25 novembre 2012 SECONDA DOMENICA DI AVVENTO
Lettura
Is 19,18-24
Is 19,18-24
Così dice il
Signore Dio:
«In quel giorno ci saranno cinque città nell’Egitto che parleranno la lingua di Canaan e giureranno per il Signore degli eserciti; una di esse si chiamerà Città del Sole.
In quel giorno ci sarà un altare dedicato al Signore in mezzo alla terra d’Egitto e una stele in onore del Signore presso la sua frontiera: sarà un segno e una testimonianza per il Signore degli eserciti nella terra d’Egitto. Quando, di fronte agli avversari, invocheranno il Signore, allora egli manderà loro un salvatore che li difenderà e li libererà. Il Signore si farà conoscere agli Egiziani e gli Egiziani riconosceranno in quel giorno il Signore, lo serviranno con sacrifici e offerte, faranno voti al Signore e li adempiranno. Il Signore percuoterà ancora gli Egiziani, ma, una volta colpiti, li risanerà. Essi faranno ritorno al Signore ed egli si placherà e li risanerà.
In quel giorno ci sarà una strada dall’Egitto verso l’Assiria; l’Assiro andrà in Egitto e l’Egiziano in Assiria, e gli Egiziani renderanno culto insieme con gli Assiri.
In quel giorno Israele sarà il terzo con l’Egitto e l’Assiria, una benedizione in mezzo alla terra».
«In quel giorno ci saranno cinque città nell’Egitto che parleranno la lingua di Canaan e giureranno per il Signore degli eserciti; una di esse si chiamerà Città del Sole.
In quel giorno ci sarà un altare dedicato al Signore in mezzo alla terra d’Egitto e una stele in onore del Signore presso la sua frontiera: sarà un segno e una testimonianza per il Signore degli eserciti nella terra d’Egitto. Quando, di fronte agli avversari, invocheranno il Signore, allora egli manderà loro un salvatore che li difenderà e li libererà. Il Signore si farà conoscere agli Egiziani e gli Egiziani riconosceranno in quel giorno il Signore, lo serviranno con sacrifici e offerte, faranno voti al Signore e li adempiranno. Il Signore percuoterà ancora gli Egiziani, ma, una volta colpiti, li risanerà. Essi faranno ritorno al Signore ed egli si placherà e li risanerà.
In quel giorno ci sarà una strada dall’Egitto verso l’Assiria; l’Assiro andrà in Egitto e l’Egiziano in Assiria, e gli Egiziani renderanno culto insieme con gli Assiri.
In quel giorno Israele sarà il terzo con l’Egitto e l’Assiria, una benedizione in mezzo alla terra».
Salmo (Sal
86(87))
Popoli
tutti, lodate il Signore.
Sui monti
santi egli l’ha fondata;
il Signore ama le porte di Sion
più di tutte le dimore di Giacobbe.
Di te si dicono cose gloriose, città di Dio! R.
Iscriverò Raab e Babilonia fra quelli che mi riconoscono;ecco Filistea, Tiro ed Etiopia: là costui è nato.
Si dirà di Sion: «L’uno e l’altro in essa sono nati
e lui, l’Altissimo, la mantiene salda». R.
Il Signore registrerà nel libro dei popoli:
«Là costui è nato».
E danzando canteranno:
«Sono in te tutte le mie sorgenti». R.
il Signore ama le porte di Sion
più di tutte le dimore di Giacobbe.
Di te si dicono cose gloriose, città di Dio! R.
Iscriverò Raab e Babilonia fra quelli che mi riconoscono;ecco Filistea, Tiro ed Etiopia: là costui è nato.
Si dirà di Sion: «L’uno e l’altro in essa sono nati
e lui, l’Altissimo, la mantiene salda». R.
Il Signore registrerà nel libro dei popoli:
«Là costui è nato».
E danzando canteranno:
«Sono in te tutte le mie sorgenti». R.
Epistola
Ef 3,8-13
Ef 3,8-13
Fratelli, a
me, che sono l’ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia:
annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo e illuminare tutti
sulla attuazione del mistero nascosto da secoli in Dio, creatore dell’universo,
affinché, per mezzo della Chiesa, sia ora manifestata ai Principati e alle
Potenze dei cieli la multiforme sapienza di Dio, secondo il progetto eterno che
egli ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore, nel quale abbiamo la libertà di
accedere a Dio in piena fiducia mediante la fede in lui. Vi prego quindi di non
perdervi d’animo a causa delle mie tribolazioni per voi: sono gloria vostra.
Acclamazione
al Vangelo
(Lc 3,4b.6)
(Lc 3,4b.6)
Alleluia.
Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
Alleluia.
Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
Alleluia.
Vangelo: Mc
1,1-8
Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
Come sta scritto nel profeta Isaia:
Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:
egli preparerà la tua via.
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri,
vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
Come sta scritto nel profeta Isaia:
Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:
egli preparerà la tua via.
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri,
vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
Commento
Il
titolo dato dalla liturgia ambrosiana a questa seconda domenica di Avvento è, a
dire il vero, Figli del Regno. Lo tengo presente sullo sfondo, anche se
preferisco interpretare tale tema in relazione alla ricchezza della liturgia
dell’Avvento. Questo registro permette di intonare con originalità la
proposta della Parola biblica oggi proclamata, evitando di ritornare
ancora una volta al tema dell’universalismo della salvezza, già ampiamente
perlustrato nelle ultime domeniche dell’anno liturgico, quelle che precedono e
fanno seguito alla dedicazione della chiesa cattedrale.
La scelta delle pagine bibliche di oggi
sottolinea infatti non solo l’orizzonte universale del progetto divino, ma
anche l’attesa della sua realizzazione per un futuro non ancora
posseduto in questa storia umana, perché nelle mani di Dio solo; e,
soprattutto, la non assimilazione della chiesa con il Regno di
Dio. La ἐκκλησία o συναγωγή – comunità chiamata («ekklesía») o raccolta
(«synagogé») dall’unico Israele e da tutte le genti a formare un unico popolo
di Dio – vive l’attesa di Dio e della sua signoria nella memoria del Crocifisso
Risorto e nella speranza di essere con Lui nella gloria di Dio.
La
pagina di Marco, in certo modo, unisce le due precedenti. L’origine del vangelo
annunziato da Gesù diventa emblematica per capire il vangelo pasquale che
annunzia Gesù, come Cristo e Figlio di Dio; la figura di Giovanni il Battista
non è solo la «voce di colui che grida nel deserto» per preparare la via del
Signore Gesù in quegli anni lontani di spazio e di tempo, ma rimane paradigma
per il credente di ogni generazione, perché la spiritualità del Battista deve
rimanere la nostra spiritualità di credenti che vivono il ricominciamento e
attendono il compimento del Battesimo in Spirito santo. Il breve incipit
del vangelo secondo Marco non deve sfuggire a causa della sua brevità. Come
una lirica, va sorseggiato parola dopo parola, perché nulla si perda.
Anzitutto
la sua essenziale struttura:
v.
1: titolo
a) vv. 2-5: Giovanni, il messaggero
promesso
b)
vv. 6-8: Giovanni, colui che precede (senza diritto di proprietà)
Per
essere completi, bisognerebbe aggiungere un terzo quadro, che è strettamente
legato a questi due, formato dai vv. 9-13: Giovanni battezza Gesù, che lo
raggiunge nel deserto. In ciascuno dei tre quadri compare per una volta il
protagonista della sequenza, Giovanni.
v.
1:
il primo versetto merita molta attenzione. Si parla di ἀρχή «origine» in
stretta connessione con εὐαγγέλιον «buona notizia»: il passato si intreccia con
il presente, la narrazione che Marco sta per iniziare è fondata su un risalimento
sino alle origini di quanto viene narrato. Si ha quindi bisogno di questa
origine per capire quanto sarà narrato e si comprenderà quanto sarà narrato se
si tiene viva l’origine da cui tutto deriva. Non per nulla, nei vv. 2-3 abbiamo
la citazione più lunga della Sacra Scrittura di tutto il vangelo di Marco.
Ma
prima di passare ai versetti seguenti, vi è ancora da sottolineare che
l’evangelo riguarda «Gesù, Messia, Figlio di Dio». Davanti a Χριστός non vi è
l’articolo, perché Marco vuol subito introdurre una distinzione fondamentale.
Non c’è solo il Messia atteso come «Figlio di Davide»: questo sarà il titolo
che lungo il vangelo Gesù riceve solo da coloro che ancora non lo conoscono a
fondo (Mc 10,47; 12,35). C’è anche un Messia «Figlio di Dio»: quando Gesù così
si presenterà davanti al sommo sacerdote, questi lo condannerà per bestemmia (Mc
14,63-64).
vv.
