giovedì 5 luglio 2012

VI DOMENICA DOPO PENTECOSTE 8.07.2012

VI DOMENICA DOPO PENTECOSTE 8.07.2012






LETTURA

Lettura del libro dell’Esodo 3, 1-15



In quei giorni. Mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb. L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio.

Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l’Ittita, l’Amorreo, il Perizzita, l’Eveo, il Gebuseo. Ecco, il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto come gli Egiziani li opprimono. Perciò va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!». Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e fare uscire gli Israeliti dall’Egitto?». Rispose: «Io sarò con te. Questo sarà per te il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte».

Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?». Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io-Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione».





SALMO

Sal 67 (68)



® O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra.



Cantate a Dio, inneggiate al suo nome,

appianate la strada a colui che cavalca le nubi:

Signore è il suo nome,

esultate davanti a lui. ®



O Dio, quando uscivi davanti al tuo popolo,

quando camminavi per il deserto,

tremò la terra, i cieli stillarono

davanti a Dio, quello del Sinai,

davanti a Dio, il Dio di Israele. ®



«Benedite Dio nelle vostre assemblee,

benedite il Signore, voi della comunità d’Israele».

Verranno i grandi dall’Egitto,

l’Etiopia tenderà le mani a Dio. ®



Regni della terra, cantate a Dio,

cantate inni al Signore,

a colui che cavalca nei cieli, nei cieli eterni.

Ecco, fa sentire la sua voce, una voce potente! ®





EPISTOLA

Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 2, 1-7



Anch’io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso. Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.

Tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria.





VANGELO

Lettura del Vangelo secondo Matteo 11, 27-30





In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, “e troverete ristoro per la vostra vita”. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».





COMMENTO

Lettura del libro dell'Esodo. 3, 1-15



Mosè, che è cresciuto alla corte del Faraone, ha preso coscienza della sua appartenenza al popolo schiavo degli ebrei che lavora per i dominatori, e quindi vive con sofferenza il dover assistere alla violenza, all'ingiustizia ed alla sopraffazione della classe dirigente a cui egli stesso appartiene. Mentre è ancora famoso in autorevolezza, perché appartenente alla corte, si intromette in un episodio di lavoro dove il sovrintendente egiziano maltratta uno schiavo ebreo. Mosè, che ne ha preso le difese, arriva ad uccidere l'aggressore (Es 1,11-15). Ma quando, il giorno dopo, capisce che l'omicidio è stato scoperto e lo si incolpa, ormai, quasi pubblicamente, ha paura e fugge mettendosi in salvo nel deserto.



Là si forma la sua famiglia, si inserisce nella cultura del luogo, accetta limiti e si guadagna la sua tranquillità. Ma Dio lo scuote. Davanti all'ingiustizia non si può restare in pace. "Vai a liberare il popolo poiché è il popolo di Abramo, Isacco e Giacobbe, amici a cui ho garantito protezione per loro e i loro discendenti!"



Dio ha bisogno di collaboratori e sembra che ad essi offra poco. Ma è un rapporto di amici, non un rapporto commerciale.: "Una presenza nel roveto che brucia senza consumarsi; la garanzia che Mosè riuscirà a vincere la resistenza del Faraone e che tornerà con il popolo a celebrare proprio su quel monte il ringraziamento; infine una concessione inimmaginabile: Dio svela il suo Nome, tanto misterioso quanto impronunciabile. E gli ebrei non diranno mai il tetragramma sacro: YHWH, perché pronunciarlo è come concretizzarlo, renderlo cosa o idolo, possesso e potere sul Nome.



Lo sostituiranno, invece, nella lettura biblica, con Adonai (il Signore), Eloim (plurale di El, un nome collettivo che indica la divinità) e Ha-Shem (il Nome per eccellenza).Tale parola intraducibile lo si può accostare al verbo "essere" ma non per dire: "Dio è l'Essere", lettura filosofica, usata anche nel Catechismo di Pio X (1905), ma "Dio è l'esserci". "Sono presente al tuo presente e in ogni tempo sono presente e fedele. E se ho promesso, mantengo la parola data". Il significato si estende con il: "Sono fedele alla mia Parola. Sono misericordioso e perdono poiché mi occupo di chi soffre e si lamenta.



Per me il lamento è preghiera, anche se chi lo urla o lo sussurra non sa, che ascolto o non mi conosce e pensa di gridarlo nell'infinito spazio vuoto e silenzioso dell'universo.



Perciò tu va e non avere paura".



Mosè è il mediatore, la voce di Dio per il popolo, la voce della libertà e della giustizia. E questo è anche il compito di Gesù, il nuovo Mosé (Gv5,46: Mt5,17) ed è il compito dei credenti in Gesù che hanno il compito di concludere ogni giorno questa avventura di Dio nel mondo, come suoi collaboratori.



Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi. 2, 1-7



Paolo ripensa, mentre scrive la sua lettera, al primo impatto che ha avuto in questa comunità cristiana greca in cui, tuttavia, si è fermato 3 anni circa. E' arrivato intimidito, incapace di discorsi sublimi, portatore di un messaggio che, senz'altro, è una pazzia proporre, poiché nel mondo greco bisogna offrire esempi di sapienza e non la parola di "un barbaro" (così sono considerati gli ebrei), in più rifiutato dai suoi stessi compatrioti e giustiziato.



