giovedì 28 giugno 2012

V DOMENICA DOPO PENTECOSTE 1.07.2012

V DOMENICA DOPO PENTECOSTE 1.07.2012




Rito ambrosiano



LETTURA

Lettura del libro della Genesi 17, 1b-16





In quei giorni. / Il Signore apparve ad Abram e gli disse: / «Io sono Dio l’Onnipotente: / cammina davanti a me / e sii integro. / Porrò la mia alleanza tra me e te / e ti renderò molto, molto numeroso». / Subito Abram si prostrò con il viso a terra e Dio parlò con lui: / «Quanto a me, ecco, la mia alleanza è con te: / diventerai padre di una moltitudine di nazioni. / Non ti chiamerai più Abram, / ma ti chiamerai Abramo, / perché padre di una moltitudine di nazioni ti renderò.

E ti renderò molto, molto fecondo; ti farò diventare nazioni e da te usciranno dei re. Stabilirò la mia alleanza con te e con la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione, come alleanza perenne, per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te. La terra dove sei forestiero, tutta la terra di Canaan, la darò in possesso per sempre a te e alla tua discendenza dopo di te; sarò il loro Dio».

Disse Dio ad Abramo: «Da parte tua devi osservare la mia alleanza, tu e la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione. Questa è la mia alleanza che dovete osservare, alleanza tra me e voi e la tua discendenza dopo di te: sia circonciso tra voi ogni maschio. Vi lascerete circoncidere la carne del vostro prepuzio e ciò sarà il segno dell’alleanza tra me e voi. Quando avrà otto giorni, sarà circonciso tra voi ogni maschio di generazione in generazione, sia quello nato in casa sia quello comprato con denaro da qualunque straniero che non sia della tua stirpe. Deve essere circonciso chi è nato in casa e chi viene comprato con denaro; così la mia alleanza sussisterà nella vostra carne come alleanza perenne. Il maschio non circonciso, di cui cioè non sarà stata circoncisa la carne del prepuzio, sia eliminato dal suo popolo: ha violato la mia alleanza».

Dio aggiunse ad Abramo: «Quanto a Sarài tua moglie, non la chiamerai più Sarài, ma Sara. Io la benedirò e anche da lei ti darò un figlio; la benedirò e diventerà nazioni, e re di popoli nasceranno da lei».



SALMO

Sal 104 (105)



® Cercate sempre il volto del Signore.



Ricordate le meraviglie che ha compiuto,

i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca,

voi, stirpe di Abramo, suo servo,

figli di Giacobbe, suo eletto.

È lui il Signore, nostro Dio:

su tutta la terra i suoi giudizi. ®



Si è sempre ricordato della sua alleanza,

parola data per mille generazioni,

dell’alleanza stabilita con Abramo

e del suo giuramento a Isacco. ®



«Ti darò il paese di Canaan

come parte della vostra eredità».

Quando erano in piccolo numero,

pochi e stranieri in quel luogo,

non permise che alcuno li opprimesse

e castigò i re per causa loro. ®





EPISTOLA

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 4, 3-12





Fratelli, che cosa dice la Scrittura? «Abramo credette a Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia». A chi lavora, il salario non viene calcolato come dono, ma come debito; a chi invece non lavora, ma crede in Colui che giustifica l’empio, la sua fede gli viene accreditata come giustizia. Così anche Davide proclama beato l’uomo a cui Dio accredita la giustizia indipendentemente dalle opere:

«Beati quelli le cui iniquità sono state perdonate / e i peccati sono stati ricoperti; / beato l’uomo al quale il Signore non mette in conto il peccato!».

