giovedì 3 giugno 2010

Domenica 6 giugno 2010 II di Pentecoste

DOMENICA II DOPO PENTECOSTE - 6 giugno 2010

LETTURA
Lettura del libro del Siracide 18, 1-2. 4-9a. 10-13

Colui che vive in eterno ha creato l’intero universo.
/ Il Signore soltanto è riconosciuto giusto.
/ A nessuno è possibile svelare le sue opere
/ e chi può esplorare le sue grandezze?
/ La potenza della sua maestà chi potrà misurarla?
/ Chi riuscirà a narrare le sue misericordie?
/ Non c’è nulla da togliere e nulla da aggiungere,
/ non è possibile scoprire le meraviglie del Signore.
/ Quando l’uomo ha finito, allora comincia,
/ quando si ferma, allora rimane perplesso.
/ Che cos’è l’uomo? A che cosa può servire?
/ Qual è il suo bene e qual è il suo male?
/ Quanto al numero dei giorni dell’uomo, cento anni sono già molti.
/ Come una goccia d’acqua nel mare e un granello di sabbia,
/ così questi pochi anni in un giorno dell’eternità.
/ Per questo il Signore è paziente verso di loro
/ ed effonde su di loro la sua misericordia.
/ Vede e sa che la loro sorte è penosa,
/ perciò abbonda nel perdono.
/ La misericordia dell’uomo riguarda il suo prossimo,
/ la misericordia del Signore ogni essere vivente.

SALMO
Sal 135 (136)

® Rendete grazie al Signore, il suo amore è per sempre.
Rendete grazie al Dio degli dèi,
perché il suo amore è per sempre.
Rendete grazie al Signore dei signori,
perché il suo amore è per sempre.
Lui solo ha compiuto grandi meraviglie,
perché il suo amore è per sempre. ®

Ha creato i cieli con sapienza,
perché il suo amore è per sempre.
Ha disteso la terra sulle acque,
perché il suo amore è per sempre.
Ha fatto le grandi luci:
perché il suo amore è per sempre. ®

Il sole, per governare il giorno,
perché il suo amore è per sempre.
La luna e le stelle, per governare la notte,
perché il suo amore è per sempre. ®

EPISTOLA
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 18-25

Fratelli, ritengo che le sofferenze del tempo presente
non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi.
L’ardente aspettativa della creazione, infatti,
è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio.
La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità
– non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta –
nella speranza che anche la stessa creazione
sarà liberata dalla schiavitù della corruzione
per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.
Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre
le doglie del parto fino ad oggi.
Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito,
gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli,
la redenzione del nostro corpo.
Nella speranza infatti siamo stati salvati.
Ora, ciò che si spera, se è visto, non è più oggetto di speranza;
infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe sperarlo?
Ma, se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza.

VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Matteo 6, 25-33

In quel tempo. Il Signore Gesù ammaestrava le folle dicendo:
«Io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita,
di quello che mangerete o berrete,
né per il vostro corpo, di quello che indosserete;
la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?
Guardate gli uccelli del cielo:
non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai;
eppure il Padre vostro celeste li nutre.
Non valete forse più di loro?
E chi di voi, per quanto si preoccupi,
può allungare anche di poco la propria vita?
E per il vestito, perché vi preoccupate?
Osservate come crescono i gigli del campo:
non faticano e non filano.
Eppure io vi dico che neanche Salomone,
con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.
Ora, se Dio veste così l’erba del campo,
che oggi c’è e domani si getta nel forno,
non farà molto di più per voi, gente di poca fede?
Non preoccupatevi dunque dicendo:
“Che cosa mangeremo? Che cosa berremo?
Che cosa indosseremo?”.
Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani.
Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno.
Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia,
e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta».


Commento


Il Vangelo di Matteo è dominato, in questo testo, dalla parola "non preoccupatevi (meglio sarebbe dire non affannatevi: il verbo greco, nel brano, è ripetuto 6 volte) ed è preceduto dalla riflessione sulla scelta tra Dio e la ricchezza. "Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza" (v 24).
Nella vecchia traduzione veniva riportata la parola ebraica "Mammona", un termine che indicava i beni e i possedimenti. Non aveva un significato negativo, ma deriva dalla radice "aman" (come il nostro Amen) e vuol dire "stare saldo". Perciò la ricchezza (Mammona) è una realtà a cui mi affido e mi appoggio. Mi dà garanzia, ma può diventare un idolo, quando lo metto alla pari e quindi lo contrappongo a Dio stesso.

Gesù usa poi, al posto di "servire", i verbi: amare, odiare, preferire, disprezzare. Bisogna scegliere di servire (e qui "servire" ha un significato religioso: ubbidire, decidere totalmente, mettersi a disposizione).

II discepolo deve abbandonarsi con fiducia nelle mani del Padre. Non ci si deve "affannare" (in greco "merimnao" viene da "meros": parte, pezzo). Il discepolo non deve "andare in pezzi", perdendo la propria unità e serenità.

Non si vuole qui fare l'elogio alla pigrizia, come se ci si debba sforzare di vivere
nel fatalismo e nell'attesa di un paracadute di viveri dal cielo.
Come uomini e donne adulti, siamo impegnati nei nostri compiti e nella nostra vocazione di persone che trasformano il mondo, ma "non ossessionati dal cibo e dal vestito" (pur elementi fondamentali per la vita, non è un caso che vengano qui ricordati due tipi di lavori: quello degli uomini che è la coltivazione della terra e quello delle donne che è il filare).

Chi segue Gesù "cerca prima il Regno e la sua giustizia". Cercare il Regno significa cercare il senso
della vita, i valori fondamentali che la costituiscono, il significato che Gesù ci propone. Il Regno è,
infatti, la presenza di Gesù nella vita, scoperta di una novità che trasforma e rivela il volto del Padre e la sua volontà. Si traduce allora la giustizia del Regno che è la bellezza e l’armonia, la misericordia e l’accoglienza.

Così nella ritrovata unità del cuore non mancherà l'essenziale, oltre che la pace.

I pagani si occupano solo del mangiare e del bere. Vivono solo in funzione del benessere e del danaro.
Ma, come credenti in Gesù, siamo chiamati a scelte più grandi. Abbiamo qui anche la misura della
nostra fede ed il livello della nostra fiducia e speranza. Se ci preoccupiamo solo delle cose, del benessere e del danaro, del mangiare e del bere, qualunque cosa facciamo o qualunque preghiera diciamo, ci scopriamo pagani e non incontriamo più il Signore e la sua giustizia.

Il seguito del testo è prezioso anche per l’equilibrio interiore: “Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena” (v.34).

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