venerdì 14 ottobre 2011

Domenica 16 Ottobre 2011 DEDICAZIONE DEL DUOMO

Cor ad cor loquitur
(Un cuore che parla al cuore).
Il mio, il tuo che ascolta quello di Cristo.
Se no, la casa del padre non sarà luogo di preghiera ma mercato.

È il motto cardinalizio del beato John Henry Newman.


LETTURA
Lettura del profeta Baruc 3, 24-38


O Israele, quanto è grande la casa di Dio, / quanto è esteso il luogo del suo dominio! / È grande e non ha fine, / è alto e non ha misura! / Là nacquero i famosi giganti dei tempi antichi, / alti di statura, esperti nella guerra; / ma Dio non scelse costoro / e non diede loro la via della sapienza: / perirono perché non ebbero saggezza, / perirono per la loro indolenza. / Chi è salito al cielo e l’ha presa / e l’ha fatta scendere dalle nubi? / Chi ha attraversato il mare e l’ha trovata / e l’ha comprata a prezzo d’oro puro? / Nessuno conosce la sua via, / nessuno prende a cuore il suo sentiero. / Ma colui che sa tutto, la conosce / e l’ha scrutata con la sua intelligenza, / colui che ha formato la terra per sempre / e l’ha riempita di quadrupedi, / colui che manda la luce ed essa corre, / l’ha chiamata, ed essa gli ha obbedito con tremore. / Le stelle hanno brillato nei loro posti di guardia / e hanno gioito; / egli le ha chiamate ed hanno risposto: «Eccoci!», / e hanno brillato di gioia per colui che le ha create. / Egli è il nostro Dio, / e nessun altro può essere confrontato con lui. / Egli ha scoperto ogni via della sapienza / e l’ha data a Giacobbe, suo servo, / a Israele, suo amato. / Per questo è apparsa sulla terra / e ha vissuto fra gli uomini.


[oppure LETTURA
Lettura del libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo 1, 10; 21, 2-5

Io, Giovanni, fui preso dallo Spirito nel giorno del Signore, / e vidi la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: / «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! / Egli abiterà con loro / ed essi saranno suoi popoli / ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. / E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi / e non vi sarà più la morte / né lutto né lamento né affanno, / perché le cose di prima sono passate». / E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». E soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e vere».]


SALMO
Sal 86 (87)


®Di te si dicono cose gloriose, città di Dio!


Sui monti santi egli l’ha fondata; il Signore ama le porte di Sion più di tutte le dimore di Giacobbe. ®

Iscriverò Raab e Babilonia fra quelli che mi riconoscono; ecco Filistea, Tiro ed Etiopia: là costui è nato. ®

Si dirà di Sion: «L’uno e l’altro in essa sono nati e lui, l’Altissimo, la mantiene salda». ®

Il Signore registrerà nel libro dei popoli: «Là costui è nato». E danzando canteranno: «Sono in te tutte le mie sorgenti». ®


EPISTOLA
Seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo 2, 19-22


Carissimo, le solide fondamenta gettate da Dio resistono e portano questo sigillo: «Il Signore conosce quelli che sono suoi», e ancora: «Si allontani dall’iniquità chiunque invoca il nome del Signore». In una casa grande però non vi sono soltanto vasi d’oro e d’argento, ma anche di legno e di argilla; alcuni per usi nobili, altri per usi spregevoli. Chi si manterrà puro da queste cose, sarà come un vaso nobile, santificato, utile al padrone di casa, pronto per ogni opera buona. Sta’ lontano dalle passioni della gioventù; cerca la giustizia, la fede, la carità, la pace, insieme a quelli che invocano il Signore con cuore puro.


VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Matteo 21, 10-17


In quel tempo. Mentre il Signore Gesù entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea». Gesù entrò nel tempio e scacciò tutti quelli che nel tempio vendevano e compravano; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: «Sta scritto: / “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera”. / Voi invece ne fate un covo di ladri». Gli si avvicinarono nel tempio ciechi e storpi, ed egli li guarì. Ma i capi dei sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che aveva fatto e i fanciulli che acclamavano nel tempio: «Osanna al figlio di Davide!», si sdegnarono, e gli dissero: «Non senti quello che dicono costoro?». Gesù rispose loro: «Sì! Non avete mai letto: / “Dalla bocca di bambini e di lattanti / hai tratto per te una lode”?». / Li lasciò, uscì fuori dalla città, verso Betània, e là trascorse la notte.


Commento

Il Vangelo secondo Matteo può essere organizzato in sette sezioni principali o, meglio, in sei sezioni più la settima, l’ultima e decisiva, dedicata alla Passione e alla Risurrezione:

i) Preludio: il vangelo dell’infanzia (1,1 – 2,23)

ii) Inizi dell’attività di Gesù in Galilea (3,1 – 4,22)

iii) Attività di Gesù per Israele in parole e segni (4,23 – 11,30)

iv) Ritiro di Gesù da Israele (12,1 – 16,20)

v) Attività di Gesù nella comunità (16,21 – 20,34)

vi) Attività di Gesù in Gerusalemme (21,1 – 25,46)

vii) Passione e Risurrezione (26,1 – 28,20)

Il passo che leggiamo in questa domenica si colloca in apertura della sesta sezione. Molti commentatori tendono oggi a considerare unitario il passo di Mt 21,1-17, come ha ben segnalato l’importante commentario di Ulrich Luz.

In Matteo, la mèta finale dell’entrata di Gesù in Gerusalemme è il tempio e l’intero passo è incorniciato dal riferimento alla Città Santa: Gesù si avvicina (v. 1a) e lascia la città (v. 17). Fra questi estremi vi sono tre tappe: fuori dalla città (vv. 1b-9), entro la città (vv. 10-11) e nel tempio (vv. 12-16). Inoltre vi sono le due acclamazioni al Figlio di Davide (vv. 9 e 15): esse, come parole-gancio, ten-gono unite le due scene, insieme con le quattro citazioni scritturistiche (vv. 5. 9. 13 e 16). Avremo modo di spiegare il senso di queste due ultime citazioni, con cui Gesù interpreta la propria presenza nel tempio.

La seconda parte del passo, i vv. 10-17, racconta della reazione di Gerusalemme all’entrata messianica di Gesù. Siamo nella Città Santa (vv. 10-11) e il popolo di Gerusalemme cerca di capire: «Chi è costui?» (v. 10). La città e la folla (v. 11) si contrappongono su due fronti diversi.

Il primo gesto di Gesù (vv. 12-13) è di cacciare dal tempio i mercanti e i cambiavalute; a questi invece si contrappongono i ciechi e gli storpi che Gesù guarisce (v. 14). Proprio a causa loro Gesù per la prima volta si contrappone ai sacerdoti e agli scribi (vv. 15-16). È Gesù stesso a contrapporre i malati guariti e i ragazzi, che lo acclamano come «Figlio di Davide». Di contro, il narratore non riporta alcuna risposta dei capi da riferire a Gesù. Il v. 17 chiude la scena con l’uscita di Gesù dal Tempio e da Gerusalemme per recarsi a Betania a trascorrere la notte.

vv. 10-11: L’intera città di Gerusalemme è scossa dall’entrata trionfale di Gesù: un vero terremoto (σείεσθαι) sovverte lo spirito della Città Santa, lo stesso sconvolgimento che era stato anticipato al momento della nascita del Messa (cf Mt 2,3). La risposta che corre di bocca in bocca può essere ambigua: si allude forse al profeta promesso da Dt 18,15 (cf anche Dt 14,5 e 16,14). E così Gerusalemme si divide: da una parte quelli che hanno paura per l’arrivo del Messia e, dall’altra, coloro che lodano Gesù.

