si scandalizza di lui". Questa frase ci obbliga a ripensare seriamente alla proposta cristiana. Se è troppo logica, troppo chiara, troppo normale, troppo tranquilla, troppo scontata, probabilmente non è quella vera, quella di Gesù!

Rito romano
I Domenica di Avvento (Anno A)
Prima Lettura
Is 2,1-5
Dal libro del profeta Isaìa

Messaggio che Isaìa, figlio di Amoz, ricevette in visione su Giuda e su Gerusalemme.
Alla fine dei giorni,
il monte del tempio del Signore
sarà saldo sulla cima dei monti
e s’innalzerà sopra i colli,
e ad esso affluiranno tutte le genti.
Verranno molti popoli e diranno:
«Venite, saliamo sul monte del Signore,
al tempio del Dio di Giacobbe,
perché ci insegni le sue vie
e possiamo camminare per i suoi sentieri».
Poiché da Sion uscirà la legge
e da Gerusalemme la parola del Signore.
Egli sarà giudice fra le genti
e arbitro fra molti popoli.
Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri,
delle loro lance faranno falci;
una nazione non alzerà più la spada
contro un’altra nazione,
non impareranno più l’arte della guerra.
Casa di Giacobbe, venite,
camminiamo nella luce del Signore.
Salmo responsoriale (Sal 121)
Andiamo con gioia incontro al Signore.
Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!».
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme!

È là che salgono le tribù,
le tribù del Signore,
secondo la legge d’Israele,
per lodare il nome del Signore.
Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide.

Chiedete pace per Gerusalemme:
vivano sicuri quelli che ti amano;
sia pace nelle tue mura,
sicurezza nei tuoi palazzi.

Per i miei fratelli e i miei amici
io dirò: «Su di te sia pace!».
Per la casa del Signore nostro Dio,
chiederò per te il bene.
Seconda Lettura
Rm 13,11-14
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti.
La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce.
Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo.
Acclamazione al Vangelo
(Sal 84,8)
Alleluia, alleluia.
Mostraci, Signore, la tua misericordia
e donaci la tua salvezza.
Alleluia.
Vangelo: Mt 24,37-44
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Mangiavano e bevevano
Da noi c'è un proverbio: "Quali sono le novità di questo porto? O piove, o tira vento, o suona a morto". Insomma, sembra che novità non ce ne siano e tutto rientri nella quotidianità della vita. Le fatiche, le emozioni, perfino i sogni tendono a rientrare nell'alveo della normale consuetudine. Un po' come ogni mattina ci guardiamo allo specchio e ci sembriamo identici a giorno prima, anche i figli pare non crescano, tutto tende a stabilizzarsi ed auto-confermarsi. Ma sappiamo che non è così. Ogni giorno arrivano notizie nuove, i giornali si affastellano, il computer inghiotte parole e immagini: occorre un occhio allenato per intravedere l'incresparsi di una ruga, l'intuizione di un figlio che cresce, un germoglio che sta per spuntare, o un avvenimento che incide nella storia.

Non si accorsero di nulla
Fare l'abitudine alle cose, alla vita, alla storia è la condizione pessima dell'uomo che non si accorge di nulla. Il tempo scorre veloce e contemporaneamente è lentissimo, se ci lasciamo coinvolgere dalla velocità o dalla lentezza non ci accorgiamo della straordinarietà di cui è intrecciata l'ordinarietà. Ci sono cose estremamente evidenti che piano piano diventano invisibili, un po' come l'arca di Noè, di cui non ci si rende più conto. Recentemente c'è stata una serie di servizi del telegiornale (TG2) proprio sugli invisibili; ci sono realtà che hanno perso - o non hanno mai avuto - nell'opinione pubblica una qualche attenzione, fatti e persone che ci scorrono accanto senza che siamo capaci di accorgersene. Al contrario ci sono realtà che sono per natura invisibili e che avrebbero bisogno di più attenzione; sono i sentimenti, le relazioni, le fedeltà, il coraggio, il dono, il mistero della stessa vita, la presenza sommessa del Signore che ha affermato: io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt 28,20).

Due uomini saranno nel campo
Se uno verrà portato via e l'altro lasciato significa che c'è qualcosa che discrimina i due nell'apparenza identici ed è la capacità di vegliare, l'attenzione alle cose e alla storia. L'esempio del padrone di casa che attende il ladro è estremamente semplice e chiaro: si deve vivere apparentemente come se "non" dovesse accadere niente, ma con la coscienza attendere qualcuno o di essere attesi, coinvolti in un evento che sta per giungere. Dobbiamo "prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui" (EG 3), lasciarsi prendere dal desiderio per vivere la libertà di ogni incontro, mettersi davanti i suoi occhi (EG 264) e scoprire che Lui già ci aspettava a braccia aperte (EG 3).

Cercate di capire questo
C'è la necessità di avere una sapienza del tempo che coniuga la certezza dell'avvenimento e il non sapere quando. La consapevolezza ci dona una prospettiva, ci dice che c'è un progetto per ciascuno di noi e per l'umanità, che ogni giorno si realizza e ci avvicina al compimento. Ma è proprio l'ignoranza del quando che ci rende liberi, capaci di stupirci, attenti alle novità, capaci di valorizzare il presente e gioire di ogni attimo.

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