E tuttavia Paolo non si scoraggia poiché i primi incontri sono con persone semplici, di umili origini, che non contano molto nella società:26Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili" (1,26).



Sono i disprezzati e Paolo vi vede il segno della predilezione di Dio. Una proposta assurda, partita da un apostolo senza particolari qualità oratorie e anzi mal giudicato, se Paolo stesso, in un'altra lettera ai Corinzi ( la seconda), così sintetizza il giudizio che circola su di lui: "Le sue lettere sono dure e forti, ma la sua presenza fisica è debole e la sua capacità di fare discorsi è modesta " (2Cor10,10).



Paolo ha riportato questo giudizio sopra di sé e se n'è risentito; e tuttavia si rende conto che tutto quello che ha seminato ha fatto frutto. Non certo per suo merito, ma per la forza della Parola che penetra nel cuore e non ha bisogno di altri supporti, salvo gli annunciatori che la trasmettono.



Lettura del Vangelo secondo Matteo. 11, 27-30



Matteo costruisce nel suo Vangelo la traccia di un orizzonte che, in un primo tempo ha sperato che manifestasse i trionfi di Gesù in Galilea. Invece, dopo i primi entusiasmi, Gesù incontra il rifiuto della Parola e del suo Vangelo.



Così, nei due capitoli 11-12 vengono elencate le difficoltà. In questa caduta di risultati, però, diventa sconcertante la preghiera di ringraziamento al Padre e lo svelarsi del Regno, pur nella sconfitta.



- Perplessità del Battista che si interroga sulla sua profezia circa le scelte di Gesù: 11,2-19;

- l'opposizione della città del lago: 12,20-24;

- "i piccoli" aderiscono a Cristo: 11,25-30;

- contestazione a Gesù sulla sua interpretazione del riposo sabbatico: 12,1-14;

- Gesù (come il servo di Is 42,1-4) non demolisce né chiude con gli oppositori; si ritira: 12,15-21:

- accuse a Gesù di intesa con satana: 12,22-45;

- la nuova famiglia: 12,46-50.



Gesù non si spaventa né si rammarica. Quello che dice è all'interno di una "benedizione" di lode al Padre come usa fare ogni buon israelita: "Ti rendo lode." Corrisponde al "Sto vivendo la tua logica e la tua volontà, Padre. Lo verifico mentre tu costruisci un rapporto con la speranza dei piccoli che non sono sapienti né intelligenti".



Gesù non fa l'elogio della ignoranza. Ognuno deve maturare la propria sapienza. Ma proprio questa deve aiutarci ad incontrare il Signore, le sue scelte di libertà e i nostri compagni di viaggio che sono i piccoli. Anzi ci chiede di farci umili e poveri. E questa è la vera sapienza.



Se invece la tua sapienza ti costruisce un piedestallo, la tua religiosità e la tua costruzione diventano complesse, caotiche, oppressive, indegne del dono di Dio. Ti costruisci un giogo che uccide e angoscia. Con questa religiosità non incontri più Dio. La legge di Dio è un giogo. Il Siracide ne parla in una raccomandazione al figlio: "Introduci i tuoi piedi nei suoi ceppi, il tuo collo nella sua catena. Piega la tua spalla e portala, non infastidirti dei suoi legami. Avvicinati ad essa con tutta l'anima e con tutta la tua forza osserva le sue vie.



Segui le sue orme, ricercala e ti si manifesterà, e quando l'hai raggiunta, non lasciarla. Alla fine in essa troverai riposo ed essa si cambierà per te in gioia"(Sir 6,24-28).



C'è sempre un giogo, una sottomissione, un rapporto di verifica da fare poiché nessuno è talmente grande da poter fare a meno delle scelte di valore per sé, per i suoi desideri e le sue tracce di vita. Il Signore Gesù ci dice: "Scegliete il mio giogo che non vi fa impazzire per la complessità, che non vi mette nella condizione perenne di colpa e di indegnità. La proposta del giogo è quella del voler bene senza respingere nessuno.



Gesù, davanti ad un bilancio deludente, si rallegra poiché i piccoli e i poveri lo accolgono mentre i ricchi e i sapienti si allontanano. Tutto porterebbe allo scoraggiamento.



Ma Gesù conosce il Padre come nessun altro. E Gesù lo sa rivelare ai suoi. Nella Bibbia il verbo "conoscere" non si riferisce a incontri fatti, magari più volte con qualcuno ma i suppone l'entrare in comunione unica e totale con Lui.



La legge di Dio è un giogo. Il Siracide ne parla in una raccomandazione al figlio: "Introduci i tuoi piedi nei suoi ceppi, il tuo collo nella sua catena. Piega la tua spalla e portala, non infastidirti dei suoi legami. Avvicìnati ad essa con tutta l'anima e con tutta la tua forza osserva le sue vie. Segui le sue orme, ricercala e ti si manifesterà, e quando l'hai raggiunta, non lasciarla. Alla fine in essa troverai riposo ed essa si cambierà per te in gioia"(Sir 6,24-28).