Ora, questa beatitudine riguarda chi è circonciso o anche chi non è circonciso? Noi diciamo infatti che la fede fu accreditata ad Abramo come giustizia. Come dunque gli fu accreditata? Quando era circonciso o quando non lo era? Non dopo la circoncisione, ma prima. Infatti egli ricevette il segno della circoncisione come sigillo della giustizia, derivante dalla fede, già ottenuta quando non era ancora circonciso. In tal modo egli divenne padre di tutti i non circoncisi che credono, cosicché anche a loro venisse accreditata la giustizia ed egli fosse padre anche dei circoncisi, di quelli che non solo provengono dalla circoncisione ma camminano anche sulle orme della fede del nostro padre Abramo prima della sua circoncisione.





VANGELO

Lettura del Vangelo secondo Giovanni 12, 35-50



In quel tempo. Il Signore Gesù disse alla folla: «Ancora per poco tempo la luce è tra voi. Camminate mentre avete la luce, perché le tenebre non vi sorprendano; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. Mentre avete la luce, credete nella luce, per diventare figli della luce». Gesù disse queste cose, poi se ne andò e si nascose loro.

Sebbene avesse compiuto segni così grandi davanti a loro, non credevano in lui, perché si compisse la parola detta dal profeta Isaia:

«Signore, chi ha creduto alla nostra parola? / E la forza del Signore, a chi è stata rivelata?». / Per questo non potevano credere, poiché ancora Isaia disse: / «Ha reso ciechi i loro occhi / e duro il loro cuore, / perché non vedano con gli occhi / e non comprendano con il cuore / e non si convertano, e io li guarisca!».

Questo disse Isaia perché vide la sua gloria e parlò di lui. Tuttavia, anche tra i capi, molti credettero in lui, ma, a causa dei farisei, non lo dichiaravano, per non essere espulsi dalla sinagoga. Amavano infatti la gloria degli uomini più che la gloria di Dio.

Gesù allora esclamò: «Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».



Commento

Queste domeniche dopo Pentecoste rievocano le grandi tappe della storia della salvezza, iniziata con la creazione del mondo, segnata dalla ribellione dell’uomo, ripresa dalla iniziativa di Dio con l’Alleanza proposta al popolo di Israele, fino al compimento in Gesù di Nazaret, vertice della passione salvifica di Dio per tutti gli uomini.

Ogni tappa richiama l’antico intervento di Dio, visto però come inizio e prefigurazione di quanto Cristo farà in modo definitivo con la sua rivelazione piena e i suoi gesti di salvezza.

Oggi si rievoca l’Alleanza proposta ad Abramo e la sua risposta di fede, per capire la nuova alleanza proposta da Gesù e l’accoglienza di fede che vi corrisponde.



1) L’ALLEANZA CON ABRAMO



Dopo che l’umanità, inquinata dal peccato di Adamo, si era dispersa lontana da Dio, si riprendono ora le fila di un dialogo, quasi spezzato con il diluvio, tra Dio e l’umanità: è l’iniziativa della alleanza che il Signore propone ad Abramo, promettendogli una terra e una lunga discendenza: “Stabilirò la mia alleanza con te e con la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione, come alleanza perenne” (Lett.). Ha già uno sguardo lungo il Signore! Come contropartita è richiesta la fedeltà a questa alleanza: “Io sono Dio l’Onnipotente: cammina davanti a me e sii integro” (Lett.). Fedeltà richiamata dal segno della circoncisione: “Da parte tua devi osservare la mia alleanza: sia circonciso tra voi ogni maschio” (Lett.).

L’iniziativa è di Dio e precede ogni merito e opera umana. Nulla è dovuto all’uomo; l’alleanza è un dono gratuito, unilaterale e incondizionato. Dio ama sempre per primo e gioca d’anticipo, facendo credito all’uomo. “A chi lavora, il salario non viene calcolato come dono, ma come debito; a chi invece non lavora (cioè non ha pretese di meriti), ma crede in Colui che giustifica l’empio, la sua fede gli viene accreditata come giustizia” (Epist.). San Paolo lo esplicita bene meditando la gratuità dell’opera di Cristo: “Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi” (Rm 5,8). E proprio perché gratuita, l’alleanza è universale, ben oltre il cerchio della discendenza fisica: “In tal modo egli divenne padre di tutti i non circoncisi che credono, cosicché anche a loro venisse accreditata la giustizia” (Epist.).

