giovedì 22 novembre 2012

25 nov 12 Usciamo dalle nostre paure, troveremo Cristo.






25 novembre 2012  SECONDA DOMENICA DI AVVENTO



Lettura
Is 19,18-24
Così dice il Signore Dio:
«In quel giorno ci saranno cinque città nell’Egitto che parleranno la lingua di Canaan e giureranno per il Signore degli eserciti; una di esse si chiamerà Città del Sole.
In quel giorno ci sarà un altare dedicato al Signore in mezzo alla terra d’Egitto e una stele in onore del Signore presso la sua frontiera: sarà un segno e una testimonianza per il Signore degli eserciti nella terra d’Egitto. Quando, di fronte agli avversari, invocheranno il Signore, allora egli manderà loro un salvatore che li difenderà e li libererà. Il Signore si farà conoscere agli Egiziani e gli Egiziani riconosceranno in quel giorno il Signore, lo serviranno con sacrifici e offerte, faranno voti al Signore e li adempiranno. Il Signore percuoterà ancora gli Egiziani, ma, una volta colpiti, li risanerà. Essi faranno ritorno al Signore ed egli si placherà e li risanerà.
In quel giorno ci sarà una strada dall’Egitto verso l’Assiria; l’Assiro andrà in Egitto e l’Egiziano in Assiria, e gli Egiziani renderanno culto insieme con gli Assiri.
In quel giorno Israele sarà il terzo con l’Egitto e l’Assiria, una benedizione in mezzo alla terra».

Salmo (Sal 86(87))
Popoli tutti, lodate il Signore.
Sui monti santi egli l’ha fondata;
il Signore ama le porte di Sion
più di tutte le dimore di Giacobbe.
Di te si dicono cose gloriose, città di Dio! R.

Iscriverò Raab e Babilonia fra quelli che mi riconoscono;ecco Filistea, Tiro ed Etiopia: là costui è nato.
Si dirà di Sion: «L’uno e l’altro in essa sono nati
e lui, l’Altissimo, la mantiene salda». R.

Il Signore registrerà nel libro dei popoli:
«Là costui è nato».
E danzando canteranno:
«Sono in te tutte le mie sorgenti». R.


Epistola
Ef 3,8-13
Fratelli, a me, che sono l’ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo e illuminare tutti sulla attuazione del mistero nascosto da secoli in Dio, creatore dell’universo, affinché, per mezzo della Chiesa, sia ora manifestata ai Principati e alle Potenze dei cieli la multiforme sapienza di Dio, secondo il progetto eterno che egli ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore, nel quale abbiamo la libertà di accedere a Dio in piena fiducia mediante la fede in lui. Vi prego quindi di non perdervi d’animo a causa delle mie tribolazioni per voi: sono gloria vostra.

Acclamazione al Vangelo
(Lc 3,4b.6)
Alleluia.
Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
Alleluia.
Vangelo: Mc 1,1-8
Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
Come sta scritto nel profeta Isaia:
Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:
egli preparerà la tua via.
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri,
vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».