vv. 12-14: Finalmente Gesù entra nel suo tempio. Entra da solo e compie subito due gesti: caccia i mercanti e i cambiavalute e guarisce i ciechi e gli storpi. So-prattutto quest’ultimo gesto è importante per Matteo. Dopo il 70 e la distruzio-ne del tempio, il luogo sacro del Giudaismo non è più il centro di raccolta dell’Israele disperso fra tutte le nazioni. Per questa ragione anche la citazione di Is 56,7 perde l’ultima specificazione: «per tutti i popoli». A Gesù invece accorro-no i ciechi e gli storpi per essere guariti dal Figlio di Davide (cf Mt 15,30-31).

vv. 15-16: Il gesto di Gesù svela il cuore dei suoi oppositori e subito i sacerdoti entrano in azione. La loro ira è contro i segni compiuti da Gesù nello spazio del tempio e contro le grida messianiche dei bambini, che non sono state raccontate direttamente, ma sono ricordate soltanto nel momento della reazione dei sacer-doti contro questi «bambini» di cui l’evangelista ha bisogno per dare concretezza

alla citazione di Sal 8,3. Per il lettore del vangelo secondo Matteo questi νήπιοι richiamano subito i bimbi cui è accordato di conoscere il mistero della comu-nione del Padre e del Figlio (cf Mt 11,25-27) e, più da vicino, li collega con i ciechi e gli storpi di cui si è appena parlato nel v. 14. Il «vero» Israele non è raffi-gurato dai capi, ma da questi piccoli e poveri.

La citazione del Sal 8,3 è anche un richiamo all’esegesi giudaica di Es 15,1-18, il canto del mare: la lode che il tempio non è più in grado di esprimere, perché è diventato uno spazio sacro desacralizzato da un comportamento che è contro l’alleanza di Dio, è espressa dai piccoli e dai poveri, «perché a chi è come loro appartiene il Regno dei cieli» (cf Mt 19,14).

v. 17: L’allontanamento dal Tempio e dalla città, dopo il primo scontro, è solo un segno premonitore della fine tragica di Gesù al termine di quest’ultima settimana nella Città Santa: Egli dovrà morire fuori dalla città (cf Mt 21,39; 27,31-33).

PER LA NOSTRA VITA

1. Ci siamo trastullati con il nome di Dio. Abbiamo nominato gli ideali in-vano, lo abbiamo predicato ed eluso, lodato e sfidato. Ora raccogliamo i frutti del fallimento. Attraverso i secoli la sua voce è risuonata nel deserto. Con quanta abilità essa è stata catturata e imprigionata nei templi! Con quanta cura è stata distorta! Ora ci accorgiamo che essa a poco a poco si allontana, abbandonan-do un popolo dopo l'altro, staccandosi dalla loro anima, sdegnando la loro scienza. Il gusto della bontà è quasi del tutto scomparso dalla terra.

2. E non è forse vero che si può pregare dappertutto, in una baracca di legno come in un convento di pietra – come pure in ogni luogo di questa terra, su cui Dio pensa bene di scaraventare i suoi simili in tempi agitati?

3. Intermezzo …

Tempio non di pietra, ma di umanità rinnovata.

Lo Spirito prepara, protegge e vivifica questa dimora. Ogni luogo può trasformarsi in “commercio”, se lo Spirito non orienta incessantemente all’autenticità della confessione, alla maniera dei “bimbi e dei lattanti”. Da chi ricomin-cia, ogni giorno come per una nuova nascita, a lasciarsi invaghire, trascinare e rinnovare dallo Spirito, senza luogo e in ogni fibra del nostro essere.

Andiamo, in questo tempo e corriamo a cercare luoghi “speciali” che possano dire “Dio”. Ma il nostro correre assomiglia a quello di chi cerca a tentoni, fuori traiettoria, un po’ distante dalla “sua Parola”. Ne cerchiamo altre, provvisorie, intermedie, e le accreditiamo come sacre. Ci bastano, per un po’.

