venerdì 10 gennaio 2014

In Cristo diventiamo Figli di Dio - Domenica 12 1 2014



Battesimo del Signore (anno A) RITO AMBROSIANO


Copia di Battesimo di Gesù
Battesimo di Gesù
Del Battesimo di Gesù Cristo parlano tutti i quattro vangeli canonici. Ecco come lo presenta il Vangelo di Matteo (3,13-17):
"In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui. Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito Santo scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce dal cielo che disse: Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto".
Il battesimo di Gesù manifesta la sua natura divina: nel mondo è apparso il Figlio di Dio incarnato nella forma umana. Questa è l'Epifania.
Dio appare nello stesso tempo sotto tre ipostasi: Dio-Figlio - Gesù, Dio-Spirito Santo - è sceso su Gesù in forma di colomba, Dio-Padre - si è manifestato attraverso la sua voce. Ecco l'epifania della Santissima Trinità (Trinità "novotestamentaria").

Ricevuto il battesimo, Gesù andò nel deserto e lì digiunò per quaranta giorni. E il demonio per tre volte lo tentò. Ma Gesù vinse le tentazioni e, tornato in Galilea, iniziò il suo insegnamento. "Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista... (Lc 4,18).

Da questo momento Gesù appare come Messia (dall'ebraico mashijah - "unto", in greco "Cristo"). Inizia il suo grande servizio.
Le immagini del Battesimo del Signore, chiamate anche l'Epifania (del nostro Signore Gesù Cristo), erano molto popolari nella Russia. Uno degli esempi delle icone di questo tipo è l'immagine dell'Epifania di Novgorod, fine del XV - inizio XVI secolo.

Il centro logico e composizionale dell'icona è la figura di Cristo. Gesù Cristo, spogliato, riceve il battesimo di purificazione nel Giordano: secondo l'iconografia fissata, nella riva sinistra del fiume Giordano è presentato Giovanni Battista, nella riva destra degli angeli (il loro numero sulle icone dell'Epifania varia da tre a quattro).
Giovanni Battista compie l'atto del battezzare, mettendo il palmo della mano destra sulla testa di Gesù Cristo; nella mano sinistra ha la croce, simbolo della missione salvifica di Cristo e simbolo del Nuovo Testamento, della Nuova Alleanza, conclusa tra Dio e gli uomini.
Le due sorgenti che scendono dalla montagna si uniscono in un solo fiume, il Giordano. Gli spazi acuti e fini sullo sfondo di tonalità rosso-bruna delle rive, creano l'illusione di un allontanamento delle montagne che si alzano verso il cielo; già qui si può vedere un raro e ben riuscito tentativo di trasmettere la profondità dello spazio.

Ai piedi di Gesù Cristo nell'acqua si possono distinguere due piccole figure. Quella maschile simbolizza il fiume Giordano, quella femminile il mare. Queste figure sono sorprendenti resti dell'antichità pagana, che sono penetrati e si sono consolidati nell'iconografia dell'immagine ortodossa dell'"Epifania". È fissata anche la loro provenienza, sono chiamati per illustrare le parole del Salmo 114,3: "Il mare vide e si ritrasse, il Giordano si volse indietro". Questo fatto, nelle prime e più antiche rappresentazioni del Battesimo, è stato raffigurato in un modo tradizionale e abituale per l'antichità: il mare e il fiume erano rappresentati con piccole figure antropomorfiche. La loro "ritirata" ed il "volgersi indietro" diventavano vaghi.
A volte, insieme a queste piccole figure è raffigurato anche il serpente, che corrisponde al versetto 13 del Salmo 74: "Hai schiacciato la testa dei draghi sulle acque".
Gli angeli, rappresentati nelle immagini del Battesimo di Gesù Cristo, personificano i padrini, il cui compito è di accogliere i "battezzandi", quando escono dall'acqua.
Nell'icona troviamo anche la simbolica immagine della colomba, che personifica lo Spirito Santo, e la nube dalla quale è uscita la voce di Dio-Padre.

