14 novembre 2010 I di Avvento
1. Rito ambrosiano
Vangelo secondo Matteo 24, 1-31
In quel tempo. Mentre il Signore Gesù, uscito dal tempio, se ne andava, gli si avvicinarono i suoi discepoli per fargli osservare le costruzioni del tempio. Egli disse loro: «Non vedete tutte queste cose? In verità io vi dico: non sarà lasciata qui pietra su pietra che non sarà distrutta». Al monte degli Ulivi poi, sedutosi, i discepoli gli si avvicinarono e, in disparte, gli dissero: «Di’ a noi quando accadranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo». Gesù rispose loro: «Badate che nessuno vi inganni! Molti infatti verranno nel mio nome, dicendo: “Io sono il Cristo”, e trarranno molti in inganno. E sentirete di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi, perché deve avvenire, ma non è ancora la fine. Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi: ma tutto questo è solo l’inizio dei dolori. Allora vi abbandoneranno alla tribolazione e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome. Molti ne resteranno scandalizzati, e si tradiranno e odieranno a vicenda. Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti; per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. Questo vangelo del Regno sarà annunciato in tutto il mondo, perché ne sia data testimonianza a tutti i popoli; e allora verrà la fine. Quando dunque vedrete presente nel luogo santo l’abominio della devastazione, di cui parlò il profeta Daniele – chi legge, comprenda –, allora quelli che sono in Giudea fuggano sui monti, chi si trova sulla terrazza non scenda a prendere le cose di casa sua, e chi si trova nel campo non torni indietro a prendere il suo mantello. In quei giorni guai alle donne incinte e a quelle che allattano! Pregate che la vostra fuga non accada d’inverno o di sabato. Poiché vi sarà allora una tribolazione grande, quale non vi è mai stata dall’inizio del mondo fino ad ora, né mai più vi sarà. E se quei giorni non fossero abbreviati, nessuno si salverebbe; ma, grazie agli eletti, quei giorni saranno abbreviati. Allora, se qualcuno vi dirà: “Ecco, il Cristo è qui”, oppure: “È là”, non credeteci; perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi segni e miracoli, così da ingannare, se possibile, anche gli eletti. Ecco, io ve l’ho predetto. Se dunque vi diranno: “Ecco, è nel deserto”, non andateci; “Ecco, è in casa”, non credeteci. Infatti, come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Dovunque sia il cadavere, lì si raduneranno gli avvoltoi. Subito dopo la tribolazione di quei giorni, “il sole si oscurerà, / la luna non darà più la sua luce, / le stelle cadranno dal cielo / e le potenze dei cieli saranno sconvolte”. Allora comparirà in cielo il segno del Figlio dell’uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria. Egli manderà i suoi angeli, con una grande tromba, ed essi raduneranno i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all’altro dei cieli».
Commento
II Vangelo di Matteo di questa liturgia inizia il quinto discorso di Gesù (capp 24-25)
secondo i criteri di Matteo (le parole di Gesù sono, infatti, raggruppate in questo Vangelo
in cinque lunghi insegnamenti, per un richiamo alla “Legge” ebraica che veniva custodita
nei primi cinque libri della Bibbia). L’argomento fondamentale, in tale discorso, è la fine
del mondo che viene identificata con la venuta (parusia) del Figlio dell'uomo (Gesù
risorto). Viene utilizzato un particolare linguaggio detto "apocalittico", usato in quel
tempo per indicare fatti nuovi e sconvolgenti.
Gesù abbandona definitivamente il Tempio e la città santa per salire al monte degli Ulivi
proprio di fronte alla città ed al tempio che risplende sotto il sole come il gioiello più
prezioso e più sacro (v. l). E per il tempio i discepoli mostrano l’orgoglio di essere parte
di un popolo che ospita Dio ed è capace di offrire una casa bella, degna di Dio. Ma il
destino di questi luoghi sacri è segnato: "Non resterà pietra su pietra". Gesù annuncia una
conclusione impressionante che sconvolge e crea, insieme, molta curiosità: "Quando la
distruzione? Quando la tua venuta? Quando la fine del mondo?"
