mercoledì 23 febbraio 2011

DOMENICA 27 febbraio 2011

carissimi
ecco il testo del vangelo con commento e piccolo approfondimento
Vi informo che il viaggio in terra Santa ha già raggiunto quasi trenta adesioni; se qualcuno volesse aggiungersi può ancora farlo.


DOMENICA PENULTIMA DOPO L'EPIFANIA - detta "della divina clemenza"

LETTURA
Lettura del profeta Baruc 1, 15a; 2, 9-15a

Direte in quei giorni: «Il Signore ha vegliato su questi mali e li ha mandati sopra di noi, poiché egli è giusto in tutte le opere che ci ha comandato, mentre noi non abbiamo dato ascolto alla sua voce, camminando secondo i decreti che aveva posto davanti al nostro volto. Ora, Signore, Dio d’Israele, che hai fatto uscire il tuo popolo dall’Egitto con mano forte, con segni e prodigi, con grande potenza e braccio possente e ti sei fatto un nome, qual è oggi, noi abbiamo peccato, siamo stati empi, siamo stati ingiusti, Signore, nostro Dio, verso tutti i tuoi comandamenti. Allontana da noi la tua collera, perché siamo rimasti pochi in mezzo alle nazioni fra le quali tu ci hai dispersi. Ascolta, Signore, la nostra preghiera, la nostra supplica, liberaci per il tuo amore e facci trovare grazia davanti a coloro che ci hanno deportati, perché tutta la terra sappia che tu sei il Signore, nostro Dio».

SALMO
Sal 105 (106)

® Rendete grazie al Signore, il suo amore è per sempre.
Abbiamo peccato con i nostri padri,
delitti e malvagità abbiamo commesso.
I nostri padri, in Egitto,
non compresero le tue meraviglie. ®

Non si ricordarono della grandezza del tuo amore
e si ribellarono presso il mare, presso il Mar Rosso.
Ma Dio li salvò per il suo nome,
per far conoscere la sua potenza. ®

Molte volte li aveva liberati,
eppure si ostinarono nei loro progetti
e furono abbattuti per le loro colpe;
ma egli vide la loro angustia, quando udì il loro grido. ®

Si ricordò della sua alleanza con loro
e si mosse a compassione, per il suo grande amore.
Salvaci, Signore Dio nostro, radunaci dalle genti,
perché ringraziamo il tuo nome santo. ®

EPISTOLA
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 7, 1-6a

O forse ignorate, fratelli – parlo a gente che conosce la legge – che la legge ha potere sull’uomo solo per il tempo in cui egli vive? La donna sposata, infatti, per legge è legata al marito finché egli vive; ma se il marito muore, è liberata dalla legge che la lega al marito. Ella sarà dunque considerata adultera se passa a un altro uomo mentre il marito vive; ma se il marito muore ella è libera dalla legge, tanto che non è più adultera se passa a un altro uomo. Alla stessa maniera, fratelli miei, anche voi, mediante il corpo di Cristo, siete stati messi a morte quanto alla Legge per appartenere a un altro, cioè a colui che fu risuscitato dai morti, affinché noi portiamo frutti per Dio. Quando infatti eravamo nella debolezza della carne, le passioni peccaminose, stimolate dalla Legge, si scatenavano nelle nostre membra al fine di portare frutti per la morte. Ora invece, morti a ciò che ci teneva prigionieri, siamo stati liberati dalla Legge per servire secondo lo Spirito, che è nuovo.

VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Giovanni 8, 1-11

In quel tempo. Il Signore Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».


