mercoledì 15 settembre 2010

III DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI S. GIOVANNI IL PRECURSORE

III DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI S. GIOVANNI IL PRECURSORE

Avvisi

1. Lunedì venti settembre si tiene il MATRICOLA DAY. Anche il Centro pastorale ha il suo banchetto. A questo proposito chi volesse aiutarmi a incontrare le matricole venga nel cortile dei gelsi dalle 12. alle 13.

2. Alla fine del commento ai testi trovate le informazioni circa la beatificazione di una giovane e straordinaria ragazza: Chiara Luce Badano, che si terrà a Roma il 25 settembre.

3. Inizia anche quest’anno la scuola di formazione politica della Diocesi. Informazioni presso il sito www.scuolaformazionepolitica.org


Messa nel giorno

LETTURA
Lettura del profeta Isaia 43, 24c - 44, 3

Così dice il Signore Dio: «Tu mi hai dato molestia con i peccati, / mi hai stancato con le tue iniquità. / Io, io cancello i tuoi misfatti per amore di me stesso, / e non ricordo più i tuoi peccati. / Fammi ricordare, discutiamo insieme; / parla tu per giustificarti. / Il tuo primo padre peccò, / i tuoi intermediari mi furono ribelli. / Perciò profanai i capi del santuario / e ho votato Giacobbe all’anàtema, / Israele alle ingiurie». / Ora ascolta, Giacobbe mio servo, / Israele che ho eletto. / Così dice il Signore che ti ha fatto, / che ti ha formato dal seno materno e ti soccorre: / «Non temere, Giacobbe mio servo, / Iesurùn che ho eletto, / poiché io verserò acqua sul suolo assetato, / torrenti sul terreno arido. / Verserò il mio spirito sulla tua discendenza, / la mia benedizione sui tuoi posteri».

SALMO
Sal 32 (33)

® Cantate al Signore, acclamate il suo santo nome.
Cantate al Signore un canto nuovo,
con arte suonate la cetra e acclamate,
perché retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera. ®

Beata la nazione che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto come sua eredità.
Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore. ®

L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
È in lui che gioisce il nostro cuore,
nel suo santo nome noi confidiamo. ®

EPISTOLA
Lettera agli Ebrei 11, 39 - 12, 4

Fratelli, i nostri padri, pur essendo stati approvati a causa della loro fede, non ottennero ciò che era stato loro promesso: Dio infatti per noi aveva predisposto qualcosa di meglio, affinché essi non ottenessero la perfezione senza di noi. Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio. Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato.

VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Giovanni 5, 25-36

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: viene l’ora – ed è questa – in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno. Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso, e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Non meravigliatevi di questo: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna. Da me, io non posso fare nulla. Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera. Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce. Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato».


commento

Stiamo leggendo solo una parte di un lungo discorso che Gesù fa con alcuni "Giudei",
che avevano scoperto un tale che andava in giro, in un giorno di sabato, con un lettino/branda/ giaciglio sulle spalle.
Questo tale era stato guarito da Gesù "alla piscina, chiamata in ebraico Betzada, presso le porte delle pecore" (5,2) da una paralisi che lo teneva nel letto, incapace di camminare da 38 anni (nel Deuteronomio 38 anni sono praticamente la conclusione della vita (2,14) e quindi in procinto di morire senza speranza (5,5). E’ un grave scandalo, suscitato dalla disobbedienza della legge chiara sul sabato e dalla sua tradizionale osservanza. Tale fatto suscita rimproveri autorevoli e minacciosi: “Chi si può permettere di violare la legge del sabato?” Il paralitico, frastornato dal fatto della guarigione, ha ritenuto che l’ubbidienza al comando di questo sconosciuto guaritore fosse doverosa. Così, molto semplicemente e ingenuamente, riporta il comando di Gesù. Ma poiché gli chiedono l'identità di questo
strano benefattore, il paralitico guarito, sconcertato, risponde di non conoscerlo e quindi di non sapere chi fosse.
Da qui nasce l'interrogativo che percorre tutto il capitolo quinto: chi è Gesù?
Gesù stesso cerca la persona guarita e la incoraggia: “Ecco, sei guarito. Non peccare
più” (v 14). Gesù si fa individuare non solo come guaritore, ma anche come liberatore
dal male morale. Così incomincia il confronto con lui.
Sullo sfondo di un processo immaginario tra Gesù e i Giudei, Gesù, l'accusato,
- dapprima difende il suo operato (vv 19-30, autodifesa)
- riporta le testimonianze a suo favore (vv 31-40),
- infine attacca gli avversari divenendo a sua volta accusatore, invertendo così le
parti (vv 41-47).
Il primo problema, non marginale in quel contesto, è il richiamo al riposo del sabato.
"I Giudei cominciarono a perseguitare Gesù, perché faceva tali cose di sabato" (5,16). Ma già dall’inizio la giustificazione, da parte di Gesù, si pone in un linguaggio che sembra blasfemo: "Il Padre mio opera sempre e anch'io opero". E quindi, nella sua figliolanza da Dio Padre, Gesù e i suoi si possono permettere di operare di sabato poiché il Padre opera "sempre".
Gesù insiste in questa dipendenza-figliolanza unica dal Padre. Anzi, nel progetto di Dio, aggiunge Gesù, ci sono opere di risurrezione che il Padre opera, “ripromettendosi di meravigliare” (v 20) e garantisce che sarà data al Figlio la capacità di offrire la vita, di aprire il giudizio e di ricevere lo stesso onore che Dio stesso esige per sé (vv 21-23).
Il valore della sua parola, la salvezza che Gesù offre persino a chi è come morto e
comunque lontano da Dio, nel presente e nella prospettiva della risurrezione nell'ultimo giorno, tutto questo viene dalla potenza del Padre. "Da me io non posso fare nulla" (v 30).
Quello che Gesù dice ha bisogno di verifiche e le verifiche si sviluppano a mo’ di
processo. E’ necessaria così la ricerca di prove che testimoniano ciò che Gesù dice. E Gesù porta almeno quattro testimonianze:
- la testimonianza di Giovanni (vv 33-35),
- “le opere che il Padre mi ha dato da compiere” (5,36),
- il richiamo delle coscienze (vv 37-38)
- le Sacre Scritture (vv 39-40).
- Poiché molti giudei, non tutti certo, ma molti credono nella testimonianza di
Giovanni il Battista, Gesù sottolinea che anche la testimonianza di Giovanni, che
essi opportunisticamente hanno accettato, ha valore, pur essendo solo un uomo. La
sua è luce di una lampada "che arde e risplende; e voi solo per un momento avete
voluto rallegrarvi alla sua luce" (v 35).
- Le testimonianze del Padre, offerte attraverso le sue opere, sono luce abbagliante.
Gesù ha visto il volto del Padre e porta la sua parola.
- "Il Padre non è stato ascoltato e perciò la sua parola non resta in voi". Non hanno
visto e non hanno ascoltato la parola di Gesù. Così questa parola non resta e non
sanno credere a colui che il Padre ha mandato.
- Lo stesso loro studio delle Scritture, che essi ritengono essere portatrici di vita
eterna, testimoniano l’unicità di Gesù poiché “sono proprio esse che danno
testimonianza di me” (v 5,39).