Portiamo lacrime e dolori in questi luoghi; lo Spirito, esigente e capillare, non garantisce la consolazione umana che vorremmo; corriamo e diciamo “è

qui, è là”. Ma poi l’itinerario si deve ripetere, per “sentire”, per provare a credere.

Accettiamo la fatica di questo “muoverci” verso quei luoghi speciali, dove si “sente” Dio vicino. «Ma Dio non era nel vento, non era nel terremoto, non era …» (cf 1 Re 19,11s).

La terra della nostra esistenza rimane inaridita, perché non facciamo famiglia con l’amore di Dio, con le “Parole di Vita” del suo Figlio, perché non rintracciamo il soffio del suo Spirito. In questi luoghi – paradosso – commerciamo la nostra finitudine, le nostre sofferenze, i nostri vuoti.

Il luogo “non luogo” della fede può fermare la nostra corsa.

Il luogo “non luogo” della Sua Parola può prenderci per mano e accompagnarci, senza risparmiarci dal dolore, dalla fatica. Ne offre un senso.

Rinunciare alla spettacolarità e alla consuetudine delle cose straordinarie è profezia strana.

4. Egli entrò nel tempio, cioè entrò nella Chiesa, alla quale ha affidato il compito di predicarlo. Innanzitutto ne scaccia, per un diritto legato al suo potere, tutto ciò che è corrotto nel ministero dei sacerdoti. Aveva infatti insegnato che tutti dessero gratuitamente ciò che gratuitamente avevano ricevuto, poiché la libertà del dono non doveva consentire che si comprasse o si vendesse qualcosa corrompendo un sacerdote. […]

Nel tempio guarì anche le infermità di ciechi e zoppi, e le sue opere pubbli-che hanno ottenuto il favore del popolo. Ma i principi dei sacerdoti sono invidiosi delle acclamazioni dei fanciulli e trovano a ridire sul fatto che li ascolta: si annunciava, infatti, che era venuto per la redenzione della casa di Israele. Ed egli rispose loro che non avevano letto: «Dalla bocca dei bambini e dei lattanti ti sei procurata una lode». Infatti, siccome erano cessati i giudizi dei sapienti, i piccoli e i fanciulli, ai quali appartiene il regno dei cieli, gli avevano preparato questa confessione gloriosa. Poiché, se i sapienti e i principi di questo mondo avevano condannato la sapienza di Dio, i piccoli e i lattanti della rigenerazione avrebbero predicato Cristo.

5. Lo spettacolo di gente che, convertita o non convertita, si rifugia nella chiesa come in un porto tranquillo, rinunciando alla ricerca e al combattimento solo per desiderio di quiete o di ordine o per aver qualcosa a cui attaccarsi, senza chiedersi neanche se il sostegno è saldo e il porto sicuro, non è molto incoraggiante.

La chiesa non è fatta per riposare o ricoverare, ma per offrire motivo di com-battimento che può essere accettato in pieno dovere e in piena dignità.

Qualche volta accade che perfino la stessa parola d’ordine per il giorno che passa deve essere strappata dalla nostra audacia, la quale, appoggiata all’esperienza millenaria della tradizione, ne tenta a proprio rischio le nuove incarnazioni nella sempre mutevole realtà.

6. La mia parrocchia è divorata dalla noia, ecco la parola. Come tante altre parrocchie! La noia le divora sotto i nostri occhi e noi non possiamo farci nulla. Qualche giorno saremo vinti dal contagio, scopriremo in noi un simile cancro. Si può vivere molto a lungo con questo in corpo. [...]

Mi dicevo dunque che il mondo è divorato dalla noia. Naturalmente bisogna riflettervi un po’ sopra, per rendersene conto; la cosa non si sente subito. È una specie di polvere. Andate e venite senza vederla, la respirate, la mangiate, la bevete: è così sottile, così tenue che sotto i denti non scricchiola nemmeno. Ma basta che vi fermiate un secondo, ecco che vi copre il viso, le mani. Dovete agitarvi continuamente, per scuotere questa pioggia di ceneri. Perciò, il mondo si agita molto.