Lettura
Is 55, 4-7
Così dice il Signore Dio:
«Ecco, l’ho costituito testimone fra i popoli,
principe e sovrano sulle nazioni.
Ecco, tu chiamerai gente che non conoscevi;
accorreranno a te nazioni che non ti conoscevano
a causa del Signore, tuo Dio,
del Santo d’Israele, che ti onora.
Cercate il Signore, mentre si fa trovare,
invocatelo, mentre è vicino.
L’empio abbandoni la sua via
e l’uomo iniquo i suoi pensieri;
ritorni al Signore che avrà misericordia di lui
e al nostro Dio che largamente perdona».
Parola di Dio.
Salmo (Sal 28 (29))
Gloria e lode al tuo nome, Signore.
Date al Signore, figli di Dio,
date al Signore gloria e potenza.
Date al Signore la gloria del suo nome,
prostratevi al Signore nel suo atrio santo. R.

La voce del Signore è sopra le acque,
il Signore sulle grandi acque.
La voce del Signore è forza,
la voce del Signore è potenza. R.

Tuona il Dio della gloria.
Nel suo tempio tutti dicono: «Gloria!».
Il Signore è seduto sull’oceano del cielo,
il Signore siede re per sempre. R.
Epistola
Ef 2, 13-22
Fratelli, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo.
Egli infatti è la nostra pace,
colui che di due ha fatto una cosa sola,
abbattendo il muro di separazione che li divideva,
cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne.
Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti,
per creare in sé stesso, dei due, un solo uomo nuovo,
facendo la pace,
e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo,
per mezzo della croce,
eliminando in sé stesso l’inimicizia.
Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani,
e pace a coloro che erano vicini.
Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri,
al Padre in un solo Spirito.
Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
(Cfr Mt 3,16-17/Lc 9,35)
Alleluia.
Si aprirono i cieli e la voce del Padre disse:
Questi è il mio Figlio, l’amato: ascoltatelo.
Alleluia.
Vangelo: Mt 3,13-17
In quel tempo. Il Signore Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».
Parola del Signore.
COMMENTI
Is 55,4-7

In questo testo il profeta intravede il tempo della liberazione e parla ad un popolo che vive a Babilonia, scoraggiato dal lungo esilio e deluso che il Signore non sappia o non voglia provvedere.

In questo testo c'è un invito ad un banchetto nei primi versetti: "O voi tutti assetati, venite all'acqua, voi che non avete denaro, venite, comprate e mangiate; venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte. Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia? Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti. Porgete l'orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete. Io stabilirò per voi un'alleanza eterna, i favori assicurati a Davide" (55,1-3). Per riprendere forza nulla può sostituire un grande pranzo con un invito gratuito a mangiare e a bere, oltre che ad ascoltare, a somiglianza di alcuni inviti per la casa della Sapienza (Pr 9,5-6; Sir 24,19-21). Con la differenza che là parlava la Sapienza e qui è Dio stesso che incoraggia a venire e garantisce. Il Signore assicura che i suoi giuramenti saranno rispettati e ci sarà una discendenza per il misterioso nuovo Davide. E'costituito testimone per i popoli e tra essi proclamerà le lodi di Dio.

Dopo la garanzia e la presentazione del personaggio capace di "Alleanza eterna", sconosciuto ma promesso a Davide, l'invito ripropone di "cercare il Signore". E' il linguaggio dei profeti che iniziano spesso con l'impegno del servizio al tempio, ma poi si aprono e si allargano alla fede, concretizzandola in atteggiamenti di coerenza verso la giustizia e la fraternità. Come sempre accade, il profeta invita alla collaborazione, a partire da una verifica di responsabilità e di onestà, cercando quello che è costruttivo e coerenza con la parola e la presenza del Signore. Esiste sempre l'invito alla collaborazione, alla ricerca di significati.

Rimettiti a cercare poiché i tesori di Dio sono sempre disseminati sul tuo cammino e i tempi porteranno novità.

La situazione di un popolo ormai rassegnato e senza entusiasmo obbliga a scuotersi poiché non c'è più nulla che resista o aiuti a operare con entusiasmo. Altrimenti l'unica espressione del cuore che conosce è quella della sfiducia, della stanchezza, della delusione. Così non cresce nulla che valga la pena di far appassionare. Il Signore, attraverso il profeta, sta dicendo di scuotersi, di svecchiare i sentimenti e le rassegnazioni. Il mondo è nuovo ed egli è sempre presente, disponibile a riprendere cammini e attenzioni, desideroso di riconoscere responsabilità e fedeltà. Il Signore sa anche la fatica e la pena che a ciascuno porta l'incapacità di riprendere entusiasmo e di gustare ciò che è bello e ciò che è vero. Egli stesso scuote, iniziando da un grande pranzo, per ritrovare lena, fiducia, e scrollare di dosso la sfiducia e la stanchezza.