A gratuità deve corrispondere gratuità. Certo il patto richiede una risposta, quella fede cioè che è pura accoglienza fiduciosa e d’amore: “Abramo credette a Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia” (Epist.). E’ l’umiltà di chi sente la sproporzione tra il dono di Dio e la propria piccolezza, anzi spesso la propria ribellione. “Beato l’uomo a cui Dio accredita la giustizia indipendentemente dalle opere”, si sente cioè oggetto della premura “graziosa” di Dio e cammina quindi “sulle orme della fede del nostro padre Abramo prima della sua circoncisione” (Epist.), e - si deve aggiungere - prima della grande prova! “Chi non accoglie il regno di Dio come l’accoglie un bambino, preciserà Gesù, non entrerà in esso” (Lc 18,17).



2) LA LUCE DI GESU’



Il compimento dell’alleanza è offerto da Gesù: egli porta il dono del Padre, che è “vita eterna”. “Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre”. La nuova ed eterna alleanza l’ha compiuta Gesù sulla croce, offerta gratuitamente da colui che “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine” (Gv 13,1). Egli è l’incarnazione dell’amore del Padre: “Chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Il Padre che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire”. La sua è stata l’opera della piena riconciliazione dell’umanità con Dio, la definitiva alleanza: “E’ piaciuto a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli” (Ef 1,19-20). A messa ogni giorno il sacerdote ripete: “Questo è il calice del mio sangue per la nuova ed eterna alleanza versato per voi e per tutti in remissione dei peccati”.

L’offerta richiede la risposta, e anzitutto il riconoscimento dell’opera di Gesù: “Mentre avete la luce, credete nella luce, per diventare figli della luce”. Ma i fatti si possono anche misconoscere: “Sebbene avesse compiuto segni così grandi davanti a loro, non credevano in lui”. Riconoscimento esplicito, pubblico, visibile: “Anche tra i capi, molti credettero in lui, ma, a causa dei farisei, non lo dichiaravano”. Si richiede una scelta senza paura: “Amavano infatti la gloria degli uomini più che la gloria di Dio”. Accettare l’opera di Gesù è accettare l’iniziativa del Padre: “Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato”.

Anche questa, sempre frutto della gratuità, proposta non imposta: “Non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo”. Non è però indifferente alla vita accettare o meno l’alleanza con Dio in Cristo: “Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno”. Se sempre grande e preveniente è l’iniziativa di Dio per salvarci, essa rimane comunque sempre condizionata dal nostro sì, dalla libertà che sa accogliere. Dice sant’Agostino: “Dio che ha creato te senza di te, non salverà senza di te”. Questa, non della paura, ma dell’amore è la reciprocità richiesta dal patto voluto da Dio con l’uomo. In sostanza, si tratta di una fede che sa stimare il dono di Dio e lo ritiene significativo, anzi decisivo, per la pienezza di vita che è iscritto nel cuore dell’uomo.



******



Parlare di fede oggi non è più così ovvio: l’uomo si fa da sé, anzi non si crede più neanche ad una libertà perché tutto è solo biologia, e quindi determinismo e caso ciò che avviene in lui. Abbandonarsi a Dio sembra una castrazione della propria autonomia; e per altri una illusione mitologica che non tiene conto della realtà pesante che costringe la nostra vita quotidiana.

Leggere la Bibbia è incontrare uomini coraggiosi come Abramo - o come Gesù - pienamente fiduciosi e abbandonati a Dio, creduto come un padre appassionato alla nostra vita, e per di più fedele e misericordioso!



Rito romano



Letture della liturgia per il giorno

XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)

Prima Lettura

Sap 1,13-15; 2,23-24

Dal libro della Sapienza



Dio non ha creato la morte

e non gode per la rovina dei viventi.

Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano;

le creature del mondo sono portatrici di salvezza,

in esse non c’è veleno di morte,

né il regno dei morti è sulla terra.

