'Il mandato missionario'
Annunciate il Vangelo. E se serve usate le parole (S. Francesco)
Ecco come S. Francesco interpreta l’annuncio del Vangelo, direi che non occorrono molti commenti.
LETTURA
Lettura degli Atti degli Apostoli 10, 34-48a
In quei giorni. Pietro prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga. Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore di tutti. Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome». Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola. E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio. Allora Pietro disse: «Chi può impedire che siano battezzati nell’acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?». E ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo.
SALMO
Sal 95 (96)
®Annunciate a tutti i popoli le opere di Dio.
Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore, uomini di tutta la terra. Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza. In mezzo alle genti narrate la sua gloria, a tutti i popoli dite le sue meraviglie. ®
Date al Signore, o famiglie dei popoli, date al Signore gloria e potenza, date al Signore la gloria del suo nome. ®
Portate offerte ed entrate nei suoi atri, prostratevi al Signore nel suo atrio santo. Tremi davanti a lui tutta la terra. Dite tra le genti: «Il Signore regna!». Egli giudica i popoli con rettitudine. ®
EPISTOLA
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 1, 17b-2
Fratelli, Cristo mi ha mandato ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti: / «Distruggerò la sapienza dei sapienti / e annullerò l’intelligenza degli intelligenti». Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? Poiché infatti, nel disegno sapiente di Dio, il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio.
VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Luca 24, 44-49a
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso».
Commento al vangelo
Il cap. 24 di Luca è formato da tre sotto-sequenze:6 le sotto-sequenze estreme sono
composte da cinque passi, mentre la sotto-sequenza centrale è il racconto dei due discepoli
di Emmaus, paradigma di ogni esperienza pasquale delle generazioni subapostoliche.
Ciascuna sotto-sequenza ha al centro la memoria delle parole che ora si stanno
compiendo: le parole profetiche di Gesù (vv. 6b-8), le Scritture ricordate da Gesù (vv.
19b-27) e le parole profetiche di Gesù insieme alle Scritture ricordate da Gesù (vv. 44-
47a).
Il passo liturgico odierno riporta il passo centrale della terza sotto-sequenza (vv. 44-
47a) e il passo successivo della terza sotto-sequenza (vv. 47b-49).
La pericope liturgica è composta da due distinti passi.
Il primo passo (vv. 44-47a) è composto da due paragrafi, attorno all’unica frase narrativa
centrale che sottolinea come «[Gesù] aprì loro la mente all’intelligenza delle
Scritture». Prima e dopo questa frase narrativa stanno due segmenti in cui sono ricordate
le «parole»: quelle dette da Gesù durante il suo insegnamento (v. 44) e quelle della
Scrittura (vv. 46-47).
Il secondo passo (vv. 47b-49)è invece formato da due paragrafi paralleli, entrambi
inizianti con il riferimento a Gerusalemme e alla Città. Il primo paragrafo (vv. 47b-48)
si riferisce alla testimonianza che dovrà essere resa anche con il supplemento di forza
dato dallo Spirito santo. Il secondo paragrafo (v. 49b) annuncia l’evento della Pentecoste
che sarà narrato da Luca all’inizio del “Secondo Libro”.
Mi limito a riportare, adattandole, alcune annotazioni di R. Meynet , Il Vangelo secondo Luca, p. 681 e 682.
1. IL COMPIMENTO DELLA PAROLA
Tutte le Scritture parlano di Gesù. Esse annunciano ciò che egli farà e ciò che faranno i
suoi discepoli nel suo nome. Gesù dice quanto dicono le Scritture, eppure non si accontenta
di ripeterle e commentarle al modo degli Scribi. Egli le fa, le realizza, le compie. E dal
momento che le compie, può farle comprendere.
I discepoli a loro volta dovranno proclamare che Gesù compie le Scritture. Compiendole
essi stessi e facendole compiere da quelli ai quali saranno inviati, fino alle estremità della
terra. Alla fine, tutte le Scritture devono essere compiute da tutte le genti.