Paolo agli Efesini 2,13-22

Paolo sta ripensando ai cristiani che egli ha conosciuto ed alle comunità da lui fondate che cercano di essere fedeli al Signore. Mentre è in carcere a Roma, probabilmente, attorno agli anni 61-63, vuole incoraggiare gli abitanti della città pagana di Efeso che, probabilmente, sentono la profonda diffidenza e il disagio di credenti ebrei che non accettano o sopportano male la presenza di pagani convertiti. Ovviamente hanno stili e sensibilità diverse, non provenendo dal mondo ebraico e quindi urtano magari in piccoli gesti o comportamenti gli altri credenti. Paolo vuole incoraggiare dicendo che, "se un tempo voi, pagani per nascita, eravate senza Cristo,... ora siete diventati vicini grazie al sangue di Cristo" (2,11-13). Paolo ha sempre, davanti agli occhi quel muro che a Gerusalemme, alto un metro e mezzo, circondava l'area religiosa del tempio, e su cui erano disposti 13 piccole lapidi di marmo su cui era inciso, in latino e greco, il divieto ai pagani di entrare nel recinto sacro, sotto pena di morte. E proprio con questa immagine Paolo può garantire che con la sua morte Gesù ha cancellato ogni divisione ed ha abbattuto questo muro, costituendo un popolo solo, dei due, di prima, nemici, diffidenti e lontani. Così Gesù è la nostra pace, abolendo la separazione e riconciliando i due popoli. Anzi ha riconciliato cielo e terra con la sua morte, rappacificando i popoli con Dio. Paolo ci offre una immagine splendida di processione di tutti i popoli salvati, pagani ed ebrei, in cammino verso il Padre, in un solo Spirito (2,18).

La conclusione è ricca di speranza poiché tutti siamo garantiti di essere "concittadini dei santi e familiari di Dio" (2,19). Edificati sugli apostoli e sui profeti, con "Gesù, pietra angolare, tutti crescono in un edificio che è tempio santo nel Signore" e quindi "edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito".

Si è passati, nell'immaginario di Paolo, nel ricordo nostalgico del tempio alle nuove costruzioni dei templi disseminati nel mondo poiché ogni persona credente, qualunque sia la propria origine, ospita la presenza di Dio per lo Spirito.

La nostra fede dovrebbe aiutarci a cogliere questa profonda novità e presenza. Quando siamo in luoghi affollati, in metropolitana o treni, nel supermercato o per le strade, sia pure nell'anonimato di una folla, là c'è la presenza del Signore e, comunque, ognuno di noi porta la presenza di Dio mediate il suo Spirito..

Ci stiamo accorgendo, in questi tempi di globalizzazione, di crisi, di timori e di speranze, che sta crescendo l'anelito alla pace ed alla fraternità, soprattutto tra i poveri di tutti i popoli della terra? Un grande segno di bellezza e di novità è stata la testimonianza umana, carica e portatrice di perdono e coraggio, di Nelson Mandela.

Matteo 3,13-17

Il battesimo che Giovanni utilizza, dopo ogni sua predicazione, come segno conclusivo della coscienza di peccatore, è per la purificazione di coloro che, consapevoli, vogliono ricominciare, rinnovato, il cammino di Dio. Immergersi significa lavare e cancellare il male nell'acqua che la corrente porta via; e l'emergere porta alla nascita dell'uomo nuovo.

Giovanni compie questo gesto su coloro che accettano di condividere la sua stessa vita, facendosi discepoli e cambiano vita per prepararsi al Messia. Ma per inserirsi nelle fila di chi aspetta il battesimo, bisogna riconoscersi i peccatori. Per questo farisei e i sadducei non seguono Giovanni perché si ritengono giusti (Lc 7,30).