Nel v. 3 si vede bene l’intreccio dei piani: si parla, da una parte, del crollo del tempio,
abbattuto dai romani nel 70 d.C. e consacrato con la “dedicazione ebraica” al tempo di
Erode il grande nel 18 a.C. Insieme, si riflette sulla soluzione globale di tutta la storia del
mondo.
A Gesù chiedono il “quando?”, ma il maestro vuol fare superare la curiosità sul tempo.
Non offre date o appigli, ma vuol riportare la riflessione sul “come” si cammina nella
storia. Come affrontare l’attesa, il tempo presente che è l’unica realtà concreta su cui si
giocano la libertà di ciascuno e la presenza di Dio?
Egli sviluppa i segni della venuta, preannunciando ai discepoli l'inganno di falsi profeti, le
guerre, le tragedie della lotta fratricida, le carestie e i terremoti. Tutta questa è la vita
quotidiana e, nello stesso tempo, la fatica prevista per la nascita di un mondo nuovo.
L'inizio dei dolori è come la sofferenza del parto (Gv 16,21). Alla sofferenza della
persecuzione si aggiungerà anche la fatica del conflitto nella Chiesa stessa, a causa del
raffreddamento dell'amore.
Ma ogni credente è invitato ad essere fedele a Gesù fino alla vittoria conclusiva poiché
tale fedeltà permetterà, cosi, di partecipare al trionfo con lui. In tutto questo cataclisma si
profilano però la grande gioia e la ricca vitalità del "Vangelo del Regno". Esso sarà
annunciato in tutto il mondo da una comunità che non si lascerà sopraffare dalla paura e
dal male.
Quando il Signore verrà, ci saranno cataclismi nel cielo (ma è un linguaggio da non
prendere alla lettera; lo si usa anche per parlare della caduta di Babilonia (Is 13,10) e del
popolo di Edom (Is 34,4).
Verrà il Figlio dell'uomo con il suo segno. Potrà essere la croce che è stata lo strumento di
morte e di rifiuto, orgoglio di potere e segno di amore. E si scoprirà che nel progetto di
Dio la croce ha materializzato la fedeltà di Gesù al Padre mostrandola e garantendola
anche a noi. Egli ha vinto i criteri di potenza che si sono sviluppati nella storia e ha
trionfato sul mondo.
Le immagini utilizzate, oltre la croce, sono: il raduno e il suono della tromba (per gli
ebrei serviva come richiamo di chi comanda perché ha il potere di raccogliere).
Il Signore è potente e grande. Ha lasciato nel cuore dei discepoli il segreto della sua
potenza e della salvezza. Perciò bisogna valutare il mondo con i criteri del vangelo
di Gesù e "vegliando".
L’Anno liturgico: per conoscere le ricchezze della persona di Cristo
L'anno liturgico è l'articolazione del calendario annuale della liturgia della Chiesa Cattolica. Inizia con la prima domenica di Avvento (a metà novembre per noi ambrosiani) e termina con l'ultima settimana del Tempo ordinario.
Esso è costituito da:
* un calendario di celebrazioni articolate attorno al mistero pasquale di Cristo, con il ciclo maggiore della Pasqua e il ciclo minore del Natale;
* un ciclo di letture bibliche per la celebrazione dell'Eucarestia di tutti i giorni dell'anno;
* un ciclo di letture bibliche e patristiche, nonchè di altri testi, per la Liturgia delle Ore.
Vivendo l'anno liturgico percorriamo spiritualmente i vari momenti della vita di Gesù. perciò l’anno liturgico è la maniera principale con cui la Chiesa ci fa conoscere la persona e il volto di Gesù, perché noi lo possiamo accogliere, amare e seguire. La continua ripetizione dell’anno liturgico ha il senso di farci crescere nella relazione con il Signore, allo stesso modo con cui ciascuno di noi è chiamato a crescere nelle relazioni di amore con lo sposo, la sposa, i genitori, i figli e il prossimo. Non si dà relazione d’amore vera se non in crescita. L’anno liturgico è a servizio di questa crescita nell’amore per il Signore e per gli uomini.
