Insieme ai testi e al commento ecco i miei auguri per il Santo Natale
Natale 2011
Siamo travolti e inquieti
Tutto corre troppo velocemente
I poveri pensano al denaro necessario
I ricchi a salvare il denaro superfluo
Ad altro occorre pensare perché
È cambiato l’amore e non sappiamo più cos’è
È cambiata la fede e non sappiamo più se c’è
È cambiata la speranza e siamo vuoti, io e te
Tutto ciò che era semplice e faceva vivere si è complicato
I filosofi e gli scienziati non si accordano su nulla
Non sappiamo più parlare, non sappiamo più capire,
né educare, né ritrovarci fratelli.
Chi salverà questo mondo votato alla morte?
È nella mangiatoia del presepe
che la semplicità di Dio
guarisce le nostre assurdità.
Lettura del profeta Isaia 62, 10 - 63, 3b
In quei giorni. Isaia disse: «Passate, passate per le porte, / sgombrate la via al popolo, / spianate, spianate la strada, / liberatela dalle pietre, / innalzate un vessillo per i popoli».
Ecco ciò che il Signore fa sentire / all’estremità della terra: / «Dite alla figlia di Sion: / “Ecco, arriva il tuo salvatore; / ecco, egli ha con sé il premio / e la sua ricompensa lo precede”. / Li chiameranno “Popolo santo”, / “Redenti del Signore”. / E tu sarai chiamata Ricercata, / “Città non abbandonata”».
«Chi è costui che viene da Edom, / da Bosra con le vesti tinte di rosso, / splendido nella sua veste, / che avanza nella pienezza della sua forza?». / «Sono io, che parlo con giustizia, / e sono grande nel salvare». / «Perché rossa è la tua veste / e i tuoi abiti come quelli di chi pigia nel torchio?». / «Nel tino ho pigiato da solo / e del mio popolo nessuno era con me».
Salmo 71 (72)
® Rallegrati, popolo santo; viene il tuo Salvatore.
Le montagne portino pace al popolo
e le colline giustizia.
Ai poveri del popolo renda giustizia,
salvi i figli del misero e abbatta l’oppressore. ®
Scenda come pioggia sull’erba,
come acqua che irrora la terra.
Nei suoi giorni fiorisca il giusto e abbondi la pace.
In lui siano benedette tutte le stirpi della terra
e tutte le genti lo dicano beato. ®
Benedetto il Signore, Dio d’Israele:
egli solo compie meraviglie.
E benedetto il suo nome glorioso per sempre:
della sua gloria sia piena tutta la terra. ®
Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 4, 4-9
Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù.
In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri. Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi!
Vangelo secondo Luca 1, 26-38a
In quel tempo. L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».
Commento
Il brano deve essere letto ogni volta con lo stesso stupore, come fosse la prima
volta che l’ascoltiamo, evitando il più possibile di considerarlo troppo noto. Esso rappresenta
«la vocazione di Maria alla maternità».
vv. 26-27: Gli elementi raccolti nel preambolo sono tutti significativi per rendere ragione
di quanto sta accadendo. Nessun particolare è inutile o di troppo. La situazione
riguarda Maria, una ragazza di Nazaret che aveva già sottoscritto il contratto matrimoniale
con Giuseppe, un discendente davidico: ἐμνηστευμένην «sposata», significa che
era stato compiuto il primo atto del matrimonio, lo ʾĕrûsîn, che comportava la scrittura
della ketubbâ, il «contratto» matrimoniale; tuttavia la sposa non era ancora andata a vivere
con lo sposo, e quindi manca ancora il secondo atto della celebrazione matrimoniale,
il nesûʾîn, che comportava la coabitazione come marito e moglie. Quanto a Nazaret,
il giudizio di Natanaele (Gv 1,46: «Da Nazaret, può mai venire qualcosa di buono?
») sintetizza molto bene la considerazione che questo villaggio vicino alla stupenda
città greco-romana di Sipporis aveva per un “autentico” figlio di Israele.
vv. 28-29: Il saluto del messaggero divino e la reazione di Maria sono due punti cruciali
del racconto.
a) Χαῖρε, κεχαριτωμένη, ὁ κύριος μετὰ σοῦ «Rallégrati, riempita della benevolenza [di
Dio]: il Signore è con te!». Χαῖρε: il problema è di capire se si è in presenza di un normale
saluto o se invece si voglia alludere a contesti profetici, in modo più o meno velato.