Si dirà forse che il mondo con la noia ha familiarità da molto tempo, che la noia è la vera condizione dell’uomo. È possibile che il suo seme sia stato sparso dappertutto e che essa sia germinata qua e là, sul terreno favorevole. Ma quel che io mi chiedo è se gli uomini hanno mai conosciuto questo contagio della noia, questa lebbra: una disperazione abortita, una forma turpe della disperazione, che è senza dubbio come la fermentazione di un cristianesimo decomposto (G. BERNANOS, Diario di un curato di campagna, Mondadori, Milano, 1965 (4ª rist. 1973), pp. 31-32).

7. Stiamo entrando in un periodo di esilio per ritrovare il senso dell’interiorità e della povertà. Il popolo di Israele diceva di non avere né città santa, né tempio, né profeti, né sacerdoti. Bisogna diventare più semplici e discreti.

Il Dio della Bibbia è il vero Dio e forse ce ne siamo dimenticati. La nostra chiesa, ad esempio, aveva tutto: personale, prestigio, potere, finanze, chiese, sacerdoti, suore, seminaristi.

Forse il Signore vuole che impariamo a non fare niente senza di lui e forse, prima di capire questo, dobbiamo trascorrere un certo periodo di povertà. Non è facile, ci sono tante sofferenze e strappi ma è un cammino pasquale.

La chiesa si deve imporre nella società con la qualità della sua vita interiore, non con la quantità; con la testimonianza, con il messaggio, con l’impegno per i poveri. Tutto il resto è decorativo. Penso che stiamo andando verso questa strada,

contro la nostra volontà, perché non è facile. Quando si hanno troppi mezzi, si perde la gioia e ci si affida ai calcoli (F. DANEELS, «Intervista al Card. Danneels (Malines, Belgio): Sulla ricerca di Dio»).

8. La chiesa dà il messaggio della nuova umanità, della santa fraternità in Cristo. Questa fraternità è fondata sulla pace che Cristo sulla croce ha portato al mondo: la comunità degli eletti di Dio, degli umiliati sotto la croce, di coloro che aspettano, che credono, che ubbidiscono, e la comunità di coloro verso i quali Dio vuol essere misericordioso, questa è la nuova fraternità. […]

Fratelli nell’ascolto, della Parola del Signore … del totalmente radicale, è questo il grande compito. Essa non è la migliore e più zelante, ma – i pubblicani e le prostitute entreranno nel regno dei cieli piuttosto che voi – la comunità di coloro che fanno penitenza e non negano la loro colpa, la loro disattenzione verso il comando di Dio, che pure annuncia il regno di Dio vicino. Nessuna visibile città di Dio può essere innalzata in questo mondo, neppure se ci fosse dovunque un’intesa internazionale; tutto ciò che fa la chiesa nel mondo è provvisorio, ha l’unico scopo di tenere insieme gli ordini del mondo in rovina, di impedirne il precipitare nel caos. Questo agire della chiesa è indispensabile, ma il nuovo ordine della società, la comunità, non è l’ordine del regno. Tutti gli ordinamenti e tutte le comunità del mondo passeranno quando Dio creerà di nuovo il suo mondo e il Signore tornerà, per giudicare il vecchio mondo e istituire il nuovo. In questo mondo c’è pace solo nella lotta per la verità e il diritto, ma in quello ci sarà la pace eterna dell’amore di Dio. Questi sono la nuova terra e il nuovo cielo che Dio stesso creerà. E poiché noi crediamo che un giorno saremo insieme in questo regno, dobbiamo fin da ora amarci in tutte le nostre differenze. (D. BONHOEFFER, Scritti scelti (1918-1933)).

9. Passiamo dunque dalla grazia dei muri alla grazia dei volti!

Ecco la benevolenza. Fermarsi.

Che cosa rimane di noi? Della nostra vita?

Tu rimani se hai saputo fermarti nello sguardo degli altri.

Ecco, questo rimane. E basta.

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