Commento


Il titolo dato dalla liturgia ambrosiana a questa seconda domenica di Avvento è, a dire il vero, Figli del Regno. Lo tengo presente sullo sfondo, anche se preferisco interpretare tale tema in relazione alla ricchezza della liturgia dell’Avvento. Questo registro permette di intonare con originalità la proposta della Parola biblica oggi proclamata, evitando di ritornare ancora una volta al tema dell’universalismo della salvezza, già ampiamente perlustrato nelle ultime domeniche dell’anno liturgico, quelle che precedono e fanno seguito alla dedicazione della chiesa cattedrale.
La scelta delle pagine bibliche di oggi sottolinea infatti non solo l’orizzonte universale del progetto divino, ma anche l’attesa della sua realizzazione per un futuro non ancora posseduto in questa storia umana, perché nelle mani di Dio solo; e, soprattutto, la non assimilazione della chiesa con il Regno di Dio. La ἐκκλησία o συναγωγή – comunità chiamata («ekklesía») o raccolta («synagogé») dall’unico Israele e da tutte le genti a formare un unico popolo di Dio – vive l’attesa di Dio e della sua signoria nella memoria del Crocifisso Risorto e nella speranza di essere con Lui nella gloria di Dio.
La pagina di Marco, in certo modo, unisce le due precedenti. L’origine del vangelo annunziato da Gesù diventa emblematica per capire il vangelo pasquale che annunzia Gesù, come Cristo e Figlio di Dio; la figura di Giovanni il Battista non è solo la «voce di colui che grida nel deserto» per preparare la via del Signore Gesù in quegli anni lontani di spazio e di tempo, ma rimane paradigma per il credente di ogni generazione, perché la spiritualità del Battista deve rimanere la nostra spiritualità di credenti che vivono il ricominciamento e attendono il compimento del Battesimo in Spirito santo. Il breve incipit del vangelo secondo Marco non deve sfuggire a causa della sua brevità. Come una lirica, va sorseggiato parola dopo parola, perché nulla si perda.
Anzitutto la sua essenziale struttura:
v. 1: titolo
a) vv. 2-5: Giovanni, il messaggero promesso
b) vv. 6-8: Giovanni, colui che precede (senza diritto di proprietà)

