IV DOMENICA
DOPO PENTECOSTE nel rito ambrosiano 24.06.2012
LETTURA
Lettura del
libro della Genesi 18, 17-21; 19, 1. 12-13. 15. 23-29
In quei
giorni. Il Signore diceva: «Devo io tenere nascosto ad Abramo quello che sto
per fare, mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui
si diranno benedette tutte le nazioni della terra? Infatti io l’ho scelto,
perché egli obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui a osservare la
via del Signore e ad agire con giustizia e diritto, perché il Signore compia
per Abramo quanto gli ha promesso». Disse allora il Signore: «Il grido di
Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio
scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido
fino a me; lo voglio sapere!».
I due angeli
arrivarono a Sòdoma sul far della sera, mentre Lot stava seduto alla porta di
Sòdoma. Non appena li ebbe visti, Lot si alzò, andò loro incontro e si prostrò
con la faccia a terra.
Quegli
uomini dissero allora a Lot: «Chi hai ancora qui? Il genero, i tuoi figli, le
tue figlie e quanti hai in città, falli uscire da questo luogo. Perché noi
stiamo per distruggere questo luogo: il grido innalzato contro di loro davanti
al Signore è grande e il Signore ci ha mandato a distruggerli».
Quando apparve
l’alba, gli angeli fecero premura a Lot, dicendo: «Su, prendi tua moglie e le
tue due figlie che hai qui, per non essere travolto nel castigo della città».
Il sole
spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Soar, quand’ecco il Signore fece
piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco provenienti dal
Signore. Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle
città e la vegetazione del suolo. Ora la moglie di Lot guardò indietro e
divenne una statua di sale.
Abramo andò
di buon mattino al luogo dove si era fermato alla presenza del Signore;
contemplò dall’alto Sòdoma e Gomorra e tutta la distesa della valle e vide che
un fumo saliva dalla terra, come il fumo di una fornace.
Così, quando
distrusse le città della valle, Dio si ricordò di Abramo e fece sfuggire Lot
alla catastrofe, mentre distruggeva le città nelle quali Lot aveva
abitato.
SALMO
Sal 32 (33)
®
Il Signore regna su tutte le nazioni.
Il Signore
annulla i disegni delle nazioni,
rende vani i
progetti dei popoli.
Ma il
disegno del Signore sussiste per sempre,
i progetti
del suo cuore per tutte le generazioni. ®
Beata la
nazione che ha il Signore come Dio,
il popolo
che egli ha scelto come sua eredità.
Il Signore
guarda dal cielo:
egli vede
tutti gli uomini. ®
Dal trono
dove siede
scruta tutti
gli abitanti della terra,
lui, che di
ognuno ha plasmato il cuore
e ne
comprende tutte le opere. ®
EPISTOLA
Prima
lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 6, 9-12
Fratelli,
non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi:
né immorali, né idolatri, né adùlteri, né depravati, né sodomìti, né ladri, né
avari, né ubriaconi, né calunniatori, né rapinatori erediteranno il regno di
Dio. E tali eravate alcuni di voi! Ma siete stati lavati, siete stati
santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello
Spirito del nostro Dio.
«Tutto mi è
lecito!». Sì, ma non tutto giova. «Tutto mi è lecito!». Sì, ma non mi lascerò
dominare da nulla.
VANGELO
Lettura del
Vangelo secondo Matteo 22, 1-14
In quel
tempo. Il Signore Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: «Il regno
dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli
mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano
venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco,
ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già
uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e
andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi
servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue
truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi
disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano
degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete,
chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti
quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di
commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non
indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza
l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo
mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di
denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Commento
Nel suo Vangelo, Matteo, nei capitoli 21-22, racconta tre parabole che sembrano riferirsi a tre successivi momenti della storia della salvezza, contrassegnati da un rifiuto:
- la parabola dei due figli (si riferisce all'accoglienza per Giovanni Battista: 21, 28-32),
- la parabola dei vignaiuoli ribelli (si riferisce a coloro che hanno ucciso i profeti e che uccideranno Gesù: 21,33-44),
- la parabola del convito, che leggiamo oggi (si riferisce alla predicazione apostolica che riesce a farsi accettare dai piccoli e dai poveri e non dagli amici del re: 22,1-14).