Commento

Questo testo ha creato molti interrogativi sia per il linguaggio, che assomiglia di più allo stile di
Luca sia per la sua assenza negli antichissimi manoscritti biblici del NT a noi giunti.
Esso compare e si diffonde solo a partire dal quarto o quinto secolo.
Si ha quasi l'impressione che un racconto di
questo genere avesse creato disagio e fastidio nelle prime Chiese, tanto da supporre che una lettura
normale potesse provocare nei cristiani assuefazione al male e superficialità. E’ come se negli
antichi manoscritti si fosse strappato una pagina per evitare che le persone più fragili potessero
scandalizzarsene. Si parla, infatti, di una straordinaria disponibilità di Gesù alla misericordia.
E tuttavia non è un testo permissivo. Gesù ricupera la persona, le dà l’opportunità di ripensare ciò
che ha fatto, la incoraggia a riesaminare in termini completamente nuovi la propria esistenza. E
questo, senza passare attraverso il castigo, o il giudizio degli uomini, pur avvalorato dalla legge di
Mosé.
Gesù, che frequenta il tempio dalla mattina molto presto e che raccoglie attorno a sé molte persone
che si fermano estasiate ad ascoltarlo, si vede portare davanti, strattonata e spinta in tutti i modi, una
donna accusata di flagrante adulterio da due gruppi di persone: scribi i farisei.
Non sembra che si voglia fare il processo, seduta stante, quanto piuttosto si chiede il parere di Gesù
su una grave infrazione della legge che formalmente prevede la lapidazione. Probabilmente gli
accusatori non sarebbero arrivati subito a tanto, ma, certo, questo “gruppo del buon costume”
organizzato in Gerusalemme, avrebbe creato drammi e timori in questa donna e nei presenti,
ristabilendo ordine nel lassismo imperante, e, nel contempo, avrebbero sfruttato un’occasione unica,
lampante ed esaltante insieme, per mettere in cattiva luce Gesù. Essi vogliono coglierlo in
contraddizione: o con la legge di Mosé (dando la morte) o con la misericordia che spesso Gesù, richiama, facendo riferimento al Padre (violando la Legge).
Di fronte allo schiamazzo, alle urla decise e convinte delle proprie ragioni, ripetute in modo sempre
più violento dagli accusatori, di fronte alla situazione onestamente pruriginosa e paradossale, ma
anche chiarissima, tutti si aspettano una conclusione rigida e definitiva che sfociasse nella morte.
Per procedere nella lapidazione, in caso di sentenza pronunciata dal giudice, è necessario che
qualcuno, per primo, cominciasse a scagliare una prima pietra. E’ il diritto-dovere che spetta al
testimone sulla cui testimonianza si sono basati processo e condanna.
Così Gesù, che fa appello a chi
ritiene di avere diritto di iniziare l’esecuzione della sentenza di morte, richiama un'altra verità,
ancora più importante, che è quella della coscienza di ciascuno e che nessuno conosce, tranne Dio.
Poiché una testimonianza bugiarda, in coscienza, avrebbe reso omicida il testimone, Gesù formula
una diversa verifica sul diritto di procedere all’esecuzione: "Chi è senza peccato scagli la prima
pietra”.
Ma, nel frattempo, Gesù assume un atteggiamento assai diverso, non provocatorio e libero da
giudizio. Scrivere per terra è ricuperare tempo; lasciar sfogare senza fissare la persona che accusa;
accettare che nel cuore di ciascuno maturi il proprio giudizio. Si sente, qui, la fermezza ed anche la
fiducia che il rapporto religioso corretto, ricostruito con Dio, sa fare il miracolo di una
consapevolezza.
Se la donna non è condannata da nessuno, neppure Gesù condanna la donna. Egli, che conosce a
fondo il cuore delle persone, non è venuto per condannare, ma per dare la vita al mondo (Gv 12,27).
E però il richiamo alla legge morale, come rapporto prezioso e insostituibile con Dio, fa aprire a
Gesù gli orizzonti verso il futuro coerente. “Non peccare più”, dice Gesù.
Così viene lasciato alla coscienza un progetto futuro nuovo. Si ricuperino la libertà e l’attenzione a
Dio che per primo ci vuole bene e ci perdona, per aprire noi e gli altri alla speranza.
Gli accusatori si fermano a tempo e se ne vanno via. O si resta fiduciosi e umili con Cristo, o ci si
allontana. Davanti a Cristo non si può essere veri e giustizieri, tranquilli e sicuri della propria
maschera.
La nostra eresia è quella di pensare Cristo giudice, o addirittura di pretenderlo. E invece dobbiamo
essere noi a saperci verificare. Quanto accettiamo la misericordia di Dio?
Quanto restiamo induriti al seguito di Cristo e giudici degli altri, senza avere il coraggio, almeno, di
andarcene consapevoli?
Restare con il Signore nonostante il rifiuto di una nostra verifica non ci fa intravedere la speranza e
la salvezza. E così, ci ricorda il Signore, “I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel Regno di
Dio” (Mt21,31).

Approfondimento: per una riscoperta della coscienza morale

L’uomo contemporaneo non desidera fare l’esame di coscienza e tanto meno vuole che qualcuno lo inviti a farlo.

Al più accetta che si guardi nel flusso della sua coscienza per riparare con gli strumenti della psicologia i guasti che qualcuno ha prodotto durante l’educazione a partire dalla prima infanzia.