La giustizia infatti è immortale.

Sì, Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità,

lo ha fatto immagine della propria natura.

Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo

e ne fanno esperienza coloro che le appartengono.

Salmo responsoriale (Sal 29)

Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato.

Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato,

non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.

Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,

mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa.



Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,

della sua santità celebrate il ricordo,

perché la sua collera dura un istante,

la sua bontà per tutta la vita.

Alla sera ospite è il pianto

e al mattino la gioia.



Ascolta, Signore, abbi pietà di me,

Signore, vieni in mio aiuto!

Hai mutato il mio lamento in danza,

Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.

Seconda Lettura

2Cor 8,7.9.13-15

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi



Fratelli, come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest’opera generosa.

Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.

Non si tratta di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto: «Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno».

Acclamazione al Vangelo

(Cf 2Tm 1,10)

Alleluia, alleluia.

Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la morte

e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo.

Alleluia.

Vangelo: Mc 5,21-43

Dal Vangelo secondo Marco



In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.

Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.

E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».

Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.

Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.



Parola del Signore.



Forma breve (Mc 5, 21-24.35b-43):



Dal Vangelo secondo Marco



In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.

Dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.

Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

Commento

"Dio non gode per la rovina dei viventi, egli ha creato tutto per l’esistenza" (Sap 1,14). Queste parole tratte dal libro della Sapienza, che stiano meditando proprio in questi giorni, ci introducono alla lettura del lungo brano evangelico della tredicesima domenica del tempo ordinario. In esse appare chiara la volontà di Dio su tutta la creazione: "Dio non ha creato la morte... Ha creato l’uomo per l’immortalità; lo fece a immagine della propria natura. La morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo". È quindi nella "natura" stessa di Dio, da quando la morte è entrata nella vicenda umana, lottare contro di essa perché prevalgano la vita, il bene e la felicità. L’opera di Gesù altro non è che la realizzazione di questa volontà di Dio. E lo si vede in ogni pagina evangelica.

La scena che Marco ci presenta è piuttosto comune nella vita pubblica di Gesù: una folla di bisognosi si accalca attorno a lui cercando guarigione e conforto. Anche uno dei capi della sinagoga di Cafarnao, facendosi largo tra la folla, gli si avvicina e lo implora: "Mia figlia è ormai agli estremi, ma vieni, poni la tua mano su di lei, e vivrà". Quasi certamente Giairo - Matteo lo ricorda per nome forse perché ancora noto nella prima comunità - conosce Gesù per la sua frequentazione nella sinagoga; ne ha potuto apprezzare la pietà, la profondità dello spirito, la bontà e la straordinaria misericordia. Trovandosi nella disperazione più totale, e non sapendo più a chi altro ricorrere, si avvicina a Gesù. Forse pensa tra sé e sé: "È sufficiente che questo uomo di Dio imponga le mani su mia figlia, perché essa guarisca". Di fronte all’impotenza degli uomini, l’unica speranza è nel Signore. E in questo ci troviamo tanto vicini al capo della sinagoga: nella disperazione, quest’uomo, che pure è tra i potenti di Cafarnao, si sveste dell’orgoglio del capo, dell’arroganza del potere e della sicurezza della dignità sociale. Si inginocchia e non si vergogna di supplicare aiuto. Le sue parole non sono un lungo discorso ma una preghiera semplice e assieme drammatica. Gesù non pone tempo in mezzo e subito "va con lui".

Durante il tragitto accade il singolare episodio della guarigione dell’emorroissa. L’evangelista sembra sottolineare che la misericordia del Signore sovrabbonda; essa si riversa su tutti coloro che cercano di mettersi in contatto con Gesù. Il camminare del Signore tra gli uomini non è mai senza effetto. Una donna, affetta da una emorragia ormai da dodici anni senza che i medici abbiano potuto far nulla, è disperata. Pensa che l’unico che può aiutarla sia proprio Gesù. Forse è timida, non vuol farsi notare, e comunque sembra non voler disturbare. Ha tanta fiducia in quel giovane profeta buono che crede sia sufficiente toccargli appena il lembo del mantello per essere guarita. È una fiducia semplice che si esprime in un gesto ancor più semplice. Si fa largo tra la folla e giunge a toccare il lembo del mantello di Gesù. Non è difficile immaginare la sua trepidazione mentre allunga la mano per toccare l’orlo del mantello; non il corpo e neppure la veste. Quale lezione per noi che spesso con noncuranza o troppa abitudine riceviamo il corpo stesso di Gesù!