Questa terza parabola è diretta specificamente, come le prime due, d'altra parte, ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo per il loro insegnamento e la responsabilità che stanno assumendosi rispetto alle scelte del popolo. Matteo tiene a raccontare la durissima polemica finale con le autorità religiose poiché vuole ricordare che la Parola di Dio non può essere ambigua. Nello stesso tempo il significato della parabola ricorda che non basta una parola di fede, ma bisogna sviluppare la fede fino a renderla operosa.
La parabola del banchetto per le nozze del figlio del re risente di racconti favolosi che gli ebrei immaginavano nella loro povertà e che rimandavano "all'aldilà" come il luogo della grande festa in cui Dio è presente, accoglie, invita a sedersi con lui.
Gesù utilizza questo racconto per aprire, "sull'aldiquà", gli orizzonti del mondo ebraico e gli orizzonti della comunità cristiana al suo messaggio. La festa delle nozze è la fine dell'attesa. I tempi messianici sono giunti e Dio è tra noi.
Così, per primi, sono invitati coloro che hanno fatto parte, privilegiati, del popolo di Dio, scelti da Dio stesso. Ma i servi sono rimasti inascoltati e in due gruppi successivi (sono i profeti che hanno annunciato i tempi nuovi) ritornano a mani vuote, delusi che siano caduti ogni attesa e ogni interesse per la festa del re. Ma i primi chiamati non se la sono sentita di abbandonare i loro interessi, il campo e gli affari. Si sentivano sazi, ritenevano di avere già tutto per una vita senza problemi, sufficientemente soddisfatti della propria religiosità e delle sicurezze che questa procura. Chi non ha fame o sete non entra nel nuovo mondo che Gesù porta: il regno di Dio.
Allora
il terzo gruppo di servi, gli apostoli e i membri della comunità cristiana, è
inviato nei luoghi poveri, sulle strade, dove non si abita, ma ci sono persone
anonime che passano. Proprio questi vengono chiamati, (prima "i cattivi
poi i buoni", per chiarire la totale gratuità).
Finalmente
la stanza, per quanto grande possa essere, è riempita di gente. Tutti sono
invitati, ma il rispondere non è un gioco che si affronta nella superficialità
o nel solo proprio interesse.
Esiste qui un problema culturale di comprensione che si lega al linguaggio di Matteo che si fa aspro e duro, poiché egli scrive il suo Vangelo agli ebrei convertiti, il cui modo d'esprimersi ha abitualmente i caratteri apocalittici di drammi, di guerre, di morte.
Esiste qui un problema culturale di comprensione che si lega al linguaggio di Matteo che si fa aspro e duro, poiché egli scrive il suo Vangelo agli ebrei convertiti, il cui modo d'esprimersi ha abitualmente i caratteri apocalittici di drammi, di guerre, di morte.
Così
Matteo utilizza gli schemi ancora validi per la cultura ebraica, anche se
convertiti, per aiutarli a comprendere il messaggio.
- Chi non ha accettato, chiamato tra i primi, dovrà sostenere una guerra e sarà travolto. E probabilmente Matteo adombra qui la distruzione di Gerusalemme avvenuta nel 70 d.C. (Il Vangelo di Matteo viene completato dopo questa data).
- Chi dei commensali raccogliticci, presi dalla strada, è però trovato senza la veste nuziale, viene cacciato con parole durissime.
- Chi non ha accettato, chiamato tra i primi, dovrà sostenere una guerra e sarà travolto. E probabilmente Matteo adombra qui la distruzione di Gerusalemme avvenuta nel 70 d.C. (Il Vangelo di Matteo viene completato dopo questa data).
- Chi dei commensali raccogliticci, presi dalla strada, è però trovato senza la veste nuziale, viene cacciato con parole durissime.
Né
l'una né l'altra situazione ci fanno riscoprire la misericordia che Gesù ha
portato, quanto piuttosto il volto di un Dio duro, esigente, inflessibile nella
giustizia e nella rigidità.
Ma il Signore, che noi conosciamo, porta il volto di Gesù crocifisso che ama ed è amato dal Padre: e in Lui ciascuno di noi è amato. Il testo va allora interpretato nella cultura cristiana successiva che ha approfondito teologicamente il significato dell'Incarnazione di Gesù.
Ma il Signore, che noi conosciamo, porta il volto di Gesù crocifisso che ama ed è amato dal Padre: e in Lui ciascuno di noi è amato. Il testo va allora interpretato nella cultura cristiana successiva che ha approfondito teologicamente il significato dell'Incarnazione di Gesù.