Ma a furia di scordare l’esame di coscienza ha perso la bussola della sua esistenza. Il privato di ognuno è diventato una specie di santuario intoccabile dove ad essere esclusa è proprio ogni forma di santità, e ad essere ammessa è ogni sorta di capriccio, anche il più immorale.

La opinioni espresse su fatti recenti della cronaca politica mostrano la divisione netta tra quanti difendono ogni genere di comportamenti nel privato e quanti (sinceri?) si tracciano le vesti in nome di una moralità infranta.
Purtroppo i primi sono irresponsabili e i secondi, che hanno predicato un libertarismo per molti anni, pretendono di far rientrare i buoi, dopo che sono scappati.

Bisogna tornare alla coscienza morale, che non è espressione di condizionamenti genitoriali, come pensava Freud, ma espressione della verità, del bene, dell’umanità e dell’origine divina dell’uomo.
La cura della coscienza non potrà avere altra sorgente che la Parola di Dio. È dal confronto e dall’obbedienza a questa parola che l’uomo trova la verità di se stesso e delle proprie azioni.
Se non curiamo la coscienza, gli sforzi di curare il PIL saranno inefficaci ai fini di una società giusta e solidale.

Per fortuna, i potenziali lapidatori dell’adultera avevano ancora un po’ di coscienza morale e hanno accettato di riconoscere il loro essere peccatori. Così hanno lasciato il giudizio al Signore, l’unico che in effetti può giudicare in verità.

E il giudizio è stato di misericordia, perché Dio vuole che l’uomo viva. Ed è stato anche di verità: non peccare più; sempre per lo stesso motivo: che l’uomo viva. Infatti non si può vivere senza amore, ma neppure senza verità.

La bussola è stata ritrovata come dono dell’umanità amorevole di Gesù, che salva e responsabilizza sia l’adultera sia coloro l’hanno condotta a lui.

Anch’essi sono stati salvati dall’ipocrisia e dalla terribile ingiustizia che si commette quando si condannano gli altri senza voler mettere in discussione se stessi.


Rito romano

Vangelo: Mt 6,24-34


In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.
Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?
Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?
E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede?
Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno.
Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.
Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».


Commento

La liturgia ci invita a continuare a leggere il discorso della montagna (capp. 5-7).
Gesù affronta ora la questione dell’uso delle cose, in particolare del denaro quale
simbolo globale di ciò che si possiede.
Dio e la ricchezza sono incompatibili in ordine alla salvezza. Solo Dio salva, non di
certo il denaro o i beni che esso rappresenta. Certo possedere dei beni e del denaro è
necessario per vivere, ma essi sono doni che Dio affida all’uomo per il suo bene e per
il bene dei fratelli. Infatti i beni mediano la relazione con il fratello e l’uso che se ne
fa determina la qualità della relazione che si intrattiene con l’altro.
Gesù rimette ordine nella gerarchia dei valori: prima viene la vita, poi i beni che
servono per viverla. Infatti l’una e gli altri vengono da Dio, come possiamo ben
comprendere guardando gli uccelli del cielo. Il lavoro non rende proprietari dei beni,
ma solo li trasforma per renderli fruibili.
Se l’erba del campo è così bella, dice Gesù sapendo quanta cura ne ha il Padre, tanto
più il Signore si prenderà cura degli uomini e delle loro necessità. Infatti l’uomo non
può fare nulla per allungare la propria vita, che è nella mani di Dio e se ne prende
cura.
Sono i pagani, coloro che non si affidano al vero Dio, creatore del mondo, che si
preoccupano delle cose materiali. Essi non hanno fede nei loro dei, non li conoscono
come capaci di dare la vita e di prendersene cura. Non così è il Padre vostro, dice
Gesù a partire dalla sua intima e singolare esperienza che ha fatto del Padre.
Egli sa che cosa è veramente importante: cercare il regno di Dio e la sua giustizia. E’
quello che ha plasmato la sua vita e che ora sta adempiendo annunciando appunto la
vicinanza del regno di Dio e la sua benevolenza nei confronti di tutti gli uomini.
Egli sa bene quanto il Padre sia vicino a chiunque si trovi in difficoltà nella vita, di
come si preoccupi per il bene di ciascuno. All’uomo dunque non rimane che
accogliere questa presenza di Dio che si manifesta nella giustizia che si realizza. La
fatica del vivere trova dunque la sua consolazione nella presenza misericordiosa di
Dio.

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