Quella donna ha pensato di fare tutto nascostamente. Ed in effetti nessuno se n’è accorto. Come del resto nessuno si era preoccupato più di tanto della sua malattia. Non così Gesù, che "avverte la forza uscita da lui". Si rivolge ai discepoli e chiede loro chi l’ha toccato. Nella loro solida ragionevolezza i discepoli gli fanno notare l’assurdità della richiesta: "Tu vedi la folla che si stringe attorno e dici: chi mi ha toccato?". Gesù volge lo sguardo attorno per cercare chi l’ha toccato. Non c’è anonimato nel contatto con Gesù, non c’è un gregge tutto uguale e senza nome. C’è bisogno di guardarsi, di sentirsi, di parlarsi. Quella donna risponde allo sguardo di Gesù, fissa i suoi occhi negli occhi del giovane profeta e si getta ai suoi piedi. E Gesù: "Figlia, la tua fede ti ha salvato! Va in pace e sii guarita dal tuo male". Da quel momento le cessa il flusso di sangue: è guarita. "La tua fede ti ha salvato!" dice Gesù; non "io ti salvo". Il Vangelo suggerisce che è la fede della donna ad operare la guarigione, più che la potenza di Gesù. Questo sta a dire che il miracolo avviene se c’è un rapporto personale con Gesù, un legame di fiducia e di abbandono a lui. Non siamo, infatti, nel campo della magia o delle pratiche esoteriche ma in quello dei rapporti di amicizia e di affetto. La fede è affidarsi.

È quanto accade anche nella guarigione della figlia del capo della sinagoga. Quando si sparge la notizia della morte della fanciulla, tutti perdono ogni speranza nella sua guarigione e dicono di non disturbare più il maestro di Nazareth. Forse anche Giairo sta per rassegnarsi. I galilei conoscono bene la loro impotenza, non la grande misericordia di Dio. Ma Gesù che ha già risposto alla preghiera del capo della sinagoga, lo esorta a non perdere la speranza. Si potrebbe dire che esaudisce la sua preghiera oltre le stesse aspettative: lui voleva che la figlia guarisse dalla malattia, Gesù la risorge dalla morte. Avviene sempre così con la preghiera fatta con fede. Gesù dice a quell’uomo disperato: "Non temere, continua solo ad aver fede!". Giunto alla casa di Giairo, di fronte al pianto e alle urla della folla Gesù dice di calmarsi perché la "fanciulla non è morta, ma dorme". Tutti, come spesso accade di fronte al Vangelo quando va oltre la nostra ragionevolezza, lo prendono in giro e lo deridono. Ma egli caccia via tutti, ed entra con i più intimi nella casa.

Nel linguaggio biblico la morte è intesa come un addormentarsi in attesa del risveglio. I morti perciò giacciono come nel sonno e aspettano la voce stessa del Signore che li svegli. Così Gesù sta davanti alla fanciulla. Ed è lui, Verbo del Padre, che la chiama: "Fanciulla, alzati!". La prende per mano e la mette in piedi. Sta scritto: "Il giusto se cade non rimane a terra, perché il Signore lo tiene per mano" (Sal 37,24). "Subito - nota l’evangelista - la fanciulla si alza e si mette a camminare": è tornata in vita. La morte non è più invincibile. La misericordia di Dio è più forte. Ed è su questa misericordia che edifichiamo la nostra vita, come l’uomo saggio che edifica la sua casa sulla roccia.

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