-
Chi rifiuta il dono di Dio, alla fine, non troverà assolutamente nulla di ciò
che sperava e tutto si dissolverà e diventerà inutile.
-
Il malcapitato, che ha accettato di entrare nella sala del banchetto, ma che
non si è preoccupato di fare scelte coerenti con il luogo dove si trova (non
porta l'abito nuziale, che spesso viene regalato, soprattutto in frangenti del
genere), non è degno di restare. Giovanni nell'Apocalisse (19,8) dice che la
veste nuziale di lino della sposa di Gesù sposo (la comunità cristiana)
"sono le opere giuste dei santi".
Questo
testo conclude: "Tutti sono presi sul serio e amati dal Signore, tutti
hanno una vocazione di vicinanza con lui che è una vocazione di festa. Ma la
festa suppone coscienza e responsabilità, coraggio e fedeltà a Dio e non ci si
risolve con dei gesti di culto, semplicemente, o nella pigrizia.
Matteo qui si preoccupa della tentazione della prima Comunità cristiana ma anche di ogni cristiano: noi tendiamo, infatti, a dare per scontato di essere stati scelti, per via del battesimo, per cui ci sembra sufficiente rispettare alcuni gesti di culto. Però si mantiene una mentalità superficiale e lassista che non si preoccupa di compiere la volontà di Dio, ogni giorno, nella vita quotidiana.
Matteo qui si preoccupa della tentazione della prima Comunità cristiana ma anche di ogni cristiano: noi tendiamo, infatti, a dare per scontato di essere stati scelti, per via del battesimo, per cui ci sembra sufficiente rispettare alcuni gesti di culto. Però si mantiene una mentalità superficiale e lassista che non si preoccupa di compiere la volontà di Dio, ogni giorno, nella vita quotidiana.
Rito romano
Natività di
S. Giovanni Battista
Prima
Lettura
Is 49,1-6
Is 49,1-6
Dal libro
del profeta Isaìa
Ascoltatemi, o isole,
udite attentamente, nazioni lontane;
il Signore dal seno materno mi ha chiamato,
fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome.
Ha reso la mia bocca come spada affilata,
mi ha nascosto all’ombra della sua mano,
mi ha reso freccia appuntita,
mi ha riposto nella sua faretra.
Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele,
sul quale manifesterò la mia gloria».
Io ho risposto: «Invano ho faticato,
per nulla e invano ho consumato le mie forze.
Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore,
la mia ricompensa presso il mio Dio».
Ora ha parlato il Signore,
che mi ha plasmato suo servo dal seno materno
per ricondurre a lui Giacobbe
e a lui riunire Israele
– poiché ero stato onorato dal Signore
e Dio era stato la mia forza –
e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo
per restaurare le tribù di Giacobbe
e ricondurre i superstiti d’Israele.
Io ti renderò luce delle nazioni,
perché porti la mia salvezza
fino all’estremità della terra».
Ascoltatemi, o isole,
udite attentamente, nazioni lontane;
il Signore dal seno materno mi ha chiamato,
fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome.
Ha reso la mia bocca come spada affilata,
mi ha nascosto all’ombra della sua mano,
mi ha reso freccia appuntita,
mi ha riposto nella sua faretra.
Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele,
sul quale manifesterò la mia gloria».
Io ho risposto: «Invano ho faticato,
per nulla e invano ho consumato le mie forze.
Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore,
la mia ricompensa presso il mio Dio».
Ora ha parlato il Signore,
che mi ha plasmato suo servo dal seno materno
per ricondurre a lui Giacobbe
e a lui riunire Israele
– poiché ero stato onorato dal Signore
e Dio era stato la mia forza –
e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo
per restaurare le tribù di Giacobbe
e ricondurre i superstiti d’Israele.
Io ti renderò luce delle nazioni,
perché porti la mia salvezza
fino all’estremità della terra».
Salmo
responsoriale (Sal 138)
Io ti rendo
grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda.
Signore, tu
mi scruti e mi conosci,
tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo,
intendi da lontano i miei pensieri,
osservi il mio cammino e il mio riposo,
ti sono note tutte le mie vie.
Sei tu che hai formato i miei reni
e mi hai tessuto nel grembo di mia madre.
Io ti rendo grazie:
hai fatto di me una meraviglia stupenda.
Meravigliose sono le tue opere,
le riconosce pienamente l’anima mia.