Ma perché Gesù vuole per sé, da Giovanni, il battesimo? E' l'interrogativo che si fa Giovanni, ed è l'interrogativo della comunità di Gesù fin dopo la sua risurrezione. La domanda di Giovanni riceve una risposta misteriosa: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia» (3,15). Il tema della giustizia di Dio con il Messia ha messo in difficoltà tutti coloro che lo hanno incontrato, compreso gli apostoli, che hanno continuato a pensarlo come il potente, il re, il dominatore, il vincitore e poi lo hanno visto crocifisso, deriso e maledetto sulla croce. E' la giustizia di Dio che vuole che tutti i peccatori siano i suoi fratelli e le sue sorelle. La giustizia sarà sviluppata nei discorsi delle beatitudini: la si cerca con il Regno ogni giorno, si adempie seguendo la legge e i profeti, si accetta lo stile nuovo di Gesù.

E tutta la comunità cristiana dovrà rendersi conto che la giustizia di Dio è mettersi in fila con gli ultimi per garantire che ciascuno è amato.

Le tre immagini ci aiutano a capire il significato della venuta di Gesù, nel suo battesimo.

* L'apertura dei cieli indica che Gesù, finalmente, apre il rapporto nuovo tra cielo e terra che per secoli si era chiuso e da secoli non appariva un profeta. Importante la preghiera che Isaia ci ricorda: "Se tu squarciasse il cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti" (63,19).
Gesù apre finalmente il mondo di Dio per lasciarlo spalancato. Dio si manifesta in pienezza.

* La colomba è riferita allo Spirito, alla presenza di Dio. Egli non si presenta come distruzione, ma "come una colomba". Essa manifesta amore, tenerezza, affetto, attenzione al proprio nido.
Gesù è la nuova casa dello Spirito

* La voce indica la ricchezza e la novità della fede. Viene qui posta la sintesi della fede che si è fatta strada nella comunità cristiana dopo la Pasqua. Angosciati dallo scandalo della morte di Gesù, Matteo garantisce: "Gesù è il Figlio (Salmo 2,7). Dio si riconosce in Lui e accetta di essere riconoscibile nel Figlio. "E' il prediletto, l'unico, l'amato come il figlio di Abramo: Isacco. (Gen. 22). Eppure Dio gli chiede di sacrificarsi per la salvezza di tutti gli uomini e donne E perciò in lui Dio "si compiace". E già Isaia lo ha preannunciato quando ha parlato del "servo di Dio" (Is. 42,1): profeta sofferente e glorioso.
Gesù esce dall'acqua e inizia il suo cammino per un popolo libero.

Ognuno di noi cristiani è stato battezzato e quindi in lui si è svolto lo stesso mistero di Cristo, lo stesso riconoscimento da parte del Padre, la stessa vocazione della vita di ciascuno per il proprio tempo. E' una grandezza offerta a noi per il mondo, offerta al mondo attraverso noi.

Va richiamato il proprio battesimo con libertà, con discrezione poiché non è esibizione ma comunione, condivisione, accoglienza, tenerezza, misericordia. Ce lo ricorda papa Francesco.



RITO ROMANO


Lectio - Anno A

Prima lettura: Isaia 42,1-4.6-7


      Così dice il Signore: «Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, e le isole attendono il suo insegnamento. Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre».
        