Vista la reazione di Maria a un tale saluto, bisogna dire che più c’è molto di più di
un semplice “buongiorno”!
Vi sono infatti alcuni testi profetici che hanno la medesima struttura del saluto utilizzato
da Lc 1,28:
– Gioele 2,21: θάρσει, γῆ, χαῖρε καὶ εὐφραίνου… «non temere, terra, ma rallegrati e gioisci…»
– Sof 3,14: Χαῖρε σφόδρα, θύγατερ Σιων, κήρυσσε, θύγατερ Ιερουσαλημ· εὐφραίνου καὶ κα-
τατέρπου ἐξ ὅλης τῆς καρδίας σου, θύγατερ Ιερουσαλημ «Rallégrati, figlia di Sion, grida di
gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme!»
– Zc 9,9: Χαῖρε σφόδρα, θύγατερ Σιων· κήρυσσε, θύγατερ Ιερουσαλημ «Esulta grandemente,
figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme!»
– Lam 4,21: Χαῖρε καὶ εὐφραίνου, θύγατερ Ιδουμαίας «Esulta pure, gioisci, figlia di Edom»
Questi testi permettono di scoprire una tipologia veterotestamentaria che qui è applicata
a Maria. Che il saluto dell’angelo debba essere letto nel senso della «gioia» e come
invito a «gioire» è confermato anche dalla ricorrenza del tema della gioia negli altri
messaggi angelici lucani (cf Lc 1,14 e 2,10). In questo messaggio angelico, centrale e
più significativo, mancherebbe quell’invito alla gioia, se venisse espulso da quel χαῖρε
iniziale. Andrebbe ricordato anche il tema della gioia in tutta l’opera lucana.
κεχαριτωμένη: anche questa singolare designazione avvicina Maria a Gdc 6,12 (Gedeone
è chiamato nel saluto: δυνατὸς τῇ ἰσχύι «potente quanto alla forza»). Si tratta di
una designazione “profetica”, una dichiarazione che già contiene tutto il mistero che
sarà esplicitato in seguito. La forma grammaticale è un participio perfetto passivo: è
dunque un “passivo teologico” che rimanda subito alla relazione tra Maria e Dio. Dio
ha fatto Maria oggetto della sua χάρις (ḥēn) da sempre; o anche, Dio si è ricordato con
Maria del suo ḥesed. In che cosa consista questa benevolenza sarà spiegato dal seguito
del racconto. Sembrerebbe l’assegnazione di un nuovo nome: il cambio di nome, come
sempre, indica l’inizio di un nuovo ruolo o di una nuova mansione.
La missione per Maria sarà la sua maternità.
b) ecco dunque spiegato perché di fronte a un tale saluto (ὁ ἀσπασμὸς οὗτος) la reazione
di Maria sia stata duplice:
– διεταράχθη «rimase confusa» è hapax nel NT, più usuale è il semplice ταράσσω (cf
Lc 1,12 e 24,38), che è anche la reazione emotiva normale di fronte alla manifestazione
del divino;
– διελογίζετο «s’interrogava»: è la reazione di ricerca intellettiva, suscitata dalla stranezza
di quella triplice affermazione dell’angelo.
vv. 30-33: Il primo discorso dell’angelo si compone di due elementi: a) una premessa,
con l’esortazione a «non temere!»; b) l’annunzio di nascita, con il nome del nascituro e
il suo futuro.
a) l’esortazione a «non temere!» (μὴ φοβοῦ, v. 30), inizio di ogni oracolo di salvezza, è
motivata dall’«aver trovato grazia» presso Dio.
