giovedì 2 febbraio 2012

V DOMENICA DOPO L’EPIFANIA 5 2 2012

GIORNATA PER LA VITA

Carissimi,

anche in questa domenica abbiamo un evento importante quale la 34° Giornata per la vita. A questo proposito vi allego un mio articolo apparso su Avvenire del 26 Gennaio.

La prossima giornata per la vita (la 34°) è rivolta ai giovani. Il messaggio dei Vescovi li richiama a diventare passatori di vita, cioè grati del dono ricevuto e responsabili della sua trasmissione.
Ma come potranno i nostri giovani diventare passatori di vita, quando l’idolo a cui la nostra società piega il suo ginocchio è esclusivamente la crescita del benessere? Ci insegnano continuamente che se c’è qualcosa di cui essere preoccupati non è la qualità della propria coscienza, delle proprie relazioni, dei progetti, ma soltanto l’incremento delle proprie soddisfazioni. Le quali passano per il consumo delle cose e delle persone. Infatti che cosa sono le relazione affettive e sessuali di buona parte delle nuove generazioni ( e ormai non solo più dei giovani) se non un consumo di persone? Il rapporto non sarebbe consumistico se alla sua base ci fosse una assunzione di responsabilità vicendevole, una parola data e mantenuta, un desiderio di costruire comunione. Ma per molti queste cose non ci sono più o sono diventate marginali.
La responsabilità per la vita è ciò che fa di un uomo un uomo. Senza di questa ognuno di noi regredisce verso una condizione di immaturità senza vie di uscita.
Ma chi si preoccupa di questo passaggio educativo essenziale, di questa qualità del cuore delle nuove generazioni? A parlarne sembra di gridare nel deserto.
Ben altri, si dice, sono i problemi che dobbiamo affrontare. Dobbiamo lottare contro la crisi dell’euro, sistemare le questioni del debito sovrano, liberalizzare tutto il possibile, forse anche far crescere l’occupazione. Intanto di sicuro c’è che abbiamo liberalizzato le coscienze dall’amore per il bene e per la ricerca della verità e senza queste due cose non abbiamo futuro, perché dove è smarrito il bene è smarrita anche l’idea che assumersi la responsabilità della vita è un bene.
È così la generazione dell’uomo diventa un problema di sopravvivenza dell’umano che c’è in noi oltre che del numero dei bambini che nascono. A dirlo rimane solo la Chiesa cattolica, spesso sbeffeggiata, perché quello della vita sembra essere un suo pallino. E, invece, no. La questione della vita è questione laica per eccellenza, questione di tutti.
Ci si può domandare dove siano le istituzioni, lo Stato, l’Europa? La risposta è che sono distratte da problemi più urgenti, come se ce ne fossero di più urgenti. A dire il vero, qualche segnale positivo è venuto recentemente dal alcune istituzioni europee. Ricordo le sentenze della Corte di Giustizia con la quale si è vietata la brevettazione dell’embrione umano o la legittimità per l’Austria di vietare la fecondazione eterologa. Ma sono segnali troppo deboli. L’Europa che a motivo delle sue radici cristiane ha insegnato al mondo il valore unico, la bellezza e i diritti della persona umana, deve tornare a essere grande non solo da un punto di vista economico, ma soprattutto per la sua rinnovata capacità di apprezzare la vita umana e la responsabilità della generazione. Si tratta di riprendere un cammino educativo all’accoglienza della vita. Ma per farlo bisogna riprendere un confronto sulla verità e contrastare il relativismo etico imperante; bisogna programmare una società a misura di famiglia e non di consumatori (vera riforma strutturale che ci manca). E per la politica si tratta di ritornare ad avere come suo primo principio l’incremento per tutti dei beni umanistici, tra i quali primo è il grande bene della cura per la vita.
Lettura
Lettura del profeta Isaia 60, 13-14

In quei giorni. / Isaia disse: / «La gloria del Libano verrà a te, / con cipressi, olmi e abeti, / per abbellire il luogo del mio santuario, / per glorificare il luogo dove poggio i miei piedi. / Verranno a te in atteggiamento umile / i figli dei tuoi oppressori; / ti si getteranno proni alle piante dei piedi / quanti ti disprezzavano. / Ti chiameranno “Città del Signore”, / “Sion del Santo d’Israele”».
Sal 86 (87)
® Verranno tutti i popoli alla città del Signore.
Sui monti santi egli l’ha fondata;
il Signore ama le porte di Sion
più di tutte le dimore di Giacobbe.
Di te si dicono cose gloriose, città di Dio! ®
Iscriverò Raab e Babilonia fra quelli che mi riconoscono;
ecco Filistea, Tiro ed Etiopia: là costui è nato.
Si dirà di Sion: «L’uno e l’altro in essa sono nati
e lui, l’Altissimo, la mantiene salda». ®
Il Signore registrerà nel libro dei popoli:
«Là costui è nato».
E danzando canteranno:
«Sono in te tutte le mie sorgenti». ®
Epistola
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 9, 21-26
Fratelli, forse il vasaio non è padrone dell’argilla, per fare con la medesima pasta un vaso per uso nobile e uno per uso volgare? Anche Dio, volendo manifestare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con grande magnanimità gente meritevole di collera, pronta per la perdizione. E questo, per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso gente meritevole di misericordia, da lui predisposta alla gloria, cioè verso di noi, che egli ha chiamato non solo tra i Giudei ma anche tra i pagani.
Esattamente come dice Osea: «Chiamerò mio popolo quello che non era mio popolo / e mia amata quella che non era l’amata. / E avverrà che, nel luogo stesso dove fu detto loro: / “Voi non siete mio popolo”, / là saranno chiamati figli del Dio vivente».
Vangelo
Lettura del Vangelo secondo Matteo 15, 21-28
In quel tempo. Partito di là, il Signore Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone. Ed ecco, una donna cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele».
Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.
Commento
Il vangelo secondo Matteo è nato come catechesi postbattesimale per i neoconvertiti provenienti dal giudaismo e anche nel brano odierno è agevole cogliere i tre temi principali oggetto dell'insegnamento dell'evangelista: la fede, la preghiera, l'apertura universalistica.