2-5:
la citazione dei vv. 2-3 è un piccolo florilegio scritturistico. Da qui si
capisce la correzione presente in alcuni manoscritti, che corregge il solo «nel
profeta Isaia». Si tratta di Es 23,20a; Ml 3,1 e Is 40,3. È la citazione più
lunga in Marco, ma è anche molto curata dal punto di vista esegetico giudaico,
in quanto i profeti non sono citati da soli, ma sempre accompagnati da un passo
della tôrâ. La cosa non è di poco conto perché forse è l’indizio che
Marco dipende dalla tradizione a lui precedente, la quale oltre ai testi gli
forniva anche la chiave interpretativa. Il messaggero (ἄγγελος) atteso va
identificato con Giovanni Battista, come anche la «voce che grida nel deserto»
(testo che segue i LXX): egli è dunque il precursore e colui che si fa araldo
di un nuovo esodo (cf la citazione di Isaia, nel suo contesto).
Anche
la costruzione sintattica della frase – un po’ pesante – è importante: la
citazione scritturistica è la condizione per comprendere la scelta di Giovanni
di mettersi sulla collina di Elia e far immergere tutti nel fiume Giordano per
«entrare» di nuovo nella terra della promessa come avevano fatto i figli di
Israele alla guida di Giosuè (=Gesù).
La
predicazione di Giovanni consisteva in una «immersione di conversione per la
remissione dei peccati». Il senso originario del verbo βαπτίζω «immergere» è
evidente in questo contesto e per questo la nostra traduzione lo usa in
alternanza con il significato tardivo ormai lessicalizzato «battezzare».
L’immersione è simbolo di morte e di rinascita: Giovanni predica di compiere
questo segno come segno di cambiamento di mentalità per il perdono dei peccati,
ovvero è un’ultima chance che viene offerta prima del grande giudizio di
Dio su questo mondo. L’immersione nell’acqua è la morte al mondo di peccato e
l’espressione della volontà di cambiare vita, per vivere di nuovo nella
comunione della berît «alleanza» con il Dio dell’esodo.
E
Marco sottolinea l’efficacia della predicazione di Giovanni il Battista. Il suo
movimento infatti arriva a preoccupare anche Erode (Antipa), che ben presto se
lo toglierà di mezzo (cf Giuseppe Flavio, Antiquitates, XVII,5,2). Il
fatto che tutto questo avvenga nel deserto e gli abitanti della Giudea e di
Gerusalemme debbano «uscire» dalle loro città per venire da Giovanni è
simbolicamente importante: bisogna rinunciare a questa vita mondana e
ricominciare daccapo, rientrando di nuovo nella terra promessa con
l’attraversamento del Giordano. Segno e parola si accompagnano: mentre egli li
immerge nel Giordano, i giudei confessano i propri peccati. Ma l’azione di
Giovanni non può andare oltre. Per poter veramente cambiare la situazione e
aver la forza di ricominciare occorre ricevere il dono dall’alto, la
forza dello Spirito.
vv.
6-8:
in un testo tanto stringato, nulla è superfluo. Se si ricorda il modo di
vestire di Giovanni e la sua dieta alimentare, è per il fatto che le due cose
sono molto eloquenti da sé. Giovanni non è uno dei membri della comunità di
Qumran; è probabile che lo sia stato in precedenza. Tuttavia la sua attività è
ormai agli antipodi di ciò che voleva essere quella comunità che aveva nella
purità alimentare e rituale la sua ricerca prima, insieme all’osservanza
scrupolosa della tôrâ, soprattutto nei comandamenti che riguardavano
Dio, il tempo e il luogo di culto, rigettando il tempio di Gerusalemme come
luogo ormai immondo. Vestire con tessuto di peli di cammello e con una cinghia
di pelle ai fianchi significava rifiutare di osservare la purità dei vestiti: a
Qumran si vestivano di solo lino purissimo, unica fibra totalmente vegetale
disponibile in quel tempo.
Mangiare
locuste e miele selvatico significa mangiare cibi impuri, al contrario del pane
e vino purissimi preparati dai sacerdoti di Qumran. Le locuste sono un grande
problema di purità in tutta la tradizione giudaica, tanto che in molti manuali
di kašrût «purità alimentare» per risolvere il problema della purità
delle locuste si suggerisce di rivolgersi al rabbino del luogo ove ci si trova
e apprendere direttamente da lui quali siano gli usi e i costumi del posto! Il
miele selvatico – potendo contenere larve di api o altri resti animali – è
considerato potenzialmente impuro. A Giovanni Battista non importa osservare
queste prescrizioni: il suo interesse riguarda invece la giustizia e il rapporto
con l’altro, perché si ricostruisca la solidarietà di coloro che erano entrati
nella terra di Canaan con Giosuè.
Anche
il suo messaggio a riguardo di «colui che viene dietro di me ed è più forte di
me» ovvero di un suo discepolo che l’avrebbe superato in forza e potenza è
molto preciso. Egli non ha diritto di transazione (cf Rut, con lo scambio del
sandalo; o anche Am 2,6) e nemmeno alcun diritto nuziale (cf ancora Rut).