2. IL PECCATO E LA MORTE
Le Scritture non parlano di nient’altro che della salvezza che Dio può donare all’uomo se
questi obbedisce alla sua voce. Esse promulgano la Legge che permette di sfuggire alla maledizione
della morte, riferiscono gli inviti dei Profeti a convertirsi allontanandosi dal peccato,
raccontano le ripetute infedeltà del popolo e il perdono sempre offerto da Dio, raccolgono
le preghiere dell’uomo che supplica per ottenere la liberazione dalla morte e che
rende grazie per averla ottenuta.
3. IL NUOVO ADAMO
Gesù è il primo uomo da Adamo in poi a essersi alzato dai morti. Perché ha resistito alla
tentazione, perché non ha peccato, ma ha obbedito alla parola di Dio e compiuto tutte le
Scritture. Grazie a lui, con la forza del suo nome diviene possibile la conversione per il
perdono dei peccati. Questa conversione non si limiterà a Israele, ma si estenderà a tutte le
genti, come Adamo non è solo il padre dei giudei ma l’origine di tutti gli uomini.
4. LA POTENZA DALL’ALTO
La missione dei discepoli è enorme, li supera infinitamente, perché al di là di Gerusalemme
dovrà estendersi fino ai confini del mondo. Essa eccede le loro forze. Tre giorni prima appena
non si sono sottratti alla testimonianza che veniva richiesta loro quando si trattava di
darla dinanzi a così poca gente? Da soli non potranno far nulla. Perciò Gesù annuncia loro
che saranno rivestiti della potenza dall’alto che il Padre ha promesso.
5. COMINCIANDO DA GERUSALEMME
La missione degli Apostoli li condurrà in tutte le nazioni, ma dovranno cominciare da Gerusalemme.
Israele detiene il diritto di primogenitura. L’elezione divina rimane per esso acquisita,
malgrado il suo peccato, benché abbia rifiutato il suo Maestro e Signore. La Parola infatti
era stata rivolta prima ad Abramo e Israele era il depositarlo della Legge e di tutte le Scritture.
La casa di Giacobbe non è forse il popolo della promessa? La promessa sarà mantenuta perché Dio è fedele. Tuttavia, sarà estesa a tutte le nazioni. Perché lo scopo dell’elezione è di rendere luce del mondo il “popolo della risposta”.
PER LA NOSTRA VITA
1. PAOLO VI, Esortazione apostolica [postsinodale] Evangelii nuntiandi, 8 dicembre 1975 (nn. 8-14).
L’annuncio del regno di Dio
Evangelizzatore, il Cristo annunzia prima di tutto un regno, il regno di Dio, il quale
è tanto importante, rispetto a lui, che tutto diventa “il resto”, che è dato in aggiunta.
Solo il regno è dunque assoluto e rende relativa ogni altra essa. Il Signore si compiace
di descrivere, sotto innumerevoli forme diverse, la felicità di appartenere a questo regno,
felicità paradossale fatta di cose che il mondo rifiuta; le esigenze del regno e la sua
magna charta, gli araldi del regno, i suoi misteri, i suoi piccoli, la vigilanza e la fedeltà
richieste a chiunque attende il suo avvento definitivo.
L’annuncio della salvezza liberatrice
Come nucleo e centro della buona novella, il Cristo annunzia la salvezza, dono
grande di Dio, che non solo è liberazione da tutto ciò che opprime l’uomo, ma è soprattutto
liberazione dal peccato e dal maligno, nella gioia di conoscere Dio e di essere
conosciuti da lui, di vederlo, di abbandonarsi a lui. Tutto ciò comincia durante la vita
del Cristo, è definitivamente acquisito mediante la sua morte e la sua risurrezione, ma
deve essere pazientemente condotto nel corso della storia, per essere pienamente realizzato
nel giorno della venuta definitiva del Cristo, che nessuno sa quando avrà luogo,
eccetto il Padre.