2  I Carmi del Servo di JHWH, di cui Is 42,1-4,67 è il primo, rappresentano una svolta nel messianismo biblico.
      Le speranze d'Israele erano riposte, fino dall'esilio, nei successi, nelle conquiste, nei trionfi del discendente di David che avrebbe un giorno rialzate le sorti della nazione. Ma la dinastia davidica era finita a Babilonia e se n'erano perse le tracce; invece di far leva su un re, un conquistatore occorreva far tesoro della situazione disastrosa in cui ci si era venuti a trovare, accettando l'umiliazione come inviata da JHWH e tornare a lui, piegarsi, convertirsi. Bisognava lasciare a Dio la realizzazione dei suoi progetti e non affidarsi alle mani dell'uomo.
      Il «Servo» è una figura totalmente nuova. Innanzitutto apolitica. È sempre un incaricato di Dio, uno cioè che egli ha scelto e al quale ha affidato un compito che non è quello di ristabilire le sorti d'Israele, ma far conoscere il diritto e le vie del Signore alle nazioni, alle genti, oltre che ai figli di Abramo.
      Egli non avrà forze, armi; non lancerà bandi di guerra (sulle piazze), non calpesterà i deboli, ma sarà giusto e farà trionfare l'equità tra gli uomini. Non sarà un conquistatore ma un predicatore che farà pervenire la sua parola, i suoi messaggi di salvezza fino agli ultimi confini della terra (le isole più lontane).
      Dio, il creatore del cielo e della terra, che ha tutto nelle sue mani, ha anche chiamato il suo Servo e l'ha colmato dei suoi doni, innanzitutto del suo Spirito e l'ha costituito «alleanza», cioè punto d'incontro tra JHWH e Israele, e «luce», cioè fonte di chiarezza di verità per i gentili, in modo che anch'essi escano dalle tenebre in cui si trovano avvolti.
      Il I canto del Servo di JHWH è la pagina più evangelica dell'Antico Testamento.

Seconda lettura: Atti 10,34-38


      In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga. Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore di tutti.
Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui».
            

2  Il libro degli Atti allinea la conversione di Saulo, «chiamato a portare il nome del Signore ai popoli, ai re», oltre che ai «figli d'Israele» (9,15), con la «visione» a Pietro del lenzuolo con ogni sorta di animali, puri e impuri, diventati miracolosamente tutti commestibili (10,11-15).
      Pietro è invitato a capire e ad accettare che il separatismo giudaico era finito e che i privilegi d'Israele erano cessati. Tutti gli uomini sono uguali davanti a Dio e chiunque pratica la giustizia è accetto a lui e fa parte del suo popolo. L'imparzialità divina era appena accennata nell'Antico Testamento (cf. Dt 10,17; Sap 6,8). È speciale messaggio proprio del Nuovo. Gesù è passato in mezzo ai propri simili facendo del bene a quanti ne avevano bisogno prescindendo dalla loro estrazione razziale.
      L'esperienza profetica di Gesù è riportata al suo inizio, al momento del battesimo conferitegli da Giovanni. In quella circostanza egli è stato consacrato, alla lettera «unto con l'olio», in greco chriein (costituito «Cristo»), quindi «messo» scelto da Dio. Si tratta in pratica di una incombenza profetica ma che è stata accompagnata e convalidata dal potere dei miracoli che Gesù distribuirà indistintamente a quanti ricorreranno a lui.
      Il battesimo è stato per Gesù un'investitura dello Spirito di Dio, l'abilitazione a promulgare la parola di salvezza (pace) per tutti, la capacità a riversare sugli uomini i doni del cielo, la salute del corpo e dell'anima.
      Gesù, secondo l’autore degli Atti, nel battesimo non solo ha preso piena coscienza della sua vocazione, ma è stato insignito dei poteri o carismi necessari a farla valere e accogliere. È stato dichiarato, ma soprattutto si è trovato costituito messo di Dio sia a Israele che alle genti.

Vangelo: Matteo 3,13-17


     In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare.  Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».