Gesù, dopo una controversia con scribi e farisei (cap.15, vv.1-10), che ha probabilmente generato un clima di tensione con le autorità giudaiche, sta dirigendosi verso il territorio di Tiro e Sidone, due centri urbani esemplari nell'Antico Testamento per indicare città pagane e perciò peccatrici e destinate alla condanna eterna (cfr. Is.23; Ger.47,4; Ez.26-28; Gl.4,4; Zc.9,2-3).

A un certo punto viene raggiunto da una donna cananea, cioè pagana, che forse aveva sentito parlare di lui come profeta e guaritore e che gridando lo supplica di avere pietà di lei, la cui figlia è crudelmente tormentata da un demonio. Ma Gesù non le bada e ai discepoli che intervengono a sostegno della donna, dichiara: "Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele"(v.24).

La donna però non demorde e per la terza volta Gesù oppone il suo diniego così motivato: "Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini"(v.26). Occorre rifarsi alla mentalità ebraica per capire che in questa frase c'è ben più di una semplice metafora. La concezione tradizionale vedeva solo negli Israeliti i "figli" di Dio, gli eredi delle promesse fatte ai patriarchi, e considerava i pagani esclusi dal banchetto messianico. L'epiteto "cani" apparteneva alla tradizione biblica, ripresa dai testi giudaici, per indicare gli avversari persecutori, i cattivi missionari, i peccatori e anche i pagani (qual è appunto la donna cananea), ritenuti idolatri, immorali e malvagi. L'espressione, sia pure mitigata nel diminutivo usato da Gesù, mantiene quindi tutto il suo significato sprezzante e discriminatorio nei confronti dei gentili.

Ma la cananea non si dà ancora per vinta; anzi, riprende l'immagine della risposta di Gesù e la volge a proprio vantaggio, osservando che anche i cagnolini si cibano delle briciole della mensa; cioè: ella riconosce la priorità della salvezza verso il popolo ebraico, ma è convinta che, sia pure in seconda battuta, anche i pagani possono beneficiarne.

A questo punto c'è una bella virata del racconto: la dura indifferenza che Gesù aveva mostrato fino a quel momento si muta nella risposta positiva accompagnata da un ampio elogio: "Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri." (v.28) Da notare che in tutto il vangelo di Matteo, solo di questa donna si dice che ha "grande fede"!

Come interpretare la vicenda? C'è chi osserva che Gesù ha "tirato per le lunghe" per "mettere alla prova" la fede della cananea; personalmente non condivido questa spiegazione: fa pensare a un Dio quasi sadico, che si diverte a far soffrire i suoi figli per vedere quanto resistono! Ritengo piuttosto che i tempi lunghi del Signore siano un mezzo per consentire a ciascuno di maturare e prendere maggior coscienza del livello della propria fede e quindi di mostrarla in tutta la sua profondità; certamente l'evangelista ha voluto mostrare ai suoi neofiti un notevole esempio di ostinata fiducia nel Cristo Gesù.

L'episodio contiene poi un significativo insegnamento circa la preghiera, evidenziandone due aspetti: l'insistenza e l'intercessione.

Spesso nel vangelo Gesù parla dell'insistenza nella preghiera (cfr. Luca 11,5-8; 18,1-8), tanto che ne deriva una certezza: "chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto" (Mt. 7,8) E' anche vero che talvolta a noi non pare proprio di trovare o di ricevere ciò che chiedevamo; ma la fede ci conforta assicurandoci che comunque Dio ci esaudisce, in quanto vuole il nostro bene più di quello che noi stessi vediamo e vogliamo per noi, ed è anche vero che prima o poi ne facciamo esperienza!

Quanto all'intercessione, è significativo che, operando sul primitivo testo di Marco, il primo evangelista abbia aggiunto il particolare dei discepoli che intercedono per la cananea, proprio per sottolineare tale ruolo essenziale della Chiesa peregrinante, qui rappresentata dagli apostoli.

Il terzo grande insegnamento che deriva da questa pagina di vangelo è l'apertura universalistica.
Quello dell'ammissione dei pagani alla comunità cristiana, senza dover passare necessariamente attraverso il giudaismo, fu uno dei problemi più dibattuti nella Chiesa primitiva (cfr. Atti 15, il cosiddetto "concilio di Gerusalemme") e proprio nella comunità di Matteo molti erano ancora reticenti sull'ammissione dei pagani alla salvezza. Così il redattore riafferma senz'altro la priorità cronologica della missione di Gesù e dei suoi verso "le pecore perdute della casa di Israele" v.24), ma nello stesso tempo mostra chiaramente che nel piano di Dio la salvezza è destinata a tutti. Anche al giorno d’oggi.

Nessun commento:

Posta un commento