venerdì 28 ottobre 2011

Domenica 30 Ottobre 2011

II DOMENICA DOPO LA DEDICAZIONE

LA PARTECIPAZIONE DELLE GENTI ALLA SALVEZZA

Il mondo soffre per carenza di pensiero.

LETTURA

Lettura del profeta Isaia 45, 20-23

Così dice il Signore Dio: / «Radunatevi e venite, / avvicinatevi tutti insieme, / superstiti delle nazioni! / Non comprendono quelli che portano / un loro idolo di legno / e pregano un dio / che non può salvare. / Raccontate, presentate le prove, / consigliatevi pure insieme! / Chi ha fatto sentire ciò da molto tempo / e chi l’ha raccontato fin da allora? / Non sono forse io, il Signore? / Fuori di me non c’è altro dio; / un dio giusto e salvatore / non c’è all’infuori di me. / Volgetevi a me e sarete salvi, / voi tutti confini della terra, / perché io sono Dio, non ce n’è altri. / Lo giuro su me stesso, / dalla mia bocca esce la giustizia, / una parola che non torna indietro: / davanti a me si piegherà ogni ginocchio, / per me giurerà ogni lingua».

SALMO

Sal 21 (22)

®Loderanno il Signore quelli che lo cercano.

Da te la mia lode nella grande assemblea; scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli. I poveri mangeranno e saranno saziati, loderanno il Signore quanti lo cercano; il vostro cuore viva per sempre! ®

Ricorderanno e torneranno al Signore tutti i confini della terra; davanti a te si prostreranno tutte le famiglie dei popoli. Perché del Signore è il regno: èlui che domina sui popoli! ®

E io vivrò per lui, lo servirà la mia discendenza. Si parlerà del Signore alla generazione che viene; annunceranno la sua giustizia; al popolo che nascerà diranno: «Ecco l’opera del Signore!». ®

EPISTOLA

Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 3, 13b - 4, 1

Fratelli, so soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù. Tutti noi, che siamo perfetti, dobbiamo avere questi sentimenti; se in qualche cosa pensate diversamente, Dio vi illuminerà anche su questo. Intanto, dal punto a cui siamo arrivati, insieme procediamo. Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi. Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra. La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose. Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!

VANGELO

Lettura del Vangelo secondo Matteo 13, 47-52

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».

Commento

Vi è una percezione molto diversa nel leggere il tema della partecipazione delle genti alla salvezza nel contesto culturale contemporaneo, segnato dalla globalizzazione, ri-spetto al contesto storico-salvifico del Giudaismo del I secolo, quando Paolo con il suo evangelo a riguardo del Cristo crocifisso e risorto afferma che «non vi è più né Giudeo né Greco, né schiavo né libero, né maschio o femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28). Per l’apostolo erano giunti gli ultimi tempi annunciati dai profeti (cf Lettura), tempi in cui Israele e le genti avrebbero partecipato insieme alla salvezza (ješûʿâ) di JHWH ovvero al compimento del suo piano di giustizia (edāqâ) per tutta l’umanità. Prima della creazione del mondo il Creatore aveva pensato l’umanità a immagine del Figlio. Ora, nel quadro della storia concreta, quel progetto di comunicarsi a una umanità di figli creati a immagine del Figlio si concretizza in un atto di perdono (edāqâ) che si offre nella croce di Gesù (ješûaʿ) alla decisione di fede di tutti (cf Epistola).

Il disegno salvifico di JHWH, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, è attestato dalle Scritture (cf Vangelo), uno scrigno stupendo in cui la Parola della Tôrâ, dei Profeti e degli altri Scritti – riletta dal Vangelo di Gesù e su Gesù – appare la fonte inesauribile della sapienza della scriba fatto discepolo del regno dei cieli che attende con il Figlio dell’Uomo glorificato la συντλεια («la sintesi finale», cf Mt 28,20) della storia.