Per essere completi, bisognerebbe aggiungere un terzo quadro, che è strettamente legato a questi due, formato dai vv. 9-13: Giovanni battezza Gesù, che lo raggiunge nel deserto. In ciascuno dei tre quadri compare per una volta il protagonista della sequenza, Giovanni.
v. 1: il primo versetto merita molta attenzione. Si parla di ἀρχή «origine» in stretta connessione con εὐαγγέλιον «buona notizia»: il passato si intreccia con il presente, la narrazione che Marco sta per iniziare è fondata su un risalimento sino alle origini di quanto viene narrato. Si ha quindi bisogno di questa origine per capire quanto sarà narrato e si comprenderà quanto sarà narrato se si tiene viva l’origine da cui tutto deriva. Non per nulla, nei vv. 2-3 abbiamo la citazione più lunga della Sacra Scrittura di tutto il vangelo di Marco.
Ma prima di passare ai versetti seguenti, vi è ancora da sottolineare che l’evangelo riguarda «Gesù, Messia, Figlio di Dio». Davanti a Χριστός non vi è l’articolo, perché Marco vuol subito introdurre una distinzione fondamentale. Non c’è solo il Messia atteso come «Figlio di Davide»: questo sarà il titolo che lungo il vangelo Gesù riceve solo da coloro che ancora non lo conoscono a fondo (Mc 10,47; 12,35). C’è anche un Messia «Figlio di Dio»: quando Gesù così si presenterà davanti al sommo sacerdote, questi lo condannerà per bestemmia (Mc 14,63-64).
vv. 2-5: la citazione dei vv. 2-3 è un piccolo florilegio scritturistico. Da qui si capisce la correzione presente in alcuni manoscritti, che corregge il solo «nel profeta Isaia». Si tratta di Es 23,20a; Ml 3,1 e Is 40,3. È la citazione più lunga in Marco, ma è anche molto curata dal punto di vista esegetico giudaico, in quanto i profeti non sono citati da soli, ma sempre accompagnati da un passo della tôrâ. La cosa non è di poco conto perché forse è l’indizio che Marco dipende dalla tradizione a lui precedente, la quale oltre ai testi gli forniva anche la chiave interpretativa. Il messaggero (ἄγγελος) atteso va identificato con Giovanni Battista, come anche la «voce che grida nel deserto» (testo che segue i LXX): egli è dunque il precursore e colui che si fa araldo di un nuovo esodo (cf la citazione di Isaia, nel suo contesto).
Anche la costruzione sintattica della frase – un po’ pesante – è importante: la citazione scritturistica è la condizione per comprendere la scelta di Giovanni di mettersi sulla collina di Elia e far immergere tutti nel fiume Giordano per «entrare» di nuovo nella terra della promessa come avevano fatto i figli di Israele alla guida di Giosuè (=Gesù).
La predicazione di Giovanni consisteva in una «immersione di conversione per la remissione dei peccati». Il senso originario del verbo βαπτίζω «immergere» è evidente in questo contesto e per questo la nostra traduzione lo usa in alternanza con il significato tardivo ormai lessicalizzato «battezzare». L’immersione è simbolo di morte e di rinascita: Giovanni predica di compiere questo segno come segno di cambiamento di mentalità per il perdono dei peccati, ovvero è un’ultima chance che viene offerta prima del grande giudizio di Dio su questo mondo. L’immersione nell’acqua è la morte al mondo di peccato e l’espressione della volontà di cambiare vita, per vivere di nuovo nella comunione della berît «alleanza» con il Dio dell’esodo.
E Marco sottolinea l’efficacia della predicazione di Giovanni il Battista. Il suo movimento infatti arriva a preoccupare anche Erode (Antipa), che ben presto se lo toglierà di mezzo (cf Giuseppe Flavio, Antiquitates, XVII,5,2). Il fatto che tutto questo avvenga nel deserto e gli abitanti della Giudea e di Gerusalemme debbano «uscire» dalle loro città per venire da Giovanni è simbolicamente importante: bisogna rinunciare a questa vita mondana e ricominciare daccapo, rientrando di nuovo nella terra promessa con l’attraversamento del Giordano. Segno e parola si accompagnano: mentre egli li immerge nel Giordano, i giudei confessano i propri peccati. Ma l’azione di Giovanni non può andare oltre. Per poter veramente cambiare la situazione e aver la forza di ricominciare occorre ricevere il dono dall’alto, la forza dello Spirito.
vv. 6-8: in un testo tanto stringato, nulla è superfluo. Se si ricorda il modo di vestire di Giovanni e la sua dieta alimentare, è per il fatto che le due cose sono molto eloquenti da sé. Giovanni non è uno dei membri della comunità di Qumran; è probabile che lo sia stato in precedenza. Tuttavia la sua attività è ormai agli antipodi di ciò che voleva essere quella comunità che aveva nella purità alimentare e rituale la sua ricerca prima, insieme all’osservanza scrupolosa della tôrâ, soprattutto nei comandamenti che riguardavano Dio, il tempo e il luogo di culto, rigettando il tempio di Gerusalemme come luogo ormai immondo. Vestire con tessuto di peli di cammello e con una cinghia di pelle ai fianchi significava rifiutare di osservare la purità dei vestiti: a Qumran si vestivano di solo lino purissimo, unica fibra totalmente vegetale disponibile in quel tempo.
Mangiare locuste e miele selvatico significa mangiare cibi impuri, al contrario del pane e vino purissimi preparati dai sacerdoti di Qumran. Le locuste sono un grande problema di purità in tutta la tradizione giudaica, tanto che in molti manuali di kašrût «purità alimentare» per risolvere il problema della purità delle locuste si suggerisce di rivolgersi al rabbino del luogo ove ci si trova e apprendere direttamente da lui quali siano gli usi e i costumi del posto! Il miele selvatico – potendo contenere larve di api o altri resti animali – è considerato potenzialmente impuro. A Giovanni Battista non importa osservare queste prescrizioni: il suo interesse riguarda invece la giustizia e il rapporto con l’altro, perché si ricostruisca la solidarietà di coloro che erano entrati nella terra di Canaan con Giosuè.
Anche il suo messaggio a riguardo di «colui che viene dietro di me ed è più forte di me» ovvero di un suo discepolo che l’avrebbe superato in forza e potenza è molto preciso. Egli non ha diritto di transazione (cf Rut, con lo scambio del sandalo; o anche Am 2,6) e nemmeno alcun diritto nuziale (cf ancora Rut). Giovanni – espliciterà Gv 3,29-30 – non è lo sposo, ma l’amico dello sposo. Israele, separata da JHWH, è una sposa infeconda. Ma a darle fecondità non potrà essere Giovanni.
La differenza tra Giovanni e Gesù è percepita più dai discepoli dei due gruppi: l’immersione di Giovanni era soltanto «in acqua», quella dell’immersione dopo la risurrezione di Gesù è «in Spirito santo», dunque pieno compimento della nuova alleanza promessa dai profeti.
Essendo tre i quadri introduttivi legati a Giovanni, questo dei vv. 6-8 sarebbe il passo centrale. In effetti, qui abbiamo per la prima volta l’esplicitazione di ciò che significa incontrare Dio nella spiritualità del Battista: c’è una dimensione comunitaria, in quanto lo Spirito crea la nuova alleanza tra Israele e il suo Dio; e c’è anche una dimensione individuale, il comportamento di giustizia suscitato dal dono dello Spirito.
Ecco quindi le condizioni che il Battista pone per poter vivere in autenticità l’incontro con Dio e per potersi dire veramente «figli del Regno»:
a) avere il coraggio di uscire da una città malata di ingiustizia per cercare Dio nel deserto e ricostruire la città su fondamenta di giustizia: non si tratta tanto di un allontanamento fisico, ma spirituale;
b) rompere con le alleanze del mondo di peccato e di male che mortifica la bellezza della creazione divina;
c) fare esperienza dell’immersione nello Spirito per poter davvero ricominciare daccapo e vivere secondo Dio, come dimostra il quadro seguente con l’immersione nel Giordano dello stesso Gesù;
d) non mettersi mai «al posto dello sposo»: anche noi, come Giovanni non siamo degni «di chinarci a slegare i lacci dei suoi sandali».