A prezzo di uno sforzo crocifiggente
Questo regno e questa salvezza, parole-chiave dell’evangelizzazione di Gesù Cristo,
ogni uomo può riceverli come grazia e misericordia, e nondimeno ciascuno deve, al
tempo stesso, conquistarli con la forza – appartengono ai violenti, dice il Signore – con
la fatica e la sofferenza, con una vita secondo il vangelo, con la rinunzia e la croce, con
lo spirito delle beatitudini. Ma, prima di tutto, ciascuno li conquista mediante un totale
capovolgimento interiore che il vangelo designa col nome di metanoia, una conversione
radicale, un cambiamento profondo della mente e del cuore.
Predicazione instancabile
Questa proclamazione del regno di Dio, il Cristo la compie mediante la predicazione
instancabile di una parola, di cui non si trova l’eguale in nessuna altra parte: “Ecco
una dottrina nuova insegnata con autorità!”; “Tutti gli rendevano testimonianza ed erano
meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca”; “Mai un uomo
ha parlato come parla quest’uomo!”. Le sue parole svelano il segreto di Dio, il suo disegno
e la sua promessa, e cambiano perciò il cuore dell’uomo e il suo destino.
Con segni evangelici
Ma egli attua parimenti questa proclamazione attraverso innumerevoli segni, che
formano lo stupore delle folle e, nel contempo, le trascinano verso di lui per vederlo,
ascoltarlo e lasciarsi trasformare da lui: malati guariti, acqua cambiata in vino, pane
moltiplicato, morti che ritornano alla vita. E tra tutti, il segno al quale egli dà una
grande importanza: i piccoli, i poveri sono evangelizzati, diventano suoi discepoli, si
riuniscono “nel suo nome” nella grande comunità di quelli che credono in lui. Perché
il Gesù che dichiarava: “Devo annunziare la buona novella del regno di Dio”, è lo stes13
so Gesù di cui Giovanni evangelista diceva che era venuto e doveva morire “per riunire
insieme i figli di Dio dispersi”. Così egli compie la rivelazione, completandola e confermandola
con ogni manifestazione che fa di sé medesimo, mediante le parole e le opere,
i segni e i miracoli, e più particolarmente mediante la sua morte, la sua risurrezione
e l’invio dello Spirito di Verità.
Per una comunità evangelizzata ed evangelizzatrice
Coloro che accolgono con sincerità la buona novella, proprio in virtù di questo accoglimento
e della fede partecipata, si riuniscono nel nome di Gesù per cercare insieme
il regno, costruirlo, viverlo. L’ordine dato agli apostoli – “Andate, proclamate la
buona novella” – vale anche, sebbene in modo differente, per tutti i cristiani, È proprio
per ciò che Pietro chiama questi ultimi “popolo che Dio si è acquistato perché proclami
le sue opere meravigliose”, quelle medesime meraviglie che ciascuno ha potuto ascoltare
nella propria lingua. Del resto, la buona novella del Regno, che viene e che è
iniziato, è per tutti gli uomini di tutti i tempi. Quelli che l’hanno ricevuta e quelli che
essa raccoglie nella comunità della salvezza, possono e devono comunicarla e diffonderla.
Evangelizzazione, vocazione propria della chiesa
La chiesa lo sa. Essa ha una viva consapevolezza che la parola del Salvatore – “Devo
annunziare la buona novella del regno di Dio” – si applica in tutta verità a lei stessa. E
volentieri aggiunge con san Paolo: “Per me evangelizzare non è un titolo di gloria, ma
un dovere. Guai a me se non predicassi il vangelo!”. È con gioia e conforto che noi abbiamo
inteso, al termine della grande assemblea dell’ottobre 1974, queste parole luminose:
“Vogliamo nuovamente confermare che il mandato d’evangelizzare tutti gli uomini
costituisce la missione essenziale della chiesa”, compito e missione che i vasti e
profondi mutamenti della società attuale non rendono meno urgenti. Evangelizzare,
infatti, è la grazia e la vocazione propria della chiesa, la sua identità più profonda. Essa
esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il canale del dono
della grazia, riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare il sacrificio del Cristo nella s.