Durante i mesi estivi e tra il ciclo di Natale e quello di Pasqua si celebra il Tempo Ordinario, che riguarda le giornate in cui non vi sono particolari feste o periodi liturgici. Gli anni liturgici sono in realtà tre e muovono quasi in concomitanza con il calendario dell’anno civile; attraverso di essi non soltanto i fedeli possono usufruire di un’adeguata organizzazione del patrimonio scritturale biblico ai fini di una retta meditazione delle Scritture medesime, ma hanno anche la possibilità di immergersi nell’intero mistero di Cristo e della sua opera redentiva a favore dell’umanità: in ciascuno di questi anni, che inizia con la prima domenica di Avvento per concludersi con l’ultima domenica del Tempo Ordinario, la Chiesa invita i fedeli alla comprensione delle varie tappe della storia della salvezza e in particolar modo nell’evento salvifico Gesù Cristo attraverso l’itinerario del suo Avvento, della sua Incarnazione, Vita Pubblica, Morte e Risurrezione, fino all’Ascensione e alla Pentecoste. In più, attraverso la celebrazione, si rendono presenti nell’attualità della Chiesa le suddette azioni di grazia da parte del Signore, sicchè si può concludere che l’anno liturgico è costituito dallo stesso Signore che nel tempo opera un prolungamento della sua azione salvifica.
Non per niente gli anni liturgici nel loro insieme permettono la conoscenza di tutta la Sacra Scrittura che viene presentata secondo uno schema organico e ben determinato.
La Chiesa suddivide questa serie di anni attraverso la denominazione di Anno A, Anno B, Anno C, a cui corrisponde un ciclo per quanto riguarda le letture festive (Ciclo A, Ciclo B, Ciclo C), aventi ciascuno di essi una peculiare fisionomia. Ci si limiterà, in questa sede, ai Vangeli, essendo questi l’oggetto principale della nostra meditazione festiva, senza tuttavia che noi si sminuisca l’importanza dei testi dell’Antico Testamento e della Seconda Lettura (di solito staccata dal contesto) che li accompagnano. Ora, durante l’anno A ad offrirci spunti di meditazione su Gesù Cristo è l’evangelista San Matteo; durante l’anno B è San Marco, mentre l’anno C conosce il mistero incarnazionistico salvifico attraverso il Vangelo di San Luca. San Giovanni, che a più riprese compare pressocchè nella Liturgia della Parola di tutti e tre gli anni, viene proposto in modo particolare durante il tempo di Passione del Signore.
TEMPO DI AVVENTO E NATALE
L’Avvento è una celebrazione propria dell’Occidente. Già sul finire del IV secolo in Gallia ed in Spagna si trova un periodo di preparazione al Natale connotato da un forte carattere ascetico, chiamato ‘Adventus’ (Questo termine nel vocabolario pagano significa ‘avvenimento’, anniversario di un determinato avvenimento. Nel linguaggio ecclesiastico-liturgico ha indicato innanzitutto la nascita di Gesù e il suo anniversario, poi la preparazione a tale avvenimento e, infine, l’attesa della seconda venuta.)
Dall’analisi dei testi liturgici di questo ‘tempo forte’, che segna l’inizio dell’anno liturgico, risulta che esso ha un suo ricco ed originale contenuto teologico: considera infatti tutto il mistero della venuta del Signore nella storia fino al suo concludersi.
La liturgia dell’Avvento è tutta un richiamo a vivere alcuni atteggiamenti essenziali al credente: l’attesa vigilante e gioiosa, la speranza, la conversione, la povertà.
* * *
Al sorgere della celebrazione del Natale hanno contribuito diverse cause. E’ pacifico comunque che il 25 dicembre non è storicamente il giorno della nascita di Cristo. La spiegazione più probabile della scelta di questa data è da ricercarsi nel tentativo della chiesa di Roma di soppiantare la festa pagana del “Natalis (solis) invicti”, cioè dell’Imperatore.
Mentre l’Avvento nell’economia dell’Anno Liturgico costituisce il tempo dell’attesa e della speranza, il tempo di Natale costituisce il tempo dell’attuazione, iniziale ma decisiva,delle promesse fatte.