«Trovare grazia agli occhi di qualcuno» ricorre una quarantina di volte e 13 volte in
riferimento a Dio. La grazia è il favore che in generale un superiore elargisce a un suo
subalterno. Solo di Noè (Gn 6,8) e Mosè (Es 33,12. 17) si dice esplicitamente che
hanno trovato grazia presso Dio. Inoltre solo a Mosè e a Maria giunge direttamente da
una parola di Dio (elemento in più per ritrovare il formulario di vocazione). Tale “favore”
è un indicatore del rapporto che sussiste tra le due persone in relazione: Dio e
Maria. In questa cornice Maria è abilitata a realizzare il compito che sarà descritto nei
versetti seguenti.
b) annunzio di nascita, nome e futuro del nascituro (v. 31-33). La missione di Maria
sta nella sua maternità. Nei vv. 31-33, si annunzia tale nascita con il formulario tipico
del genere annuncio di nascita: promessa, nome e futuro del nascituro.
Luca non fa che applicare a Gesù l’interpretazione
che un certo giudaismo ipotizzava a proposito del (o dei) Messia. L’affermazione della
filiazione divina in tale contesto può sembrare ancora velata e implicita, in quanto
“funzionale” alla regalità (secondo cui ogni re era figlio dell’Altissimo). Sarà necessario
una precisazione ulteriore per sottolineare l’inedita novità che la filiazione divina porta
con sé nel caso della nascita di Gesù. Proprio a questo scopo serve la “domanda” di
Maria nel versetto seguente.
v. 34: Il senso della domanda di Maria al v. 34 («Come avverrà questo, dal momento
che non conosco uomo?») è centrale per il passo lucano. Si tratta di una vera e propria
domanda, in cui Maria chiede un chiarimento su come possa avverarsi quanto l’angelo
le ha riferito.
La domanda di Maria è un modo per riconoscere la grandezza del
compito cui è chiamata e insieme l’incapacità, o meglio la non-sufficienza, di
colei che è chiamata a svolgere un tale compito. In questo modo, Luca dice anche
il senso teologico della verginità di Maria: fin da principio ella è colei che
ascolta, che medita su quanto ha ascoltato e tenta di comprendere quanto le è
annunziato. Ella è colei che è aperta all’azione di Dio e la vuole solo comprendere.
«La verginità è purezza di dedizione a Dio ed è soprattutto l’estrema impotenza
umana, che lascia il posto all’azione di Dio».
vv. 35-38a: Il secondo discorso dell’angelo presenta quattro spunti che si inseriscono
nel modello di vocazione, sulla cui base Luca ha steso il suo racconto: a) l’azione dello
Spirito (v. 35a); b) il nome (v. 35b); c) il segno (v. 36); d) il “sì” di Maria (v. 38a).
a) l’azione dello Spirito (v. 35a)
Dal punto di vista contenutistico, qui si precisa l’agire di Dio verso Maria, che è così
abilitata a realizzare la sua missione di madre.
È importate sottolineare il soggetto di questo «adombramento», la «potenza dell’Altissimo». L’incarnazione dunque, secondo quest’espressione,
si compie in virtù di Dio stesso, ossia attraverso un processo inafferrabile
dalla ragione umana.
Il linguaggio dell’epoca ci aiuta a spiegare la figura del concepimento secondo Luca: egli
vede in esso un prodigio speciale della Potenza divina, che gli dà pienamente diritto al
nome di Figlio di Dio. È una δύναμις «potenza» che è comunicata a Maria e si trasmette
a Gesù, una δύναμις «potenza» che consiste nello Spirito santo: δύναμις «potenza» e
Spirito santo sono, infatti, intimamente connessi nel racconto lucano (cf ad es., At
10,38).
b) il nome (v. 35b)
Accettando l’interpretazione come una costruzione a duplice predicato,
il nome sarebbe duplice: «perciò colui che nascerà sarà chiamato santo e figlio di Dio».
L’agire di Dio in Maria fonda per il figlio
l’essere santo e l’essere Figlio di Dio. È l’interpretazione della traduzione ufficiale CEI.
Se, invece, si sceglie di mantenere la costruzione originaria del greco, un po’ aspra a
dire il vero, si avrebbe un solo predicato, in quanto il titolo di santo si riferisce al nascituro:
«perciò il nascituro santo sarà chiamato figlio di Dio». Con questa lettura, l’unico
nome del «nascituro santo» è quello di Figlio di Dio.
c) il segno (v. 36)
Il rimando a quanto Dio ha già fatto in Elisabetta ha funzione di conferma dell’agire
efficace di Dio: è la stessa funzione del segno che si ha anche negli altri racconti di vocazione
(cf lo sdoppiamento del segno del vello per Gedeone in Gdc 6,36-40).