Rito romano

Luca 16,1-13
In quel tempo, Gesù 1 diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore,
e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2 Lo chiamò e gli
disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché
non potrai più amministrare”. 3 L’amministratore disse tra sé: “Che cosa
farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la
forza; mendicare, mi vergogno. 4 So io che cosa farò perché, quando sarò stato
allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
5 Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi
al mio padrone?”. 6 Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la
tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. 7 Poi disse a un altro: “Tu
quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta
e scrivi ottanta”. 8 Il padrone lodò quell’amministratore
disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti,
verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
9 Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando
questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
10 Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è
disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11 Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12 E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
13 Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà
l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio
e la ricchezza».

Se rimaniamo nel simbolismo della parabola ci sono due questioni che ci
aiutano a mettere a fuoco il messaggio di questo testo evangelico che urta la
nostra sensibilità a riguardo giustizia: infatti, perché lodare un uomo
disonesto?
La prima è il v. 9: se la ricchezza è fatta in modo disonesto, occorre
ridistribuirla per farsi degli amici, in modo da compensare l’ingiustizia
compiuta. Farsi degli amici è la cosa importante della vita. Essi si vedono e si
riconoscono nel momento del bisogno e il Signore loda questo amministratore
disonesto per la sua astuzia che gli ha permesso di farsi degli amici. Egli non
si preoccupa di quanto gli ha rubato, ma lo ammira per il fatto che ha saputo
destreggiarsi nella situazione di difficoltà. L’amministratore ha scelto questa
strada, perché le strade normali non le può percorrere, riconoscendo così la
sua incapacità a lavorare e la vergogna del mendicare.
La spregiudicatezza dei figli di questo mondo, la loro capacità di destreggiarsi
negli affari del mondo, è maggiore di quella dei figli della luce e può essere
messa a frutto per la salvezza.
La seconda questione è la fedeltà nei riguardi della ricchezza disonesta, che
occorre mettere a frutto per il bene comune. Infatti occorre trafficarla bene per
ottenere la vera ricchezza, che è quella di intrecciare relazioni di amicizia
sincera con tutti.
Non si può servire Dio e la ricchezza, perché sono due padroni che seguono
logiche diverse. La ricchezza rivolge il cuore dell’uomo verso il proprio
interesse e alla sua difesa contro gli altri. La relazione con il Signore invece
rivolge il cuore dell’uomo verso la relazione con gli altri, così da condividere
le ricchezze e, soprattutto, la vita.
Se la parabola urta la nostra sensibilità, è per provocarci a comprenderne il
senso ultimo: ciò che conta non sono le ricchezze, ma la qualità delle relazioni
che realizziamo nella nostra vita quotidiana e in tutti gli ambiti.
E’ una questione di sapienza della vita che, sembra, i figli del mondo
conoscono e trafficano meglio dei figli della luce. E’ una sapienza al servizio
della salvezza di tutti e non solo della propria: per questo è lodata dal Signore.