La religione strutturata dai sapienti è diventata irrespirabile e chi non la conosce, e non la rispetta, si sente rigettato da Dio e quindi escluso. "Questa gente che non conosce la legge è maledetta" dice Caifa', sommo sacerdote, facendo riferimento al seguito di Gesù (Gv7,49).



Gesù incoraggia ad essere come Lui, mite ed umile di cuore, come nelle beatitudini. Gesù sta dalla parte dei rifiutati, gli amati dal Signore e tale, rifiutato e condannato, è risultato agli occhi della gente. Agli occhi del Padre, però, Gesù è stato ed è, come per tutti noi, il capolavoro della Misericordia.



RITO ROMANO



Letture della liturgia per il giorno

XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)

Prima Lettura

Ez 2,2-5

Dal libro del profeta Ezechièle



In quei giorni, uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava.

Mi disse: «Figlio dell’uomo, io ti mando ai figli d’Israele, a una razza di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Essi e i loro padri si sono sollevati contro di me fino ad oggi. Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: “Dice il Signore Dio”. Ascoltino o non ascoltino – dal momento che sono una genìa di ribelli –, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro».

Salmo responsoriale (Sal 122)

I nostri occhi sono rivolti al Signore.

A te alzo i miei occhi,

a te che siedi nei cieli.

Ecco, come gli occhi dei servi

alla mano dei loro padroni.



Come gli occhi di una schiava

alla mano della sua padrona,

così i nostri occhi al Signore nostro Dio,

finché abbia pietà di noi.



Pietà di noi, Signore, pietà di noi,

siamo già troppo sazi di disprezzo,

troppo sazi noi siamo dello scherno dei gaudenti,

del disprezzo dei superbi.

Seconda Lettura

2Cor 12,7-10

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi



Fratelli, affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia.

A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza».

Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte.

Acclamazione al Vangelo

(Cf Lc 4,18)

Alleluia, alleluia.

Lo Spirito del Signore è sopra di me:

mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio.

Alleluia.

Vangelo: Mc 6,1-6

Dal Vangelo secondo Marco



In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.

Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.

Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.

Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

COMMENTO

Molti ascoltandolo ri¬manevano stupiti. La prima bella ca¬ratteristica del Gesù storico: non lascia indifferente nes¬sun ascoltatore, dove lui passa fiorisce lo stupore.

E molte domande: Marco ne registra cinque – il numero classico degli interrogativi in serie di cui trabocca la Bib¬bia –. Da dove gli vengono queste cose? Da dove que¬sto amore straniero alla ter¬ra, queste parole aliene che qui sono in esilio?



Il profeta è straniero in pa¬tria perché le sue parole ven¬gono da un mondo altro. Al¬lora si apre il conflitto tra Na¬zaret e questo 'altrove', tra il quotidiano e l’oltre. A Na¬zaret tutto dice: hai qui il tuo clan, una madre, fratelli e so¬relle; questo è il mondo, non ce n’è un altro. Hai un lavo¬ro, la sinagoga e il Libro, questo basta a dare senso al¬la vita. Cosa vai cercando con il cuore fra le nuvole?



E invece il giovane rabbi spiazzava figli e genitori, la¬voratori e contabili: amate i vostri nemici; lascia i morti seppellire i loro morti, tu vie¬ni e seguimi; felici i poveri, sono i principi del Regno; guardate i fiori del campo e non preoccupatevi; guai a voi farisei che imponete agli altri pesi che non toccate con un dito; se non divente¬rete come bambini...



Come gli abitanti di Naza¬ret, anche noi siamo una ge¬nerazione che ha sprecato i suoi profeti, ha dissipato i suoi uomini di Dio. Come loro livelliamo tutto verso il basso: è solo un falegname, è il fratello di Ioses, lo cono¬sco bene, conosco i suoi di¬fetti uno per uno. Di un uo¬mo cogliamo solo la linea d’ombra, e così ci precludiamo lo splendore di epi¬fania del quotidiano, l’eter¬no che si insinua nell’istan¬te e nella creatura. Salviamo almeno lo stupore!



Il brano si chiude con la sor¬presa di Gesù, la meraviglia dolente dell’amante respin¬to che però continua ad a¬mare, a inventare gesti, an¬che minimi, per dire che di noi non è stanco. E lì non poteva compiere nessun prodigio, dice Marco; ma su¬bito si corregge: Solo impo¬se le mani a pochi malati e li guarì. L’amore respinto con¬tinua ad amare, il Dio rifiu¬tato si fa ancora guarigione. L’amore non è stanco, è so¬lo stupito; ma non nutre rancori.

Già lo aveva capito Ezechiele, profeta di profe¬zie respinte: ascoltino o non ascoltino, sapranno almeno che un profeta è in mezzo a loro. Dio ha deciso di farsi compagnia del suo popolo, ha deciso di essere nel quo¬tidiano di ciascuno, oggi co¬me in esilio e un giorno, for¬se già domani, come stupo¬re, seme di fuoco in mezzo al cuore.

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