Esegesi

      Il battesimo nel Giordano da parte di Giovanni è un evento significativo nella vita di Gesù. È il primo atto pubblico che egli compie da quando avverte la voce dello Spirito che lo chiama ad annunziare la buona novella ai poveri, a predicare a quanti attendevano l'anno di grazia del Signore (cf. Lc 4,18). Forse è anche la prima volta che si allontana dal suo villaggio, dalla Galilea e arriva fin alle foci del Giordano.
      Lo scopo era far visita o conoscenza con un predicatore di penitenza che faceva tanto parlare di sé in tutta la regione. Matteo lo dice espressamente: «compare da Giovanni» (3,5). Marco «venne da Giovanni». Tutto fa pensare che Gesù aveva fatto tanta strada per ascoltare il profeta del deserto se non proprio per mettersi alla sua scuola. La frase «da Giovanni» è molto più significativa di quanto appaia.
      Gesù aveva ascoltato la parola dei profeti nella sinagoga di Nazaret (cf. Lc 4,16). Era diverso però riascoltarla direttamente da un profeta vivente. Si dovrebbe pensare che anche Gesù è in ricerca della volontà di Dio o almeno di un approfondimento, di una chiarificazione della sua chiamata profetica. Infatti poco dopo l'evangelista ricorda il suo ritiro nel deserto, i quaranta giorni di digiuno e di preghiera, il confronto-scontro con il diavolo sempre per determinare la linea da percorrere nell'adempimento del suo mandato nel piano di Dio. Si può perciò ipotizzare che anche questa visita al predicatore del deserto, e forse agli altri asceti che sembra popolassero la zona (vedi i monaci di Qumràn), sia stata motivata dal desiderio o necessità di trovare una conferma alla «spinta» che sentiva nel suo animo a lasciare il lavoro di carpentiere e dedicarsi all'annunzio della parola di Dio.
      Il soggiorno nel Giordano non fu un'esperienza inutile. Gesù non sceglierà né la strada di Giovanni, un predicatore chiuso nel suo recinto tutto proteso a intimorire o a spaventare la gente, né quella dei vicini esseni, pure essi ben segregati dal popolo; ma si metterà in cammino per le contrade della Galilea, insegnando, predicando e guarendo gli infermi che ricorrevano a lui. Sono i quattro verbi con cui Matteo caratterizza la sua attività missionaria (4,23). Gesù non starà ad aspettare la gente ma si muoverà incontro ad essa non per terrorizzarla, ma per liberarla dalle proprie afflizioni e soprattutto dalla paura di Dio, che non era tanto un giudice quanto un «padre» (Mt 6,9).
      L'esperienza di Gesù nel Giordano, il confronto con Giovanni, ha creato qualche difficoltà ai predicatori cristiani delle origini, in particolare alla comunità di Matteo che si è sentita in dovere di correre ai ripari inserendo nel racconto tradizionale di Mc 1,9 un dialogo tra Gesù e Giovanni che ridimensiona la portata del battesimo di Gesù.
      La notizia «Per essere battezzato» poteva far sembrare che Gesù si  fosse trovato subordinato a Giovanni, come al di sotto di lui, ciò che non era ammissibile. Era invece vero il contrario. Era Giovanni che avrebbe dovuto inginocchiarsi davanti all'«ospite» venuto dalla Galilea e ricevere la remissione dei peccati. Ma i fatti non si potevano cambiare. Gesù aveva ricevuto il battesimo e Giovanni l'aveva amministrato. Bisognava allora appellarsi a una motivazione teologica che giustificasse l'accaduto e acquietasse gli animi dei lettori. L'evangelista non ha trovato altra risposta plausibile che richiamarsi a un «ordinamento divino» di cui non era dato conoscere la ragione, ma a cui bisognava rimettersi.
      Il battesimo di Gesù da parte di Giovanni era un dato irrinunciabile, ma rientrava in una disposizione («giustizia») divina a cui i protagonisti dovevano attenersi, pur non comprendendone le ragioni. Gli uomini non debbono tanto capire quello che Dio dispone, solo eseguirlo. E così avviene anche per Gesù che si fa battezzare da Giovanni.
      Ma non basta il richiamo alla superiore volontà di Dio per cancellare le obiezioni insite nel battesimo di Gesù da parte di Giovanni; c'è anche una «teofania», cioè una manifestazione soprannaturale che si verifica nel corso del rito: si aprono i cieli, si vede lo Spirito di Dio, in forma di colomba, si ode una voce che proclama Gesù «figlio prediletto» di Dio, oggetto del suo compiacimento. Sono le massime credenziali che Gesù può far valere a favore della sua missione.
      Gesù era sceso nel Giordano per trovare una risposta alle sue perplessità presso gli uomini più qualificati del suo tempo, dai profeti e gli spiritualisti che si trovavano nella terra d'Israele, ma questa gli giunge miracolosamente da Dio. Una convalida che doveva togliere qualsiasi dubbio nei credenti.
      Il battesimo di Gesù nel Giordano è la promulgazione della vocazione messianica di Gesù. Forse i fatti sono stati meno evidenti, forse anche Gesù ha dovuto accontentarsi di conferme più modeste, ma nell'una e nell'altra eventualità egli riparte dal Giordano con le idee e le convinzioni più chiare sul suo mandato in Israele e si accorgerà presto anche su quello sulle genti. Il Carme del Servo di JHWH che l'evangelista cita (Is 42,1) ne faceva già menzione.

