mercoledì 1 settembre 2010

Domenica 5 settembre 2010

Domenica 5 settembre 2010

LETTURA
Lettura del profeta Isaia 30, 8-15b

Così dice il Signore Dio: / «Su, vieni, scrivi questo su una tavoletta davanti a loro, / incidilo sopra un documento, / perché resti per il futuro / in testimonianza perenne. / Poiché questo è un popolo ribelle. / Sono figli bugiardi, / figli che non vogliono ascoltare la legge del Signore. / Essi dicono ai veggenti: “Non abbiate visioni” / e ai profeti: “Non fateci profezie sincere, / diteci cose piacevoli, profetateci illusioni! / Scostatevi dalla retta via, uscite dal sentiero, / toglieteci dalla vista il Santo d’Israele”». / Pertanto dice il Santo d’Israele: / «Poiché voi rigettate questa parola / e confidate nella vessazione dei deboli e nella perfidia, / ponendole a vostro sostegno, / ebbene questa colpa diventerà per voi / come una breccia che minaccia di crollare, / che sporge su un alto muro, / il cui crollo avviene in un attimo, improvvisamente, / e s’infrange come un vaso di creta, / frantumato senza misericordia, / così che non si trova tra i suoi frantumi / neppure un coccio / con cui si possa prendere fuoco dal braciere / o attingere acqua dalla cisterna». / Poiché così dice il Signore Dio, il Santo d’Israele: / «Nella conversione e nella calma sta la vostra salvezza, / nell’abbandono confidente sta la vostra forza».

SALMO
Sal 50 (51)

® Convertici a te, Dio, nostra salvezza.
Aspergimi con rami d’issòpo e sarò puro;
lavami e sarò più bianco della neve.
Distogli lo sguardo dai miei peccati,
cancella tutte le mie colpe. ®

Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito. ®

Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso.
Insegnerò ai ribelli le tue vie
e i peccatori a te ritorneranno. ®

EPISTOLA
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 5, 1-11

Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliàti con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.

VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Matteo 4, 12-17

In quel tempo. Quando il Signore Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: / «Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, / sulla via del mare, oltre il Giordano, / Galilea delle genti! / Il popolo che abitava nelle tenebre / vide una grande luce, / per quelli che abitavano in regione e ombra di morte / una luce è sorta». / Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».


PER LA NOSTRA VITA

Lasciamoci provocare da una lettura che aiuta a illuminare le pagine bibliche di questa domenica

1. La fede che preferisco, dice Dio, è la speranza.
La fede non mi stupisce.
Non è stupefacente.
Risplendo talmente nella mia creazione. [...]
Che per non vedermi veramente ci vorrebbe che quella povera gente fosse cieca.
La carità, dice Dio, non mi stupisce.
Non è stupefacente.
Quelle povere creature sono così infelici che a meno di avere un cuore di pietra,
come non avrebbero carità le une per le altre.
Come non avrebbero carità per i loro fratelli.
Come non si toglierebbero il pane di bocca, il pane quotidiano, per darlo a dei
bambini disgraziati che passano.
E mio figlio ha avuto per loro una tale carità. [...]
Ma la speranza, dice Dio, ecco quello che mi stupisce.
Me stesso.
Questo è stupefacente.
Che quei poveri figli vedano come vanno le cose e che credano che andrà meglio
domattina. [...]
Questo è stupefacente ed è proprio la più grande meraviglia della nostra grazia.
E io stesso ne sono stupito.
E bisogna che la mia grazia sia in effetti di una forza incredibile.
E che sgorghi da una fonte e come un fiume inesauribile. [...]
Quello che mi stupisce, dice Dio, è la speranza.
Non me ne capacito.
Questa piccola speranza che ha l’aria di non essere nulla.
Questa bambina speranza.
Immortale.

2. Si potrebbe credere che il Vangelo, istituendo la distinzione tra spirituale e temporale,
tra religione e politica, tra salvezza dell’anima e interessi della città terrena, abbia
instaurato un principio che distoglie dall’azione sociale. È invece accaduto proprio
il contrario, in piena logica. Il Vangelo, infatti, con tale distinzione libera il germe della
libertà spirituale che si trova nel fondo di ogni individuo e spinge a vedere in lui non
soltanto il soggetto che deve servire alla costruzione di un impero o il cittadino che deve
svolgere il suo ruolo in seno alla città, ma anche l’essere personale, nell’interesse del
quale si deve operare. Era necessario che il Vangelo ci facesse, per così dire, decollare
da terra, che facesse emergere in noi qualche cosa che alla terra sfugge, affinché anche
l’interesse per il sociale si liberasse dall’interesse per la città terrena e la sua coesione,
interesse che regnava sovrano nel mondo antico. E perché è sempre vivo il rischio che
assorba nuovamente il primo, bisogna che la fedeltà all’evangelo mantenga in noi questa
“emergenza”.10

