mercoledì 22 dicembre 2010

i miei auguri di Natale e un articolo che apparirà domani su Avvenire

I miei auguri per Natale 2010

La sete di Gesù

1. La sete di Gesù
è una sete d'amore per le persone
prese così come sono,
con le loro povertà e le loro ferite,
con le loro maschere e i loro meccanismi di difesa
e anche con tutta la loro bellezza.


2. La sua sete è che ognuno di noi
- "grande" o "piccolo" non importa -
possa vivere pienamente
ed essere ricolmo di gioia.

3. La sua sete è rompere le catene
che ci chiudono nella colpevolezza e nell'egoismo,
impedendoci di avanzare
e di crescere nella libertà interiore.

4. La sua sete è liberare
le energie più profonde nascoste in noi
perché possiamo diventare uomini e donne di compassione,
artigiani di pace
come lui,

5. senza fuggire la sofferenza e i conflitti
del nostro mondo spezzato,
ma prendendovi il nostro posto
e creando comunità e luoghi d'amore,
così da portare una speranza a questa terra.

(Jean Vanier, Gesù, il dono dell'amore)

COMMENTO MIO

Ogni strofa manifesta un valore essenziale della venuta di Gesù.

1. Il senso profondo dell’incarnazione

2. Il dono della vita abbondante

3. La liberazione più vera

4. Trasfigurati a immagine del Figlio

5. Costruttori di speranza


don michele su Avvenire del 23 12 2010

Natale 1944

Ci racconta un romanzo che nel Natale del !944, in una Germania nazista ormai devastata dai bombardamenti, alcuni abitanti di un piccolo villaggio al confine con la Francia, celebrano il loro poverissimo Natale. Sono presenti due fratelli, antichi signori del luogo, alcuni dei loro servitori, qualche famiglia contadina con vecchi e bambini. C’è anche una ragazza che ha appena partorito, dopo una violenza subita. Il bambino è avvolto in fasce, emerge solo il volto quanto basta per mostrare una deformità sul visino ancora rossiccio. La Madre è titubante, non sa come sarà accolta. Il sorriso le illumina il volto quando i due fratelli, a nome di tutti i presenti adottano entrambi con amore semplice e umano. La piccola comunità ha per la madre parole di accoglienza profonda e per il bambino la promessa della vicinanza. Sarà quello il Natale più vero, il Natale della speranza. La Germania rinascerà perché ci sono tedeschi che sono uomini e uomini che sanno amare. È il messaggio di Ernst Wiechert nel suo libro Missa sine nomine.

Potrebbe ripetersi oggi una vicenda del genere, quando genitori e nonni incoraggiano figlie e nipoti ad abortire per non avere problemi di studio, di lavoro o anche solo per comodità?

E che dire dell’accoglienza della vita quando il bambino che dovrà nascere avesse anche solo un piccolo difetto, anche curabile?

L’accoglienza della vita è sempre più condizionata. Ti accolgo solo se…

Se abbiamo risolto i problemi economici, quelli di lavoro, quelli di maturità di coppia.

Oggi siamo passati al ti accolgo solo se sei sano, perché se no sarai un infelice ed è meglio che tu non soffra.

In realtà pensiamo alla nostra sofferenza e ai nostri guai. Abbiamo paura di dover servire la vita con tutta la nostra vita.

Ma non dovrebbe essere questo il progetto di mettere al mondo un figlio? Servire la vita con la nostra vita.

Purtroppo per la gran parte delle persone non è più così e stiamo raccogliendo frutti avvelenati dell’individualismo.

Il figlio non più un dono da chiedere, ma un diritto; come se sulle persone si potessero accampare diritti.

E se il figlio è un diritto, deve essere un figlio che non crei problemi, proprio perché lo si vuole per la propria gratificazione. Su questa via la gioia della maternità si è trasformata in un itinerario super medicalizzato, dove le varie tappe sono ansiogene per definizione. Quanto ad ansia, gli esami fatti alle donne gravide si collocano al livello delle biopsie. Molti medici, conquistati ormai alla medicina difensiva, consigliano unicamente nella direzione di indagini eccessive, in modo che l’aborto resti come prospettiva ultima in caso di complicazioni. La selezione dei nascituri sta tristemente entrando nella nostra mentalità. È uno scivolamento disumano.

Se si vuole recuperare l’umanità che ci è propria dobbiamo lavorare in due direzioni. La prima: usare la medicina per indagare e soprattutto per curare le eventuali anomalie dei nascituri. In questo campo ormai si possono fare cose veramente meravigliose, che non giustificano affatto la scelta abortista. La seconda: lavorare su se stessi: si deve tornare a fare figli per amore. Chi ama e si educa ad amare, diventa capace di accogliere ogni vita. Come nel Natale 1944.



Nessun commento:

Posta un commento