Siamo di fronte alla celebrazione commemorativa della nascita del Signore, della memoria dell’evento storico, avvenuto al tempo di Cesare Augusto: ma la celebrazione del Natale, da questo fatto storico risale al suo vero fondamento: il mistero dell’ Incarnazione,che ancora opera nella Chiesa mediante la celebrazione liturgica.
Anche se il Natale è nato in modo indipendente dalla Pasqua,tuttavia non è una festa alternativo o parallela ad essa: il Mistero dell’Incarnazione infatti, che il tempo di avvento-natale ci fa vivere, ha un orientamento decisamente pasquale, poiché tende alla nostra divinizzazione, che ha il suo culmine nella Pasqua del Signore.
2. Rito romano
In quel tempo, 5 mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di
belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: 6 «Verranno giorni nei quali, di quello
che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
7 Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale
sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». 8 Rispose: «Badate di non
lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono
io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! 9 Quando sentirete di
guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono
avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
10 Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro
regno, 11 e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi
saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
12 Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno,
consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e
governatori, a causa del mio nome. 13 Avrete allora occasione di dare
testimonianza. 14 Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra
difesa; 15 io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non
potranno resistere né controbattere. 16 Sarete traditi perfino dai genitori,
dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; 17 sarete
odiati da tutti a causa del mio nome. 18 Ma nemmeno un capello del vostro
capo andrà perduto. 19 Con la vostra perseveranza salverete
la vostra vita».
I tempi ultimi rendono riducono la vita all’essenziale: condurre una vita
all’insegna dell’amore. Il tempio, pur bello nella sua architettura e pieno di
ricchezze, non rimarrà in piedi. Esso è il luogo della presenza di Dio e tutti
vi si recano per compiere i riti previsti, tuttavia già una volta il Signore
aveva lasciato il tempio per andare a vivere in mezzo al popolo in esilio a
Babilonia, là dove lo aveva mandato per purificarsi dal loro peccato. Egli
non lascia solo il suo popolo nel tempo della purificazione.
Il problema è quello di conoscere il segno per comprendere quando verrà
questo tempo di giudizio.
Ci saranno molti falsi profeti, guerre e rivoluzioni, ma non è questo il
tempo ultimo, perché questi eventi sono sempre presenti nella storia degli
uomini.
Occorre non seguire i falsi profeti e non avere paura di fronte alle guerre,
perché tutto ciò non è la fine.
La fine verrà quando non ci sarà più l’amore e la giustizia e tutti saranno
contro tutti, nessuno si preoccuperà più del bene comune e ciascuno
cercherà solo di salvare se stesso. In questo periodo chi continuerà ad
amare e a praticare la giustizia verrà perseguitato, perché considerato non
in linea con i tempi. Chi si comporta con onestà ed amore, con il solo suo
vivere diventa un atto di accusa insopportabile per chi vive altrimenti.
Quel tempo diventerà una occasione propizia per rendere testimonianza al
Signore della vita. Non occorrerà la sapienza del mondo per difendersi, ma
basterà semplicemente parlare della fiducia nel Signore con cui si è in
comunione. Questa è la sapienza che saprà rendersi parola per testimoniare
della bontà di Dio. Chi si comporta così, salverà la propria vita.
Invito ad andare a vedere il film “Uomini di Dio” che ci racconta della
testimonianza evangelica di 7 monaci trappisti in Algeria nel 1996. Più che
il racconto della loro fine (saranno uccisi e non sappiamo ancora oggi da
chi), è il racconto del loro discernimento se continuare ad abitare o no con
quella popolazione in cui si sono incarnati e hanno legami di alleanza. Ogni
giorno, in varie parti del mondo, i cristiani e gli uomini di buona volontà, a
qualunque religione o meno essi appartengano, sono chiamati a rendere
testimonianza alla pace e alla giustizia, alla vita dei fratelli che subiscono
violenza, perché così vuole il Signore.
Prepariamoci anche noi a condividere con Gesù e con tutti loro il “martirio”
della fede, cioè la testimonianza che è possibile una vita d’amore.
Nessun commento:
Posta un commento