A Roma la beatificazione
di Chiara Luce Badano



Oltre mille persone, in gran parte giovani, dalla sola Lombardia sono attesi a Roma sabato 25 settembre in occasione della beatificazione di Chiara Luce Badano. Ma in tutto il mondo - dall’Australia al Kenya, dall’Olanda alla Giordania, dalla Cina alla Colombia - sono un crescendo le prenotazioni per partecipare agli eventi in programma per la beatificazione. E sono proprio i giovani a comunicare ai loro coetanei la straordinarietà della vita di questa ragazza, con canzoni, brani teatrali, musical e attraverso Internet, Facebook e YouTube.
Chiara Badano nasce il 29 ottobre 1971 a Sassello (Savona). È bella, sportiva, gioiosa e volitiva. Si orienta agli studi di medicina per andare in Africa a curare i bambini. Ha una predilezione per gli altri giovani, per chi è alla ricerca, per chi è nel bisogno. Molti amici trovano in lei apertura e ascolto. Ma prova anche l’emarginazione di chi la chiama “suorina” per il suo impegno cristiano, nato dopo la partecipazione al Family Fest (manifestazione internazionale per le famiglie promossa dal Movimento dei Focolari).
Si impegna tra i più giovani del Movimento, le gen. Scrive alla fondatrice Chiara Lubich: «Abbiamo cominciato subito la nostra avventura: fare la volontà di Dio nell’attimo presente. Col Vangelo sotto braccio faremo grandi cose». Diventerà l’incarnazione viva delle parole della fondatrice: «Non abbiate paura! Lasciate fare a Lui ricompensarvi di amore! Vi farà felici in questa vita e per l’eternità!».
A sorpresa, a 17 anni, un dolore acuto mentre gioca a tennis. Le ricerche, poi la diagnosi: un tumore osseo tra i più dolorosi. Ben presto si dilegua ogni speranza di guarigione. Chiara perde l’uso delle gambe e a ogni nuova “sorpresa” della malattia dice: «Per Te, Gesù, se lo vuoi Tu lo voglio anch’io!». Subentra una grave emorragia. I medici si chiedono se lasciarla morire o procedere alla trasfusione tentando di salvarla, ma rimettendo così in moto anche le sofferenze. Decidono per la vita. Chiara vivrà ancora un anno, decisivo per lei. È l’anno di un’ardita scalata, in cordata con Chiara Lubich, con i suoi genitori, con gli altri giovani che condividono i suoi stessi ideali.
Chi va a farle visita col desiderio di darle coraggio, ne esce sconvolto e cambiato: è Chiara che contagia con la sua serenità e pace. Uno dei medici, non credente e critico nei confronti della Chiesa, confessa: «Da quando ho conosciuto Chiara, qualcosa è cambiato dentro di me. Qui c’è coerenza, qui del cristianesimo tutto mi quadra».
Chiara Luce è proiettata sino all’ultimo ad amare chi le sta accanto, a comunicare a più giovani possibile l’ideale che la anima, a dare Dio a chi è alla ricerca. La vigilia della sua “partenza” saluta tutti i presenti uno a uno, ma i giovani con un amore speciale. Lascia a loro una consegna: «I giovani sono il futuro. Io non posso più correre, però vorrei passare loro la fiaccola come alle Olimpiadi. Hanno una vita sola e vale la pena di spenderla bene». Poi scompiglia i capelli della mamma: «Ciao! Sii felice, perché io lo sono».
Chiara muore il 7 ottobre 1990. Per il suo funerale ha pensato a tutto: ai canti, alle preghiere dei fedeli, ai fiori, alla pettinatura, al vestito bianco, da sposa. Alla cerimonia partecipano moltissimi giovani. Celebra il vescovo di Acqui, monsignor Livio Maritano: «La gioia era dominante, stranamente unite lacrime e sorrisi». Immediato l’eco della straordinarietà della sua breve esistenza. Molti cambiano vita. Innumerevoli le testimonianze. È lo stesso vescovo - che l’ha conosciuta personalmente - a prendere l’iniziativa e portare avanti la causa di beatificazione, che ha un iter particolarmente rapido: poco più di dieci anni.
Questo il programma a Roma.
Sabato 25 settembre , alle 16: S. Messa con rito di beatificazione presso il Santuario della Madonna del Divino Amore (Roma), presieduto da monsignor Angelo Amato, Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi
Sabato 25 settembre, alle 21: Festa con Chiara Luce Badano nell’Aula Paolo VI, con maxischermo in Piazza S. Pietro
Domenica 26 settembre, alle 10.30: S. Messa di ringraziamento presso la Basilica di San Paolo fuori le Mura, presieduta dal cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato
Domenica 26 settembre, alle 12: Angelus di Papa Benedetto XVI in collegamento con la Basilica di San Paolo fuori le Mura.

Nessun commento:

Posta un commento