giovedì 17 febbraio 2011

domenica 20 febbraio 2011 VII dopo l'Epifania: la cornucopia infinita

LETTURA Isaia 64, 3b-8
In quei giorni. Isaia pregò il Signore, dicendo: «Orecchio non ha sentito, / occhio non ha visto / che un Dio, fuori di te, / abbia fatto tanto per chi confida in lui. / Tu vai incontro a quelli che praticano con gioia la giustizia / e si ricordano delle tue vie. Ecco, tu sei adirato perché abbiamo peccato / contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli. / Siamo divenuti tutti come una cosa impura, / e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia; / tutti siamo avvizziti come foglie, / le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento. / Nessuno invocava il tuo nome, / nessuno si risvegliava per stringersi a te; / perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto, / ci avevi messo in balìa della nostra iniquità. Ma, Signore, tu sei nostro padre; / noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, / tutti noi siamo opera delle tue mani. / Signore, non adirarti fino all’estremo, / non ricordarti per sempre dell’iniquità. / Ecco, guarda: tutti siamo tuo popolo».

SALMO Sal 102 (103)
® Il Signore è buono e grande nell’amore.

Benedici il Signore, anima mia,non dimenticare tanti suoi benefici.Egli perdona tutte le tue colpe,guarisce tutte le tue infermità,salva dalla fossa la tua vita,ti circonda di bontà e misericordia.

®Quanto il cielo è alto sulla terra,così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono;quanto dista l’oriente dall’occidente,così egli allontana da noi le nostre colpe.Come è tenero un padre verso i figli,così il Signore è tenero verso quelli che lo temono.

®Perché egli sa bene di che siamo plasmati,ricorda che noi siamo polvere.Ma l’amore del Signore è da sempre,per sempre su quelli che lo temono,e la sua giustizia per i figli dei figli. ®

EPISTOLA Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 2, 1-5

Fratelli, se c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto, frutto della carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi. Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri. / Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù.

VANGELO Matteo 9, 27-35 In quel tempo.

Mentre il Signore Gesù si allontanava di là, due ciechi lo seguirono gridando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!». Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: «Credete che io possa fare questo?». Gli risposero: «Sì, o Signore!». Allora toccò loro gli occhi e disse: «Avvenga per voi secondo la vostra fede». E si aprirono loro gli occhi. Quindi Gesù li ammonì dicendo: «Badate che nessuno lo sappia!». Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione. Usciti costoro, gli presentarono un muto indemoniato. E dopo che il demonio fu scacciato, quel muto cominciò a parlare. E le folle, prese da stupore, dicevano: «Non si è mai vista una cosa simile in Israele!». Ma i farisei dicevano: «Egli scaccia i demòni per opera del principe dei demòni». Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità.

Commento

Dopo il “discorso della montagna”: (le parole”:capp5-7), Matteo fa seguire il racconto delle “opere
liberanti” di Gesù. E se nelle beatitudini Gesù è il maestro, qui Gesù è il guaritore, anzi colui che
manifesta, attraverso le opere straordinarie di Dio, la liberazione definitiva, la salvezza, la presenza nuova dell'Alleanza eterna. Così Matteo, nei capitoli successivi (capp 8-9) propone 10 miracoli nello stesso numero delle 10 piaghe d'Egitto attraverso cui il popolo d'Israele passò indenne e in forza delle quali venne liberato. E se nell'insegnamento delle beatitudini Gesù era accostato a Mosé, qui la figura di Gesù acquista un rilievo particolare per l’effettiva presenza di gesti che liberano il nuovo popolo che egli raduna.
Gli ultimi due miracoli della serie dei 10 sono la guarigione di due ciechi (9,27-31) e la
guarigione di un muto indemoniato (9,32-34).

I ciechi e il muto, bloccato dal demonio che non comunica, identificano dei malati ma diventano
immagine degli stessi interlocutori di Gesù che avrebbero bisogno di essere, essi stessi, liberati se
accettassero di credere in lui.