VANGELO: Mt 13,47-52

vv. 47-50: Quest’ultima parabola coincide, per il messaggio, a quella del grano e della zizzania. L’opposizione tra τ καλ «i buoni» e τ … σαπρ «i cattivi», e corrisponde alla distinzione tra alberi buoni e cattivi di Mt 7,15-19. «I cattivi» sono i falsi profeti e tutti coloro che sono ipocriti e perseguono scopi vergognosi sotto mentite spoglie. Nel v. 50, la sorte dei cattivi sarà quella del Maligno e il loro comune destino è il fuoco di-struttore (cf anche al v. 42, la spiegazione della parabola della zizzania). La descrizione della sorte finale nella parabola è per convincere i discepoli nell’ora presente a decider-si per una scelta di vita che produce molto frutto. Si noti che la rete è gettata in mare senza scelta di popolo: la parabola non si rivolge solo a Israele, ma coinvolge ogni interlocutore in quanto persona, a qualsiasi popolo appartenga!

vv. 51-52: La conclusione con i discepoli sviluppa un’altra parabola. Essa ruota attor-no al tema del «comprendere», che è il registro fondamentale del capitolo matteano delle parabole (vv. 13. 14. 15. 19. 23. 51).

Una volta «compreso» il contenuto della Parola, occorre diventare infatti un γραμματες μαθητευθες τ βασιλεί τν ορανν «uno scriba fatto discepolo del regno dei cieli». Il dottore che ha compreso il messaggio del regno dei cieli è capace di interpretare la tradizione antica senza lasciarsi soggiogare da essa, ma la domina a partire dal «nuovo», che è l’evento presente di Gesù maestro. Egli non si basa più su una ricerca all’indietro, ma scopre nel messaggio di Gesù il principio interpretativo di tutta la Scrittura di Israele.

Il primo ad essere un dottore così è lo stesso evangelista, che rilegge tutte le Scritture alla luce dell’evento cristologico.

Definendo le Scritture del popolo ebraico «Antico Testamento», la Chiesa non ha voluto affatto suggerire che esse siano superate e che se ne potesse ormai fare a meno. Al contrario, essa ha sempre affermato che Antico Testamento e Nuovo Testamento sono insepara-bili. Il loro primo rapporto sta proprio in questa inseparabilità. Quando, all’inizio del II secolo, Marcione voleva rifiutare l’Antico Testamento, si scontrò con una totale opposizione da parte della Chiesa post-apostolica. Il rifiuto dell’Antico Testamento portava del resto Marcione a respingere anche gran parte del Nuovo — accettava solo il vangelo di Luca e una parte delle lettere di Paolo —, il che dimostrava chiaramente che la sua posizione era insostenibile. È alla luce dell’Antico Testamento che il Nuovo comprende la vita, la morte e la glorificazione di Gesù (cf 1 Cor 15,3-4).

Ma il rapporto è reciproco: da una parte, il Nuovo Testamento richiede di essere letto alla luce dell’Antico, ma, dall’altra, invita a «rileggere» l’Antico alla luce di Cristo Gesù (cf Lc 24,45). Come è stata fatta questa «rilettura»? Essa si è estesa a «tutte le Scritture» (Lc 24,27), a «tutte le cose scritte nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi» (Lc 24,44), ma il Nuovo Testamento ci presenta solo un numero limitato di esempi, senza formulare una teoria metodologica.

[…] I testi parlano di tipologia e di lettura alla luce dello Spirito (2 Cor 3,14-17), suggeren-do l’idea di un duplice livello di lettura, quello del senso originario, percepibile in un primo tempo, e quello di una interpretazione ulteriore, rivelata alla luce di Cristo.

Nel giudaismo era abituale fare certe riletture. Era lo stesso Antico Testamento a mettere su questa strada. C’era, ad esempio, la rilettura dell’episodio della manna; non si negava il dato originario, ma se ne approfondiva il senso vedendo nella manna il simbolo della Paro-la con cui Dio nutre continuamente il suo popolo (cf Dt 8,2-3). I libri delle Cronache sono una rilettura del libro della Genesi e dei libri di Samuele e dei Re. Lo specifico nella rilettu-ra cristiana è che è attuata […] alla luce del Cristo.

L’interpretazione nuova non abolisce il senso originario.

PER LA NOSTRA VITA

1. La misericordia è “prima”, perché non dipende da me: per questo, la speranza non delude.

Fossi io a misurare la fedeltà e l’amore di Dio, sarei presto alla disperazione: il volto di Dio cambierebbe ogni volta, sarebbe aperto o corrucciato secondo che io operi il bene o faccia il male.