Meditazione

L'evento del battesimo di Gesù nel Giordano a opera di Giovanni, evento in seguito al quale lo Spirito di Dio viene su Gesù (vangelo), è preannunciato dalla figura del Servo del Signore su cui Dio pone il suo Spirito (I lettura) e proclamato da Pietro nella sua predicazione come atto con cui Dio ha «unto» in Spirito santo Gesù (II lettura). Lo Spirito di Dio che rimane su Gesù significa la comunione piena tra il Padre e il Figlio, tra Dio e Gesù. 
La comunione di Gesù con Dio (vangelo) si esprime orizzontalmente, cioè nelle relazioni umane, da un lato come rifiuto di condannare e di giudicare (I lettura), dall'altro come attivo fare il bene e guarire chi si trova nel bisogno (II lettura). Infatti, le azioni di spezzare la canna incrinata e di spegnere lo stoppino fumigante che il Servo del Signore non compie, si riferiscono ai gesti che invece compiva l'araldo del Gran Re babilonese quando decretava una condanna a morte: il senso è che il Servo del Signore non viene per condannare, ma per dare vita (I lettura). E nella predicazione di Pietro, Gesù appare colui che «passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui» (II lettura). Gesù si reca dalla Galilea al Giordano al preciso fine di farsi immergere nel Giordano da Giovanni (Mt 3,13), anche contro la volontà del Battista che «voleva impedirglielo» (Mt 3,14). L'incontro tra i due uomini diviene così un esempio di obbedienza e sottomissione reciproca: Gesù si sottomette all'immersione di Giovanni e Giovanni rinuncia al proprio bisogno spirituale («Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te»: Mt 3,14) e accetta di immergere Gesù. L'obbedienza reciproca diviene obbedienza a Dio: la giustizia adempiuta dai due è infatti la realizzazione della volontà di Dio. La giustizia, biblicamente, è la conformità alla volontà divina. L'obbedienza viene qui colta nel suo aspetto adulto e maturo di azione comune e reciproca, non come atto infantile o mortificazione individuale o abdicazione che uno fa alla propria volontà per adempiere quella di un altro, con i rischi di abuso, di giochi di potere e di sopraffazione che questo comporta. L'obbedienza qui è evento di comunione e di carità che consente l'adempiersi del disegno divino. È un atto libero, non impersonale, né immotivato, ma relazionale, e che avviene nel riconoscimento reciproco e nell'amore.
Questo incontro tra due uomini, due celibi, è particolarmente intenso perché i due uomini di Dio riconoscono la vocazione peculiare l'uno dell'altro. Se Giovanni riconosce di aver bisogno di essere immerso in Spirito santo da Gesù (Mt 3,11.14), Gesù riconosce che l'immersione di Giovanni viene da Dio (Mt 21,25) e che il Battista è venuto nella via della giustizia (Mt 21,32). Il criterio che rende libera la relazione è il fare la volontà di Dio. Gesù non si sottomette all'immersione di Giovanni per compiacerlo o per amor di sottomissione e nemmeno per amicizia, ma perché solo così viene realizzata la volontà di Dio. Questo è anche il criterio che deve regnare nella comunità cristiana perché i rapporti siano limpidi, casti, autentici (Mt 7,21; 12,50).
Giovanni è precursore del Messia lasciando fare, acconsentendo a Gesù (Mt 3,15). C'è una forma di efficacia che non è affatto connessa all'intraprendenza o all'agire, ma al non agire, al lasciar fare al Signore, all'acconsentire al Signore. Giovanni fa spazio a Gesù. La fede, come lasciar fare al Signore, è l'attivo e faticoso fare spazio al Signore. È azione su di sé e questo tipo di azione è la più difficile. L'azione obbediente di Giovanni è a servizio dell'esperienza di filialità che Gesù vive al momento dell'immersione nel Giordano. Se simbolicamente l'uscire dalle acque rinvia a un evento di nascita, la scena del battesimo allude alla paternità di Dio manifestata dalla parola dall'alto, dalla voce dal cielo, ma allude anche alla

Nessun commento:

Posta un commento