Giovanni – espliciterà Gv 3,29-30 – non è lo sposo, ma l’amico dello sposo. Israele,
separata da JHWH, è una sposa infeconda. Ma a darle fecondità non potrà essere
Giovanni.
La
differenza tra Giovanni e Gesù è percepita più dai discepoli dei due gruppi:
l’immersione di Giovanni era soltanto «in acqua», quella dell’immersione dopo la
risurrezione di Gesù è «in Spirito santo», dunque pieno compimento della nuova
alleanza promessa dai profeti.
Essendo
tre i quadri introduttivi legati a Giovanni, questo dei vv. 6-8 sarebbe il
passo centrale. In effetti, qui abbiamo per la prima volta l’esplicitazione di
ciò che significa incontrare Dio nella spiritualità del Battista: c’è
una dimensione comunitaria, in quanto lo Spirito crea la nuova alleanza
tra Israele e il suo Dio; e c’è anche una dimensione individuale, il
comportamento di giustizia suscitato dal dono dello Spirito.
Ecco
quindi le condizioni che il Battista pone per poter vivere in autenticità
l’incontro con Dio e per potersi dire veramente «figli del Regno»:
a) avere il coraggio di uscire da
una città malata di ingiustizia per cercare Dio nel deserto e ricostruire la
città su fondamenta di giustizia: non si tratta tanto di un allontanamento fisico,
ma spirituale;
b) rompere con le alleanze del mondo
di peccato e di male che mortifica la bellezza della creazione divina;
c) fare esperienza dell’immersione
nello Spirito per poter davvero ricominciare daccapo e vivere
secondo Dio, come dimostra il quadro seguente con l’immersione nel Giordano
dello stesso Gesù;
d)
non
mettersi mai «al posto dello sposo»: anche noi, come Giovanni non siamo degni
«di chinarci a slegare i lacci dei suoi sandali».
PER
LA NOSTRA VITA
1.
La Parola sta nel deserto, per voce di Giovanni.
Una
geografia profetica, per mappe più limpide ed austere.
A
margine, forse, della grande storia.
Debolezza
del luogo, saremmo tentati di dire oggi …
Deserto
e Parola. Profezia forte e dura, libera dall’intrigo dei potenti.
Dritta
al cuore di ognuno e delle folle.
Giovanni,
voce per un annuncio tagliente e nudo.
Il
cuore della vita nuova indicato dal Testimone.
Il
deserto, dove niente è tutto, non è muto.
Coloro
che ascoltano Giovanni vengono invitati a cambiare vita. Il testimone nel
deserto rilancia sulla storia, sulle relazioni umane giuste.
Passi
di conversione.
La
conversione non è fatto privato, sordo alle ricadute nella vita umana di ogni
giorno, alle relazioni autentiche. Il testimone nel deserto indica una
progressione sempre in atto – battesimo di Spirito Santo e fuoco, che ci
abilita a stare nel mondo nel segno di un radicale cambiamento per seguire le
vie dello Sposo.
Corriamo
nelle città, ogni giorno …
Difficile
anche porsi la domanda: «Che cosa dobbiamo fare?».
Il
nostro correre somiglia a quello di chi si spezza in mille cose per mancare a
tutti gli appuntamenti.
Da
dove viene la rivelazione della Parola di Dio?
In
quale deserto oggi?
La
Scrittura ci avverte che c’è un luogo dove essa non è.
Nell’autosufficienza
e nella ritrosia ad una conversione che inizia dalle cose di ogni giorno, nel
deserto che Dio ci prepara in casa nostra, nel mondo del lavoro, nelle
relazioni sociali.
Ci
vuole fuggiaschi dalla nostra volontà, per imparare l’obbedienza a Lui.
Un
testimone accompagna il cammino penitenziale della folla.
Giovanni
parla e ascolta, battezza con acqua.
Grida
l’urgenza della conversione: aprire una strada nel deserto per la benevolenza
di Dio.
Ascoltassimo
come per una prima volta il suo annuncio!
Freschezza
di un inizio, disarmati dalla radicalità, dalla rudezza e forse dalla sorpresa
di non trovarci da soli in questo itinerario.
È
la grazia inconfondibile di chi si sa all’inizio con la fame della salvezza.
Una
scintilla, una parola, un testimone.
Nel
bel mezzo del “nulla” di un deserto fatto di bilanci in negativo, di legami da
rifare, di fiducia da riconquistare.
Il
Battesimo di penitenza è la prima straordinaria esperienza di grazia.