Non ti erano nascoste le mie ossa
quando venivo formato nel segreto,
ricamato nelle profondità della terra.
tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo,
intendi da lontano i miei pensieri,
osservi il mio cammino e il mio riposo,
ti sono note tutte le mie vie.
Sei tu che hai formato i miei reni
e mi hai tessuto nel grembo di mia madre.
Io ti rendo grazie:
hai fatto di me una meraviglia stupenda.
Meravigliose sono le tue opere,
le riconosce pienamente l’anima mia.
Non ti erano nascoste le mie ossa
quando venivo formato nel segreto,
ricamato nelle profondità della terra.
Acclamazione
al Vangelo
(Lc 1,76)
(Lc 1,76)
Alleluia,
alleluia.
Tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo
perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade.
Alleluia.
Tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo
perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade.
Alleluia.
Vangelo: Lc
1,57-66.80
Dal Vangelo secondo Luca
Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.
Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».
Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio.
Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.
Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.
Dal Vangelo secondo Luca
Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.
Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».
Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio.
Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.
Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.
Commento
Per
Elisabetta si compì il tempo e diede alla luce un figlio. I figli vengono alla
luce come compimento di un progetto, vengono da Dio. Caduti da una stella
nelle braccia della madre, portano con sé scintille d'infinito: gioia ( e i
vicini si rallegravano con la madre) e parola di Dio.
Non
nascono per caso, ma per profezia. Nel loro vecchio cuore i genitori sentono
che il piccolo appartiene ad una storia più grande, che i figli non sono
nostri: appartengono a Dio, a se stessi, alla loro vocazione, al mondo.
Il
genitore è solo l'arco che scocca la freccia, per farla volare lontano.
Il
passaggio tra i due testamenti è un tempo di silenzio: la parola, tolta al tempio
e al sacerdozio, si sta intessendo nel ventre di due madri. Dio traccia la sua
storia sul calendario della vita, e non nel confine stretto delle istituzioni.
Un
rivoluzionario rovesciamento delle parti, il sacerdote tace ed è la donna a
prendere la parola: si chiamerà Giovanni, che in ebraico significa: dono di
Dio.
Elisabetta
ha capito che la vita, l'amore che sente fremere dentro di sé, sono un
pezzetto di Dio. Che l'identità del suo bambino è di essere dono. E questa è
anche l'identità profonda di noi tutti: il nome di ogni bambino è «dono perfetto».
Stava
la parola murata dentro, fino a quando la donna fu madre e la casa, casa di
profeti.
Zaccaria era rimasto muto perché non aveva creduto all'annuncio dell'angelo. Ha chiuso l'orecchio del cuore e da allora ha perso la parola.
Zaccaria era rimasto muto perché non aveva creduto all'annuncio dell'angelo. Ha chiuso l'orecchio del cuore e da allora ha perso la parola.
Non
ha ascoltato, e ora non ha più niente da dire.
Indicazione
che mi fa pensoso: quando noi credenti, noi preti, smarriamo il riferimento
alla Parola di Dio e alla vita, diventiamo afoni, insignificanti, non
mandiamo più nessun messaggio a nessuno.
Eppure
il dubitare del vecchio sacerdote non ferma l'azione di Dio. Qualcosa di
grande e di consolante: i miei difetti, la mia poca fede non arrestano il fiume
di Dio.
Zaccaria incide il nome del figlio: «Dono-di-Dio», e subito riprende a fiorire la parola e benediceva Dio.
Zaccaria incide il nome del figlio: «Dono-di-Dio», e subito riprende a fiorire la parola e benediceva Dio.
Benedire
subito, dire-bene come il Creatore all'origine ( crescete e moltiplicatevi):
la benedizione è una energia di vita, una forza di crescita e di nascita che
scende dall'alto, ci raggiunge, ci avvolge, e ci fa vivere la vita come un
debito d'amore che si estingue solo ridonando vita.
Che
sarà mai questo bambino?
Grande
domanda da ripetere, con venerazione, davanti al mistero di ogni culla. Cosa
sarà, oltre ad essere dono che viene dall'alto? Cosa porterà al mondo? Un dono
unico e irriducibile: lo spazio della sua gioia; e la profezia di una parola
unica che Dio ha pronunciato e che non ripeterà mai più (Vannucci). Sarà
«voce», proprio come il Battista, la Parola sarà un Altro.
Nessun commento:
Posta un commento