Messa che è il memoriale della sua morte e della sua gloriosa risurrezione.
2. Se, per annunciare il Vangelo, aspettiamo che circostanze siano “favorevoli”,
tutti noi aspetteremo fino all’ultimo giorno. E se, per assurdo, queste condizioni “favorevoli”
di cui noi sogniamo si trovassero un giorno realizzate, siamo poi certi che non
saranno, in realtà, le peggiori?
Le circostanze non sembravano affatto favorevoli in Palestina al tempo della predicazione
di Gesù. Quando qualcuno poté credere che lo fossero, ciò avvenne al prezzo
di più gravi malintesi, che solo un energico rifiuto di Gesù poté dissipare. Sarà sempre
così: l’apostolo dovrà sempre guardarsi dalla stessa illusione che si ripresenta. Nella
sua stessa pazienza e nelle sue lunghe attese sempre egli dovrà ripetersi, hic et nunc, con
l’Apostolo: Vae mihi, si non evangelizavero! (H. DE LUBAC, Paradossi e nuovi paradossi. In appendice: Immagini del Padre Monchanin, Traduzione di E. BABINI (Già e Non Ancora 172. Opera Omnia di Henri De Lubac 4), Jaca Book, Milano 1956, 21989 p. 75).
3. Tramite l’enorme estensione delle ripercussioni di un evento particolare [il
dramma della croce], trasposto in un’accezione universale, trova espressione l’uomo
intero, l’uomo indivisibile, al di là di ogni particolarismo politico. L’apostolo Paolo è il
primo a comprendere e meditare questa specie di “globalizzazione” della croce, quando
la proietta al di là delle differenze umane: “Non c’è giudeo né greco; non c’è schiavo
né libero” (Gal 3,28); dalla globalizzazione della croce procede una sorta di negativismo
nei confronti delle attuali disparità dell’ordine economico-sociale e politico. […]
La predicazione all’uomo, l’uomo universale, non è nulla, anzi è menzogna e raggiro,
se la chiesa non mostra attraverso segni concreti come essa stessa per prima abbia
superato le differenze di nazionalità, le disparità a livello economico e sociale. (P. RICOEUR, La logica di Gesù, Testi scelti e introduzione di E. BIANCHI, Traduzione di L. MARINO (Sequela Oggi), Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose - Magnano BI 2009, pp. 100-101).
4. La chiesa fa memoria dell’atto. Audacia dell’agape che va al di là dell’evidenza e
della legge. […]
L’audacia dell’agape è il nostro presente; essa non è diminuita. L’epoca dell’istituzionalizzazione
cristiana può aver contribuito a farla misconoscere; ma, almeno su
questo punto, l’epoca post-cristiana si ricollega al tempo delle origini. E il tempo della
Chiesa non è né ripetizione di un contenuto, né semplice e progressivo “sviluppo”. È
ripetizione della krisis, cosicché ogni passo in avanti è anche passaggio alla fase iniziale,
a tutti i rischi, nonché l’aurora ritrovata della seconda umanità, che viene al mondo nel
nuovo Adamo.
Non esiste in effetti alcuna Chiesa, se non là dove il rapporto primario delle persone
tra loro è costituito da questo “amore” estremamente umile a audace a un tempo, che
comincia dal rispetto assoluto di ciascuno per quello che è. Amare Dio nell’altro e
l’altro in Dio, non vuol dire annullare l’altro per vedere in lui soltanto Dio, vale a dire
il mio pretesto a fare il gioco del servitore di Dio; significa amarlo nella sua dimensione
divina, della quale io non conosco nulla, sulla quale non ho alcun potere; significa amare
lui, proprio lui stesso, come Cristo, immagine del Dio invisibile, parola odierna
dell’Unico, che io devo ascoltare come verbo della sua presenza.