3. La lettura continua dei libri biblici costringe chiunque sia disposto ad ascoltare
a portarsi, a farsi trovare là dove Dio ha agito per la salvezza dell’uomo una volta per
tutte. […] Diventiamo partecipi di ciò che un tempo accadde per la nostra salvezza, ci
dimentichiamo di noi stessi e ci perdiamo, nel partecipare al passaggio del Mar Rosso,
nella traversata del deserto, nel passaggio del Giordano per giungere alla terra promessa,
sprofondiamo nel dubbio e nella mancanza di fede insieme con Israele, e rinnoviamo
l’esperienza dell’aiuto e della fedeltà di Dio attraverso la punizione e la penitenza;
tutto questo non nell’immaginazione irreale, ma nella santa realtà di Dio. Siamo sradicati
dalla nostra personale esistenza e trapiantati nella storia santa di Dio sulla terra. È
lì che Dio ha agito su di noi, e ancora oggi Dio agisce su di noi, sulle nostre miserie,
sui nostri peccati, per mezzo dell’ira e della grazia. Non nel senso che Dio sia spettatore
e partecipe della nostra vita attuale, ma nel senso che noi siamo ascoltatori e partecipi
dell’agire di Dio, nella meditazione della storia sacra, della storia del Cristo in terra:
questo è l’importante, e solo per quel tanto che ne siamo partecipi Dio anche oggi è
con noi.11

4. Non la religione ci rende buoni davanti a Dio, ma Dio soltanto; è dalla sua azione
che questo dipende. Di fronte a essa ogni nostra pretesa viene a cadere. La cultura
come la religione stanno sotto il giudizio divino. Le cause della nostra moralità e
della nostra religione sono smascherate, vorremmo essere signori dell’eterno e ora siamo
schiavi. Rimane solo una salvezza: il cammino di Dio, che significa della grazia. […]
Non la religione, ma la rivelazione, la grazia, l’amore, non il cammino verso Dio,
ma il cammino di Dio verso l’uomo, questa è la somma del cristianesimo. Qui si trova
una grande disillusione e tuttavia una speranza ancora più grande. Il nostro guadagno,
la nostra superbia, il nostro onore, tutto questo è finito. Ma allora inizia la grazia di
Dio, la gloria di Dio, l’onore di Dio. N0n la nostra religione – nemmeno quella cristiana
– ma la grazia di Dio, questo è il messaggio di tutto il cristianesimo. Non è impor-
tante la mano tesa a mendicare, ma il fatto che Dio la riempia; e questo significa che
non siamo assolutamente noi e il nostro agire a essere importanti, ma Dio e il suo agire.
Il nostro agire lo è soltanto nella misura in cui crea spazio per l’agire di Dio, perché fa
essere la grazia di Dio grazia. La nostra speranza non si fonda su di noi, ma su Dio.
Gesù Cristo, bambina, non è venuto per dirci frivolezze,
Capisci, non ha fatto il viaggio di venire sulla terra [...]
per venire a contarci indovinelli
E barzellette.

5 ... e Gesù non ci ha neanche dato delle parole morte
Che noi dobbiamo chiudere in piccole scatole (o in grandi.)
E che dobbiamo conservare in olio rancido
Come le mummie d’Egitto.
Gesù Cristo, bambina, non ci ha dato delle conserve di parole
Da conservare,
Ma ci ha dato delle parole vive.
Da nutrire.
Io sono la via, la verità e la vita.
Le parole di vita, le parole vive non si possono conservare che vive.
Nutrite vive,
Nutrite, portate, scaldate, calde in un cuore vivo...
Come Gesù ha preso, è stato costretto a prendere corpo, a rivestire la carne
Per pronunciare queste parole (carnali) e per farle intendere,
Per poterle pronunciare,
Così noi, ugualmente noi, a imitazione di Gesù,
Così noi, che siamo carne, dobbiamo approfittarne, [...]
Dobbiamo nutrire, abbiamo da nutrire nel nostro cuore,
Con la nostra carne e col nostro sangue,
Col nostro cuore,
Le Parole carnali,
Le Parole eterne, temporalmente, carnalmente pronunciate. [...]
È a noi, infermi, che è stato dato,
È da noi che dipende, infermi e carnali,...
di assicurare (è incredibile) di assicurare alle parole eterne
Inoltre come una seconda eternità, ...
Un’eternità terrena.

6. C’era, sì, c’era – ma come ritrovarlo
quello spirito nella lingua
quel fuoco nella materia.
Chi elimina la melma, chi cancella la contumelia?
Sepolto nelle rocce,
rocce dentro montagne
di buio e grevità –
così quasi si estingue,
così cova l’incendio
l’immemorabile evangelio…

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