Essi, invece, rischiano di essere completamente incapaci di vedere, di
capire e di esprimersi non avendo accettato di avere fiducia. Eppure conoscevano la Scrittura e
poteva essere facile l’accostamento dei tempi di Gesù alle parole di Isaia (35,5): "Allora si apriranno
gli occhi dei ciechi, e si schiuderanno gli orecchi dei sordi". Questo testo Matteo lo riferirà come
contenuto del messaggio inviato da Gesù al Battista quando, attraverso i discepoli, Giovanni
presenterà le sue perplessità e i suoi timori.
Il centro di questa liberazione è la “casa” (la Comunità cristiana) dove si radunano gli amici di Gesù
e l'elemento fondamentale di scambio è la fede. Nella casa sono formulati interrogativi sulla fede:
"Credete che io possa fare questo?” (28). E il miracolo avviene perché Gesù si sente rispondere.”Si”.
“Allora avvenga per voi secondo la vostra fede".
Il silenzio successivo che Gesù impone si gioca sulla più profonda gratuità, unica capace di
smantellare l’esibizione di potenza. La popolarità dei miracoli avrebbe facilmente caricato il titolo:
“figlio di Davide" di quella ambiguità di messianismo regale che non faceva maturare il nuovo
orizzonte dell'amore di Dio per il suo popolo, ma ripeteva all'infinito lo scontro tra potenza e poteri,
tra sottomissione ed esclusione. Questa ambiguità, continuamente pretesa, arriverà persino sotto la
croce, quando Gesù si sentì sfidato: "Dimostra il tuo messianismo”. “Scendi dalla croce e ti
crederemo".
La guarigione del muto indemoniato ci riconduce alla sterilità dell’insegnamento dei dottori e dei
saggi d'Israele, ma anche all’insignificanza e incapacità di formulare messaggi credenti anche da
parte nostra. La scoperta che un muto possa parlare perché Gesù riconsegna a lui la capacità di
esprimersi, fa passare i farisei dalla contestazione (9,11 “Come mai il vostro maestro mangia con i
pubblicani ed i peccatori”), quindi alla calunnia (v 34 “Egli scaccia i demoni per opera del principe
dei demoni") e, infine, si giungerà alla decisione di metterlo a morte (12, 14 "Allora i farisei
uscirono e tennero consiglio contro di lui per farlo morire").

Il testo di Matteo è drammatico perché neppure i fatti evidenti di libertà, di cambiamento, di
guarigione, di restituita nuova dignità sanno mettere in dubbio le proprie convinzioni radicate. Si
diventa incapaci di qualsiasi revisione.

Gesù diventa allora la discriminante tra il valore di una persona che cresce, fidandosi di lui, e una
persona sapiente e religiosamente convinta che rinnega ogni possibilità di intervento della pienezza
di Dio tra noi. In fondo ci troviamo all'interno di un itinerario di idolatria dove Dio non può farci più
niente e dove la domanda fondamentale che Gesù ci pone non è retorica ma la domanda di altissimo
livello di responsabilità e di libertà: "Credete che io possa fare questo?" (v 28).
Il versetto 9,35 riprende, quasi alla lettera, l’avvio delle “Parole e Gesti di liberazione” anticipate in
4,23:
o "Gesù insegna nelle sinagoghe". Nelle sinagoghe Gesù riprende il messaggio dell'Antico
Testamento, rileggendolo con autorità;
o "annuncia il Regno”: l'orizzonte si allarga nella prospettiva del dono nuovo che il Padre fa
per tutta l'umanità che viene chiamata; ed è l’annuncio che si sviluppa “nella casa”;
o "cura malattie e infermità" e svolge l'azione terapeutica che esprime l'impegno della nuova
dignità e della nuova pienezza che Dio riconosce ad ogni uomo e ad ogni donna. Dio libera dal male
morale e fisico restituendo ciascuno alla salute piena. E’ il richiamo del segno di una nuova umanità
che viene riscattata.

APPROFONDIMENTO:

LA LEGGE DELLA CORNUCOPIA INFINITA


Molti sono i musei che mostrano statue accompagnate da una sorta di corno rovesciato a forma di vaso, dal quale fuoriescono abbondanti frutti. Ad esempio, viene raffigurato così il Nilo o la dea Roma per simboleggiare il ruolo dell’acqua limacciosa sulla produzione agricola o la potenza riversata sulla Roma repubblicana e imperiale.
Questo vaso è chiamato cornucopia. L’immagine è però presente nella cultura di tutti i tempi, anche se non i forma di statua. Si tratta di un meccanismo argomentativo per cui si trovano sempre ragioni per contrastare le ragioni altrui, anche quando queste mostrano di essere veritiere e meritevoli di essere accolte. Il vangelo di oggi ce ne dà un esempio: di fronte alla evidenza benefica dell’agire di Gesù, i farisei dicono che egli scaccia i demoni per opera del principe dei demoni.
Ovviamente non hanno alcuna prova di quanto dicono, ma questo è irrilevante; il punto che conta e che essi non vogliono dare ragione a Gesù anche se la situazione è così evidente che dovrebbero almeno riconoscere di essere in presenza di un dono di misericordia e di vita.
Tutto ciò accade ancora oggi: si usa l’intelligenza, la ragione e la capacità di parlare non per cercare la verità, ma solo per prevalere sugli altri.
I salotti televisivi, specie se politici, sono un esempio lampante di questo procedimento, ma lo sono anche le discussioni personali e le discussioni relative ai valori etici da realizzare nella società.
Non si tratta solo di un metodo cattivo di parlare, ma di un modo cattivo di essere uomini, perché la difesa dei propri interessi viene fatta con ogni mezzo e ci si chiude alla ricerca della verità e del bene.
Chi usa questo metodo, alla fine, è un violento che calpesta i diritti della verità. Si sa che la verità è debole, essa per essere riconosciuta e vissuta richiede uomini onesti che una volta che l’hanno incontrata, le ubbidiscono liberamente. Senza queste qualità interiori anche il più stupido degli uomini può calpestare la verità, ed è proprio ciò che fa la cornucopia infinita.

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