Certo, questo amore non ha che da ricominciare sempre. E si trova sempre minacciato,
sviato, diviso, pervertito: in altre parole, sempre nella krisis, nella fase di parto.
Ma se non è all’inizio della Chiesa, al suo vero principio, allora la Chiesa cessa di essere
Chiesa e non è che un guscio vuoto, l’edificio deserto che di essa rappresenta soltanto
un ingannevole ricordo (M. BELLET, La Chiesa: morta o viva?, Traduzione di V. RISTORI (Vangelo e Vita), Cittadella Editrice, Assisi 1994, pp. 94 e 127).
5. La Chiesa di Gesù Cristo è quel luogo – cioè quello spazio – del mondo in cui
viene testimoniata e predicata la signoria di Cristo su tutto il mondo. […] Lo spazio
della chiesa non esiste per contenere al mondo un pezzo del suo ambito, ma per testimoniare
al mondo che esso rimane mondo, cioè il mondo amato e riconciliato da Dio.
Non è quindi vero che la chiesa vorrebbe o dovrebbe estendere il proprio spazio ai
danni dello spazio del mondo; essa non brama più spazio di quanto non le bisogni per
servire il mondo con la testimonianza di Gesù Cristo e della riconciliazione del mondo
con Dio per opera di Gesù Cristo. Inoltre essa può difendere il proprio spazio solo lottando
non per esso, ma per la salvezza del mondo. In caso contrario essa diventa un
“sodalizio religioso” che lotta per la propria causa e che ha così cessato di essere la
chiesa di Dio nel mondo. Perciò il primo compito di coloro che appartengono alla
chiesa di Dio non è quello di esistere per se stessi, di creare quindi ad esempio
un’organizzazione religiosa o di condurre una vita devota, bensì di essere testimoni di
Gesù Cristo davanti al mondo (D. BONHOEFFER, Voglio vivere questi giorni con voi, a cura di M. WEBER, Traduzione dal tedesco di A. AGUTI - G. FERRARI (Books), Editrice Queriniana, Brescia 2007, p. 189).
6. La potenza del Vangelo ha in sé il dono
della relazione aperta, della diffusività,
di una disseminazione
che oltrepassa e anche vivifica ogni tensione ecclesiale missionaria.
Pensavamo a continenti lontani,
ed ecco i cuori degli uomini farsi vicini di casa;
pensavamo alle distanze da coprire per l’annuncio,
ed ecco i volti, qui.
I rivolgimenti delle vicende umane
inchiodano a riconoscerci.
Perché ogni vita è un continente,
ogni distanza è colmata da nuove
inedite presenze.
Ogni relazione è “missionaria”.
Ha i tratti di una domanda di umanizzazione,
di ascolto,
di rispetto dei diritti fondamentali,
di compassione.
Nelle lacrime di una madre senegalese,
separata dai suoi figli per il pane,
c’è una domanda.
Solo accogliendola, quelle lacrime
si trasformano in perle preziose,
nella reciprocità di relazioni autentiche.
Umane – divine.
Riscopriamo oggi il sempre nuovo itinerario
della testimonianza evangelica tra persone.
Vera sfida, di fronte a parole usurate, consunte, traditrici.
Esserci, nella luminosità del dono evangelico,
in questi giorni opachi
e poveri di speranza (F. CECCHETTO, Testi inediti).
7. Io sono suo e seguo le sue orme; vado verso la mia piena verità pasquale.
Vista la direzione che prendono le cose e la piega degli avvenimenti…
vi dico, in piena verità va tutto bene.
La fiamma si è piegata, la luce si è inclinata…
Posso morire,
eccomi qui.
(Dagli scritti di frère Christophe). FRÈRE CHRISTIAN DE CHERGE E GLI ALTRI MONACI DI TIBHIRINE, Piu forti dell'odio, Introduzione e traduzione con raccolta di ulteriori testi di G. DOTTI, Prefazione di E. BIANCHI (Sequela Oggi), Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose - Magnano BI 1997, 20103, p. 179
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