PER LA NOSTRA VITA

1. La Parola sta nel deserto, per voce di Giovanni.
Una geografia profetica, per mappe più limpide ed austere.
A margine, forse, della grande storia.
Debolezza del luogo, saremmo tentati di dire oggi …
Deserto e Parola. Profezia forte e dura, libera dall’intrigo dei potenti.
Dritta al cuore di ognuno e delle folle.
Giovanni, voce per un annuncio tagliente e nudo.
Il cuore della vita nuova indicato dal Testimone.
Il deserto, dove niente è tutto, non è muto.
Coloro che ascoltano Giovanni vengono invitati a cambiare vita. Il testimone nel deserto rilancia sulla storia, sulle relazioni umane giuste.
Passi di conversione.
La conversione non è fatto privato, sordo alle ricadute nella vita umana di ogni giorno, alle relazioni autentiche. Il testimone nel deserto indica una progressione sempre in atto – battesimo di Spirito Santo e fuoco, che ci abilita a stare nel mondo nel segno di un radicale cambiamento per seguire le vie dello Sposo.
Corriamo nelle città, ogni giorno …
Difficile anche porsi la domanda: «Che cosa dobbiamo fare?».
Il nostro correre somiglia a quello di chi si spezza in mille cose per mancare a tutti gli appuntamenti.
Da dove viene la rivelazione della Parola di Dio?
In quale deserto oggi?
La Scrittura ci avverte che c’è un luogo dove essa non è.
Nell’autosufficienza e nella ritrosia ad una conversione che inizia dalle cose di ogni giorno, nel deserto che Dio ci prepara in casa nostra, nel mondo del lavoro, nelle relazioni sociali.
Ci vuole fuggiaschi dalla nostra volontà, per imparare l’obbedienza a Lui.
Un testimone accompagna il cammino penitenziale della folla.
Giovanni parla e ascolta, battezza con acqua.
Grida l’urgenza della conversione: aprire una strada nel deserto per la benevolenza di Dio.
Ascoltassimo come per una prima volta il suo annuncio!
Freschezza di un inizio, disarmati dalla radicalità, dalla rudezza e forse dalla sorpresa di non trovarci da soli in questo itinerario.
È la grazia inconfondibile di chi si sa all’inizio con la fame della salvezza.
Una scintilla, una parola, un testimone.
Nel bel mezzo del “nulla” di un deserto fatto di bilanci in negativo, di legami da rifare, di fiducia da riconquistare.
Il Battesimo di penitenza è la prima straordinaria esperienza di grazia.
Esperienza inconfondibile, che azzera orgoglio e presunta familiarità.
Grazia e libertà, in terra deserta, inedita.
Accade la Parola, sempre.(F. CECCHETTO, Testi inediti).