Esperienza
inconfondibile, che azzera orgoglio e presunta familiarità.
Grazia
e libertà, in terra deserta, inedita.
Accade
la Parola, sempre.(F. CECCHETTO, Testi inediti).
2.
Profeta, precursore, Giovanni compie infine la sua missione: preparare le vie
alla gloria di Colui che viene nel deserto. L’avvenimento escatologico è
prossimo. Il Verbo di Dio sta per giungere di fronte all’uomo sua creatura. È
il Verbo onnipotente: «Ecco che i popoli sono come goccia che cade nel secchio»
(Is 40,15). Verrà come un pastore per pascolare il suo gregge, radunare le
pecore, tenendo in braccio gli agnelli (Is 40,11). Egli viene a visitare i
suoi. E questa ora decisiva della Storia è ormai imminente. Giovanni è inviato
per predisporre i cuori ad accogliere il Signore. […]
Questo
mondo, Giovanni, non può salvarlo. Persino lui, il maggiore dei profeti,
conosce la vanità di qualsiasi predicazione. Egli non sarà l’apportatore di una
vita di saggezza, ma l’annunciatore di un avvenimento. A questo mondo peccatore
sta per essere offerta una salvezza. La liberazione è prossima. […]Giovanni è
strumento di grazia. Giovanni deve scuotere questa apatia. È questo il lato
tragico della sua missione. Egli è tutto proteso verso Colui che deve venire ma
deve sollevare l’immenso manto d’indifferenza che lo circonda. ( J. DANIELOU,
Giovanni Battista, testimone dell’Agnello, Morcelliana, Brescia 1965 (testo
integrale in: http://www.atma-o-jibon.org/italiano7/danielou_giovannibattista5.htm).
3.
Aprendo il Vangelo di Marco si incontra il precursore come una voce che grida
nel deserto. Non è nemmeno definito profeta o messaggero di Dio. Egli si è così
identificato con il messaggio, ha formato una tale unità con la Parola di Dio
che deve proclamare e annunciare alla gente, che non si riesce più nemmeno a
vederlo dietro il messaggio, non riesce più a sentire il tono della sua voce
dietro la tonante testimonianza dello Spirito di Dio che parla attraverso lui.
[…]
Egli
ebbe un cuore puro, una mente illuminata, una volontà inflessibile, un corpo
allenato, un completo controllo di sé così che al momento di dare il messaggio
la paura non poté travolgerlo e renderlo muto. Le promesse non lo avrebbero
ingannato per farlo tacere, né il peso della carne o della mente o del cuore
avrebbero distrutto la luminosità e la forza fulminea dello spirito. (A. BLOOM,
in E. BIANCHI - L. CREMASCHI - R. D’ESTE (a cura di), Letture per ogni
giorno, ElleDiCi, Leumann TO 1980, p. 47-48).
4.
No: una torre sarà il mio cuore,
ed
io abiterò al suo confine:
dove
nient’altro c’è, sarà ancora dolore
e
indicibilità e mondo ancora.
Ancora
una cosa sola nell’Immenso,
su
cui fa buio e poi di nuovo luce,
ancora
un volto ultimo che desidera
ed
è respinto nel Non-Mai-Saziabile.
Ancora
un estremo volto di pietra,
docile
ai pesi che ha dentro di sé;
le
vastità che in silenzio lo annientano
lo
costringono a essere sempre più beato.
(R.M.
RILKE, Poesie 1908-1926, Einaudi – Gallimard, Torino – Paris, p. 263).
5.
Il cristiano (un po’ deluso): Voi sottovalutate la dinamica escatologica
del cristianesimo. Noi prepariamo il futuro regno di Dio. Noi siamo la vera
rivoluzione mondiale. Egalité, liberté, fraternité: questo è il nostro compito
originario.
Il
commissario:
Peccato che altri abbiano dovuto lottare per voi. Dopo, non è difficile essere
presenti. Il vostro cristianesimo non vale un fico secco.
Il
cristiano:
Voi siete con noi! Io so chi voi siete. Tu pensi onestamente, sei un
cristiano anonimo.
Il
commissario:
Non diventare insolente, giovanotto. Anch’io ora ne so abbastanza. Vi siete
liquidati da soli, e con ciò ci risparmiate la persecuzione. Via.
(
H.U. VON BALTHASAR, Cordula ovverosia il caso serio, Traduzione dalla
III edizione in lingua tedesca di G. VIOLA - G. MORETTO, Presentazione di E.
GIAMMANCHERI (Dibattito sul Cristianesimo 1), Editrice Queriniana, Brescia
1968, 19693, pp. 123-124).
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