All’offerta del segno fa seguito una motivazione che di nuovo riporta il discorso a
sottolineare la potenza di Dio, che è il fondamento di quanto accadrà. Il fatto che il
verbo sia al futuro indica che il riferimento non è a quanto è già avvenuto in Elisabetta,
ma a quanto avverrà in Maria.
d) il “sì” di Maria (v. 38a)
È la terza reazione di Maria, dopo il turbamento e la domanda. Ora ecco la risposta
convinta, di piena adesione per il ῥῆμα detto dall’angelo. Nessun altro racconto di vocazione
o di annuncio di nascita ha una risposta simile: è un tratto caratteristico di
Maria e Luca l’ha voluto sottolineare.
«Ecco la serva di JHWH»:
Questa auto-definizione di Maria mette in risalto che ella ha compreso
di avere un ruolo da svolgere nel piano di Dio e così si sente «ministra di JHWH»
in quanto sta accadendo.
«Mi avvenga secondo la tua parola»: non è soltanto un
assenso formale di Maria all’agire di Dio, ma ancora una volta è il riconoscere il primato
alla «tua parola», la Parola di JHWH che ora prende la carne umana in lei.
v. 38b: L’inclusione della dipartita dell’angelo chiude il quadro narrativo della vocazione
di Maria alla maternità.
PER LA NOSTRA VITA:
1. Stare nelle mani di Dio.
Con fiducia.
Tempio suo e casa …
Terra buona per nascere a lui.
Nulla è impossibile a Dio …
Nulla.
Nazaret,
una donna, l’annuncio
la Vita.
Dio aspetta un “sì”.
E si fa strada in uno spazio accogliente e umano.
Sta alle porte del cuore di una giovane.
Nulla è impossibile a Dio.
L’Onnipotenza viene ad abitare
nella fragilità umana
facendola Infinito.
F. CECCHETTO, Testi inediti.
2. Accettare un vuoto in se stessi è cosa sovrannaturale. Dove trovar l’energia per
una atto che non ha contropartita? L’energia deve venire da un altro luogo. E, tuttavia,
ci vuole dapprima come uno strappo, qualcosa di disperato; bisogna anzitutto, che
quel vuoto si produca. Vuoto: notte oscura. […]
La volontà di Dio. Come conoscerla? Se si fa silenzio in se stessi, se si fanno tacere
tutti i desideri, tutte le opinioni; e si pensa con amore, con tutta l’anima e senza parole:
“Sia fatta la tua volontà”, quel che allora si sente, senza incertezza, di dover fare
(quand’anche, per certi riguardi, fosse un errore) è la volontà di Dio. Perché, se gli si
chiede pane, egli non ci dà pietre”.
(S. WEIL, L’ombra e la grazia, Introduzione di G. HOURDIN, Traduzione di F. FORTINI (Testi di Spiritualità), Rusconi Editore, Milano 1985, p. 58).
3. L’intuizione della chiamata è l’intuizione stessa di Dio come senso della mia vita.
Essa è unità, percepita dallo spirito, di Dio e del soggetto, e di tutto in Dio. […]
È un evento improvviso, imprevisto, imprevedibile. Dio si manifesta, la trascendenza
della sua chiamata si rivela in questo incontro che il soggetto non ha preparato né
ricercato. Questa trascendenza si esprime anche attraverso il tema della debolezza divenuta
forza. [Il soggetto …] si sperimenta impotente, indegno, inadatto. In tale situazione
la sua prima reazione è spesso la protesta, il dubbio, la paura.
Ma Dio insiste, assicura la sua grazia, dilegua le apprensioni dell’eletto.
(M. BELLET, Vocazione e libertà, Edizione italiana a cura di G. COMO - E. PAROLARI (Comunità Cristiana), Cittadella Editrice, Assisi 2008, pp. 32-35).
4. È sempre la beatitudine della fede, dunque, ad essere esaltata in Maria. In questo
senso ella è la “figlia di Sion”: erede della fede di Abramo, capace di vivere autenticamente
la fede.