2. Profeta, precursore, Giovanni compie infine la sua missione: preparare le vie alla gloria di Colui che viene nel deserto. L’avvenimento escatologico è prossimo. Il Verbo di Dio sta per giungere di fronte all’uomo sua creatura. È il Verbo onnipotente: «Ecco che i popoli sono come goccia che cade nel secchio» (Is 40,15). Verrà come un pastore per pascolare il suo gregge, radunare le pecore, tenendo in braccio gli agnelli (Is 40,11). Egli viene a visitare i suoi. E questa ora decisiva della Storia è ormai imminente. Giovanni è inviato per predisporre i cuori ad accogliere il Signore. […]
Questo mondo, Giovanni, non può salvarlo. Persino lui, il maggiore dei profeti, conosce la vanità di qualsiasi predicazione. Egli non sarà l’apportatore di una vita di saggezza, ma l’annunciatore di un avvenimento. A questo mondo peccatore sta per essere offerta una salvezza. La liberazione è prossima. […]Giovanni è strumento di grazia. Giovanni deve scuotere questa apatia. È questo il lato tragico della sua missione. Egli è tutto proteso verso Colui che deve venire ma deve sollevare l’immenso manto d’indifferenza che lo circonda. ( J. DANIELOU, Giovanni Battista, testimone dell’Agnello, Morcelliana, Brescia 1965 (testo integrale in: http://www.atma-o-jibon.org/italiano7/danielou_giovannibattista5.htm).

3. Aprendo il Vangelo di Marco si incontra il precursore come una voce che grida nel deserto. Non è nemmeno definito profeta o messaggero di Dio. Egli si è così identificato con il messaggio, ha formato una tale unità con la Parola di Dio che deve proclamare e annunciare alla gente, che non si riesce più nemmeno a vederlo dietro il messaggio, non riesce più a sentire il tono della sua voce dietro la tonante testimonianza dello Spirito di Dio che parla attraverso lui. […]
Egli ebbe un cuore puro, una mente illuminata, una volontà inflessibile, un corpo allenato, un completo controllo di sé così che al momento di dare il messaggio la paura non poté travolgerlo e renderlo muto. Le promesse non lo avrebbero ingannato per farlo tacere, né il peso della carne o della mente o del cuore avrebbero distrutto la luminosità e la forza fulminea dello spirito. (A. BLOOM, in E. BIANCHI - L. CREMASCHI - R. D’ESTE (a cura di), Letture per ogni giorno, ElleDiCi, Leumann TO 1980, p. 47-48).

4. No: una torre sarà il mio cuore,
ed io abiterò al suo confine:
dove nient’altro c’è, sarà ancora dolore
e indicibilità e mondo ancora.
Ancora una cosa sola nell’Immenso,
su cui fa buio e poi di nuovo luce,
ancora un volto ultimo che desidera
ed è respinto nel Non-Mai-Saziabile.
Ancora un estremo volto di pietra,
docile ai pesi che ha dentro di sé;
le vastità che in silenzio lo annientano
lo costringono a essere sempre più beato.
(R.M. RILKE, Poesie 1908-1926, Einaudi – Gallimard, Torino – Paris, p. 263).

5. Il cristiano (un po’ deluso): Voi sottovalutate la dinamica escatologica del cristianesimo. Noi prepariamo il futuro regno di Dio. Noi siamo la vera rivoluzione mondiale. Egalité, liberté, fraternité: questo è il nostro compito originario.
Il commissario: Peccato che altri abbiano dovuto lottare per voi. Dopo, non è difficile essere presenti. Il vostro cristianesimo non vale un fico secco.
Il cristiano: Voi siete con noi! Io so chi voi siete. Tu pensi onestamente, sei un cristiano anonimo.
Il commissario: Non diventare insolente, giovanotto. Anch’io ora ne so abbastanza. Vi siete liquidati da soli, e con ciò ci risparmiate la persecuzione. Via.

( H.U. VON BALTHASAR, Cordula ovverosia il caso serio, Traduzione dalla III edizione in lingua tedesca di G. VIOLA - G. MORETTO, Presentazione di E. GIAMMANCHERI (Dibattito sul Cristianesimo 1), Editrice Queriniana, Brescia 1968, 19693, pp. 123-124).

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