Invece il volto di Dio è apparso una volta per tutte, nel volto di Cristo, come salvez-za. Il mio Dio è un mistero, ma non è ambiguo. […] Dio non cambierà le carte in ta-vola all’ultimo momento, per quanto dipende da Lui. Così il mio tesoro è in Lui: tutto il resto non propriamente tesoro dell’uomo. È la speranza che mi rende libero.

2. La fede è profetica nel senso che, radicalizzando l’ascesi della ragione e purifi-cando il desiderio, essa lavora così a sostenere ogni forma di lotta contro una religiosità troppo affettiva o troppo pulsionale. In questo modo, si libera dalla ricerca di contenu-ti concreti che soddisfano momentaneamente il desiderio, ma lo ingannano con un in-vestimento infondato nell’oggetto; essa orienta verso la ricerca di colui che pur essendo presente non cessa di sfuggire per non essere classificato tra le realtà mondane, e per non confiscare la responsabilità umana. La fede di Dio purifica, così, il desiderio, sen-za negare la legittimità della sua ricerca. La fede non conforta il desiderio nelle sue il-lusioni narcisistiche o infantili, essa lo apre all’accoglienza di una Parola che lo adatta alla verità della sua condizione, all’esigenza della giustizia, alla sollecitudine per gli oppressi e alla dismisura della sua vocazione: entrare nell’amicizia di Dio.

In questo modo, la fede, senza dover organizzare, controllare o sostenere la politica, la cultura, l’economia, lavora nel cuore di queste realtà collettive, come nel cuore degli individui, per contenere la politica, la cultura, l’economia, lavora nel cuore di queste realtà collettive, come nel cuore degli individui, per contenere la loro dismisura e con-traddire la loro mediocrità latente. Se la fede si riduce ad una morale, fosse anche della più alta qualità, si priva della sua potenza profetica: questa le viene dall’attrattiva di Dio, e non dal solo ideale di giustizia e di pace che essa suppone ed esige. Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, il carattere più originale della fede: la fiducia incondizionata nel Dio che permette di assumere umanamente le frustrazioni del desi-

derio, il tragico, la violenza e la morte, sostiene la sua vocazione profetica. […] E così, sotto la pressione degli avvenimenti che hanno generato la modernità, torniamo alla si-tuazione originaria: le prime comunità si sforzarono di non tradire la fede venuta da Abramo, Mosè e Gesù. Esse lottarono perché la Scrittura non venisse fraintesa. Per es-se si trattava di testimoniare l’apertura di Dio nel suo Cristo e nello Spirito a tutti gli esseri umani, non si trattava di un programma utopico e divino di sostituzione, tale da dispensare l’umanità dalla sua responsabilità terrena.

3. Un terzo dell’umanità ha fame. Alla fame dei corpi si unisce quella delle anime: i due terzi della popolazione del globo non hanno ancora imparato a conoscere il No-me di Cristo. Nei paesi che si dicono cristiani, regna una massima divergenza tra il Vangelo da una parte, il modo di vivere dei cristiani da un’altra e le ricerche e tenden-ze della società da un’altra ancora. Come collegare tutto ciò alla Risurrezione? Ma è un’evidenza lampante. I sedicenti cristiani non vivono la Risurrezione, non sono dei ri-sorti. Hanno perduto lo Spirito del Vangelo. Hanno fatto della Chiesa una macchina, della teologia una pseudoscienza, del cristianesimo una vaga morale. Ritroviamo, riviviamo la teologia rovente di San Paolo: «Come il Cristo è risorto dai morti, così noi, i battezzati, dobbiamo condurre una vita nuova» (cf Rm 6,4). Se coloro che credono nel Risorto portano in sé questa potenza di vita, allora si potranno trovare soluzione ai problemi che angosciano oggi gli uomini… Si tratta anzitutto di formare l’uomo interiore, di renderlo capace di un’adorazione creatrice. Abbiamo bisogno di uomini che facciano l’esperienza, nello Spirito Santo, della Risurrezione del Cristo come illumina-zione del cosmo e senso della storia. Da quella forza interiore scaturirà uno slancio che darà senso ai valori umanitari. […]

È tutto qui: inaugurare in sé una vita nuova, rivestirsi l’anima di un abito di festa. Allora avremo mani colme di doni fraterni. […] Cristo è dappertutto. Dalla Risurre-zione in poi, tutta la vicenda umana si svolge in lui, lo cerca, lo celebra, lo combatte, lo nega, lo ritrova. La sua presenza segreta, la rivelazione che ci porta, sono diventate il fermento dell’intera esistenza umana.