Maria è credente: è sempre dalla parte di chi accoglie Dio, di chi crede e si fida e si
affida a Dio. Quindi, pur avendo una singolarissima vocazione e una singolarissima
missione, pur avendo un singolarissimo rapporto con il Salvatore che è Gesù Cristo,
resta una credente. È, cioè, dalla nostra parte, non dalla parte di Dio. In questo senso
ella richiama anche il cammino dell’Arca che porta la presenza di Dio (cfr 1 Cr 13-16),
ma non è il Salvatore e la salvezza. (p. 26)
“Ecco la serva del Signore” significa allora questo: io sono disposta a servire il Signore
incondizionatamente, rendendogli il culto della mia vita, vissuta secondo lui, secondo
il suo progetto. Sono disposta a “conoscere” il Signore, facendo quello che lui
vuole, vivendo quello che lui vuole. (p 52)
Nella risposta di Maria vi è dunque un invito, una prospettiva, un criterio di valore
anche per noi, per la nostra vita.
Potremmo anche dire: l’uomo che dà la stessa risposta di Maria è l’uomo della carità,
del servizio, della disponibilità.
È l’uomo che si pone in contestazione con se stesso e in se stesso: contesta cioè la
logica del proprio diritto come l’unico criterio dell’agire. […]
È l’uomo che non rivendica l’assoluto dei propri diritti, ma del “servizio”: non perché
sia male rivendicare il proprio diritto, ma perché la carità dice che si può anche
“perdere” l’assoluto del “mio” diritto, della “mia” verità; e si può dire, non a parole,
sono “servo”, ma del Signore.
È l’uomo che accoglie e assume la prospettiva di Dio per leggere la vita, la storia, gli
avvenimenti. […] E si pone in contestazione con il mondo, con la logica di questo
mondo (cf 1 Gv 2,15).
È l’uomo che accetta la salvezza come il mistero della libertà di Dio che si offre.
Anche se non è facile. Anche se potrà sorgere, inevitabile, la domanda: «come è possibile
questo?». Come è possibile essere uomo di fede così?
È la domanda della Vergine Maria, che non riguarda soltanto la concezione verginale.
Esprime una fede interrogata: quella che ogni credente vive nell’assumere i problemi,
le ansie, gli interrogativi che lo toccano appunto come un uomo, e a cui deve una
risposta. Ma nella fede: lasciando che Cristo sia l’interprete ultimo e definitivo dell’uomo
e della storia.
(G. MOIOLI, Il mistero di Maria, Glossa, Milano 1990, pp. 26. 52. 53-54).
5. Annunciazione
(Le parole dell’Angelo)
Tu non sei più vicina a Dio di noi;
siamo lontani tutti. Ma tu hai stupende
benedette le mani.
Nascono chiare a te dal manto,
luminoso contorno:
Io sono la rugiada, il giorno,
ma tu, tu sei la pianta.
Sono stanco ora, la strada è lunga,
perdonami, ho scordato
quello che il Grande alto sul sole
e sul trono gemmato,
manda a te, meditante
(mi ha vinto la vertigine).
Vedi: io sono l’origine,
ma tu, tu sei la pianta.
Ho steso ora le ali, sono
nella casa modesta immenso;
quasi manca lo spazio
alla mia grande veste.
Pur non mai fosti tanto sola,
vedi: appena mi senti;
nel bosco io sono un mite vento,
ma tu, tu sei la pianta.
Gli angeli tutti sono presi
da un nuovo turbamento:
certo non fu mai così intenso
e vago il desiderio.
Forse qualcosa ora s’annunzia
che in sogno tu comprendi.
Salute a te, l’anima vede:
ora sei pronta e attendi.
Tu sei la grande, eccelsa porta,
verranno ad aprirti presto.
Tu che il mio canto intendi sola:
in te si perde la mia parola
come nella foresta.
Sono venuto a compiere
la visione santa.
Dio mi guarda, mi abbacina...
Ma tu, tu sei la pianta.
( R.M. RILKE, Poesie, Tradotte da G. PINTOR, Prefazione di F. FORTINI, Einaudi, Torino 1942, 71958, pp. 16-17).
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