4. Cristo deve farsi presente fra di noi nella predicazione e nel sacramento, così come ha riconciliato Dio e gli uomini facendosi crocifiggere. Il Cristo crocifisso è la nostra pace. Egli solo scongiura gli idoli e i demoni. Solo davanti alla croce trema il mondo, non davanti a noi.

E ora innalzate la croce sul mondo sconvolto. Cristo non è lontano dal mondo, non è in una regione lontanissima rispetto alla nostra esistenza: è entrato nella massima profondità del mondo, la sua croce è al centro del mondo. […]

Fratelli nell’ascolto della Parola del Signore […] del totalmente radicale, è questo il grande compito. Essa non è la migliore e più zelante, ma […] la comunità di coloro che fanno penitenza e non negano la loro colpa, la loro disattenzione verso il comando di Dio, che pure annuncia il Regno di Dio vicino. Nessuna visibile città di Dio può essere innalzata in questo mondo; […] tutto ciò che la chiesa fa nel mondo è provvisorio, ha l’unico scopo di tenere insieme gli ordini del mondo in rovina, di impedirne il pre-cipitare nel caos. Questo agire della chiesa è indispensabile, ma il nuovo ordine della società, la comunità, non è l’ordine del regno. Tutti gli ordinamenti e tutte le comuni-tà del mondo passeranno quando Dio creerà di nuovo il suo mondo e il Signore Cristo tornerà, per giudicare il vecchio mondo e istituire il nuovo.

5. La vita religiosa non è solo una faccenda privata. La nostra vita è un movimento nella sinfonia delle epoche. Ci viene insegnato a pregare e anche a vivere alla prima persona plurale, a fare il bene “nel nome di tutto Israele”. Tutte le generazioni sono presenti in ciascuna generazione.

Lasciatemi concludere con un racconto riportato in un libro ebraico del XVIII secolo. C’era un giovane che voleva diventare fabbro. Si fece apprendista di un fabbro e imparò tutte le tecniche del mestiere: come impugnare le tenaglie, come sollevare la mazza, come batte-re sull’incudine, come ravvivare il fuoco con il mantice. Terminato il periodo di apprendistato, fu chiamato a lavorare in una fucina del palazzo reale. Ma la soddisfazione del giovane finì presto quando si accorse che non era riuscito ad imparare come far scoccare la scintilla. Tutte le sue capacità e abilità nel maneggiare gli strumenti non gli furono di alcun giovamento.

Personalmente, non di rado, provo confusione nel vedere che – proprio come quell’apprendista – conosco i fatti e conosco le tecniche, ma non ho imparato a far scoccare la scintilla.

6. Ciao carissimo! Un augurio grande […] e tutta la mia preghiera per te! Come stai? Ti affido a Lui, sotto il bellissimo e silenzioso cielo stellato africano!

Io sto bene, sono a Matany, nel nord Uganda, una regione povera che vive di pasto-rizia e scarsa agricoltura. In comunità siamo in 5, io aiuto nell’ospedale, molto bello, costruito grazie alla cooperazione internazionale, con i reparti essenziali (medicina interna, chirurgia, maternità, pediatria e TB). Sono tanti padiglioni tra i quali ci sono i familiari dei malati che preparano per loro il cibo.

La vita è intensa, davvero il cuore si dilata e si spezza ogni giorno... a fianco di pic-coli denutriti, fratelli e sorelle resi vulnerabili dall’HIV, poi tante malaria, epatiti, pol-moniti, TB, diversi casi di meningite… La settimana scorsa una giovane mamma ci è morta di rabbia... Come dimenticarla? Davvero tanti sono ormai i piccoli angeli che ho conosciuto e ci proteggono. C’è poi un ragazzo con epilessia di nome F. che praticamente vive nell’ospedale, è tanto caro e tenero, dorme per terra (come tanti qui), si porta con se la Bibbia, e quando sta bene regala a tutti grandi sorrisi...

Ogni volta che lo saluto, un doppio sorriso mi si apre nel volto... perché ricordo an-che te! Spero tu stia bene. Fammi sapere! Un abbraccio forte! Il Signore ti protegge e ti benedice sempre! Grazie per la benedizione che sei! Tua sorella M.

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